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NOTE AL CAPITOLO I

Nel documento DELLE FORZE ARMATE (pagine 28-33)

militari statunitensi (B) sotto quale autorità costituzionale e legislativa sono poste le forze in questione (C) lo scopo e la durata dell’intervento;

(b) - Il Presidente provvederà a inviare qualsiasi altra informazione che può essere richiesta dal Congresso nel rispetto delle sue funzioni costi-tuzionali riguardanti la partecipazione del paese a operazioni di guerra e all’uso delle Forze armate statunitensi all’estero; (c) - Qualora le Forze armate degli Stati Uniti partecipano a ostilità o a qualsiasi altra situazione descritta dalla sotto sezione (a) di questa sezione, il Presidente, fintanto che i reparti militari sono impegnati, dovrà informare periodicamente il Congresso sullo svolgimento delle operazioni e sulla loro durata, a condizione che i rapporti vengano presentati almeno una volta ogni sei mesi. Sezione 5 (b) - Entro sessanta giorni dal momento in cui la Casa Bianca ha presentato il suo rapporto, il Presidente dovrà porre termine all’intervento militare a meno che il Congresso (1) dichiari for-malmente lo stato di guerra (2) estenda ulteriormente la durata dell’intervento (3) sia impossibilitato a riunirsi a causa di un attacco portato al territorio degli Stati Uniti. Inoltre, il periodo dell’intervento potrà essere esteso per altri trenta giorni se il Presidente attesta al Congresso che improrogabili impegni militari concernenti la sicurezza delle Forze armate degli Stati Uniti richiedono un proseguimento delle operazioni per consentire un efficiente disimpegno dei reparti utilizzati; (c) Stando a quanto previsto dalla sotto sezione (b), le forze impegnate in situazioni di ostilità al di fuori degli Stati Uniti e dei suoi territori e possedimenti senza una dichiarazione di guerra o un’apposita autorizzazione dovranno essere rimpatriate dal Presidente se il Congresso dovesse approvare una “Concurrent Resolution”.

(11) Storicamente, la Corte suprema ha sempre tenuto una linea tesa a favorire il Presidente e a ribadire le sue prerogative nel campo della difesa e della politica estera.

(12) La prima di queste accadde nel maggio 1975, quando il presidente Ford ordinò un’azione di forza per liberare l’equipaggio della nave Mayaguez catturato da un battello cambogiano sottomettendo un rapporto al Congresso sull’operazione. Allo stesso modo anche Carter, quando nel gennaio 1980 organizzò un blitz per liberare i diplomatici tenuti in ostaggio dagli iraniani nell’ambasciata americana a Teheran, presentò una relazione ma non si consultò preventivamente con il Congresso, mentre al contrario nessuna informativa venne rilasciata da Reagan nel 1981 al momento dell’invio dei consiglieri militari a El Salvador, in quanto la Casa Bianca riteneva che la situazione non rientrasse tra quelle previste dalla Sezione 4 della “War Powers Resolution”. Sarà solo con la missione in Libano che le disposizioni della risoluzione trovarono effettivamente la loro applicazione. Nel luglio del 1982 Reagan decise di inviare un contingente di Marines in Libano all’interno di una Forza multinazionale istituita per ristabilire l’ordine nel paese. In quel-l’occasione in un primo momento si giunse a un compromesso tra il Congresso, che ottenne dalla Casa Bianca l’applicazione di quanto contenuto nella Sezione 4 della risoluzione, e il presidente Reagan, il quale ricevette in cambio l’autorizzazione a far restare le truppe in Libano per diciotto mesi. Con il peggioramento della situazione il Congresso richiese l’applicazione della “War Powers Resolution”, ma sarà il sanguinoso attentato contro la sede diplomatica americana di Beirut, in cui rimasero uccisi oltre duecento Marines, a spingere Reagan ad annunciare nell’Aprile 1984 la fine della missione.

In altre occasioni la Casa Bianca decise di informare il Congresso, come fu per lo sbarco a Grenada nel 1984, per le azioni contro la Libia nel 1986 e per quelle attuate nel Golfo Persico nel 1987 allo scopo di offrire protezione militare alle petroliere kuwaitiane, senza citare però le disposizioni della risoluzione riguardanti l’impiego delle Forze militari in situazioni di ostilità. Un’analoga situazione si presentò nel dicembre 1989, quando l’allora presidente George H.W. Bush decise l’invasione di Panama affermando che l’operazione doveva restaurare la democrazia, garantire il libero transito al Canale e portare all’arresto del generale Manuel Noriega. La Casa Bianca non si consultò con il Congresso, che tra l’altro era fuori sessione, anche se va ricordato come il Senato aveva concesso al Presidente un’autorizzazione a usare tutte le misure diplomatiche ed economiche contro il regime pa-namense ma non a intervenire militarmente. Infine, in occasione dell’intervento deciso dalle Nazioni unite per liberare il Kuwait, il Congresso autorizzò esplicitamente il Presidente a usare la forza in base a quanto stabilito dalla “Risoluzione 678” del Consiglio di sicurezza. Vedi sulla questione, The War Powers Resolution: After Twenty-Eight Years, Congressional Research Service, Washington D.C., novembre 2001.

(13) L’azione in Corea venne decisa dal Consiglio di sicurezza grazie all’assenza, attuata in segno di protesta per la presenza dei delegati del governo nazionalista cinese, dell’Ambasciatore sovietico. Subito dopo Truman ordinò un attacco per respingere l’offensiva nordcoreana, anche se il senatore Taft, nel gennaio 1951, affermò come Truman aveva inviato Forze statunitensi in guerra senza alcuna autorizzazione del Con-gresso. In seguito, la missione in Somalia, criticata per l’alto numero di perdite americane, non fu rifinanziata dal Congresso e nel 1994 Clinton ne ordinò la conclusione. Dei dubbi sono stati inoltre espressi anche per le operazioni in Bosnia-Erzegovina nel 1995, attuate in risposta alle violazioni di una serie di risoluzione dell’ONU effettuate dai serbo-bosniaci, tanto che il Congresso arrivò a prospettare un suo voto contrario al finanziamento della missione se unità militari americane fossero state dispiegate nei Balcani senza un’autorizzazione del legislativo. Lo stesso intervento in Kosovo, effettuato nell’ambito della NATO nonostante una prima approvazione del Congresso, suscitò critiche tra i parlamentari, alcuni dei quali arrivarono addirittura a presentare delle mozioni davanti ai Tribunali federali per ottenere o un’esplicita autorizzazione per continuare le operazioni oppure, scaduti i sessanta giorni previsti dalla “War Powers Resolution”, un ordine di ritiro delle truppe. Queste mo-zioni furono comunque rigettate. Va ricordato come sia per la missione in Bosnia-Erzegovina sia quella in Kosovo, il Senato approvò delle ri-soluzioni a sostegno delle Forze militari impegnate nelle operazioni.

(14) Nel 1986 Reagan disse che l’attacco aereo contro alcune installazioni libiche era stato deciso per il coinvolgimento del regime di Tripoli nel-l’attentato compiuto contro una discoteca di Berlino in cui era rimasto ucciso un militare americano, aggiungendo inoltre come il ricorso all’auto-difesa non solo era un diritto/dovere degli Stati Uniti per proteggere i propri cittadini ma che questo era contemplato anche nella stessa Carta delle Nazioni unite. Più controversa fu l’operazione “Giusta Causa” attuata nel 1989 da George H.W. Bush a Panama. Il Presidente giustificò l’intervento dicendo che questo era attuato perché il regime panamense rappresentava un pericolo per i cittadini americani residenti nel paese e per il fatto che il generale Manuel Noriega doveva essere portato davanti alla giustizia statunitense per rispondere delle accuse di traffico di stupefacenti rivoltegli

29 Ottobre 2020

ILSISTEMADICOMANDODELLE FORZEARMATE

dalla magistratura. La Casa Bianca inoltre aggiunse come l’azione militare aveva anche lo scopo di restaurare la democrazia nel paese centroame-ricana, visto che lo stesso Noriega pochi mesi prima aveva illegalmente rimosso il presidente eletto, Guillermo Endara. In seguito, l’operazione fu criticata da alcuni giuristi i quali ritennero che le motivazioni avanzate dalla Casa Bianca non giustificavano l’uso della forza. Il presunto pericolo per la sicurezza dei cittadini americani e per lo stesso Canale di Panama furono considerati infondati, mentre la tesi per cui gli Stati Uniti avevano deciso l’intervento allo scopo di restaurare la democrazia venne contestata in quanto nella carta delle Nazioni unite non era contemplata questa ipotesi. Su questo punto, l’allora consigliere giuridico del dipartimento di Stato rispose che gli Stati Uniti non avevano accettato la teoria per cui un paese era autorizzato a intervenire nel territorio di un altro Stato per rovesciarne il regime dittatoriale in quanto l’azione militare a Panama era dettata da ragioni umanitarie essendo largamente sostenuta dalla popolazione locale; un’affermazione alla quale i critici dell’operazione ribatterono affermando che questo elemento era irrilevante dal punto di vista giuridico. Non meno severe furono le osservazioni riguardo al fatto che l’azione aveva lo scopo di portare davanti alla giustizia statunitense il generale Noriega che si era servito della sua carica per trasformare Panama in un centro per il traffico di stupefacenti e il riciclaggio della valuta. Se questo argomento fosse stato accettato avrebbe implicitamente autorizzato gli Stati Uniti a intervenire anche in altri paesi sospettati di essere implicati nel traffico di droga, una linea politica che ovviamente Washington non intendeva se-guire. Delle critiche si sollevarono anche in occasione degli attacchi aerei ordinati da Clinton in Bosnia-Erzegovina tra il 1994 e il 1995. Diversi costituzionalisti obiettarono che l’affermazione della Casa Bianca per cui il Presidente, agendo in collaborazione con gli altri paesi membri della NATO, aveva la facoltà di non richiedere il consenso del Congresso era palesemente infondata. In questo modo la decisione su un’eventuale entrata in guerra avrebbe coinvolto solo la presidenza e il Senato che aveva approvato il trattato con cui si sanciva l’adesione degli Stati Uniti all’Alleanza atlantica, facendo così venir meno il ruolo della Camera dei rappresentanti e violando quindi le stesse disposizioni costituzionali.

(15) Per un elenco di tutte le operazioni militari effettuate dagli Stati Uniti al di fuori dei propri confini vedi: Instances of Use of United States Armed Forces Abroad, 1798-2007, Congressional Research Service, Washington D.C., gennaio 2008.

(16) Vedi sulla vicenda Westerfield, War Powers: the President, the Congress, and the Question of War, Praeger, Westport 1996, pp. 2-4.

(17) Sulle azioni militari decise dalla Casa Bianca dal Secondo conflitto mondiale a oggi vedi Fisher, Presidential War Power, 2a Ed., University of Kansas Press, Lawrence 2004, pp. 90-215.

(18) Una particolarità che spesso non viene riportata è che i presidenti dispongono, tra l’altro, della prerogativa di poter assumere direttamente sul campo il comando delle operazioni militari. Da tempo è però prassi consolidata per la Casa Bianca di non mettere in discussione il ruolo e l’autorità di cui dispongono i comandanti militari sul terreno delle operazioni.

(19) Il provvedimento inoltre istituiva il “National Security Council”, un organo guidato da una personalità designata dalla Casa Bianca e a cui tuttora spetta il compito di sottoporre al Presidente le questioni riguardanti la difesa e la sicurezza nazionale.

(20) In conseguenza della riforma, la posizione dei dipartimenti dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica è stata di conseguenza ridimen-sionata. Questi non fanno parte della catena di comando e le funzioni dei tre segretari preposti alla loro guida sono di tipo amministrativo.

(21) Un ruolo rilevante nella catena di comando è attribuito al capo degli Stati Maggiori Riuniti (chairman of Joint Chiefs of Staff), il quale dirama ai comandi operativi (Combatant Command) gli ordini emanati dal Presidente. Va poi ricordato che i vertici di questi ultimi, dal 2002, portano solo il nome di “Comandanti”, essendo riservato il titolo di “Comandante in capo” esclusivamente al Presidente.

(22) Il provvedimento, proibendo ai reparti militari di svolgere compiti di ordine pubblico quali l’arresto di cittadini sospetti, perquisizioni e li-mitazioni al movimento delle persone attraverso l’istituzione di blocchi stradali, intendeva impedire che le Forze armate potessero divenire una forza di polizia assumendo così un ruolo simile a quello delle Gendarmerie esistenti in alcuni paesi europei. Tuttavia, la legge non proibisce l’im-piego dei reparti militari all’interno del territorio statunitense, in quanto le corti hanno stabilito che questi possono essere utilizzati rimanendo però il loro compito limitato a una funzione di supporto “passivo” e quindi sottoposto al controllo dell’autorità civile. Si deve poi ricordare come le disposizioni del “Posse Comitatus Act” riguardino solo l’Esercito, la Marina, l’Aeronautica e i Marines, escludendo la “Guardia Nazionale”

quando opera sotto il comando del governatore di uno Stato e la “Guardia Costiera” in quanto, anche in tempo di pace, questa è incaricata di far rispettare le leggi sulla navigazione marittima. Vedi sull’argomento, C.T. Trebilcock, Posse Comitatus – Has the Posse outlived its purpose?, Center for Strategic and International Studies Homeland Defense Working Group, Washington D.C., marzo 2000, pp. 1-5.

(23) I reparti militari possono essere impiegati all’interno del paese per compiti attivi di ordine pubblico in caso di insurrezioni o gravi disordini secondo l’“Insurrection Act” del 1807. La decisione di ricorrere all’“Insurrection Act” può essere presa autonomamente dalla Casa Bianca oppure da questa attuata su richiesta dei Governatori. L’“Insurrection Act” è stato invocato in numerose occasioni, l’ultima delle quali nel 1992 in occasione dei gravi disordini avvenuti a Los Angeles.

(24) In proposito, va ricordato il celebre episodio avvenuto a Little Rock, nell’Arkansas, nel 1957, quando il presidente Eisenhower decise di inviare nello Stato un reggimento di paracadutisti per far entrare in una scuola un gruppo di studenti di colore ai quali il Governatore Orval Faubus continuava a negare l’accesso nonostante una pronuncia della Corte suprema disponesse l’incostituzionalità della discriminazione nelle scuole pubbliche statunitensi. Dopo che in un primo momento una corte statale aveva dichiarato come il provvedimento avrebbe potuto dar luogo a ten-sioni razziali, un tribunale federale sostenne successivamente invece come la legge dovesse essere applicata. A questa pronuncia il Governatore dello Stato rispose ordinando alla “Guardia Nazionale” di prevenire l’applicazione della misura e di impedire l’entrata in vigore delle norme anti discriminatorie. Per contrastare l’azione di Faubus la Casa Bianca, forte di un’ulteriore sentenza di un tribunale federale e del parere favorevole del Procuratore generale nonché di una formale richiesta avanzata dal Sindaco della città affinché fossero dispiegate delle unità militari, decise

30 Supplemento alla Rivista Marittima

RODOLFO BASTIANELLI

l’invio di un reparto ordinando inoltre alla “Guardia Nazionale” dello Stato, la quale era stata posta sotto comando federale, di garantire l’appli-cazione della legge. Allo stesso modo nel 1965 il presidente Johnson decise di mettere sotto il comando federale la “Guardia Nazionale” del-l’Alabama dopo che il governatore dello Stato, George C. Wallace, aveva provocatoriamente dichiarato che non poteva garantire l’ordine per la manifestazione convocata a Montgomery dai sostenitori del movimento dei diritti civili per la concessione del voto ai neri.

(25) In base alle direttive emesse dal dipartimento della Difesa, la legge marziale è applicabile nei confronti della popolazione civile e può anche essere usata per imporre le decisioni prese dal governo in una situazione di estrema emergenza.

(26) La “Whiskey Rebellion” esplose nelle regioni occidentali degli Stati Uniti in segno di protesta contro le decisioni attuate dal governo, con-siderato espressione delle aree orientali del paese, tra le quali una delle più contestate era proprio la tassa sul whisky. Dopo alcuni episodi violenti, la protesta si dissolse prima dell’arrivo delle forze militari e ai capi dell’insurrezione venne in seguito concessa la grazia.

(27) Il governo degli Stati Uniti difese anche il diritto da parte degli armatori privati di procedere al sequestro di navi confederate come preda di guerra, come avvenne subito dopo lo scoppio delle ostilità, quando una compagnia di navigazione del Massachusetts catturò un mercantile in na-vigazione da Rio de Janeiro a Richmond, in Virginia, caricata di forniture di caffè.

(28) Subito dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor il Governatore del territorio delle Hawaii, con l’approvazione del Presidente, impose la legge marziale nell’arcipelago fino all’ottobre 1944, mentre lo stesso Roosevelt, nell’aprile 1942, autorizzò il segretario alla Guerra e le autorità militari a istituire delle aree dalle quali qualunque persona potesse essere allontanata per ragioni di sicurezza, anche se in questo caso non venne formalmente dichiarata la legge marziale. In passato, fu posto sotto amministrazione militare e governato dalla legge marziale il territorio degli Stati ex confederati, mentre in alcuni casi questa fu imposta o per porre fine a scontri razziali, come accadde nel 1919 ad Omaha nel Nebraska, oppure in occasione di scioperi e dispute sindacali. In altre circostanze invece, pur se i Presidenti hanno deciso di utilizzare i reparti militari per ristabilire l’ordine, la legge marziale non fu proclamata, come accadde nel 1932 nel District of Columbia in occasione della “Bonus March” dei veterani del Primo conflitto mondiale che richiedevano il pagamento delle loro indennità di servizio, nel 1962, per gli scontri tra i segregazionisti locali e le forze federali avvenuti nell’università del Mississippi e tra il 1967 e il 1968 per placare i disordini esplosi in alcune grandi città del paese. Allo stesso modo l’11 settembre 2001 le unità militari furono chiamate ad assistere le Forze dell’ordine locali dopo i devastanti attentati avvenuti a New York e Washington. Difatti, secondo il parere di diversi costituzionalisti, l’uso dei reparti militari per compiti di ordine pubblico non implica la proclamazione della legge marziale, in quanto questi sono posti sotto il controllo delle autorità civili oppure impegnate in compiti di supporto e assistenza, rispondendo quindi a quanto stabilito dalle disposizioni del “Posse Comitatus Act”. Vedi su questo, Martial Law and National Emergency, Congressional Research Service, Washington D.C., gennaio 2005.

(29) Sui poteri del Presidente nelle situazioni di emergenza vedi J.L. Friedman, Emergency Powers of the Executive: The President’s Authority When All Breaks Loose, apparso su Journal of Law and Health, Vol. 25, No 2, Anno 2012, pp. 265-306.

(30) Nel caso di dichiarazione da parte del Presidente di una situazione di “emergenza”, le autorità federali sono autorizzate a offrire a quelle statali e locali un supporto limitato all’assistenza tecnica, mentre qualora la Casa Bianca proclamasse invece l’esistenza di un “disastro maggiore”, il governo centrale può agire fornendo sussidi per la disoccupazione, assistenza abitativa e aiuti finanziari per i lavoratori stagionali a basso reddito e i migranti. Vedi su questo Would an Influenza Pandemic Qualify as a Major Disaster Under the Stafford Act?, Congressional Research Service, Washington D.C., luglio 2008.

(31) In base a quanto riportato dalla Costituzione, l’“Habeas Corpus” non può essere sospeso se non in presenza di un’insurrezione, di un’invasione o qualora le circostanze lo richiedessero, anche se lo stesso testo costituzionale non specifica se questa prerogativa spetti al Congresso o alla Casa Bianca. E la storia degli Stati Uniti offre diversi esempi di sospensione dell’“Habeas Corpus” da parte del Presidente. Durante la guerra di secessione Lincoln sospese le garanzie costituzionali per gli abitanti di zone strategiche che erano sospettati di collusione con la Confederazione, mentre nel corso dell’ultimo conflitto mondiale numerosi cittadini di origine giapponese residenti nelle Hawaii e in California furono internati in quanto consi-derati minaccia alla sicurezza nazionale. Vedi su questo Bowie (a cura di), Studi sul federalismo, Edizioni di Comunità, Milano 1959, pp. 260- 261.

(32) Nel maggio 1862 John Merryman, noto per le sue simpatie verso la causa secessionista, venne arrestato nel Maryland dalle Forze militari. Subito dopo lo stesso Merryman presentò un ricorso al chief Justice della Corte suprema, Roger Taney, richiedendo che venisse emesso un ordine di “Habeas Corpus”. La Corte suprema ordinò il rilascio di Merryman ma, quando Lincoln si rifiutò di sottostarvi, dichiarò come il potere di sospendere la garanzia dell’“Habeas Corpus” non spettasse al Presidente ma al Congresso. Di nuovo, Lincoln rispose asserendo come la sospensione costituiva una misura dettata dalla situazione di emergenza in cui si trovava il paese e, dato che il Congresso in quel momento non era in sessione, il Presidente aveva il diritto di prenderla autonomamente. Come sottolineato dai politologi, la vicenda dimostra come un Presidente può prendere provvedimenti d’emergenza e non tenere conto delle pronunce dei tribunali se le sue decisioni godono di un ampio sostegno popolare. Nel 1864 invece Lamdin P.

Milligan fu arrestato nell’Indiana dalle Forze armate con l’accusa di aver appoggiato il raid compiuto da unità confederate nel territorio dello Stato attraverso il fiume Ohio. Pochi mesi dopo, nel maggio 1865, lo stesso Milligan venne processato da una corte militare e condannato a morte. Imme-diatamente, fu presentato ricorso alla Corte suprema la quale dichiarò come il Presidente non aveva il diritto di far processare un civile dalle corti

Milligan fu arrestato nell’Indiana dalle Forze armate con l’accusa di aver appoggiato il raid compiuto da unità confederate nel territorio dello Stato attraverso il fiume Ohio. Pochi mesi dopo, nel maggio 1865, lo stesso Milligan venne processato da una corte militare e condannato a morte. Imme-diatamente, fu presentato ricorso alla Corte suprema la quale dichiarò come il Presidente non aveva il diritto di far processare un civile dalle corti

Nel documento DELLE FORZE ARMATE (pagine 28-33)