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Fausto Tognola, già redattore delle «Voci del grigioni italiano»

intervista

D. La Rubrica “Voci del Grigioni italiano” viene ricordata come la più longeva. Ad averne cura per una trentina di anni è stato Lei Fausto Tognola che in un recente intervento nei “Quaderni gri-gionitaliani” (n.2 - 2009) esprime accattivanti riflessioni...

R. senza dubbio sono stato il redattore e cu-ratore della rubrica che se n’è occupato più a lungo. Il dr. Gian Gaetano Tuor prima di me la curò per circa venti anni. a Tuor si devono i primi cambiamenti strutturali del programma.

I notiziari più o meno sostanziosi li sostituì con spazi a tema, pagine culturali intervallate a esibizioni canore e ad ampi notiziari curati a turno da personalità della Pro Grigioni Italiano (ricordo Rinaldo Boldini, Riccardo Tognina).

Il mio intervento fu più radicale. Il programma l’impostai con criteri giornalistici.

D. Una scelta condivisa?

R. Prima di tutto mi son dovuto far conoscere e forse più tardi apprezzare. Indispensabile fu peregrinare per le nostre valli. Prendere contatti con le autorità, cercare di conoscere in prima persona e di capire la gente comune, il politico, e vincere la reticenza, il timore di fronte a un microfono.

D. Immagino che Lei, svolgendo questa interessante attività, abbia vissuto delle esperienze indimenti-cabili. Ci racconti qualche aneddoto.

R. Fin dall’inizio ho preferito “stare dietro” alle notizie per potermi avvicinare all’evento per poterne raccontare i dettagli.

la possibilità di fare esperienze e occasioni di ascoltare la gente non mi sono mancate. In Calanca in uno dei tanti incontri venne con me alfonso Tuor (un’iniziazione giornalistica che lo portò poi a diventare capo dell’informazione Radio ed ora vicedirettore del “Corriere del Ticino”) e in quell’occasione incontrammo, se non erro, il sindaco di selma ed assuntore postale negretti. ospiti di quella casa così pic-cola in quella “stüa”così calda ed accogliente, discutemmo dei problemi della sua comunità, ma poi con mio stupore si mise a parlare di mio padre morto nel 1927 a soli 33 anni in seguito alla seconda ondata della grippe (la spagnola del 1918). si ricordava dei funerali che per quel tempo devono aver rappresen-tato un avvenimento straordinario: si pagava ancora il dazio a lumino e bisognava ottenere l’autorizzazione per circolare con autovetture in terra grigionese.

mi è poi doveroso ricordare, fra molte altre figure calanchine, Rinaldo spadino. invalido fin dalla sua tenera età, che con un’eccezionale ferrea volontà scrisse con il piede e poi con la bocca un paio di libri dedicati alla sua valle. Da augio sapeva influenzare le scelte dei suoi con-cittadini, tanto che le autorità di Coira spesso, per far passare i loro messaggi, lo coinvolgevano.

era un personaggio. Giocava a carte con gli amici al “Cascata”, indicava, con un movimento labiale che muoveva l’immancabile sigaretta, a chi gli stava accanto (in quell’occasione fui io), quale delle carte poste su un piccolo leggio, bisognava giocare. Preziosa la sua settimanale collaborazione alle “VoCI”.

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D. In Mesolcina...

R. Vorrei poterli ricordare tutti ma non è pos-sibile. Da mesocco a monticello. Dai politici al produttore di vini – che come nel medio evo – produce l’autentico vino di monticello non più da offrire ai de sacco ma a una vasta cerchia di estimatori.

I miei informatori il max da Roveredo suggeri-tore attento, il manuel l’instancabile “attivista”

agricolo e il marco macellaio di Grono.

D. Interviste ed incontri si saranno succeduti a ripetizione; ricorda un’intervista particolarmente appagante?

R. la conoscenza e il colloquio con il centenario Carlo Bonalini. “leggo ancora i titoli e i dida-scalici dei giornali ovviamente senza occhiali”.

lo incontrai per due anni di seguito per il suo compleanno e così appresi la storia delle dili-genze che da Camerlata (Como) passavano da Bellinzona, dove egli dirigeva il traffico postale.

Poi scendendo tre rampe di scale (in casa della figlia non c’era l’ascensore) andammo a bere un caffè all’osteria del moretto a Cortivallo. la sua parlata era scorrevole, i suoi ricordi vivi tanto da ricordare e riandare agli avvenimenti del passato con estrema lucidità; mi narrò ad esempio con dovizia di particolari come l’alluvione del 1951 distrusse il vecchio ponte di Roveredo, e pure il suo primo bacio “era una bella ragazza di ar-tore... ma non ricordo più il suo nome”. Tanto era ben riuscita quell’intervista che fu ripresa dalla Rete Due e non per merito del cronista ma del suo interlocutore.

D. E della Bregaglia cosa dice....

R. I Bregagliotti possono essere, e come no, geniali. Inutile mi sembra ricordare i loro grandi artisti. Gente pratica, alla mano, determinata e anche un po’ cocciuta. Un giorno una delega-zione del Governo fece un sopraluogo in valle per proporre gli impianti di depurazione delle acque. l’allora presidente Krüzer scese sul greto della maira. Con le mani usate a mo’ di cop-petta bevve l’acqua del fiume, Disse: “signori, fin quando posso bere quest’acqua non ne vedo proprio la necessità”. non so cosa pensarono i Bregagliotti ritratti dal grande Varlin nel suo

famoso trittico, ricordo però che se la presero a male quando lo scrittore Walther Kauer in un suo libro ne mise a nudo pregi e soprattutto difetti.

D. Ed ora siamo giunti in Valposchiavo: che impressione ha ricavato dai suoi soggiorni e dalle sue frequentazioni in questo estremo lembo di terra grigione?

R. Una comunità tutta particolare. I Poschiavini riescono a mantenere la loro identità con la loro inconfondibile parlata. Quando si incontrano si esprimono in poschiavino a Berna come a Parigi, a lugano come a Coira.

Quando incominciai a conoscerli c’erano ancora due scuole materne, quella cattolica e quella riformata.

la millenaria storia aveva lasciato ancora una sua impronta. ma poi presto tutto cambiò e arrivò anche la “santa alluvione” (definizione di qualche buontempone), che ha contribuito a trasformare il centro storico in un piccolo gioiello. manca ancora la circonvallazione ma forse è meglio così. Chi vi transita e fa anche una pur breve sosta non può che riportarne positive sensazioni.

non mi è possibile elencare tutte le persone che, in un modo o nell’altro ho avvicinato e della cui benevolenza ho potuto approfittare: dal Felice re del Bernina al luisin assicuratore, da Pietro Pianta a Gino Tognina. Questi i più in là nel tempo, ma poi ce ne sarebbero moltissimi altri da citare...

D. Per concludere cose ne pensa del rapporto poli-tico centrale e il GI?

R. le minoranze sono quasi sempre o almeno si dichiarano insoddisfatte. Qualche volta anche a ragione ma credo che nei Grigioni non ci si debba lamentare più di tanto. Il rispetto, la considerazione sono realmente presenti. Il modo di far politica per chi guarda da fuori può anche stupire perché non è mai conflittuale, esasperato.

Questa, per concludere, ve la debbo raccontare.

Un giorno mi recai nell’ufficio del direttore del Dipartimento della Pubblica educazione otto largiader – del partito Democratico poi UDC

107 – per un’intervista. non ricordo l’argomento.

In quei giorni era trapelata la notizia che ad insegnare storia alla scuola magistrale di Coira era stata designata silva semadeni.

Gli rivolsi questa domanda: «onorevole, come mai avete fatto questa scelta, la ‘primula rossa’

(così mi permettevo di apostrofarla amiche-volmente quando mi capitava d’incontrarla) a indottrinare gli studenti?».

largiader: «ma santo Cielo! era la più brava, la più preparata delle concorrenti».

Quindi questo mi sembra l’aneddoto em-blematico. Valutazione, correttezza, rispetto, considerazione, giudicate voi!

silva più in là si dette con successo alla politica, fu anche eletta per il partito socialista nel Con-siglio nazionale.

Recentemente la nostra Rubrica è stata ricordata come la più longeva al mondo: se la prendiamo

per buona!! ricordo che, come detto all’inizio, è nata come notiziario nel 1933 con la RsI ed è sopravvissuta fino ad oggi.

Il motivo si riallaccia al mio pensiero espresso sopra, vale a dire quello sulle minoranze. si tratta di una cultura tipicamente svizzera, cresciuta e maturata nei secoli di convivenza. Dopo i conflitti del medio evo e del Rinascimento ha messo radici il sentimento del rispetto per le minoranze.

Qualche difficoltà a farci rispettare in seno alla RsI c’è sempre stato, ma alla fine dobbiamo ammettere che è prevalso il buon senso, è prevalsa la tolleranza. si andrà avanti ancora a lungo, almeno fino a quando imponderabili a noi estranee forze esterne riusciranno a prevalere sul nostro modo di vivere, di comportarsi e di far politica nel senso lato.

al termine del mio percorso di vita sinceramente sono fiero di essere grigionese.

* * *

D. Fra le numerose attività che lei ha svolto signor Carlo nella sua lunga esistenza e in particolare dopo il suo pensionamento dal 1930 in avanti ce n’è una che vorremmo segnalare e portare a conoscenza dei nostri ascoltatori poiché ci fa particolarmente piacere ed anche onore: lei è stato uno dei primi collaboratori della nostra Radio.

R. Ho cominciato a collaborare nel 1933 e nel 1934 ho fatto la prima trasmissione grigionitaliana intito-lata “La nostra Mesolcina”; nel 1936 sono stato nominato membro della “Commissione dei programmi”

e sono sempre rimasto in attività in questa Commissione fino al 1964, collaborando con passione e diletto e presentando in forma di conferenze varie tematiche legate al Grigioni italiano.

D. Infatti fra le numerose carte che ci sta mostrando intravediamo il titolo di una conferenza tenuta ai microfoni della Radio…

R. Si trattava della relazione sulla Zecca di Roveredo, una fra i molti contributi di carattere storico.

Sono stato anche per diversi anni informatore per ”L’ora del Grigioni italiano”; trasmissione che la commissione ha tentato più volte di sopprimere per abbinarla alle “Cronache del Ticino”; ma io mi sono sempre opposto con fermezza, e ho fatto in modo che “L’ora del Grigioni italiano” dovesse continuare regolarmente.

D. e veniamo a una domanda un po’ più personale: lei ha nostalgia del passato?

R. Un po’ di nostalgia sì ce l’ho; nel passato usi e costumi erano un po’ più calmi, c’era maggiore sincerità comune fra un individuo e l’altro e certi difetti d’oggigiorno non c’erano.

Riportiamo qui di seguito uno stralcio dell’intervista che Fausto Tognola ha realizzato con Carlo Bonalini in occasione del suo 100.esimo compleanno

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D. Quali avvenimenti del ventesimo secolo l’hanno particolarmente colpita?

R. Mi ha fatto tremendamente impressione la Prima Guerra mondiale, è stata qualcosa di tremendo, molto più della seconda Guerra che venne gestita dalla Svizzera con maggiore efficienza per salva-guardare e difendere i suoi interessi.

D. Fra le scoperte della vita moderna che cosa metterebbe ai primi posti per utilità?

R. Mi ha particolarmente colpito l’avvento dell’automobile e la scoperta del telefono, un gran passo avanti per l’umanità, come pure il telegrafo.

D. e se dovesse ricominciare la sua vita ancora una volta dall’inizio, cosa cambierebbe? la vivrebbe in altro modo?

R. Certo è che se potessi riprendere la vita dall’inizio in molte occasioni agirei altrimenti; se dovessi percorrerla un’altra volta l’affronterei come un uomo sapiente, ben informato e preparato per contrastare tutte e quante le difficoltà davanti alle quali mi sono trovato.