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I poteri nella gestione delle situazioni di emergenza

Nel documento DELLE FORZE ARMATE (pagine 39-45)

Nell’ordinamento francese sono previsti tre diversi livelli di emergenza e ognuno prevede un diverso tipo di risposta da parte dell’esecutivo. Il più importante è sicuramente l’assunzione dei poteri eccezionali da parte del Presidente, una prerogativa che più fa emergere il fortissimo ruolo assegnato all’Eliseo nella “Quinta Repubblica” (52). In base all’art. 16 della Costituzione egli può assumerli, senza alcun limite di tempo,

Il presidente francese Emmanuel Macron.

L’ordinamento francese attribuisce all’Eliseo poteri eccezionali in caso di emergenza.

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quando siano minacciate l’indipendenza della nazione o la sua inte-grità, le istituzioni del paese, il regolare funzionamento degli organi costituzionali e, addirittura, nel caso di mancata esecuzione degli ob-blighi e dei trattati internazionali. Le ragioni che spinsero a concedere al capo dello Stato un potere di così vasta portata sono da ricondursi alla memoria dei drammatici eventi del giugno 1940 che portarono alla resa della Francia. Come ebbe a dire De Gaulle, «in mancanza di una tale prerogativa, invece di trasferirsi con il governo ad Algeri, il presidente Lebrun fu costretto a conferire l’incarico a Pétain aprendo così la strada alla capitolazione». Due condizioni giustificano l’assun-zione dei poteri eccezionali presidenziali: l’esistenza di una minaccia

“grave e immediata” contro le istituzioni della Repubblica e l’indipen-denza nazionale e l’impossibilità da parte dei poteri costituzionali di funzionare regolarmente. La questione dibattuta è se sia necessario, per l’assunzione dei poteri da parte dell’Eliseo, l’esistenza di una “im-possibilità materiale” per gli organi dello Stato a svolgere le loro fun-zioni — per esempio che il governo, l’Assemblea nazionale e il Senato siano impossibilitati a riunirsi nelle loro sedi — oppure basti, come ammettono i sostenitori dell’interpretazione estensiva di questa pre-rogativa, una “crisi ipotetica”, i cui sviluppi potrebbero dar luogo a una grave minaccia per lo Stato. Per adottare queste misure — che nei fatti consegnano al capo dello Stato dei poteri “dittatoriali” — è ne-cessario, per il Presidente, il parere obbligatorio ma non vincolante del Primo ministro, del presidente dell’Assemblea nazionale, del sidente del Senato e del Consiglio costituzionale, mentre la stessa pre-sidenza né da successivamente comunicazione al paese con un semplice messaggio radiotelevisivo.

Ma, mentre l’opinione del presidente dell’Assemblea nazionale e del Premier sono sostanzialmente formali, il ruolo del Consiglio co-stituzionale può divenire quello di un vero e proprio “controllore”, anche di fronte all’opinione pubblica, del Presidente. Pur rimanendo in funzione, l’Assemblea nazionale non solo non ha alcuna autorità nel revocare le misure d’emergenza decise dall’Eliseo, ma potrebbe anche vedere limitare diverse sue prerogative nel caso il Presidente

decidesse di sospendere alcune garanzie costituzionali quali la libertà d’espressione o di riunione. Durante l’esercizio dei poteri straordinari il Presidente non solo viene a disporre di tutti i mezzi necessari per far fronte alle circostanze, ma assume nelle sue mani il potere legislativo e regolamentare, potendo arrivare a sostituirsi ai tribunali ordinari e a sospendere le libertà costituzionali, come fece De Gaulle durante il suo esercizio dei poteri straordinari quando, con due decreti, sospese prima le libertà pubbliche e poi l’inamo-vibilità dei magistrati di stanza in Algeria. Gli unici limiti che incontra sono quello di non poter dar luogo a procedimenti di revisione costituzionale e di non poter procedere alla dissoluzione dell’Assemblea nazionale.

In una sola circostanza, fino a oggi, il capo dello Stato ha deciso di assumere i poteri eccezionali. Accadde il 23 aprile del 1961 quando De Gaulle, dandone comunicazione ai francesi con un messaggio televisivo, decise di ricorrere ai poteri straordinari per porre fine al tentativo di colpo di Stato operato da un gruppo di alti

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ficiali in Algeria allo scopo di impedire l’accessione all’indipendenza della colonia francese. In quell’occasione il Presidente esercitò le funzioni previste dall’art. 16 per cinque mesi, fino al 29 settembre 1961. Proprio la mancanza di un limite all’esercizio dei poteri straordinari è stata il punto sui cui si sono concentrate le critiche delle opposizioni.

Durante la crisi algerina del 1961, nonostante le operazioni contro i quattro generali golpisti ebbero termine il 26 aprile, il Presidente continuò a far uso dei poteri eccezionali fino a settembre, mentre alcune misure erano ancora in vigore al luglio 1962 (53). Né il Parlamento né tantomeno lo stesso Consiglio costituzionale, che pure riveste in questa circostanza un ruolo non indifferente, furono in grado di constatare il venir meno delle condizioni necessarie per la “dittatura” presidenziale. Un altro problema che fu sollevato in più occasioni dai critici, era quello se il Presidente potesse decidere di far uso di queste prerogative in caso di una vittoria delle

Un momento della tradizionale parata del 14 luglio a Parigi.

opposizioni. Come hanno sottolineato i costituzionalisti, una tale circostanza è decisamente da escludere, in quanto l’affermazione di una maggioranza ostile al Presidente non comporta nessuno dei rischi per la sicurezza nazionale enunciati all’interno dell’art. 16. Criticata da diverse parti per le sue caratteristiche repressive e li-berticide, la disposizione riguardante l’assunzione dei poteri eccezionali da parte del Presidente è stata oggetto negli anni di diverse proposte di riforma, come fu per la “Commissione Vedel” istituita nel 1992 da François Mitterrand che proponeva di fissare un termine al loro esercizio e di affidare al Consiglio costituzionale la valu-tazione se esistessero o meno le condizioni per la permanenza in vigore delle misure, oppure di abolizione;

come avvenne nel 1993 con la proposta presentata dall’allora premier Bérégovoy, che però non trovò seguito

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Il sottomarino a propulsione nucleare francese LE TERRIBLE.

visto il cambio di maggioranza parlamentare avvenuto dopo le elezioni legislative dello stesso anno.

A un livello inferiore nella scala delle emergenze è posto invece lo stato d’assedio. Secondo l’art. 36 della Costituzione, questo è dichia-rato dal governo in caso d’imminente pericolo di guerra o d’insurre-zione armata su una parte del territorio nazionale e comporta il trasferimento dei poteri dall’autorità civile a quella militare unita-mente alla limitazione di alcuni diritti e libertà costituzionali (54). In base a quanto previsto, questa misura, che non è stata mai invocata nel corso della “Quinta Repubblica”, ha una durata limitata a dodici giorni e può essere estesa solo con il consenso del Parlamento. Infine, per fronteggiare eventuali situazioni di pericolo per la sicurezza del paese, l’esecutivo dispone dello “stato d’emergenza”, che però, a dif-ferenza dell’assunzione dei poteri eccezionali da parte del Presidente e della proclamazione dello “stato d’assedio”, non è inserito nelle di-sposizioni costituzionali, ma regolato esclusivamente da una legge ordinaria (No 55-385) del 3 aprile 1955. I motivi per cui il governo dell’allora premier Edgar Faure spinse per l’approvazione di questo provvedimento, quando nell’ordinamento francese esisteva già la pos-sibilità di proclamare lo “stato d’assedio” come era già avvenuto nel 1914 e nel 1939, vanno ricercati nella grave situazione esistente in Algeria. Secondo quanto previsto dalle disposizioni sullo “stato d’as-sedio”, questo non può essere proclamato se non in caso di guerra o insurrezione armata in uno dei dipartimenti del territorio nazionale e di, conseguenza, se il governo lo avesse dichiarato, significava am-mettere o che la Francia fosse in conflitto con le Forze indipendenti-ste algerine oppure che in una parte del paese indipendenti-stesse avvenendo una rivolta armata. E il timore del governo era che, ammettendo di trovarsi di fatto in “stato di guerra” con i nazionalisti algerini, si sarebbe po-tuto internazionalizzare il problema portando così anche a un coin-volgimento delle Nazioni unite. Era quindi necessario approvare uno strumento legislativo che consentisse alle autorità di far fronte ai gravi disordini che stavano avvenendo in Algeria, ma che, allo stesso tempo, non contenesse alcun riferimento a un conflitto armato così da ren-dere la questione algerina un “affare interno” francese in cui nessuna istituzione od organismo internazionale avrebbe potuto intervenire.

E come ebbe a dire proprio lo stesso Primo ministro Faure, «…tra la proclamazione dello stato d’assedio e quella dello stato d’emergenza non vi è alcuna differenza sostanziale, solo il fatto che il primo riconduce a una situazione di guerra, termine che nella crisi algerina si doveva assolutamente evitare...». In base a quanto sta-bilito dal testo legislativo, lo “stato d’emergenza” è proclamato dal governo in caso di imminenti pericoli per l’ordine pubblico o in conseguenza di eventi che assumono le caratteristiche di grave calamità (55). Il provve-dimento può applicarsi a tutto il territorio nazionale o soltanto a una parte di esso e ha una durata di dodici giorni che può tuttavia essere estesa, con il consenso del Parlamento. Diversamente dallo “stato d’assedio”, che comporta un trasferimento dei poteri all’autorità militare, nel caso di proclamazione dello “stato

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genza”, le autorità civili restano in funzione nella pienezza delle loro prerogative continuando ad avere il con-trollo delle Forze di polizia. L’attivazione della misura comporta delle limitazioni ai diritti e alle libertà dei cit-tadini assegnando ai prefetti la prerogativa di poter interdire la circolazione nei luoghi interessati al provvedimento e al ministro dell’Interno quella di attivare delle misure di sorveglianza e controllo sulle persone ritenute potenzialmente pericolose e di interrompere le comunicazioni via internet dei siti che incitano al ter-rorismo e alla violenza, mentre al Consiglio dei ministri è attribuito, tra l’altro, il potere di sciogliere le asso-ciazioni considerate pericolose per l’ordine pubblico nonché di interdire le riunioni giudicate pericolose per la sicurezza e di chiudere al pubblico le sale utilizzate per gli spettacoli. Inoltre, alle autorità di polizia è attri-buita la possibilità di eseguire perquisizioni sia in orario notturno sia diurno e di consultare gli archivi infor-matici restando comunque l’obbligo di informare la magistratura (56).

Come sottolineano però alcuni analisti, mentre la proclamazione dello “stato d’assedio” prende in consi-derazione situazioni ben delineate, le eventualità che portano il governo a decretare lo “stato d’emergenza”

restano al contrario alquanto indefinite, potendo così portare al rischio che questa misura possa essere invocata in modo del tutto discrezionario dall’esecutivo (57). Contrariamente allo “stato d’assedio”, lo “stato d’emer-genza”, nel corso della “Quinta Repubblica”, è stato decretato in Francia in diverse occasioni, una prima volta nel 1961 in seguito al tentativo di colpo di Stato attuato in Algeria da un gruppo di Generali, poi nel 1995 a causa dei disordini esplosi nelle banlieus e infine nel novembre 2015 dopo gli attentati di matrice fondamen-talista islamica avvenuti a Parigi. Nell’oltremare, questa misura è stata invece applicata, prima nel 1985, in Nuova Caledonia a causa delle forti tensioni provocate dalle azioni degli indipendentisti locali kanak, poi nel 1986 sul territorio di Wallis et Futuna e nel 1987 in alcune isole della Polinesia francese.

Il potere di decidere l’uso della forza nucleare

Come ricordato più sopra, il Presidente è il capo delle Forze armate e in questa funzione dispone del potere di decidere l’uso della forza nucleare — la “Force de Frappe” — francese, una prerogativa, questa, fissata anche dal

“Code de la Défense” che, dopo la revisione avvenuta nel 2009, stabilisce che il capo di Stato Maggiore delle Forze armate ha il compito di assicurarsi affinché l’ordine dato dal Presidente venga correttamente eseguito.

La decisione in merito all’utilizzo del dispositivo nucleare è di esclusiva competenza presidenziale non essendo richiesta nessuna consultazione con altre personalità politiche e militari, anche se all’interno del “Consiglio di difesa” è presente un Consiglio più ristretto incaricato delle questioni relative all’armamento atomico che nel-l’occasione potrebbe servire da organo consultivo per l’Eliseo. E come è stato sottolineato da quasi tutti i com-mentatori, il fatto che la decisione risieda esclusivamente nelle mani del capo dello Stato, il quale dopo la riforma del 1962 è eletto direttamente dai cittadini, rafforza sensibilmente la credibilità della forza di deterrenza francese.

In merito alla procedura, questa prevede che il Capo di Stato Maggiore Particolare della Presidenza (Chef d’État-Major Particulier de la Presidence) autentichi l’ordine dato dal Capo dello Stato e che poi questo, per mezzo del Capo di Stato Maggiore delle Forze armate, venga trasmesso alle varie unità militari. In tutto il procedimento, il

“controllo politico” è posto sotto l’autorità del Primo ministro, mentre l’“Ispettore generale delle Armi Nucleari”

è incaricato di riferire al Presidente che la procedura sia correttamente rispettata ed eseguita.

Il ministro della Difesa è invece responsabile per l’organizzazione e le condizioni di uso della forza nucleare nonché della gestione delle infrastrutture e della loro sicurezza. In particolare, è di fondamentale importanza che l’ordine di attivare la forza nucleare sia impartito dalla legittima autorità istituzionale e che questo sia cor-rettamente eseguito dalle diverse unità militari interessate e in proposito, allo scopo di garantire il più stretto e rigoroso controllo, sono previste due “catene di sicurezza” autonome nelle quali un ruolo di fondamentale

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