CAPITOLO SECONDO
LA GRANDE “ MOCHILA” DELLA SAGGEZZA ANCESTRALE
2.2 LA SCUOLA NELLA VITA
2.2.3 I luoghi, i modi e i contenuti della trasmissione
2.2.3.2 Le età della Formazione
“La Vita si caratterizza come un continuo processo di apprendimento. Vivere e apprendere
sono tra loro così intrecciati e interconnessi da proporsi come termini costitutivi dell’esistenza. L’acquisizione della conoscenza e delle abilità di natura mentale e culturale è fondamentalmente per la sopravvivenza biologica dell’uomo: per vivere occorre “imparare a Vivere”.412
Questo “imparare a vivere” nella cosmovisione dei Popoli, come abbiamo visto, è un insieme di reciprocità e complementarità con l’Universo, dove le pratiche rituali sono la prima “lettera” di questo “alfabeto epistemologico”. Per questo ogni tappa di apprendimento è ben segnata di pratiche rituali specifiche, dove il Cibo ha un suo ruolo importante, come possiamo vedere attraverso le pratiche U’wa.
Il processo di apprendimento negli U’wa, ma anche in altri popoli, inizia prima della nascita e non ha una fine ben precisa. Secondo gli insegnamenti del popolo U’wa i processi di apprendimento sono intimamente collegati con i periodi di digiuno, dove il Cibo ha una particolare importanza, perché deve essere rispettato il Cibo adatto ad ogni momento formativo.
“Il processo di apprendimento inizia dal momento della gestazione, tappa in cui la
futura mamma inizia a consumare degli alimenti speciali per la sua cura e protezione. Al nascere questo piccolo essere ha la cura e protezione non soltanto di sua madre e la
411 Paoli, A. op. cit, pag. 129
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sua famiglia, ma dell’intera Comunità di cui già faceva parte dal momento del concepimento. “Al momento della nascita, si celebra la cerimonia del ajk shakina.
( purificazone/(protezione), la quale deve essere realizzata nei primi 15 giorni
posteriore alla nascita o prima di compiere un mese. Il bambino si alimenta col latte materno fino ai quattro anni, con l’aggiunta di alcuni alimenti, sottoposti ad un rito speciale di purificazione e senza sale”413
“Il processo di apprendimento delle autorità tradizionali, il “Werjayà” è molto lungo,
sarebbe come l’equivalente di una specie di “Università” Occidentale, è un periodo di quattro anni. In questo periodo loro vivono isolati fra le montagne ed entrano in contatto soltanto con le autorità più anziane. Durante questi quattro anni non si tagliano i capelli e non possono consumare nessun alimento né salato nè cotto, mangiano prevalentemente Alimenti naturali trovati nelle montagne e Alimenti Rituali: “ tabacco, yopo, foglie di coca” e fanno anche un digiuno della vita sessuale414”
“Non saprei dire quando finisce il processo di apprendimento del Popolo U’wa.
Perché noi riceviamo degli insegnamenti attraverso i sogni, e le persone che li trasmettono possono anche essere già morte. Per cui i nostri saggi, le nostre autorità continuano a guidare la nostra crescita spirituali anche dopo morti415”
Per gli U’wa non è rilevante il numero di anni o l’età cronologica. Non è un fattore che genera dei limiti nello sviluppo della persona, le categorizzazioni che si rapportano nel documento del KajKrasa Ruyina, sono dei lineamenti presentati in modo di riuscire a spiegare il processo U’wa di crescita e il processo di insegnamento / apprendimento, secondo quanto mi conferma Josè Cobarìa.
“A partire dai tre anni, il bambino comincia a parlare (nel senso che riesce a comporre
delle frasi e mantenere una conversazione)”.
“Il bambino impara attraverso l’osservazione e l’imitazione, lo spazio in cui si svolge
questo processo è la natura, il Territorio”.
“Fra i 4 e i 7 anni, iniziano ad indagare attraverso l’osserva zone e la curiosità,
condivisa fra gli stessi bambini. Successivamente iniziano a fare delle domande ai zii e ai nonni su quello che hanno osservato. Gli zii sono i portatori della conoscenza, sono i responsabili degli insegnamenti basici, fondamentali alla cultura U’wa. Questa è una
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Kajkrasa Ruyina, op. cit, p. 34
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Colloquio con Josè cobarìa. Docente U’wa, consultabile al link: www.youtube.com /YolandaAbyaYala/Pensamiento TerritorioMemoria/ Kajkrasa Ruyina/Pueblo U’wa/Josè Cobarìa Centro del Saber de Fàtima/.
415 Colloquio con Daris Marìa Cristancho, docente U’wa alla Scuola pubblica del municipio di Cubarà, consultabile al link:
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tappa di esplorazione da parte degli adulti per vedere sia le attitudini del bambino o la bambina, sia il loro comportamento con particolare riguardo ai rapporti sociali e ai rapporti con la Natura”.
“Fra i 7 e i 10 anni, è la tappa della “concretezza della realtà”, apprendono nella
pratica delle cerimonie e i canti i concetti che hanno acquisito attraverso l’ascolto. In questo periodo sono molto importanti i rapporti con la Natura, i Sogni e gli Spiriti Sacri del Territorio, principali collaboratori in questo processo di sviluppo - apprendimento”
“A partire dei 10 anni, i bambini (ragazzi) condividono lo spazio con gli altri adulti
della Comunità. Sono considerati già autonomi e hanno imparato i ruoli sociali U’wa”.
“ Un uomo si considera adulto quando sa lavorare nella chagra ( l’orto), sa costruire
una casa, mantenere una famiglia e seguire le direttrici socioculturali. Una donna è adulta quando è pronta per contrarre matrimonio, dopo la cerimonia della “kòkora416”, cerimonia attraverso la quale è preparata per coltivare un campo, fare le
pentole in terra cotta, preparare gli alimenti, curare i bambini e conoscere e seguire le norme della propria cultura”417
In merito alla forza della spiritualità U’wa, riporto di seguito l’intervista realizzata a una giovane U’wa418
che riconosce con profonda umiltà gli insegnamenti appresi da sua nonna, morta a 120 anni. La sua vita di studentessa universitaria in città, non è stato un motivo per nascondere o negare la sua identità o abbandonare le pratiche spirituali che li sono state trasmesse, nonostante alcuni membri della sua stessa Comunità li facciano pesare il fatto di essere “meticcia”.
“Io sono U’wa, non importa che mia madre sia meticcia, ma mio padre è originario U’wa e sia come sia io sono U’wa e sento forte la mia identità U’wa. Questa forza c’è stata da sempre, anche se sono andata all’università, perché sono rimasta comunque molto vicina a mia madre e a mia nonna che è morta a 120 anni. Mia nonna ci ha lascito un legato matriarcale della sua saggezza. Lei era “Baukarinà”, cioè, una donna “Cacique” con molta forza spirituale. Lei custodisce il legame fra le divinità, è portatrice del messaggio divino che noi dobbiamo mettere in pratica. Da molto piccola ho sempre frequentato la nostra Comunità, ho ricevuto gli insegnamenti dagli anziani e
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Fa riferimento al rito di passaggio durante il primo menarca
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Kajkrasa Ruyina, Op. cit, pp.34 a 36.
418 Aura Benilda Tegrìa Cristancho,giovane U’wa laureata in giurisprudenza. Intervista disponibile al link:
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sia mia nonna che mia madre ci hanno inculcato sempre questo impegno per la diffesa dei nostri principi, dei nostri valori come popolo, per non lasciare perdere l’identità culturale. Io ho seguito i passi di mia nonna e sento molto forte questa responsabilità nel confronto del mio popolo e vorrei se ho dei figli che anche loro abbiano questo pensiero U’wa. I valori U’wa sono incorporati in quello che viviamo, nel come viviamo, in quello che siamo e quello che a futuro saremmo.”419
Aura ribadisce l’importanza della spiritualità attraverso le pratiche culturali di ogni cultura, sottolineando l’importanza di essa nel processo di trasmissione dei saperi tradizionali.
“gli insegnamenti che ho ricevuti sono stati tramandati attraverso la spiritualità, per esempio il masticare “l’Ayo”, ci permette la connessione fra il nostro pensiero e il nostro cuore, e allo stesso tempo sentire questa connessione con la Madre Terra e in questo modo con tutte le divinità e il Tutto che ci sta intorno. È una forza spirituale, che si nutre anche con il digiuno e con le nostre piante rituali, ad esempio anche l’ “Orocobà”, che chiamano “tabacco”, per noi è molto sacro, noi lo mastichiamo, come l’Ayo. Un’altra pianta sacra è il Yopo, che si trova soltanto nelle comunità di pianura.
Tutta questa forza spirituale, insieme agli insegnamenti dei miei nonni e l’esempio di mia madre mi sostengono in questa responsabilità che no nel confronto del mio popolo. Io ho sempre accompagnata mia madre negli spazi di lotta e di resistenza. Per esempio non so si sia stata una fortuna o meno, ma ero insieme a mia madre durante la nostra mobilitazione contro la “oxy” ( Occidental Petroleum Corporation). È stato alla fine degli anni ’90, quasi il 2000 quando più di 5.000 persone indigene e non abbiamo protestato contro la “oxy” in diffesa del nostro territorio e dei nostri diritti come popolo. In quella occasione ho vissuto da vicino la violenza contro il nostro Territorio. È stato un brutto momento perchè abbiamo perso delle vite umane. Ma in quel momento vedendo la forza de mia madre mi sono resa conto che le donne siamo importanti, siamo forti per la diffesa del nostro Territorio, è il Territorio che ci permette di identificarci come indigeni. Gli U’wa diciamo che per essere indigena sono imprescindibili due cose: il legato dei nostri Avi e il Territorio. Un indigeno senza Territorio non è un indigeno. Se non abbiamo il nostro Territorio, non abbiamo nulla.
Questa convinzione, questi principi e questi valori li ho mantenuti non ostante i miei studi urbani. Non è stato facile come ragazza indigena socializzare sempre con compagni Occidentali, sia alla scuola che all’ università . All’università per esempio, l’unica ragazza indigena sono io. Ma io ho avuto sempre presente chi sono e dove voglio arrivare. È questo il punto in cui la connessione spirituale diventa importante. Non importa dove io sia a studiare,
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ho sempre mantenuta la connessione con la mia nonna che si prende cura di me, dovunque lei sia. Mantengo anche la connessione con le autorità tradizionali della mia Comunità che si prendono cura di me, mi mandano sempre “l’Orocobà soplado”420
, fanno digiuno per me, per chiedere che non perda mai questo pensiero d’impegno verso il mio popolo, la mia Comunità”
Sul fatto di avere scelto come studi giurisprudenza, Aura ci spiega le sue motivazioni.
“Questo desiderio di studiare giurisprudenza c’è stato da quando avevo sei anni. In una delle grande assemblee della Comunità a Tamara , nella “Casa del Saber del Chuscal”, e in quel momento l’avvocato della Comunità, che aveva fatto l’università, è passato davanti a tutta l’assemblea spiegando come avvocato i problemi della Comunità. Io ho ascoltato con molta attenzione ed ero affascinata di ascoltarlo e l’ho ammirato molto e in quel momento ho pensato: “Così voglio essere io quando sia grande”. È sempre anche soci piccola ho accompagnato sempre mia madre in tutti i congressi a tutti gli eventi di decisioni comunitarie e questo mi ha dato molti elementi oggi per portare avanti la lotta e la diffesa per il territorio e per la nostra cultura.”
Considerando la giovane età di Aura e la convinzione con cui porta avanti il suo lavoro professionale e Comunitario, ho chiesto un messaggio sia per i giovani dell’Abya Yala, sia per i giovani del mondo che hanno attraversato momenti di rotture identitarie, negando le loro origini.
“Innanzitutto alle giovane e ai giovani indigeni direi che non si può negare quello che si è. Essere indigeni è un motivo di orgoglio, perché lo portiamo nel nostro sangue. Dobbiamo essere orgogliosi di avere un territorio, una cultura. Queste cose non si possono negare, sarebbe come negare di avere nonni o madre. Questo si chiama Identità, ed essere cosciente di quello che si è, diventa un motivo per sentirsi orgoglioso della propria cultura”
Invece ai giovani Occidentali u Occidentalizzati “consumati” dal consumo, vi voglio raccontare soltanto che all’università dove vado, essendo l’unica ragazza indigena che va in quest’università privata dove ci sono ragazzi di famiglie con molti soldi, la differenza è evidente, anche perché io non ho mai negato di essere indigena.
Loro, si meravigliano di vedermi sempre sorridente e felice. Non si lo possono spiegare e hanno finito per dirmi che ammirano molto la mia caparbietà. Ma loro, comunque non si spiegano come io possa essere cosi felice senza avere i soldi e le comodità che hanno loro. Io non so se mi possono capire, ma sempre ho detto a loro che io vado all’università a prendere
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degli strumenti per lavorare con e per il mio Popolo. Ma che non per questo ho bisogno di negare chi sono. Che non tutto è soldi, che la spiritualità è importante, e che questa si porta dentro, nel cuore, che attraverso di essa possiamo esseri in connessione con la Madre Terra, e andare oltre l’ambito della materialità, che ci son ben altre cose importanti per lo spirito e che questo è il segreto della mia felicità”
Aura Benilda mi ha autorizzato a rendere disponibile la sua intervista nelle rete sociali di internet, perchè reputa che sia un’informazione da fare conoscere al mondo, soprattutto ai giovani. Ma prima di salutarci mi chiede ancora di volere lasciare testimonianza di ringraziamento a due persone:
“Voglio ringraziare due persone molto importanti per me. La prima mia nonna Vana, come detto prima Lei è stata “Baukarinà” e ci ha lasciato un gran compito prima di morire, ci ha detto che dovevamo impegnarci in questo grande compito della diffesa della cultura, e che così come Lei era stata “Baukarinà”, anche noi potevamo diventare delle donne sapienti. È questo per me è un messaggio importante. L’altra persona che voglio ringraziare è mia madre Daris Maria Cristancho, per essere la donna coraggiosa, guerriera che tanto ammiro; una donna che mi ha permesso di esserle vicino, accompagnandola in tutto il suo processo di diffesa. Lei mi ha insegnato che noi donne possiamo e dobbiamo affrontare la lotta perchè i nostri diritti non siano più vulnerati.”421
La testimonianza di Aura sottolinea uno dei punti comuni a tutti i Popoli: la valorizzazione delle persone anziane, ritenute le “biblioteche” dell’intera comunità, le quali vengono coinvolte con molta considerazione e rispetto nelle quattro dimensioni della Vita Comunitaria: Spiritualità, Educazione, Economia e Autogoverno, come ci confermano ancora le parole di David Choquehuanca Céspedes.422
“Dobbiamo approfittare ancora per leggere nelle rughe dei nostri “maggiori” , perché in esse riposano le nostre biblioteche viandanti, lì si custodiscono le esperienze e la sapienza per recuperare la Cultura della Vita.”423
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Ibidem. Intervista consultabile al link: www.youtube/com /YolandaAbyaYala/Jòvenes Identidades de AbyaYala/ Aura BenildaTegrìa Cristancho/Pueblo U’wa.
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Ministro de Relaciones Exteriores del Estado Plurinacional de Bolivia
423 Parte de la ponencia presentada durante el Encuentro Latinoamericano “Pachamama, Pueblos, Liberaciòn y Sumak
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