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La formazione dell’esperto in legislazione

Nel documento Virtù e saggezza nell'Etica Nicomachea (pagine 152-162)

IV. Phronesis ed esperienza

3. La formazione dell’esperto in legislazione

Riflettendo sui metodi della tecnica, nell’ultima parte del capitolo 10 del X libro, Aristotele torna a insistere sull’importanza del particolare nell’ambito della prassi, anche e soprattutto per quanto riguarda l’educazione. Afferma, infatti, che i ‘modi di educare i singoli’ sono più efficaci di ‘quelli comuni’, il che è dovuto al fatto che vengono adattati all’allievo specifico, in una valutazione che varia caso per caso.

Inoltre è anche vero che i modi di educare i singoli sono superiori a quelli comuni, proprio come capita per le cure mediche: infatti in generale a chi ha la febbre giovano riposo e dieta, ma forse a una certa persona no, e il maestro del pugilato non prepara tutti i discepoli per lo stesso tipo di scontro. Quindi

sembrerà che il singolo sia oggetto di cure più precise se ci si prenderà cura di lui in modo personale, di modo che ciascuno giungerà ad averne più vantaggio. (X 10, 1180b7-13)

È ormai evidente che affinché l’educazione del singolo sia svolta correttamente è meglio che sia affidata a un technikos. Il tecnico, infatti, conosce sia i casi particolari, sia l’universale, poiché, a differenza dei soli competenti, possiede la conoscenza delle cause78. che e non solo i casi particolari, per cui è l’insegnante più indicato per chi voglia migliorare se stesso, sebbene Aristotele ammetta che si possa ricevere una buona educazione anche da chi, senza conoscere l’universale, possiede una grande familiarità dei singoli casi data dall’esperienza.

Ma si prenderà cura del singolo nel modo migliore il medico, il maestro di ginnastica e ogni altro che conosca l’universale, perché riguarda tutti o quelli di un certo tipo; si dice infatti che le scienze riguardano l’universale, e in effetti è così. Tuttavia nulla impedisce che di un qualche individuo particolare si prenda cura in modo adeguato anche chi non possiede la scienza, se ha osservato con accuratezza ciò che avviene nei singoli casi per mezzo dell’esperienza, proprio come alcuni sono stimati essere i migliori medici di se stessi, ma non sarebbero capaci di portare soccorso ad altri. (X 10, 1180b13-20)

Analogamente Aristotele specifica che chi intende migliorare gli altri attraverso le leggi, e diventare quindi un buon legislatore, come i tecnici dovrà conoscere per quanto possibile l’universale. Le leggi, infatti, come era stato specificato anche in precedenza, per essere davvero utili alla cura della comunità devono derivare da «un certo tipo di saggezza e ragione» (X 10, 1180a21).

Quanto meno è opinione comune che deve passare attraverso l’universale chi vuole diventare tecnico (technikos) e teorizzatore, e lo deve conoscere per quanto è possibile; abbiamo detto che le scienze hanno per oggetto l’universale, ed è probabile che anche colui che vuole rendere migliori, per sua cura, gli altri, sia molti sia pochi, debba sforzarsi di diventare legislatore, se è attraverso le leggi che noi diventiamo buoni. Non è alla portata di chi capita educare in modo corretto chiunque e chi gli viene sottoposto, ma, se pure ciò è alla portata di qualcuno, lo è di chi sa, come avviene nel caso della medicina e in tutti i restanti casi, in cui ci si prende cura saggiamente di qualcosa. (1180b20-28)

Ma nell’interrogarsi sui modi migliori per formare un buon legislatore, Aristotele osserva che il compito di operar nella politica richiede un insegnamento diverso da quello delle tecniche.

Infatti nelle altre scienze è chiaro che sono le stesse persone a trasmettere ad altri le proprie capacità e ad agire in base a quelle, vedi per esempio i medici e i pittori; ma quanto alla politica, i sofisti proclamano di insegnarla, mentre, in realtà, nessuno di loro agisce e al loro posto operano i governanti.

Questi ultimi, a quanto pare, agiscono sulla base di una certa qual capacità ed esperienza, piuttosto che sulla base della riflessione: è evidente che non scrivono né pronunciano discorsi su queste cose […] né, d’altronde, i politici sono stati in grado di far diventare politici i loro figli o qualche altra tra le persone a loro care. (1180b32-1181a7)

Se per apprendere una techne basta l’insegnamento da parte di chi già la detiene, per diventare legislatori non si può certo essere istruiti da coloro che (come i sophistai)79 non agiscono nella polis e si limitano a comporre discorsi. D’altra parte non ci si può neanche affidare ai politici, i quali hanno certo esperienza di case politiche, ma non ne scrivono nei discorsi, né d’altronde sono riusciti a trasmettere il loro sapere a figli o amici, eppure «non avrebbero potuto lasciare dono migliore alla città, né avrebbero potuto scegliere di possedere qualcosa di meglio che questa capacità» (X 10, 1181a8-9). Gli uomini politici hanno dunque acquisito la loro capacità grazie all’esperienza, infatti l’abitudine da sola non sarebbe stata sufficiente a renderli tali: «perciò sembrerebbe che coloro che aspirano a conoscere la politica abbiano bisogno di esperienza» (1181a11-12).

Aristotele torna qui a polemizzare con i sophistai, la cui pretesa di afferma insegnare l’arte politica deriva dall’incomprensione della difficoltà di giudicare correttamente la bontà o meno di una legge;

79 Natali traduce qui sophistai (1181a1) con Sofisti, mentre Berti suggerisce che il

riferimento in questo caso non sia solo ai sofisti ma agli intellettuali in generale, cfr. E. Berti, Nuovi studi aristotelici, III – Filosofia pratica, Morcelliana, Brescia, 2008, p. 248.

tant’è vero che poi equiparano la politica all’arte della produzione di discorsi (1181a12-18). Per questo ne conclude che è opportuno, che per la formazione del legislatore si faccia affidamento a coloro che non solo conoscano in qualche modo l’universale, ma che siano anche esperti dei casi particolari.

Per questo Aristotele torna a parlare degli esperti (empeiroi) i quali hanno la capacità di saper individuare correttamente i mezzi per giungere allo stato migliore delle proprie opere, al contrario di coloro che non sono esperti e spesso si dimostrano non essere in grado nemmeno di riconoscere con certezza se un opera è stata eseguita bene o male.

Sono gli esperti (emperoi), infatti, che giudicano correttamente le opere (erga) in ogni campo, che comprendono con quali mezzi o come si giunge alla perfezione, e quali cose si accordano tra loro; per quanto riguarda gli inesperti (aperois) ci si deve accontentare se non sfugge loro se l’opera è stata compiuta bene o male, come avviene anche per la pittura. E le leggi parrebbero essere le opere (ergois) della politica: come potrebbe uno diventare esperto in legislazione, o giudicare quali sono le migliori, part endo solo dalle leggi stesse? È chiaro che, allo stesso modo, non si diventa medici sui manuali, sebbene gli autori si sforzino di dire non solo quali sono le cure, ma anche come si deve guarire, e come si devono medicare i singoli, distinguendo le varie disposizioni: tali cose sono utili agli esperti, ma inutili per gli inesperti. (1181a19-1181b7)

Ricorre di nuovo qui il parallelo con la medicina, che illustra l’importanza dell’esperienza per diventare dei bravi tecnici. Chi intende diventare medico, non può pretendere di farlo esclusivamente tramite lo studio dei manuali, per quanto, infatti, questi possano essere redatti nel migliore dei modi, l’esperienza dei singoli casi sarà comunque essenziale al fine di diventare dei veri e propri esperti in medicina. Lo stesso vale per il legislatore, il quale deve non solo conoscere quali siano le leggi migliori ma anche maturare l’esperienza di quali siano quelle più adatte a ciascun caso.

Come si può però acquisire tale esperienza? A chi vuole diventare un esperto legislatore sono di grande aiuto le raccolte di leggi e costituzioni di altre città. L’osservazione di esse dà infatti la possibilità di sapere cosa è stato deciso da altre città in altre circostanze. È chiaro infine che la valutazione di ciò che è bene e cosa no all’interno di tali raccolte è data dal possesso di uno stato abituale virtuoso (che è di nuovo la phronesis), poiché chi ne è sprovvisto riconoscerà il bene solo per caso e la conoscenza di tali esempi sarà utile solo a diventare più assennati80.

E quindi, forse, anche le raccolte delle leggi e delle costituzioni verranno a essere utili per coloro che sono in grado di esaminarle, di distinguere cosa è bene e cosa non lo è, e quali misure si adattano a quali cittadini . Invece in

80 Cfr. «Il senno (sunesis) non consiste né nel possedere saggezza, né

quelli che esaminano queste cose senza uno stato abituale adatto non v’è la capacità di distinguere bene, tranne che per caso; anche se, forse, diventerebbero più perspicaci in questi campi. (1181b7-12)

Occorrerà allora, conclude Aristotele, dedicarsi a una nuova indagine che esamini il campo della legislazione, per cui nel passo conclusivo dell’Etica Nicomachea vediamo svolgersi il passaggio dalla trattazione propriamente etica a quello architettonico della politica, prima nel delinearsi di uno schema riassuntivo81 di ciò che sarà oggetto di studio nella Politica, e poi nell’ultima riga che suggerirebbe una contiguità tra i due scritti.

Per prima cosa ci sforzeremo di esaminare quello che è stato detto bene, nei particolari, dai nostri predecessori, poi, partendo dalla raccolta delle costituzioni, vedremo quali cose salvano le città, e i vari tipi di costituzione, quali le distruggono, e per quali ragioni alcune città sono governate bene e altre tutto il contrario. Dopo aver esaminato questo, forse potremo comprendere meglio qual è la costituzione migliore, come ogni costituzione è strutturata e di quali leggi e costumi si serve. Cominciamo dunque dicendo… (X 10, 1181b16-23)

Collegando in questo modo le due trattazioni Aristotele riconosce a entrambi i generi di sapere lo stesso scopo pratico: e mentre

81 Cfr. E. Berti, cit., pp. 248-249. Berti collega qui a ogni affermazione un rimando

diretto all’oggetto di studio dei capitoli della Politica: mentre il II libro è una critica di quello che i filosofi (e i legislatori) precedenti avevano detto, dal IV al VI vengono analizzate le varie costituzioni, infine l’oggetto d’indagine dei libri VII e VIII è l’individuazione della costituzione migliore.

la ricerca etica stabilisce la causa finale dell’agire umano, individuata nella felicità, e il modo in cui è possibile raggiungerla, la politica si occupa di cercare i mezzi migliori per educare e predisporre i cittadini a una vita felice.

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