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Il potere di decidere l’uso della forza nucleare

Nel documento DELLE FORZE ARMATE (pagine 25-28)

Il Presidente, nel suo ruolo di “Comandante in capo” delle Forze armate, costituisce la sola autorità che può ordinare l’uso della forza nucleare degli Stati Uniti e que-sta prerogativa è que-stata ribadita anche da un rapporto inviato dal Forze armate, in base a quanto prescritto dall’“Uniform Code of Military Justice”, sono tenuti a eseguire gli ordini impartiti da quella che costituisce la sola legale e competente autorità. Riguardo alla struttura con cui sarebbero diramate le eventuali decisioni, la “National Com-mand Authority” stabilisce che gli ordini vengano impartiti appunto dal Presidente e dira-mati al segretario alla Difesa e da questo ai diversi

co-mandi (Combatant Command), anche se, a detta di alcuni

analisti, nella catena, il ruolo del responsabile del Pentagono e del “capo degli Stati Maggiori Riuniti” non sa-rebbe ben definito. Stando ad alcuni documenti ufficiali tra i quali un rapporto del “Congressional Research Service”, il segretario alla Difesa, nella procedura, avrebbe il compito di validare l’ordine certificando che sia stato impartito dal Presidente, anche se, in base a quanto riportato da altre personalità politiche, il segretario alla Difesa non avrebbe una posizione particolare all’interno della catena di comando, mentre la dottrina dell’US Air Force stabilisce che il Presidente dispone dell’esclusivo potere decisionale e può trasmettere l’ordine per mezzo del “capo degli Stati Maggiori Riuniti”. In merito alla procedura per gli ordini di lancio, questa prevede che, in presenza di un attacco individuato contro gli Stati Uniti, il Presidente si consulti con il segretario alla Difesa, il “capo degli Stati Maggiori Riuniti” e i principali consiglieri militari, mentre il Comandante del “Co-mando strategico” (STRATCOM) illustrerebbe le varie opzioni utilizzabili per il contrattacco.

Non è da escludere che in questo frangente sia il Comandante dello STRATCOM che il segretario alla Difesa possano cercare anche di esercitare la loro autorità sul Presidente per cercare, per l’ultima volta, di convincerlo a modificare la sua decisione di usare il dispositivo atomico (40). Ma nel caso decidesse di attivare la forza nucleare, egli si dovrebbe identificare con il Pentagono attraverso un “biscuit”, ovvero una “carta” preparata dalla “National Security Agency” dove è riportato un codice di autenticazione appositamente selezionato. Subito dopo, il Presi-dente aprirebbe la “valigetta” nucleare — la “Football” come è comunemente indicata, la quale deve trovarsi

sem-Lo stemma del Presidente degli Stati Uniti.

pre nelle sue immediate vicinanze ed è tenuta a turno da un ufficiale di ognuna delle cinque armi che compongono le Forze armate degli Stati Uniti — esaminando le soluzioni descritte nel “Black Book” contenuto al suo interno.

Successivamente, l’ordine sarebbe impartito telefonicamente al Pentagono (41) dove, all’interno del “National Military Command Center” (NMCC) verrebbe autenticato e formattato in un “Emergency Action Message” (EAM) contenente i codici per il lancio delle testate il quale, attraverso un apposito canale di comunicazione, sarebbe trasmesso al “Global Operations Center” del “Comando strategico” (STRATCOM) per poi raggiungere i siti di lancio dei missili intercontinentali (ICBM, Intercontinental Ballistic Missile) e dei sommergibili nucleari (SLBM, Submarine-launched ballistic missile) (42). Il sistema di controllo delle forze nucleari statunitensi, a detta degli analisti, è organizzato in questo modo in quanto la sua struttura ha essenzialmente l’obiettivo non di discutere sulle eventuali opzioni che si presenterebbero, ma di consentire al Presidente di prendere una decisione in tempi rapidi. Configurato durante gli anni della Guerra fredda quando gli Stati Uniti si trovavano a fronteggiare la forza nucleare dell’Unione Sovietica, l’apparato doveva quindi permettere alla Casa Bianca di rispondere in maniera immediata a un attacco, dato che i missili lanciati dalle basi sovietiche avrebbero raggiunto il territorio statunitense in circa trenta minuti, mentre quelli dai sommergibili sarebbero stati in grado di arrivare sugli obiettivi nella metà del tempo, tanto che, si presume, il Presidente, effettuate le rilevazioni e le procedure, avrebbe avuto meno di dieci minuti per prendere una decisione (43). E un altro aspetto del sistema di comando nucleare degli Stati Uniti nel periodo della Guerra fredda era che, in situazioni di emergenza, l’ordine di procedere al lancio poteva essere

26 Supplemento alla Rivista Marittima

RODOLFO BASTIANELLI Lancio di un SLBM (Submarine Launched Ballistic Missile)

da parte di un sottomarino nucleare americano.

“delegato” dal Presidente a un’altra autorità. Così dal 1957 al 1968 rimase attiva una procedura — denominata “Furtherance” — in cui, nel caso il Predente non avesse il tempo per assumere una decisione oppure che tutti i si-stemi di comunicazione non fossero più attivi, l’ordine poteva essere impartito dai Generali responsabili dei diversi comandi o anche dagli ufficiali di grado immediatamente inferiore (44). Un’ulteriore procedura di delega-zione, attiva dal 1965 fino al 1992, prevedeva invece che il “North Ameri-can Aerospace Defense Command” (NORAD), il comando congiunto di Stati Uniti e Canada incaricato di controllare lo spazio aereo dei due paesi, disponesse, ma solo «sotto strettissime restrizioni e determinate condi-zioni», del potere di attivare la forza nucleare, anche se questo poteva av-venire solo dopo ripetuti tentativi di mettersi in contatto con le autorità civili e con la limitazione che le armi fossero di potenza limitata e venissero usate solo sul territorio degli Stati Uniti e del Canada.

E sullo stesso piano si inquadrava anche l’operazione Looking Glass, istituita nel 1961 e non più operativa dal 1990, che conferiva a un Gene-rale del “Comando Aereo Strategico” (SAC), operante su un aereo appo-sitamente attrezzato, il potere di decidere la risposta nucleare statunitense qualora un attacco sovietico avesse distrutto la capitale Washington e fatto saltare gli altri anelli della catena di comando (45). E di recente, all’interno del mondo politico, si è aperta una discussione, favorita anche dalla ten-sione creata dai test missilistici di Pyongyang, sulla possibilità di limitare il potere di utilizzo della forza nucleare di cui dispone il Presidente, dato che, in base alla dottrina, gli Stati Uniti, nel caso di un conflitto, si riservano il diritto di usare per primi l’arma atomica. Così, nel gennaio 2017 al Con-gresso è stato presentato un disegno di legge — indicato con il nome di “Re-stricting First – Use of Nuclear Weapons Act” — nel quale si proponeva come il Presidente poteva decidere di attivare la forza nucleare solo in presenza di una dichiarazione di guerra del Congresso che ne autorizzasse l’uso. Di fatto, il provvedimento intenderebbe quindi prevenire la possibilità che il Presidente possa, in un conflitto, decidere di lanciare per primo un attacco nucleare (first strike) contando sulle sue prerogative costituzionali nonché sulle disposizioni dell’“Authorization for Use of Military Force”

del 2001, il quale autorizza la Casa Bianca a usare ogni mezzo contro chi ha pianificato gli attentati dell’11 settembre e chi ha offerto ospitalità e appoggio ai gruppi terroristici implicati nell’azione (46).

Dal punto di vista costituzionale, nel caso il Presidente non fosse in grado di svolgere le sue funzioni queste, in base alla sez. 1 del XXV emendamento del 1965, verrebbero temporaneamente trasferite al vice Presidente, il quale assumerebbe la carica a pieno titolo in caso di scomparsa, dimissioni o destituzione per Impeachment del titolare. E se qualora anche il vice Presidente fosse impossibilitato, i poteri, stando al “Presidential Suc-cession Act” del 1947, sarebbero assunti nell’ordine dallo “Speaker” della Camera dei rappresentanti, dal Presidente pro tempore del Senato e dai segretari del “Gabinetto” presidenziale secondo il loro ordine di isti-tuzione. E allo scopo di assicurare la continuità dell’ufficio presidenziale, è previsto che, in occasione del

“Discorso sullo Stato dell’Unione”, pronunciato nel gennaio di ogni anno dal Presidente davanti al Con-gresso, un membro del Gabinetto, indicato come “Designate survivor”, resti in una località sconosciuta di-stante dalla capitale al fine di poter assumere le funzioni qualora un attacco terroristico o nucleare eliminasse l’intera struttura del potere esecutivo e legislativo.

27 Ottobre 2020

ILSISTEMADICOMANDODELLE FORZEARMATE

(1) Su questo vedi Base/Diller/Wirls, Commander in Chief, in The Powers of the Presidency, Congressional Quarterly, Washington D.C., 2008, pp. 231-232.

(2) Le più importanti azioni intraprese dalle Forze armate statunitensi senza una formale dichiarazione di guerra sono state quelle attuate contro la Francia nel 1798 in risposta agli attacchi compiuti da unità militari francesi contro il naviglio mercantile americano, le missioni contro Tripoli nel 1802 e l’Algeria nel 1815 per tutelare il traffico commerciale dagli assalti delle navi dei sultani locali, le operazioni anti-pirateria effettuate nei Caraibi tra il 1819 e il 1823, le misure adottate da Eisenhower nel 1955 a tutela dell’isola di Taiwan e nel 1957 per la sicurezza del Medio Oriente, la decisione di iniziare i bombardamenti contro il Vietnam del Sud presa da Johnson nel 1964, l’invio dei Marines in Libano nel 1982 e infine l’intervento deciso da Reagan a Grenada nel 1983.

(3) Il conflitto del 1812 fu il primo ufficialmente dichiarato nella storia degli Stati Uniti. Quando un numero di mercantili statunitensi furono catturati da navi britanniche, una parte del paese iniziò a chiedere che si avviasse un’azione militare contro la Gran Bretagna. Tuttavia, se l’even-tualità di un conflitto era approvata negli Stati del sud e dell’ovest dove i prezzi agricoli erano in calo, al contrario in quelli del nord-est l’idea di arrivare a uno scontro armato era invece estremamente impopolare in quanto i profitti del commercio erano molto elevati e gli effetti dello scontro in atto con gli inglesi erano praticamente inavvertiti. Allo stesso modo, il presidente Madison era contrario alla guerra e intendeva risolvere la questione diplomaticamente. Venne però convinto che la soluzione migliore fosse invece quella avviare un conflitto e così chiese al Congresso di dichiarare la guerra, che però si risolse in un disastro per le forze statunitensi. Anche gli inglesi, però, iniziarono a trovarsi in difficoltà e la guerra entrò così in una fase di stallo che terminò con la firma del Trattato di Gand il 24 dicembre 1814. Riguardo invece al conflitto con il Messico, le origini risalgono al 1841 quando l’allora presidente Tyler, acceso schiavista originario del sud, avviò delle consultazioni per l’ingresso del Texas nell’Unione, anche se, va detto, la gran parte dei texani era contraria in quanto temeva un’invasione da parte del Messico e, di conse-guenza, chiesero alla Casa Bianca che, nel caso si fosse proceduto all’annessione, essi avrebbero richiesto la protezione delle Forze statunitensi.

Quando la proposta di annessione avanzata da Tyler al Congresso fu respinta, il Presidente chiese che questa fosse approvata con una risoluzione presa a maggioranza assoluta invece che con i due terzi. Sarà però con il presidente Polk, successo a Tyler, che il conflitto esplose. Gli Stati Uniti richiedevano al Messico il pagamento dei danni per i disordini che spesso si verificarono nella regione, mentre da parte sua il Texas rivendicava che i suoi confini si estendessero fino al Rio Grande, anche se il territorio texano non aveva mai raggiunto quell’estensione territoriale. Da parte sua Polk, che oltre al Texas mirava all’incorporazione del Nuovo Messico e della California, le quali erano sotto il controllo messicano, propose di acquistare i territori e contemporaneamente decise di inviare una missione con il compito di negoziare la questione. L’offerta consisteva nel-l’annullamento degli indennizzi richiesti per i disordini in cambio dell’estensione del confine fino al Rio Grande e del pagamento di cinque milioni di dollari per l’acquisto del Nuovo Messico e di venticinque milioni per quello della California. Quando però i messicani respinsero le richieste statunitensi, Polk ordinò alle Forze militari di avanzare e contestualmente chiese al Congresso una dichiarazione di guerra motivandola con il fatto che il governo del presidente Mariano Paredes si era rifiutato di trattare con gli Stati Uniti. Ma proprio quando Polk si apprestava a chiedere il voto del Congresso, le truppe del generale Taylor furono attaccate da quelle messicane dando così modo al Presidente di modificare il testo con le motivazioni per cui il paese doveva dichiarare guerra al Messico. Con il trattato di Guadalupe del febbraio 1848 gli Stati Uniti entrarono in possesso dei territori della California e del Nuovo Messico vedendo riconosciuto per il Texas il confine del Rio Grande.

(4) Per effetto del conflitto, la Spagna rinunciò al controllo di Cuba e gli Stati Uniti entrarono in possesso di Porto Rico, delle Filippine e dell’isola di Guam.

(5) Vedi su questo: Scigliano, The War Powers Resolution and the War Powers in Bessette/Tulis (a cura di), The Presidency in the Constitutional order, Louisiana State University Press, Baton Rouge/Londra 1981, pp. 124-127.

(6) La Corte suprema approvò la decisione di Lincoln affermando come il Presidente «è autorizzato a resistere con la forza ad un atto di forza», aggiungendo come, pure se la Casa Bianca non disponeva della prerogativa di dichiarare la guerra, questa «in caso di atti ostili aveva comunque il diritto di rispondere senza attendere l’autorizzazione del Congresso».

(7) Sui poteri di Lincoln e Roosevelt vedi Base/Diller/Wirls, op. cit., pp. 235-239.

(8) Vedi sull’argomento Corwin, Presidential Power and the Constitution, Cornell University Press, Ithaca/Londra 1976, pp. 23 e 114-115.

(9) Secondo gli articoli del trattato di alleanza del Sud-Est asiatico, il Presidente degli Stati Uniti poteva prendere tutte le misure, comprese quelle militari, per difendere l’indipendenza e la sicurezza di uno dei membri dell’Alleanza, quale era appunto il Vietnam del Sud.

(10) I punti più importanti della “War Powers Resolution” del 1973 sono: Sezione 4 (a) - In assenza di una dichiarazione di guerra e ogniqual-volta le Forze armate degli Stati Uniti sono inviate (1) in situazioni di ostilità o dove queste sono ritenute imminenti (2) nel territorio, nello spazio aereo o nelle acque territoriali di un paese straniero, a eccezione se il dispiegamento avviene non con lo scopo di partecipare a operazioni di combattimento ma per ricevere rifornimenti e parti di ricambio o addestrare le forze locali (3) se viene incrementato il numero degli effettivi delle Forze statunitensi già presenti in un paese straniero, il Presidente entro quarantotto ore dovrà sottomettere allo “Speaker” della Camera dei rappresentanti e al Presidente pro tempore del Senato un rapporto scritto che spieghi (A) le ragioni che necessitano l’invio delle Forze

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