CAPITOLO PRIMO
ECOLOGIA DELLO SPIRITO E FILOSOFIE PER UNA PEDAGOGIA DEL BUEN VIVIR
1.1 L’ECOLOGIA DELLO SPIRITO
Per riuscire ad esplicitare tutti gli elementi che strutturano il processo di trasmissione della conoscenza nei Popoli Originari presi in considerazione è necessario aprire orizzonti epistemologici che vadano oltre la tradizione educativa in occidente e che rompano la forma in cui le scienze della conoscenza sono state organizzate sia a livello scientifico sia a livello istituzionale fino ad oggi. È necessario camminare per i loro sentieri del conoscere.
In questa prospettiva, si rende necessario apprendere i significati che all’interno di questi popoli hanno quelle dimensioni di Mondo che in occidente invece vengono organizzate attraverso categorie e concetti.
Ta dimensioni, nella concezione dei Mondi considerati lungo queste pagine, diventano punti chiave nella costruzione della conoscenza in tutte le culture cui ci si riferisce e vengono considerate non individualmente ma nella loro interconnessione: Tempo, Spazio, Mente, Corpo, Natura, Spirito, Parola, Cuore, Esperienza, Felicità, Dolore, Malattia, Salute, Morte. Un insieme che si concretizza in quella “categoria” individuata come “Territorio.”
Non mi soffermerò sulla bibliografia di tutto quanto la filosofia Occidentale abbia scritto in merito a questi temi così complessi. Quanto cerco di trasmettere sono, appunto, le forme diverse in cui questi popoli interconnettono queste dimensioni; i modi attraverso i quali viene elaborata la loro conoscenza e l’importanza dei riti e degli spazi del Sacro, dove la Sacralità della Parola ha una particolare importanza nei processi di insegnamento/ apprendimento.
Considerando, dunque, una conoscenza che è stata trasmessa oralmente, diventa un compito assai difficile organizzarla in categorie e concetti. Nonostante ciò, il mio proposito è di cercare il modo in cui queste dimensioni dei Mondi possano essere apprese anche negli scenari accademici in cui questo approccio non è stato ancora considerato, e di riuscire a iniziare un dialogo fra i due pensieri, con la dignità che ogni conoscenza e ogni cultura merita.
A questo proposito, mi affido a uno dei teorici ch è stato spunto di riflessioni capaci di aiutare a connettere le dimensioni dei Mondi in cui il pensiero e la costruzione della conoscenza di questi popoli trovano la sua genesi.
71
“Vedete, ci sono altri rimedi, oltre alla meditazione , e uno di essi è la contemplazione del mondo vivente, una cosa che pochissimi praticano; e quando lo praticano quasi non sanno dire perché l’abbiano fatto. Sono moltissimi a pensare che una passeggiata nei boschi faccia bene al fegato o al fegato spirituale; ma, credo, non sanno proprio perché137”
Per arrivare a connettere in una cornice teoretica gli argomenti che scorrono tra le pagine di questo capitolo ho scelto fra tutti i Popoli in considerazione, quelli con cui ho avuto maggior possibilità di condividere la loro profondità epistemologica e spirituale.
In questo orizzonte hanno particolare importanza le riflessioni sulle dimensioni del Sacro, punto di partenza obbligato per transitare nella complessità dei loro sentieri del conoscere, collegando in questo punto alcuni aspetti riguardanti la connessione Territorio – Corpo, dove la cura del Corpo e dello Spirito sono pratiche che nutrono ciò che in questo elaborato ho voluto chiamare “l’ecologia dello Spirito”.
Nel tentativo di elaborare una cornice “concettuale”, incorporo alcune manifestazioni di quel “ConoSCentire” dei Popoli Tostsil, Tseltal, Quechua, U’wa, e Wayuu, approfondendo in quest’ultimo alcuni degli aspetti più rilevanti del processo di costruzione della conoscenza, i quali sono stati appresi grazie all’esperienza di ricerca assieme al gruppo di ricercatori dell’Università della Guajira in Colombia “ANA’IN”138, dove ho avuto l’opportunità di
realizzare due focus group sia con gli studenti che con gli insegnanti del corso di laurea “etnoeducazione, interculturalità e diversità”.
Quest’esperienza è stata ulteriormente arricchita dal workshop “Pedagogie per la diversità” programmato in occasione del XIII convegno internazionale della SOLAR139, nella città di Cartagena in Colombia, durante il mese di Settembre 2012, al quale ho partecipato come relatrice sul tema “Filosofie della Terra per una Pedagogia della Vita”.
Oltre alle esperienze di campo ho avuto anche la preziosa opportunità di condividere con Justo Perez Van-Leenden, Emilse Beatriz Sànchez Castellòn e Maria Margarita Pimienta Prieto, dottorandi in Educazione dell’Università di Cartagena, il loro percorso come docenti all’Università della Guajira, dove abbiamo realizzato diversi incontri.
Perciò, tutto quanto riportato sul popolo Wayuu, è in parte il frutto del mio percorso come coordinatrice del progetto di cooperazione internazionale “Popoli, Semi e Saperi”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna fra gli anni 2003 e 2006, ma soprattutto delle più recenti
137
Bateson, Gregory. “Una Sacra Unità. Altri passi verso un’ecologia della mente”. A cura di Rodney E. Donaldson.
Adelphi. Milano 2010, Pag.410
138 Termine che in lingua Wayunaiki ( la lingua del popolo Wayuu) significa “Principio motore di Vita” 139
72
“pensatorios” e dei lavori condivisi con Margarita Pimienta, in quanto donna Wayuu, parlante lingua wayunaiki, docente universitaria e dottoranda in educazione.
Percorrere i sentieri del loro conoscere, ricchi di esperienze tanto intellettuali quanto personali, mi ha costretto a qualche giorno di pausa per riuscire a riordinare i pensieri.
1.1.1 Il Territorio e l’Ecologia dello Spirito
Nell’esercizio di dare organicità e logica ad un linguaggio che lontano dalla logica della ragione appartiene di più alla logica del cuore, faccio riferimento in questo elaborato a quello che ho voluto chiamare “Ecologia dello Spirito”, per riferirmi alla connessione con l’Universo, che si concretizza in una dimensione Spazio/Tempo, denominata “Territorio.” Un Territorio le cui parti costitutive sono: Terra, Aria, Acqua, Montagne, Caverne, Foreste, Fiumi, Sentieri, Pietre, Cielo e Sottosuolo, è abitato da tutti gli esseri vivi e morti, nonché da energie che garantiscono l’equilibrio e l’armonia. Una dimensione Spazio / Tempo dove prendono vita le diverse forme di costruzione e trasmissione della conoscenza, descritte in questi capitoli.
Questa “Ecologia dello Spirito”, è un tentativo di collegamento al pensiero di Gregory Bateson attraverso la sua “Ecologia della Mente”, considerando che per i Popoli Originari, “Spirito, Mente, Cuore, Stomaco, Parola” sono un sistema interconnesso tramite il quale “le idee” del Mondo del “reale” vengono elaborate. Una interconnessione dove Vita e Morte, Salute e Malattia ci riportano, qualunque strada s’intraprenda, alla sfera del Sacro.
In merito, ritrovo facilmente il collegamento con Bateson, quando si riferisce appunto alla sua “Ecologia della Mente.”
“Negli ultimi giorni diverse persone mi hanno chiesto: “che cosa intende per ecologia della
mente?. Più meno sono le cose di vario tipo che accadono nella nostra testa e nel nostro comportamento e quando abbiamo a che fare con altre persone e quando andiamo su e giù per le montagne e quando ci ammaliamo e poi stiamo di nuovo bene. Tutte queste cose si interconnettono e, di fatto costituiscono una rete che nel linguaggio locale, si chiama “mandala”. Mi sento più a mio agio con la parola “ecologia”, a sono idee che hanno molto in comune. Alla radice vi è la nozione che le idee vivono e muoiono. Le idee che muoiono, muoiono perché non si armonizzano con le altre. È una sorta di intrico complicato, vivo, che lotta e che collabora, simile a quello che si trova nelle zone di montagna, composto dagli alberi, dalle varie piante e dagli animali che lì vivono – un’ecologia, appunto. All’interno di
73
questa ecologia i sono temi importanti d’ogni genere, che si possono enucleare e su cui si può riflettere separatamente. Naturalmente si fa sempre violenza al sistema nel suo complesso se si pensa alle sue parti separatamente; ma se vogliamo pensare dobbiamo fare così, perché pensare a tutto contemporaneamente è troppo difficile. Allora ho pensato di rivelarvi un po’ di ecologia un po’ della posizione e della natura che ha il sacro nel sistema ecologico.
Come probabilmente sapete, è molto difficile parlare di questi sistemi viventi quando sono sani e stanno bene; è molto più facile parlare degli oggetti viventi quando sono malati, quando sono disturbati, quando le cose vanno male. Ragionare di patologie è relativamente facile, ragionare di salute è molto difficile. Questa naturalmente è una delle ragioni per cui esiste una cosa come il sacro e per cui del sacro è difficile parlare, perché il sacro ha un legame particolare con la salute.”140
Ho scelto di approfondire questa dimensione dell’“ecologia dello Spirito”, materializzata nei loro Territori, perché, a mio avviso, è una dimensione condivisa da tutti i Popoli. Condivisa perché in essa si contengono tutte le loro cosmovisioni e le Relazioni con tutte le creature e i Mondi che nutrono, come detto prima, sia la Vita che la Morte.
Questa dimensione: “Territorio”, è costituita dall’energie tangibili ed intangibili che abitano quello Spazio /Tempo e che diventano colonne portanti della grande Casa della Saggeza Ancestrale: l’Universo.
Il “Territorio”, vissuto come lo spazio dove soggiornano i loro Morti, dove respirano i loro Riti, dove cullano i loro Canti, dove attraverso la ritualità della Parola, generazione dopo generazione, viene trasmessa la loro saggezza millenaria. Una Relazione, nel senso Batesoniano del termine: Sacra ed Ecologica. È quindi in questa dimensione del Territorio, che l’ecologia della mente trova il suo luogo.
Per spiegare un caso concreto riguardante il concetto di Territorio, riporto alcuni paragrafi presi da Antonio Paoli, studioso non indigeno, che grazie alla conoscenza della lingua Tseltal, presenta nel suo libro141 un’analisi dettagliata di alcuni “concetti” fondamentali da lui elaborati in castigliano.
140
Bateson Gregory, Una Sacra Unità, op, cit, pp. 399 - 400
141 Paoli, J.A, Educaciòn, autonomìa y lekil kuxlejal: Aproximaciones sociolinguisticas a la sabidurìa de los teltales,
74
“K’INAL” vuol dire medio ambiente e in alcune occasioni terreno, ma significa anche
mente, e la mente si configura in gran parte per l’esperienza del medio ambiente e allo stesso tempo anche il medio ambiente si riconfigura secondo le azioni degli umani nel eseguire i dettami della mente.”142
“Il K’inal non è soltanto il territorio, visto che anche il “Ch’ul Chan” ( la sacra serpente143
, che viene tradotta come cielo) forma parte del K’inal. K’inal, è dove scorre tutta la vita, sulla Terra e nell’Aria. Il K’inal è anche la dimensione dove il Corpo lascia il Ch’ulel ( l’anima). Il K’inal è connesso con altri mondi e altri livelli del “Ch’u Chan; è anche lo Spazio/Tempo.144”
Con quanto sopra riportato, cerco di richiamare l’attenzione sul fatto che queste “categorie” Spazio/Tempo, immerse nella dimensione della Ritualità e Sacralità con cui il Territorio è vissuto, diventano i capisaldi nella costruzione della conoscenza dei Popoli presi in considerazione.
1.2 LEKILKUXLEJAL NEI POPOLI TSOTSIL E TSELTAL 145 NELLO STATO DEL