II. Virtù morale e scelta
3. La dottrina del giusto mezzo
É utile a questo punto specificare una caratteristica fondamentale della scelta virtuosa, giacché essa è il risultato di una disposizione stabile, che consiste nella capacità di tenersi lontani dagli eccessi, e mantenersi in uno stato medio (meson) nell’ambito delle passioni, e di riflesso, in quello delle azioni.
È opportuno rilevare che l'idea di meson come di un giusto mezzo tra due opposti non è nuova nel pensiero antico: come specifica Natali28 tale nozione appartiene alla tradizione letteraria e filosofica antica (essa è presente, infatti, anche in Omero, sebbene con funzioni diverse)29. L'idea del meson si sviluppa poi in molteplici significati, uno dei quali è appunto quello di punto medio tra due eccessi, sul quale riflettono sia Aristotele che Platone, nel delineare i caratteri dell'atteggiamento virtuoso.
28 C. Natali, La saggezza di Aristotele, Bibliopolis, Napoli 1989, pp. 46-58.
29C. Natali, La saggezza di Aristotele, cit., pp. 47-48. Natali distingue almeno quattro
significati per il termine meson nella letteratura antica, i quali posseggono tutti un certo senso di centralità: a partire da espressioni che invocano colui che si trova al centro dell'assemblea, fino allo spazio di terra che divide due eserciti. L’accezione più rilevante però è quella di meson un uso nettamente valutativo, come 'via di mezzo' tra due eccessi.
In particolare, a tal proposito, nell’Eutidemo Platone muove una critica a coloro che, ponendosi ‘nel mezzo’ tra filosofia e oratoria politica, e occupandosi di entrambe moderatamente, ritengono di essere migliori di tutti (305b-e). Secondo Platone, infatti, occorre specificare che genere di medietà è questa, poiché con la differenza degli estremi cambia il giudizio sul medio, il quale partecipa di entrambi.
Ora, se delle due estremità una è buona e l’altra cattiva, il medio sarà migliore dell’una e peggiore dell’altra; se invece sono entrambe buone, con fini diversi, il medio sarà peggiore di ambedue rispetto al fine di ognuna; se invece gli estremi sono entrambi cattivi, allora in quel caso il medio sarebbe migliore di entrambi (506a-b).
Questa descrizione è utilizzata da Socrate per spingere il suo interlocutore ad ammettere che filosofia e politica sono entrambe realtà buone, per cui colui che si pone a metà tra queste non è certo migliore di chi si occupa singolarmente o della filosofia o della politica (506b- d).
All'interno della riflessione aristotelica, il meson ha un ruolo centrale nella definizione della virtù morale. Nelle passioni, e di riflesso nelle azioni, è lo stato di medietà che è lodato, ed è a quello che bisogna aspirare.
Lo stato di medietà produce, infatti, una disposizione virtuosa, come vedremo più nello specifico in seguito, mentre all'opposto le disposizioni abituali degli estremi, in entrambi i sensi, sono viziose,
come viene affermato nel capitolo 7 del II libro: «il giusto mezzo è lodevole, gli estremi invece non sono né corretti né lodevoli, ma degni di biasimo» (1108a16-17).
Per meglio evidenziare la differenza tra la buona disposizione, che risiede nello stato di medietà, e quelle viziose risiedenti negli estremi, Aristotele attinge dal campo dell’arte medica servendosi di un'analogia con la quale spesso, lo vedremo meglio in seguito30, accompagna il proprio discorso etico, come la salute del corpo è preservata dalla medietà allo stesso modo sarà la medietà a preservare, e coltivare, le virtù dell’anima.
Per prima cosa, allora, si deve considerare quanto segue: che per natura le realtà di quel tipo sono distrutte dell’eccesso e dal difetto (infatti ci si deve servire di ciò che è evidente come testimonianza per ciò che è oscuro); come si vede anche nel caso del vigore fisico e in quello della salute, infatti gli esercizi eccessivi e quelli troppo scarsi distruggono il vigore, allo stesso modo anche l’avere troppi cibi e bevande, o troppo pochi distrugge la salute, mentre la giusta misura la produce, la aumenta e la difende. Ora le cose stanno così anche per la temperanza, il coraggio e le altre virtù. Infatti chi fugge ogni cosa, ne ha paura, e non sopporta niente, diviene vigliacco, chi in generale non teme nulla e affronta ogni cosa diviene temerario, e allo stesso modo chi indulge a ogni piacere e non rinuncia a niente, diviene intemperante, chi invece li sfugge tutti, come la gente selvatica, diviene in
30 Vedremo meglio la funzione degli esempi attingenti dal mondo delle technai
stochastikai nel prossimo paragrafo, p. 83 e ss. Mentre del parallelismo tra la medicina e la saggezza si tratterà quando sarà presa in esame più nello specifico la questione dell’acquisizione della phronesis, pp. 141 e ss.
qualche modo insensibile. Quindi la temperanza e il coraggio sono distrutti dall’eccesso e dal difetto, ma preservati dalla medietà. (EN II 2, 1104a10-26)
L'analogia tra la buona disposizione dell'anima e la salute del corpo, e di seguito quella tra la cattiva disposizione e la malattia, non è nuova, all’interno di questioni filosofiche, tale parallelismo e connessione fra anima e corpo è presente, infatti, anche in Platone, il quale ne fa uso all’interno dei dialoghi31.
Per trovare il giusto mezzo, in cui consiste la virtù, Aristotele precisa che non bisogna procedere tramite un calcolo astratto, come si fa con i calcoli matematici o geometrici, poiché tale medietà non consiste né nella metà fra due numeri o grandezze, né in un medio esatto fra due estremi.
Il giusto mezzo nell’ambito della prassi deve sempre essere ricercato in relazione alle caratteristiche del soggetto che agisce e alle circostanze in cui agisce.
Ne consegue che, in quanto soggetto alle variabilità delle situazioni e ai caratteri degli individui, il giusto mezzo non potrà essere
31 Cfr. Carmide 156a e ss. In tale occasione l’arte medica viene presa in causa come
esempio di approccio, in quanto secondo tale arte per curare una parte (del corpo) occorre curare il tutto. Lo stesso deve accadere, secondo Platone, per l’uomo nel suo complesso di anima e corpo, Un riferimento simile è inoltre presente nell’ Alcibiade (127d e ss.) in cui si rifletta sulle arti che riguardano la cura di se, del proprio corpo, ma soprattutto della propria anima.
Sulla questione complessa delle conseguenze che comportano nel pensiero platonico i rapporti con le arti, e sul parallelismo tra cura dell’anima e cura del corpo, rimandiamo a G. Cambiano, Platone e le tecniche, Laterza, Roma-Bari 1991.
lo stesso per tutti sempre, ma anzi sarà diverso per ciascuno, in ogni situazione.
Voglio dire che l’intermedio relativo alla cosa è ciò che dista in modo uguale da ciascuno degli estremi, il quale è uno solo e lo stesso per tutti, mentre l’intermedio rispetto a noi è ciò che non eccede né fa difetto, e questo non è uno solo, né è lo stesso per tutti. (EN II 5, 1106a29-32)
Questa differenza nella ricerca di una medietà, non matematica, ma rispetto a noi, è possibile osservarla meglio guardando nuovamente all’analogia con la salute del corpo: in questo caso in particolare viene introdotto l’esempio che riguarda le regole del regime alimentare.
La dieta è un fattore fondamentale per il mantenimento della salute del corpo, e la sua funzionalità dipende proprio dal fatto che essa deve essere commisurata all’individuo che la segue, non solo secondo la sua costituzione fisica ma anche secondo lo stile di vita che conduce e, nel caso di un atleta, in base all’allenamento che segue.
Ad esempio, se dieci sono molti e due sono pochi, sei viene preso come giusto mezzo rispetto alla cosa, infatti supera ed è superato dalla stessa misura: questo è il giusto mezzo sulla base della proporzione matematica32.
32 La proporzione matematica, cui fa riferimento Aristotele in questa sede, non
corrisponde a ciò che oggi viene definita proporzione (x:y = y:z), essa consiste in un'uguaglianza fra due sottrazioni, un'operazione che consente di trovare il medio matematico fra due grandezze, tra 10 e 2 il punto medio è 6 (10-6 = 6-2). Questo esempio serve ad Aristotele per dimostrare che il giusto mezzo deve essere calcolato
Ma quello relativo a noi non deve essere colto in questo modo; infatti non è vero che, se mangiare dieci mine è molto, e due è poco, l’allenatore prescriverà di mangiare sei mine, infatti anche ciò, forse, è molto o poco per chi lo deve ingerire: per un Milone è poco, per colui che inizia a fare atletica è molto, e lo stesso vale per corsa e lotta. Così allora ogni esperto rifugge dell’eccesso e dal difetto, ma cerca il giusto mezzo e lo sceglie, non quello relativo alla cosa ma quello relativo a noi. (EN II 5, 1106a32-1106b4)
Tale analogia, perciò, è utile per osservare che il giusto mezzo deve essere misurato per ottenere il meglio per un individuo determinato, così come la dieta deve essere accuratamente misurata per il celebre atleta Milone. Anche nell’ambito delle azioni occorre cercare il giusto mezzo rispetto a all’individuo preciso che si trova ad agire, affinché il suo operare risulti eccellente. Da ciò segue la definizione di virtù, come ciò che tende al giusto mezzo.
Se, quindi, ogni scienza porta a buon compimento la sua propria opera, guardando al giusto mezzo e indirizzando a ciò le sue operazioni (e, a partire da ciò la gente ha preso l’abitudine a dire, a proposito delle opere ben realizzate, che non c’è da togliere né da aggiungere nulla, intendendo che sia l’eccesso che il difetto distruggono il bene, mentre la medietà lo salva), e se i buoni artigiani, come noi diciamo, operano guardando al giusto mezzo, e se la virtù, come la natura, è più precisa di ogni arte, e anche migliore, la virtù verrà a essere ciò che tende al giusto mezzo. (EN II 5, 1106b5-7)
"rispetto a noi", poiché per Milone 6 mine, la grandezza media matematica, risulta una quantità insufficiente.
Ora, viene sottolineato che la ricerca del giusto mezzo, per quanto riguarda la virtù morale, si dà nelle passioni, di cui appunto si occupa: «sto parlando della virtù morale: essa, infatti, riguarda le passioni e le azioni, ed è in queste che si danno eccesso, difetto e giusto mezzo» (EN II 5, 1106b16-17).
A tale proposito Natali33 sottolinea che la teoria del giusto mezzo si applica effettivamente a una parte sola della struttura del sapere pratico, quella che riguarda la parte emotiva dell'anima, poiché solo le virtù morali vengono determinate tramite la ricerca del giusto mezzo.
Occorre sottolineare, inoltre, che la ricerca del giusto mezzo nella valutazione delle passioni deve riguardare anche i molteplici aspetti che caratterizzano il loro manifestarsi nell’azione: in particolare per quanto riguarda le modalità, i tempi e le circostanze e gli individui con cui si entra in relazione nell’azione stessa.
Per esempio, di avere paura, adirarsi e in generale del provare sensazioni di piacere e dolore vi è un troppo e un poco, entrambi i quali non sono un bene, ma il provarlo nel momento adatto, riguardo alle cose e in relazione alla gente adatta, per il fine e nel modo adatto, è giusto mezzo e un’ottima cosa, e questo è proprio della virtù. (EN II 5, 1106b19-23)
Anche considerato ciò appare chiaro che la ricerca del giusto mezzo risulta piuttosto difficile. A causa, infatti, dei caratteri
approssimativi, incerti e incostanti che caratterizzano tale ricerca, si ritiene sia più facile sbagliare che riuscire a cogliere perfettamente tali medietà.
Inoltre l’errare si dà in molti modi […] mentre l’essere corretti si dà in un solo modo: perciò vi è anche una cosa facile e una difficile, facile fallire il bersaglio, difficile il coglierlo. Per questi motivi l'eccesso e il difetto sono propri del vizio, la medietà è propria della virtù:
nobili in un modo solo, ignobili in tanti modi... (EN II 5, 1106b28-32).
È evidente qui il riferimento alla tecnica stocastica per definizione, il tirare con l'arco, genere di tecnica che sarà oggetto di un esame più approfondito nel paragrafo successivo34. Tale esempio è usato, in questo caso, come modello di un’azione approssimativa, che prevede numerose occasioni di errore a fronte di una sola occasione di riuscita; un modello che rispecchia e, perciò è utile per descrivere, il carattere approssimativo tipico della ricerca del giusto mezzo.
La ricerca del giusto mezzo può essere inoltre guidata dal fatto che, come si specifica nel capitolo 8, l’eccesso e il difetto sono contrari sia fra loro, sia, come disposizioni del vizio, alla virtù, ma spesso vi è una maggiore contrarietà tra uno dei due estremi e il giusto mezzo, per cui può in effetti convenire: «tenersi lontano da ciò che è più contrario» (1109a31). Nella situazione in cui, ad esempio, un uomo sia dotato
della virtù del coraggio, egli verrà a essere in disposizione contraria per difetto al temerario, e per eccesso al vigliacco, ma rispetto a quest’ultimo, la contrarietà sarà maggiore.
Esso, in certi casi, si oppone di più al difetto e in altri all’eccesso, per esempio al coraggio non si oppone di più la temerarietà, che è eccesso, ma la viltà, che è difetto; […] per il fatto che uno dei due estremi è più vicino, e più simile, al giusto mezzo, noi non contrapponiamo quello al giusto mezzo, ma il suo contrario, per esempio siccome sembra che la temerarietà è cosa più simile e più vicina al coraggio, mentre la viltà è cosa meno simile, noi contrapponiamo di più questa al coraggio: infatti le cose che distano di pi ù dal giusto mezzo sembrano essere maggiormente contrarie. (EN II 8, 1109a1-12)
Aristotele specifica a questo punto che «uno degli estremi è più sbagliato, e l’altro lo è meno» (EN II 9, 1109a34), perciò è preferibile l’atteggiamento di chi, trovando difficoltà nel cogliere il giusto mezzo perfettamente, si allontani quanto più possibile dall’errore, compiendo una seconda navigazione35 che lo porti ad avvicinarsi maggiormente alla medietà.
Dobbiamo spingerci nella direzione opposta, infatti, allontanandoci molto dall’errore perverremo al giusto mezzo, come fanno coloro che raddrizzano i
35 Il riferimento qui è al tipo di navigazione che procede a remi, in mancanza del
vento necessario per andare a vela, e sembra implicare che questo atteggiamento è da ritenersi una sorta di ripiego, per coloro che non riescono a trovare facilmente il giusto mezzo. Tale esempio, che attinge dall’arte nautica, è presente anche in Platone (Fedone 99c) dove tale riferimento più che un ripiego, consiste in un nuovo ragionamento, che affronta la questione in modo più approfondito e critico.
legni storti. Si deve stare in guardia in ogni caso soprattutto contro il piacevole e il piacere: infatti noi non siamo giudici imparziali in questo campo, e dobbiamo provare lo stesso sentimento che gli anziani provarono nei riguardi di Elena, e ripetere in tutti i casi le loro parole. Così, allontanato il piacere, sbaglieremo di meno. (EN II 9, 1109b4-12)
In tal modo, dunque, è ritenuto lodevole chi sbaglia di poco dal lato meno contrario, «Ma non è biasimato chi si allontana dal bene solo un poco, né se devia verso l’eccesso, né se devia verso il difetto; viene biasimato chi si allontana in misura maggiore, dato che costui non passa inosservato» (1109b18-21). Il processo d’individuazione del giusto mezzo è dunque un processo complesso, per illustrare meglio il quale può essere utile far riferimento, sulla scorta di Natali36, a un’analogia di tipo matematico.
A_________________B______C________________________D
In questo disegno, se A rappresenta la temerarietà e D la vigliaccheria, il segmento B-C indica una serie di comportamenti abbastanza coraggiosi da essere accettabili.
Secondo tale analogia, dunque, il giusto mezzo non deve essere concepito come un punto, bensì come un segmento: l’implicazione è che per cogliere il giusto mezzo occorre proiettare la propria scelta
verso il miglior comportamento possibile, entro un margine di comportamenti attuabili nel momento specifico.
Oltre al segmento è utile far riferimento anche a un’altra immagine, anch’essa atta a illustrare la dottrina del giusto mezzo, ossia quella della stella (the star model), suggerita da Gavin Lawrence37.
Lawrence si basa sulla fenomenologia dell’ira, nella quale «l’eccesso si genera da tutti i punti di vista: infatti consiste nell’adirarsi con chi non si deve, per motivi sbagliati, più del giusto, più in fretta e più a lungo, ma tutto ciò non si dà insieme; non sarebbe possibile» (EN IV11, 1126a8-12).
Questo esempio mostra, in effetti, che nell’immagine del segmento è utile aggiungere ulteriori linee che rinviano agli ambiti molteplici in cui è da trovarsi il giusto mezzo, per rappresentare i vari aspetti dei tempi, delle ragioni e delle circostanze che vanno a unirsi nel punto o nei vari punti in cui si possono trovare dei comportamenti accettabili38. Il modello della stella appare, in definitiva, anche più utile di quello del segmento a illustrare la nozione di giusto mezzo, e a sottolineare la funzione più euristica che teorica.
É importante a questo punto osservare come entra in questo quadro la questione dell’esperienza del soggetto che agisce sulla quale ritorneremo più specificamente in seguito.
37 G. Lawrence, Human Excellence in Character and Intellect, in G.
Anagnostopoulos (a cura di), A companion to Aristotle, Wiley-Blackwell, Malden, MA and Oxford, 2013, pp. 430-433.
É infatti tramite l’esperienza di azioni virtuose, che permette all'uomo di individuare il giusto mezzo con maggiore facilità, proprio allo stesso modo in cui è l'esperienza del tirare con l’arco che rende più facile al tiratore colpire il bersaglio, o trovare il centro del cerchio.
Abbiamo detto in modo abbastanza ampio che la virtù morale è medietà, e come lo è, che è medietà tra due mali, uno per eccesso e l’altro per difetto, e che è tale a causa del suo tendere al giusto mezzo proprio delle passioni e delle accezioni. Per questo motivo è anche difficile (ergon esti) essere un uomo eccellente (spoudaion), infatti è difficile cogliere il punto centrale in ogni singolo caso, per esempio trovare il centro di un cerchio non è da tutti, ma è proprio dell’esperto. (EN II 9, 1109a20-26)
Dunque dopo aver osservato come nel compiere una scelta virtuosa bisogna tener conto di una molteplicità di circostanze particolari, le quali devono essere valutate singolarmente, come, d’altronde mostrano sia la riflessione sulla volontarietà dell’azione sia quella sulla ricerca del giusto mezzo.
Riteniamo opportuno, a questo punto, condurre una breve indagine sull’impiego da parte di Aristotele di similitudini che attingono dall’ambito delle technai, in particolare da quello delle technai definite stocastiche.