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durante la “Repubblica di Weimar” (1918-1933)

Nel documento DELLE FORZE ARMATE (pagine 66-70)

La sconfitta nel Primo conflitto mondiale ebbe delle pesanti ripercussioni non solo sull’assetto territoriale ma anche sulla struttura politica e istituzionale della Germania. Il nuovo Stato repubblicano, indicato con il nome di

“Repubblica di Weimar”, dalla città in cui l’Assemblea costituente si era riunita nel gennaio 1919 e dove il governo si era trasferito a causa dei gravi disordini e dei violenti scontri tra le forze rivoluzionarie “spartachiste” vicine al Partito Comunista e i reparti militari leali al governo provvisorio, che dalla fine di dicembre stavano sconvolgendo Berlino. La Costituzione di Weimar era di tipo “dualistico”, con un Parlamento e un Presidente che costituivano i più importanti centri d’autorità istituzionale.

Il capo dello Stato era eletto ogni 7 anni direttamente dai cittadini e non vi erano limiti alla sua rielezione, mentre era previsto che questo potesse essere rimosso dalla carica con una consultazione popolare convocata su iniziativa del “Reichstag” presa con un voto dei due terzi dei suoi membri. Il governo era guidato da un Cancelliere designato dal Presidente al pari degli altri ministri i quali dovevano avere la fiducia del “Reichstag”. Quest’ultimo, era eletto per 4 anni attraverso un sistema proporzionale, mentre la seconda Camera del Parlamento, il “Reichsrat”, era for-mata dai rappresentanti dei diversi Länder della Germania in un numero proporzionale alla loro popolazione e non disponeva della prerogativa di sfiduciare l’esecutivo. L’assetto statale prevedeva che i diversi Länder dispo-nessero di un’autonomia interna, con una struttura quindi che si configurava come un sistema decentralizzato ben diverso da quello federale esistente durante l’Impero dove i diversi Stati avevano conservato la propria sovranità (79). Con governi deboli e una struttura che risentirà prima dell’azione dei partiti anti sistema — rappresentati a destra dai nazionalisti monarchici del “Partito Nazionale Tedesco Popolare” (DNVP) e a sinistra dai comunisti — e poi dei pesanti effetti della crisi economica degli anni Trenta, la struttura di Weimar entrerà progressivamente in crisi e questo porterà a far assumere un ruolo sempre più preponderante al Presidente, che diventerà così la figura più importante dell’assetto istituzionale del paese. Dato che la Costituzione non richiedeva esplicitamente un voto di fiducia verso il governo ma solo che questo fosse obbligato a dimettersi nel caso di una mozione di sfi-ducia, gli esecutivi si presentavano davanti al “Reichstag” senza richiedere l’investitura che quindi si riteneva im-plicitamente concessa. Nel corso degli anni, nella “Repubblica di Weimar” si andrà così affermando la prassi dei

“governi presidenziali” di minoranza che si reggevano esclusivamente grazie al sostegno del capo dello Stato, il quale, nel caso l’esecutivo fosse stato sfiduciato, aveva la prerogativa o di nominarne un altro oppure di procedere allo scioglimento del “Reichstag”.

Di conseguenza l’assetto costituzionale andrà quindi progressivamente ad assumere i tratti di un sistema semi presidenziale (80). Se la struttura politico-istituzionale rimase sempre debole e non riuscì mai, salvo che per un breve periodo, a diventare efficiente e conquistare il sostegno della popolazione, quella militare risentì ancor più profondamente degli effetti causati dalla disfatta nel Primo conflitto mondiale. Le modalità della sconfitta lasciarono difatti delle pesanti tracce tra gli alti ufficiali, per i quali gli eventi del novembre 1918 rappresentarono la cancel-lazione di quanto fatto da Bismarck per la grandezza della Germania e la distruzione di secoli di storia tedesca. E per comprendere la struttura istituzionale di comando in vigore nella “Repubblica di Weimar” e il ruolo che ebbero le Forze armate in quel periodo è opportuno soffermarsi un momento sulle vicende storiche accadute in Germania

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negli anni immediatamente seguiti alla Prima guerra mondiale. Alla fine del conflitto, i sei milioni di effettivi che componevano l’Esercito imperiale non costituivano più una forza combattente, e molti di essi, al momento del ri-torno in Germania, subirono gli effetti della propaganda comunista e finirono per unirsi ai gruppi rivoluzionari che richiedevano il trasferimento dell’autorità dal “Comando supremo” a una “Commissione di controllo dei con-sigli”, la soppressione dei gradi sulle uniformi, l’elezione degli ufficiali da parte dei militari di truppa e la sostitu-zione dell’Esercito con una “Guardia civile”. Tra gli esponenti politici, queste richieste portarono ad accesa discussione su quali fossero le soluzioni da adottare per fronteggiare la rivolta all’interno delle Forze militari. Da-vanti a questa situazione sia il capo dello Stato Maggiore Wilhelm Groener che il maresciallo Paul von Hindenburg, proposero, per venire incontro alle richieste avanzate dai rivoltosi, che all’interno di ogni unità venissero eletti degli “uomini di fiducia” (Vertrauernsleute) con l’incarico di ascoltare e prendere in considerazione le istanze della truppa, però, solo in merito alle questioni non riguardanti l’ambito militare. Appariva evidente come le di-mostrazioni stessero ponendo un rischio per la stessa esistenza dell’Esercito e così il 9 novembre il capo di Stato Maggiore Groener telefonò al cancelliere Ebert dichiarando che l’Esercito avrebbe appoggiato il suo governo se questo avesse ripristinato l’ordine e contrastato le forze bolsceviche.

In questo scenario, nonostante la gran parte degli ufficiali fosse contraria ai socialisti essendo rimasta fedele alla Monarchia, l’Esercito accettò il nuovo esecutivo; un atto che contribuirà a dare ai militari un ruolo di primo piano nelle vicende politiche di Weimar e che verrà poi rafforzato anche dalla trionfale accoglienza offerta ai re-parti tornati dal fronte. Questi furono salutati come eroi dalla popolazione, mentre lo stesso Ebert, l’11 dicembre

L’Esercito durante la Repubblica di Weimar.

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1918 a Berlino, si rivolse ai reparti che ritornavano in Germania affermando «…io vi saluto, voi che tornate invitti dai campi di battaglia…»; tutte affermazioni che contribuirono a rafforzare l’immagine dell’Esercito davanti al-l’opinione pubblica e a creare il mito che la Germania fosse stata sconfitta da una “pugnalata alle spalle” inferta dai politici di sinistra alle Forze militari. Tuttavia, con la situazione dell’ordine pubblico sempre più deteriorata e la scarsa affidabilità dimostrata dalle Forze militari di fronte alle proteste, il governo decise di accettare la pro-posta del generale Kurt von Schleicher di istituire dei “Freikorps”, composti di ufficiali e soldati provenienti dall’

ex Esercito imperiale nonché da studenti universitari, i quali schiacciarono l’insurrezione “spartachista” a Ber-lino, le rivolte comuniste a Monaco e Brema prendendo poi parte anche ai combattimenti in Lettonia, dove fer-marono l’avanzata dell’“Armata Rossa” assumendo il controllo di Riga. Composti di almeno quattrocentomila effettivi, questi reparti risultavano generalmente indisposti ad accettare qualsiasi forma di disciplina, dato che le diverse unità tendevano a rispondere esclusivamente ai loro comandanti dando quindi a questa struttura più l’aspetto di una milizia mercenaria che non di una Forza militare regolare. In questo quadro caotico, il governo, proprio allo scopo di inserire la loro attività in una cornice istituzionale e legale, approvò il 6 marzo 1919, una legge con la quale si dissolveva l’Esercito imperiale e si formava un “Esercito tedesco provvisorio” (Vorläufiges Reichsheer), basato proprio sui “Freikorps”, i cui effettivi avrebbero però dovuto essere ridotti da quattrocento-mila a una più gestibile quota di duecentoquattrocento-mila, unitamente a una “Marina tedesca provvisoria” (Vorläufiges Rei-chsmarine). A tutti i componenti era richiesto di prestare giuramento di fedeltà alle nuove istituzioni repubblicane.

Ma le pesanti condizioni imposte alla Germania dagli Alleati in base alle clausole del trattato di Versailles ebbero però un effetto considerevole sulle neocostituite Forze militari peggiorando significativamente il rapporto tra il governo repubblicano e i “Freikorps”, in quanto questi temevano che l’esecutivo, essendo obbligato a sottostare alle disposizioni imposte dal trattato di pace, avrebbe dovuto sensibilmente ridurre il numero dei componenti del nuovo Esercito tedesco. Allo stesso modo, le severe condizioni imposte dagli Alleati suscitarono il risentimento degli ufficiali di carriera, alcuni dei quali dichiararono di non essere più disposti a servire il nuovo governo repub-blicano data la sua disponibilità a sottostare alle disposizioni del trattato di pace, mentre altri, tra i quali il generale Erich von Gilsa, capo di gabinetto del ministro della Guerra Noske, si appellò a quest’ultimo perché rifiutasse le condizioni fissate dal trattato di Versailles per «…l’onore della Germania…» e affermando, poi, che se avesse pro-clamato una dittatura militare, l’Esercito lo avrebbe sostenuto. Apparve comunque evidente però come non vi fosse possibilità che il governo respingesse le condizioni avanzate dagli Alleati, in quanto l’Esercito non era in grado di opporre alcuna resistenza nel caso di una ripresa delle ostilità. La situazione quindi peggiorò ulteriormente con alcuni ufficiali che crearono o delle proprie unità di tendenza conservatrice e nazionalista, oppure iniziarono addirittura a reclutare degli effettivi di chiaro orientamento anti repubblicano. Si arrivò così al tentativo di colpo di Stato attuato nel marzo 1920 dal generale Walther von Lüttwitz e da Wolfgang Kapp, un alto funzionario del-l’amministrazione statale prussiana, che tuttavia fallì dato che solo poche unità si unirono ai rivoltosi rimanendo fedeli al governo. Davanti a questo scenario caotico, il governo nominò un’apposita commissione civile guidata dal generale Hans von Seekt che decise di procedere con severe sanzioni disciplinari congedando dodici Generali, unitamente a numerosi altri alti gradi (81).

Ed è proprio da questo momento che l’Esercito, con un corpo ufficiali di tendenza monarchica e poco propenso ad accettare le istituzioni repubblicane e il nuovo governo parlamentare, si organizzerà come uno “Stato nello Stato” svincolato dalla società e dalla politica; un ruolo, quello dei militari, che negli anni in cui il sistema funzionò con regolarità, indebolì le strutture democratiche tedesche, mentre durante il periodo dell’instabilità, nel quale si succederanno i “gabinetti presidenziali”, gli conferirà una funzione di primo piano nella gestione degli affari interni del paese (82). Con l’entrata in vigore delle disposizioni militari del trattato di Versailles, il 1° gennaio 1921, la nuova “Reichswehr” tedesca, composta dall’Esercito (Reichsheer) e dalla Marina (Reichsmarine), entrava

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mente in funzione. Riguardo all’Esercito, questo doveva comporsi di centomila effettivi i quali avrebbero potuto restare in servizio non più di dodici anni e solo a quattromila ufficiali sarebbe stato consentito di rimanervi per venticinque anni. Non era prevista coscrizione obbligatoria e inoltre soltanto il 5% degli effettivi poteva essere so-stituito ogni anno, mentre riguardo all’equipaggiamento era stabilito che l’Esercito non disponesse di carri armati e armamenti offensivi, non potesse attuare alcuna mobilitazione e non dovesse importare gas tossici e materiali utilizzabili a scopo bellico. Allo stesso tempo, alla “Reichswehr” non era consentito di mantenere uno Stato Mag-giore e le stesse Accademie militari e le scuole di formazione dovevano poi essere abolite. Di fatto, l’Esercito veniva ridimensionato al ruolo di una Forza di polizia di dimensioni sufficienti a garantire l’ordine interno, ma comple-tamente incapacitato a porre un pericolo per gli Stati confinanti e quindi a condurre un nuovo conflitto. In merito invece alla Marina, questa vedeva i suoi componenti limitati ad appena quindicimila effettivi e non poteva disporre di sottomarini, ma solo di sei incrociatori leggeri e di altre unità la cui tipologia era strettamente indicata dalle clausole del trattato di pace, vedendosi così ridotta a una Forza di difesa costiera (83).

Alla Germania, veniva inoltre proibito di possedere una Forza aerea, cosa che portò alla dissoluzione della “Luft-streitkräften” la quale, durante il Primo conflitto costituiva l’aviazione dell’Esercito. Ma, paradossalmente, questa struttura imposta alle nuove Forze armate tedesche dal trattato di Versailles ebbe però la conseguenza che nessuna

“democratizzazione” interna potesse essere applicata alla struttura militare del paese. Difatti, se da un lato proi-bendo la coscrizione obbligatoria si intendeva prevenire il ripetersi di quanto accaduto durante l’era imperiale in cui proprio il servizio di leva aveva contribuito alla formazione di un’ideologia militarista tra la popolazione, dal-l’altro però, creando un Esercito di dimensioni limitate e interamente professionale, nel quale entravano a farne parte unità provenienti dai “Freikorps” ma si escludevano gli elementi più moderati favorevoli al nuovo Stato re-pubblicano che invece avrebbero potuto esservi inclusi attraverso il servizio militare, si precludeva di fatto ogni possibile riforma democratica della “Reichsheer”, lasciando così che questa prendesse un linea politica fortemente nazionalista e orientata a destra. Sul piano istituzionale, il comando della “Reichswehr” era attribuito al Presidente della Repubblica, che aveva anche l’autorità di nominare e destituire gli ufficiali, anche se, di fatto, questo conser-vava pienamente la prerogativa di designazione solo per i Generali.

L’effettivo comando delle Forze armate era però affidato al ministero della Difesa il quale, a differenza di quanto accaduto durante l’Impero, era centralizzato, cosa che, di conseguenza, pose fine alle funzioni dei ministeri della Guerra fino ad allora esistenti in Prussia, Sassonia, Württemberg e Baviera, anche se il governo di quest’ultima conservava comunque ancora il diritto di nominare un Comandante a livello statale al quale spettava anche la guida del reggimento bavarese all’interno dell’Esercito. Questa sistema, stabilito dall’art. 47 della Costituzione, sanciva poi una differenziazione tra “autorità militare” e “comando”, in quanto, si riteneva che i politici non disponessero delle opportune conoscenze tecniche per guidare le Forze armate sul piano operativo. La scelta di introdurre un ministero della Difesa unitario era dettata poi anche dalla convinzione che, tanto più l’amministrazione statale fosse stata centralizzata, tanto più efficienti sarebbero state le Forze armate e la condotta della politica estera, così da poter consentire una più rapida ripresa della Germania e uno suo ritorno allo status di potenza continentale.

Tuttavia, in base alla legge militare del marzo 1921, veniva stabilito che l’Esercito costituisse una forza unificata nel rispetto però delle tradizioni regionali esistenti (84). L’amministrazione interna e la gestione degli affari militari erano di competenza dei rispettivi comandi dell’Esercito e della Marina, mentre dal punto di vista della struttura, non essendo consentita dalle condizioni del trattato di pace la presenza di uno “Stato Maggiore”, all’interno del-l’Esercito le funzioni di quest’ultimo erano di fatto esercitate dal “Truppenamt”, che tra i quattro uffici componenti il comando costituiva quindi il più importante. Ai Comandanti dell’Esercito e della Marina, era poi attribuita una particolare prerogativa (Immediaterecht) che gli consentiva di rivolgersi direttamente al capo dello Stato potendo quindi così scavalcare il ministro della Difesa.

Durante gli anni della “Repubblica di Weimar”, i rapporti tra l’Esercito e il potere politico furono difficili,

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con i vertici di quest’ultimo per i quali era essenziale che ai comandi fosse garantita la necessaria autonomia e autorità per svolgere le loro funzioni. In conclusione, si può dire che gli ufficiali delle Forze armate rimasero neutrali verso le istituzioni repubblicane servendole tuttavia con lealtà senza che vi fosse però un effettivo ap-prezzamento per il governo, dato che la stragrande maggioranza era di tendenza monarchica (85). Tuttavia, ve-nendo meno al principio di neutralità che avrebbe dovuto contraddistinguerne l’azione in un governo parlamentare, l’Esercito, andrà a svolgere all’inizio degli anni Trenta anche un importante ruolo politico che sarà una delle ragioni che favorirono l’arrivo al potere di Adolf Hitler.

La struttura di comando

riflesso, anche sulla struttura e il sistema di comando delle Forze armate. E come nel paragrafo precedente sulla “Repubblica di Weimar”, anche in questo caso è opportuno effettuare prima una breve disamina degli eventi che avvennero in Germania tra il 1933 e il 1935. Nominato can-celliere dal presidente Hinden-burg il 30 gennaio 1933, Adolf Hitler guidò inizialmente un esecutivo di coalizione di cui faceva parte il Partito Nazionale Tedesco Popolare (DNVP), una formazione conservatrice fortemente orientata in senso nazionalista.

Poco dopo aver assunto la guida del paese, il nuovo governo iniziò a introdurre una serie di provvedimenti che in breve tempo trasformarono in senso autoritario e dittatoriale l’assetto dello Stato tedesco. Il primo di questi fu in-trodotto il giorno successivo all’incendio del “Reichstag” avvenuto il 27 febbraio 1933, pochi giorni prima delle elezioni legislative. Il “Decreto sull’incendio del Reichstag” sospendeva una serie di articoli della Costituzione e introduceva delle limitazioni alla libertà di espressione, di stampa e di riunione autorizzando, inoltre, le forze di polizia a effettuare delle perquisizioni domiciliari oltre i limiti di legge imposti fino a quel momento.

Non accompagnato da indicazioni sulle modalità di attuazione, il decreto lasciava quindi una notevole discre-zionalità alle autorità che così si trovarono a disporre di un ampio margine di manovra da utilizzare nei confronti delle forze politiche e degli organi di stampa considerati “ostili” al nuovo governo. Dopo essersi affermato alle elezioni legislative del 5 marzo, nelle quali comunque, nonostante il clima d’intimidazione in cui si svolse la cam-pagna elettorale, il Partito Nazionalsocialista non ottenne la maggioranza assoluta conquistando solo il 43,91%

dei consensi e 288 seggi, Hitler proseguì nell’azione di smantellamento della struttura costituzionale di Weimar e, con l’intento di istituire uno Stato autoritario dove il suo partito sarebbe stato la sola forza politica esistente,

Sfilata di un reparto delle SS.

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