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Dopo un percorso di quasi diciotto anni, con la legge 30 giugno 2009 n

Profili attuali dell’istituto della scomparsa

9. Dopo un percorso di quasi diciotto anni, con la legge 30 giugno 2009 n

85, l’Italia ha aderito al Trattato di Prüm ed ha istituito la Banca dati nazionale del Dna (BDN-DNA) presso il Ministero dell’Interno ed il Laboratorio centrale per la Banca dati nazionale del Dna istituito presso il Ministero della Giustizia. Banca dati e laboratori sono stati resi esecutivi con DPR del 7 aprile 2016 n. 87. La Banca dati provvede alla raccolta dei profili del Dna e al loro raffronto ai fini di identificazione;

il laboratorio centrale, invece, provvede alla tipizzazione dei profili ed alla conserva-zione dei campioni biologici dai quali sono tipizzati i profili del Dna. Il fine è quel-lo di facilitare l’identificazione degli autori dei delitti.

A livello internazionale non abbiamo una legislazione uniforme della banca dati:

in Inghilterra si contengono i profili genetici utili, come impronte dattiloscopiche;

in Germania si può prelevare immediatamente il profilo genetico di tutti i familiari;

Francia e Spagna hanno un funzionamento diverso. Da un rapido raffronto capiamo che la disciplina delle banche dati è diversa da stato a stato67 e ciò ne alimenta le

67 Fanuele, Banche dati genetiche: modelli stranieri e peculiarità italiane, in Scarcella, Prelievo del Dna e ban-ca dati nazionale, Padova, 2009, p. 323.

problematicità critiche, soprattutto nei casi di scomparsa che hanno collegamenti con più stati.

Le norme della legge 30 giugno 2009 n. 85 appaiono specifiche, determinate e precise nell’individuare i casi ed i soggetti ai quali è consentito prelevare campioni biologici, le finalità e le cautele del trattamento e dell’accesso ai dati così ottenuti, nonché l’obbligo di distruzione di profili di Dna e dei relativi campioni biologici una volta che la loro conservazione non sia più giustificata. In questo caso paiono rispondere adeguatamente ai requisiti di riserva di legge e di proporzionalità dell’in-gerenza pubblica nella vita privata degli individui tutelati dall’art. 8 della Conven-zione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo così come interpretata dalla Corte di Strasburgo68.

L’ambito della legge è stato circoscritto al prelievo del Dna nei confronti solo di alcuni soggetti e cioè indagati, imputati o condannati per delitti non colposi di una certa gravità dato che devono prevedere come misura almeno facoltativa l’arresto in flagranza.

In secondo luogo, è possibile il prelievo dei campioni e il loro trattamento e ti-pizzazione del Dna, quando vi è stato l’intervento di un giudice che ha confermato quantomeno la gravità del quadro indiziario (applicando una misura cautelare de-tentiva o convalidando l’arresto in flagranza o il fermo) o ha pronunciato sentenza di condanna divenuta irrevocabile, a cui è seguita l’esecuzione in carcere o con mi-sura alternativa o comunque ha valutato la gravità del quadro indiziario e la perico-losità sociale del soggetto applicandogli in modo provvisorio o definitivo una misu-ra di sicurezza detentiva.

Il legislatore ha, invece, escluso la possibilità di prelevamento e trattamento di campioni biologici in molti casi di delitti ritenuti evidentemente non così gravi da giustificare l’ingerenza nella vita privata dell’individuo e per i reati societari, finan-ziari e tributari69.

Il sistema normativo esaminato mette in evidenza la grande attenzione del legi-slatore italiano a garantire il rispetto del diritto alla privacy dei singoli individui e la tutela delle esigenze investigative finalizzate a identificare gli autori di gravi delitti.

Le norme appaiono precise nel rispettare i principi stabiliti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, d’altro canto le cautele nella gestione dei campioni biologici, nella tipizzazione dei profili del Dna, nella loro conservazione e compara-zione sembrano essere del tutto adeguate agli standard internazionali.

Come dimostrano esperienze straniere, in particolare di Regno Unito e Stati Uniti d’America, la comparazione di profili di Dna di soggetti noti con quelli estrat-ti da campioni rinvenuestrat-ti sulla scena del crimine e non ancora attribuiestrat-ti ha contribu-ito a identificare una percentuale altissima di soggetti.

68 CEDU, Marper vs.. United Kingdom, 4 dicembre 2008.

69 Salsi, La banca dati del Dna: indagini genetiche e problematiche giuridiche, Bologna, 2012, p. 32.

È indubbio che lo strumento così delineato offra grandi potenzialità investigative amplificate dal collegamento tra le diverse banche dati nazionali, soprattutto in relazione a crimini di tipo transnazionale, ciò che però servirebbe è un’armonia a livello internazionale o perlomeno europeo, per agevolare e velocizzare le ricerche.

Sul piano pratico però lo strumento delle Banche dati in Italia ancora non soddisfa appieno le sue potenzialità anche a causa dell’eccessiva burocrazia70.

10. L’istituto della scomparsa è uno strumento oggi inadeguato. Il mondo è radi-calmente cambiato e si è velocizzato. Scomparire nel 1942 era una questione, oggi che siamo sempre connessi o con uno smartphone o un cellulare che ci può localiz-zare rende più difficile la scomparsa. Inoltre, non si può più concepire la scomparsa come una situazione di fatto da cui deve decorrere un termine di due anni per esse-re riconosciuto giuridicamente. Non dobbiamo, infatti, dimenticaesse-re quanto doloesse-re e quanta incertezza colpisce coloro che sono legati allo scomparso. A tal proposito da parte degli psicologi è stato elaborato il concetto di “mancanza ambigua”. Con questo concetto s’intende quando una persona fisicamente assente è ancora psicolo-gicamente presente nei familiari e nelle persone care, generando in essi sentimenti contrastanti che vanno dall’angoscia alla speranza, dalla paura alla fiducia, dalla fru-strazione all’illusione. Scomparire crea un vero e proprio limbo non solo affettivo e psicologico, ma anche giuridico, visto che i familiari possono essere immessi nel bene solo con la dichiarazione di assenza71. Nel momento in cui scompare un sog-getto è come se il mondo si fermasse e la normativa cristallizza questa situazione, non giuridicamente riconosciuta. Probabilmente sarebbe opportuno un maggior coordinamento tra il diritto civile e il penale su questo delicato tema, così da trovare un elemento di raccordo tra la procedura e le disposizioni della legge 203 con il si-stema, forse ormai inadeguato, del codice civile.

Infatti, la legge 203 del 2012 e l’istituzione della Banca dati del Dna hanno com-portato notevoli passi in avanti per quanto riguarda le ricerche degli scomparsi, cercando di colmare un vuoto di oltre sessant’anni, ma ancora oggi le persone vicine allo scomparso non sono adeguatamente tutelate. Quello che occorre è una riforma degli istituti, che dia maggiore certezza giuridica e velocizzi i tempi. Non dimenti-chiamo che la stessa richiesta di nomina del curatore ex art. 48 c.c. cambia nella prassi e nei tempi da tribunale e tribunale, con alcune corti che l’autorizzano rapi-damente e altre che invece lasciano passare ulteriore tempo.

Fino al 1942 la scomparsa non esisteva e c’era un unico istituto quello dell’assen-za e forse proprio l’unificazione con l’immissione immediata nei beni dello scom-parso potrebbero semplificare le cose per i familiari troppo spesso prigionieri in un

70 Tonini, Felicioni, Scarcella, Banca dati nazionale del DNA e prelievo del materiale biologico, Milano, 2009, p. 56.

71 Come ha affermato Rometta, Linee guide ed aspetti pratici della normativa alla luce dell’esperienza diretta dei familiari, nel Convegno promosso dall’associazione Penelope “Dentro la scomparsa, 3^ parte”. Gli aspetti normativi della scomparsa, Scandicci (FI), 20 ottobre 2018.

limbo oltre che esistenziale anche giuridico. Potenziata la ricerca degli scomparsi con la legge 203, magari trascorsi pochi mesi e non due anni, si potrebbe immettere subito i familiari nei beni dello scomparso. La ratio originaria era quello di un unico istituto con riconoscimento giuridico e probabilmente è il punto di svolta di una possibile riforma per creare un nuovo istituto in cui si vengano a fondare scomparsa e assenza ed avere così per gli scomparsi e per le loro famiglie subito un riconosci-mento giuridico.

A sua volta, lo stesso termine decennale per la dichiarazione di morte presunta potrebbe essere ridotto a 2-3 anni come nel caso dei dispersi, così da ridurre la vaca-tio di ben dieci anni di un regime temporaneo. Statisticamente se dopo poche setti-mane molti scomparsi ritornano, è decisamente molto raro che dopo due anni gli scomparsi ritornino. Il fatto che la legge 218 del 1995 abbia unificato gli istituti ci può far intuire quale sia la strada da continuare per fare in modo che la normativa si adegui al contesto sociale odierno. Oltre a ciò, servirebbe un’armonizzazione a livel-lo europeo o internazionale per quanto riguarda l’utilizzo delle Banche dati, affinché si agevoli e velocizzi l’efficacia delle ricerche. È stato avviato un cammino, ma la strada è ancora lunga sia a livello normativo che tecnologico. Probabilmente biso-gnerebbe che il Governo o i Governi che si succederanno prestassero una maggiore attenzione, creando magari un fondo ad hoc per la ricerca degli scomparsi che sono, come già vista, in continua crescita e non riguardano solamente soggetti problema-tici. È quanto mai doveroso e giusto che siano create più “luci” per allontanare la nebbia che avvolge queste persone che non sono morte, ma neanche vive, e dietro cui si nasconde una situazione di disagio sotto molteplici aspetti.

Confini e intersezioni della

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