La domanda che molti si erano posti al momento della nomina di Adriano Ferrari alla Presidenza della PGI non era proprio questa, ma questa formulazione mi offre lo spunto per meglio tratteggiare un uomo che ha certamente marcato con la sua attività, con il suo impegno e con il suo carattere la storia della Pro Grigioni Italiano (PGI).
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el 1992, dopo un periodo burrasco-so, Adriano assunse la presidenza centrale della PGI, conciliandola nel periodo iniziale con la sua atti-vità di manager presso la Mobiliare a Berna e, quindi, dedicandovi buona parte del suo tempo libero quale pensionato. Furono gli amici, e in particolare Guido Lardi, a contattarlo, a sol-lecitarlo, a pregarlo di mettersi a disposizione perché la PGI aveva in quel momento bisogno di una figura profilata che venisse da fuori e che potesse riportare il confronto interno (che era divenuto un po’ isterico) entro limiti più pacati, più consoni ad un sodalizio linguistico-culturale. Ed Adriano accettò il confronto e, in una movimentata assemblea svoltasi a Berna, fu, con un ampio margine di consensi sul suo antagonista, nominato presidente centrale. E subito si mise all’opera, dimenticando fronti, fazioni e correnti, nell’intento di identificare dove vi fosse necessità di intervento, di miglio-ramento, di riforma. Egli era dell’opinione (e lo dichiarò a più riprese, non da ultimo nel 1994 all’Almanacco) che:Il presidente Adriano Ferrari al giubileo della PGI Zurigo, 23 ottobre 1993
(Foto: Remo Tosio)
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«Prima di tutto occorre cambiare l’immagine della PGI. Troppo spesso si sente dire che la PGI è un’associazione elitaria, per gli accademici. La PGI invece è per tutti. Perciò dobbiamo pensare a delle manifestazioni più vicine alla gente».
E da questa affermazione ricaviamo un primo spunto per avvicinare la nostra domanda inizia-le; Adriano Ferrari era uomo di cultura e portò con sé la sua immagine di cultura che doveva arrivare più vicina alla gente. Non un approccio populista, come vedremo poi, ma più semplice, più visibile, più comprensibile. Una cultura fatta di quegli elementi essenziali che ognuno di noi è in grado di capire, di sentire e di riconoscere.
È una visione della cultura certamente influenza-ta dalla viinfluenza-ta, dall’esperienza personale di Adriano Ferrari. Un uomo che ha saputo cogliere tutte le opportunità che la vita gli ha offerto mettendole a frutto con tenacia ed impegno incredibili, che gli hanno permesso, partendo dalla sua Poschia-vo, attraverso molte tappe e molti mestieri, di giungere nella direzione nazionale di una grossa
compagnia assicurativa svizzera. E ciò superando nel percorso molti accademici, molti specialisti del settore che avevano avuto l’opportunità di frequentare atenei svizzeri ed esteri.
Nella sua azione a tutto campo egli si è impe-gnato come mediatore, come ristrutturatore, come riformatore e come stratega. Ha messo in cantiere e condotto una riforma delle strutture della PGI auspicata da anni da più parti, ha rinfrancato i contatti con le istituzioni cantonali e federali, ha marcato un’importante apertura verso il Ticino, ha voluto (ed ottenuto) un operatore culturale centrale della PGI che cer-tamente lo ha aiutato a portare la PGI, la nostra lingua e la nostra cultura, più vicino alla gente, pur mantenendo nei contenuti i nostri valori autentici e dei messaggi forti e persuasivi. Ha voluto al suo fianco come operatore culturale Vincenzo Todisco, dando così della PGI un’im-magine cantonale e nazionale, coordinando le attività di tutte le sezioni e impiegando in modo più razionale le risorse (spesso ristrette) che per il suo grande lavoro la PGI necessita. Ora il
Assemblea dei delelgati PGI nella sala del Granconsiglio a Coira, 22 aprile 1995, da sinistra: Fabrizio Keller, Gustavo Lardi, Adriano Ferrari, Dante Peduzzi, Remo Maurizio e Gian Marco Tam
(Foto: Remo Tosio)
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lettore attento mi dirà che sto descrivendo un manager, un uomo che ha utilizzato al meglio le risorse disponibili e con le stesse ha confezionato un prodotto di qualità molto appetibile per gli utenti. È vero! Se mi soffermo su questi aspetti delle attività di Adirano Ferrari, su questa sua voglia di rendere le strutture più efficienti ma anche più trasparenti, questo suo impegno costante per un uso parsimonioso ed efficace delle risorse della PGI (messe a disposizione dalla mano pubblica), allora sto descrivendo un manager, un uomo che persegue degli obiettivi precisi e non si fa distrarre nel raggiungerli.
Quando ripenso alle riunioni del Comitato direttivo che lui ha condotto, riemerge l’aspetto umano, culturale ed emotivo. Egli voleva infor-marci su tutta l’attività, voleva in dettaglio valu-tare anche le più piccole richieste con noi, voleva coinvolgere tutti nelle decisioni ma soprattutto perseguiva un consenso unanime, un’armonia, una compartecipazione nelle decisioni e nella conduzione della PGI che con l’immagine del manager poco ha da dividere.
È bello infine ricordare che Adriano fu anche capace ad essere, quando necessario, combattivo, rivendicativo e sanguigno. Nel 1996, durante un dibattito svoltosi a Coira a margine della vota-zione dell’articolo costituzionale sulle lingue, in presenza della allora Consigliera federale Ruth Dreifuss, disse tra l’altro:
«Da sempre la nostra minoranza deve duramente lottare per farsi riconoscere e rispettare quale parte integrante della Svizzera italiana. Troppo spesso, e a ogni livello, su su fin sotto la cupola di Palazzo federale, chi pensa Svizzera italiana dice Ticino.
Anche se fatto involontariamente, questo modo di fare a noi Grigionitaliani disturba. La Svizzera italiana, tanto per intenderci, è composta dal Cantone Ticino e dalle quattro vallate grigionesi di Mesolcina, Calanca, Bregaglia e Poschiavo. È un dichiarato obiettivo della PGI di contribuire a raccorciare le distanze mentali fra Ticino e Grigioni».
E di sforzi per creare una coscienza, una consa-pevolezza veramente svizzero-italiana Adriano Ferrari ne fece molti, mettendo in campo un
Assemblea PGI Centrale in Bregaglia, Hotel Bregaglia Promontogno, 14 ottobre 1995, da sinistra: Gusta-vo Lardi, Dante Peduzzi, Fabrizio Keller, Remo Maurizio, Rodolfo Fasani (segretario) e Adriano Ferrari (Foto: Remo Tosio)
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ventaglio di collaborazioni che va dall’Università della Svizzera italiana al lessico dei dialetti, del Festival del film di Locarno alla Scuola universi-taria professionale, dall’Orchestra della Svizzera italiana alla formazione a distanza. E questa consapevolezza è cresciuta nel tempo ed oggi è più facile sentire parlare di Svizzera italiana anche in Ticino.
Ed ora mi direte perché non rispondo definitiva-mente alla domanda che ho posto con il titolo.
Non lo posso e non lo voglio fare perché Adriano ha incorporato nella vita e quale Presidente PGI due anime: sia quella del manager prestato alla cultura che quella dell’uomo di cultura che ha fatto il manager. Perché se la cultura è, come
dice lo Zingarelli, un complesso di cognizioni, tradizioni, tipi di comportamento e simili tra-smessi e usati sistematicamente, caratteristico di un dato gruppo sociale, di un popolo, di un gruppo di popoli o dell’intera umanità, allora il nostro fu certamente uomo di cultura, profondo conoscitore delle tradizioni, del comportamen-to e soprattutcomportamen-to della scomportamen-toria del suo popolo. Il popolo grigionitaliano.
E non me ne vogliano la moglie Milena e i figli Marco e Flavia se non ho risposto al quesito iniziale. A loro posso solo dire che Adriano Ferrari è stato un grande Presidente della PGI, oggi consegnato definitivamente alla storia del sodalizio.