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K’an bail K’anel

1.2.2 I Capisaldi del Lekil Kuxlejal e il Popolo Tseltal

1.2.2.1 I Principi Pedagogici del Lekil Kuxlejal nel Popolo Tseltal.

Ritengo particolarmente interessante ricavare ancora alcuni elementi dall’analisi di Paoli, riguardanti il modo in cui i Tseltal concepiscono i processi di apprendimento/insegnamento, il cui obiettivo principale è formare “esseri integrali” in grado di costruire e mantenere il “Lekil Kuxlejal”, da cui il ruolo fondamentale dei genitori come primi “trasmittenti.”

“È importante sottolineare che la funzione principale dei genitori non è quella di “condurre” i figli, ma quella di propiziare gli spazi in modo che i piccoli possano contare su un buon ambiente per “germogliare” cosìcché quando saranno più grandi, lui o lei, abbiano gli elementi per avere una buona integrazione con la Comunità. (...) “ Il bambino o la bambina ha la capacità e la forza per incanalare in modo cosciente e adeguato il divenire se ha avuto un buon “kuxlejal”, e il “kuxlejal, richiede che ci siano un insieme di fattori integrati in un ecosìstema che permetta il buon “germogliare” e la crescita dei bambini.”177

(...) Si pensa che l’inizio del “kuxlejal” è un momento chiave del processo vitale degli essere umani. Per questo in quel momento è indispensabile avere cura del Corpo: alimentarlo e fargli sentire costantemente l’affetto e il calore della famiglia. Insieme a questa cura del Corpo, è necessario che il piccolo abbia vincoli con il mondo delle cose trascendenti, in modo che possa avere “lekil kuxlejal” (vita e spirito buono).”178

Questo vincolo Comunitario con il reale e il trascendente è alla base del processo educativo Tseltal, perché è attraverso questo legame iniziale che si trasmettono i valori della Cultura Tseltal. Gli ideali dell’educazione tseltal mirano alla formazione dei “batsil antsetik” e “batsil winiketik” (Donne Vere e Uomini Veri).

“ In questo modo, l’individuo cresce con la coscienza di questi vincoli, con la sua famiglia, con la Comunità e con la “trascendenza”. Se qualcuno pensa da solo di potere avere un “lekil kuxlejal”, viene considerato un presuntuoso, uno che non ha “verità nel suo cuore”. Ma se riconosce alla società che gli fornisce il mezzo adeguato per formarsi e crescere, allora ha verità nel suo cuore. Con questa verità può avere fiducia in se stesso e negli altri. Può avere un cuore integro e felice e può arrivare ad essere un uomo saggio o una donna saggia”179

177 Ivi, p. 107 178 Ibidem 179 Ivi, 108

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Il processo di formazione di queste “Donne Vere” e “Uomini Veri” dà molta importanza all’uso della Parola, alla coerenza fra il “detto” e il “fatto”, al rispetto, alla discrezione e all’umiltà come virtù molto apprezzate.

(…)“I Tseltal pensano che l’educazione sia realmente buona se è orientata a generare i “batsil antsetik” e “batsil winiketik” (donne vere e uomini veri). L’educazione vera deve mettere al mondo uomini e donne vere. (...) Sono loro gli esseri che parlano con la verità, non dicono bugie, quello che dicono è quello che fanno e il loro cuore è buono, c’è nobiltà in tutto quello che fanno. Non “giocano con la Parola”. Il loro Cuore è integro in sé stesso, ha un solo Cuore.180”

(...) “Ho chiesto a varie persone delle diverse Comunità e tutte mi hanno dato delle caratteristiche dei “Batsil winik”: sono persone moralmente perfette cioè compiono gli accordi della Comunità. Questo è fondamentale, ma sono persone in grado di essere Umili, di Amare, di essere gentili e che prendono in considerazione gli altri. Persone che “non giocano con le parole”. Persone che compiono quello che dicono.”181

(...) “Questo fatto di “non giocare con le parole” è una cosa molto importante nel mondo Tseltal e a quanto pare in tutto il mondo Maya. Le Parole possono essere agenti pericolosi, “parlano da sè”, quando vengono pronunciate da una persona sono già “soggetti in azione” anche se vincolate all’individuo che le ha proferite. In certe condizioni possono essere causa di malattia”.182

(...) “La discrezione è una virtù molto apprezzata. Parlare troppo (più del necessario) è considerata un’irresponsabilità. Il “basil winik” è un uomo che non parla molto, su di lui si è soliti ascoltare dei commenti: “ quando si sveglia ha imparato molto di più, tuttavia, moto più chiusa tiene la sua bocca”183

Su quest’analisi di Paoli, riguardante l’importanza del silenzio, vorrei soffermarmi ancora, considerando che nelle sue parole si ritrova quello che altri Popoli mi hanno riferito e che ho denominato la “Pedagogia del Silenzio”.

“ I Tseltal e il Tsotsil quando parlano di pace, parlano di silenzio (lamal), ed è questa una questione sacra.” 180 Ibidem 181 Ivi, p. 110 182 Ivi, 111 183 Ibidem

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“Questo un aneddoto che può aiutare a capire l’importanza e la sacralità del silenzio: Una notte, prima di cena i promotori del Comitato seguivano con grande raccoglimento un “Pat o’tan” (saluto del cuore), che è un’invocazione in tseltal dove si ringrazia Dio o si chiede qualcosa (…) Manuel Hernàndez si coprì gli occhi con la mano destra (...) Una volta finito il “Pat o’tan” ho chiesto cosa potesse significare e mi ha risposto in castigliano: “ ad attirare il silenzio”.184

“Il silenzio è qualcosa di sacro. Si nomina “ch’ab” e quando i “principali” (le autorità tradizionali) di una Comunità vogliono risolvere un conflitto, fare la pace, fanno delle orazioni e digiunano, delle volte per diversi giorni. Questa cerimonia è chiamata “ch’abajel” e viene tradotta come “pacificazione”185

Vorrei ribadire l’importanza di ciò che ho denominato la “Pedagogia del Silenzio” perché in intima relazione con una delle preoccupazioni comuni a tutti i Popoli considerati: la soluzione dei conflitti come condizione fondamentale per mantenere la pace, concepita come l’equilibrio che sostiene il “Buon Vivere”, il Lekil Kuxlejal.

“ Il Lekil Kuxlejal richiede che facciamo giustizia con rettitudine e questo è possibile soltanto se

non abbiamo rancore nel nostro cuore verso altri fratelli e sentiamo di essere in armonia nell’ambiente186

(…) “ quando un problema ci trova, noi perdiamo il nostro apprendimento (...) “è necessario

riconoscere che il problema ci ha fatto perdere la capacità di “conoscere” e ci ha fatto deviare la nostra conoscenza”187

Quindi, si fa riferimento anche alle forme di Giustizia Propria e ai modi attraverso i quali questo “processo” di riparazione, più che di punizione, viene eseguito. In tal senso l’analisi di Paoli è presentata prima in lingua originaria tseltal e, in seguito, da lui tradotta in castigliano, sottolineando il ruolo della Comunità e l’importanza del silenzio come segno risolutivo del conflitto.

“ Ci sono elementi chiave per la comprensione di un conflitto nel mondo tseltal. Il primo è la

ricerca dei meccanismi per la soluzione. Senza soluzione non si potrebbe dire che c’è Lekil

184 Ibidem 185 Ivi, p. 75 186 Ivi, p. 82 187 Ibidem

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Kuxlejal. Poi è rilevante il fatto, che loro sottolineano, che “ è il problema che “ci trova”, cioè il problema viene personalizzato, il problema è un soggetto. Per la soluzione è necessario che la Comunità venga riunita per affrontare e risolvere il problema che in quel momento agisce creando squilibrio e malessere all’intera Comunità” (…)

“Altro aspetto da considerare è il fatto che il problema ci fa perdere il nostro apprendimento, l’individuo perde la sua capacità di riconoscere ( se ha sbagliato) e di trovare i modi per avvicinarsi in modo adeguato alla soluzione, questo perché nel mondo tseltal, la conoscenza entra nel cuore, per imparare correttamente c’è bisogno di un’affettività armonica.”188

(...)“Normalmente, per arrivare a una soluzione, ci vuole l’auto riconoscimento e accettare la decisione della Comunità. Quando il problema si risolve e il collettivo perdona si dichiara il “sujtesel o ‘tanil” e quindi nessuno può più parlare dei torti o dei delitti commessi. La persona che è stata perdonata non riceverà più recriminazioni e può tornare al suo lavoro all’interno della Comunità. Tutto è rimasto indietro perché la Comunità è “ritornata al suo cuore”.189

In questa “ Pedagogia del Silenzio” che si intreccia con il “Sistema di Giustizia propria”, la tradizione orale mantiene il suo valore e come tale viene anche esplicitato, vediamo ancora l’analisi di Paoli.

“È importante che non rimanga niente per iscritto, perché allora sarebbe come se non si fosse perdonato il colpevole, come se il suo delitto venisse conservato in un pezzo di carta. È necessario restaurare la nostra fiducia, la grandezza del nostro cuore di nuovo190”

(...)” – Dice Paoli- “Quando ho chiesto che mi raccontassero alcuni casi, la risposta è stata sempre il silenzio, anche da parte di persone che mi onorano con la loro fiducia. Mi hanno detto: “fratello, raccontarti sarebbe come un grande peccato, queste sono cose di cui non dobbiamo parlare, se parliamo, sarebbe come rivivere il delitto che è stato già perdonato. Parlare di questo sarebbe andare contro la giustizia della Comunità”.191

La Forza e il Potere della Parola come valore fondamentale e colonna portante della tradizione è un altro elemento comune ai diversi Popoli, perciò ritengo opportuno soffermarmi sull’importanza di questa per i Tseltal.

188 Ivi, p. 83 189 Ivi, p. 202 190 Ivi, p.202 191 Ivi, p.203

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“Ci sono Parole che danno vita, parole che possono soltanto dare armonia, a partire da esse “la vita prende il cuore” del tuo compagno. La Parola tua che va con il cuore di tutto il tuo Popolo. Parole che cercano dove e perché inizia la vita dei nostri compagni. Non sono parole che scompongono la vita. Che feriscono il sentire di ognuno e di tutti, parole che non rallegrano. Non dobbiamo imparare le parole che ci distruggono, noi e la nostra Comunità.192”