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Gli ecomusei in Europa e nel mondo

CAPITOLO 2. GLI ECOMUSEI

2.1 L’evoluzione storica degli ecomusei

2.1.4 Gli ecomusei in Europa e nel mondo

In Europa, la collocazione geografica degli ecomusei, disegna un semicerchio, che parte dall’Italia, fino ai Paesi scandinavi, lasciando un vuoto nell’area orientale e centrale. Aree in cui vi è comunque da sempre l’interesse verso i musei del territorio e delle identità locali: dagli

Heimatmuseum, nati in Germania già nel primo dopoguerra, al museo Skansen in Svezia, uno dei primi prototipi dei musei del territorio, diffusi poi

anche nell’Europa dell’est, in area tedesca, fino all’Alto Adige e alla Svizzera. La Germania, dapprima influenzata dai musei ‘Skansen’ sverdesi, ha attualmente intrapreso iniziative volte alla valorizzazione in loco dei beni tradizionali attraverso gli open air museum, ma non ha adottato il modello ecomuseale, nonostante abbia dato molti ed importanti contributi alla filosofia ecomuseale.

La valorizzazione delle identità locali, attraverso tipologie museali alternative ha conquistato anche l’Europa dell’Est, influenzata e aperta alla museografia occidentale e scandinava. Con la fine dei regimi comunisti, in

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Polonia e in Repubblica Ceca, sono stati realizzati alcuni progetti ecomuseali basati sul modello ‘open-air museum’ e sulla valorizzazione di beni di archeologia industriale, in collaborazione con la Federazione degli Ecomusei Svedesi (Maggi, 2002). Anche la Grecia e la Turchia, in seguito a politiche di rinnovamento dell’offerta museale nazionale, hanno introdotto gli ecomusei. Oggi si contano due realtà in Grecia e una in Turchia.

La Francia, paese promotore del concetto di ecomuseo e dei principi avanguardisti della ‘Nouvelle Museologie’, conta un alto numero di ecomusei121 e vanta il primato di primo paese in Europa ad istituire nel 1988 la Fédération des écomusées et des musées de société (FEMS). 122

La distribuzione geografica degli ecomusei sul territorio francese è omogenea, con un’alta concentrazioni in regioni storiche come la Bretagna; sono stati realizzati, inoltre, progetti eco museali oltre i confini nazionali, nei Territori e nei Dipartimenti d'Oltremare (un esempio è l’Ecomuseo de

l’Approuague123

nella Guyana francese). La maggior parte degli ecomusei francesi, sono gestiti dagli enti dei parchi regionali con la partecipazione attiva dei comuni e di comitati di cittadini. Una struttura che garantisce competenze scientifiche e condivisione collettiva degli obiettivi.

La Gran Bretagna, vanta una notevole tradizione museale, soprattutto nella valorizzazione dell’Industrial Heritage. Per scelta, non ha adottato il modello ‘ecomuseo’, perché fin dagli anni ’70-’80, attraverso musei etnografici, di storia locale, heritage centre e open-air museum, istituiti con iniziative di recupero del patrimonio locale, promosse da enti del governo o associazioni volontarie di cittadini, come la Countryside Agency e la

Common Ground, svolge già funzioni tipiche dell’ecomuseo (Maggi, 2002)124.

Molto forte all’interno di queste iniziative, è la mobilitazione dei residenti, la valorizzazione integrata del patrimonio e di tutti gli aspetti costituenti i

121 Si contano circa 1000 iniziative tra ecomusei e musées de société, secondo una stima della FEMS di fine anni

novanta. Maggi M., Ecomusei. Guida europea, Umberto Allemandi & C., Torino, 2002, p. 26.

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La definizione di musées de société, introdotta nel 1991, è più ampia e si riferisce a musei con un assetto tradizionale (una sede sola, una strut-tura organizzativa da museo) ma comunque de-dicati all'Uomo nel contesto della sua società. Maggi M. Ecomusei. Guida europea, Umberto Allemandi & C., Torino, 2002, p. 26. La FEMS si occupa della promozione della conoscenza e della comunicazione fra gli ecomusei di lingua francese (anche in Belgio, Svizzera e Canada), in Maggi M., Ecomusei. Guida europea, Umberto Allemandi & C., Torino 2002, p. 26.

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www.france-voyage.com/it.

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paesaggi culturali. Il grande museologo George Rivière, uno degli ‘inventori degli ecomusei’ considerava l’Ironbridge Gorge Museums, l'esempio più vicino al modello eco-museale.

L’Italia, da sempre caratterizzata da una forte centralizzazione nella gestione del patrimonio e da una chiusura verso modelli innovativi di musei, ha sperimentato l’istituzione degli ecomusei, relativamente tardi.

Dopo l'Unità d’Italia, il tentativo di creare un senso di identità nazionale, ha comportato, per lunghi decenni, ‘una politica culturale di negazione delle particolarità regionali, accompagnata dall'accentramento dei patrimoni delle comunità locali’ (Pinna, 2001).

Negli anni Ottanta, si è verificata una crescita dei musei legati al mondo rurale, ma è dalla metà degli anni Novanta che, gli ecomusei sperimentano un’importante diffusione.

Una diffusione promossa soprattutto, dagli enti di governo locale nel Nord- Est e dai parchi naturali nel Centro-Sud (Maggi, 2001).

Attualmente, ad eccezione della Regione Marche, dove solo dal 2013 si è verificato un avvicinamento al mondo ecomuseale, ogni regione italiana ha istituito i propri ecomusei (per le leggi regionali vigenti, si veda la sezione dedicata in Appendice).

La diffusione ecomuseale in Italia, può essere raggruppata in tre grandi aree: l’area del Nord-Est con un’alta concentrazioni di ecomusei in area piemontese e lombarda; nel centro Italia, in particolare nell'area fra le Alpi Marittime e l'Appennino Toscano; e nel Centro-Sud dove si registra un minore numero di iniziative, ma con un ruolo importante giocato dai parchi naturali. Quasi ovunque gli ecomusei italiani hanno sede all’interno di aree montane, ma si stanno pian piano espandendo fuori da queste.

Le iniziative dell’area Nord-Est si caratterizzano in genere, per l’orientamento alla promozione del carattere e dell'identità dei territori, con un interesse ai temi legati alle architetture industriali e alle residenze tradizionali, sia delle minoranze linguistiche che religiose. Quelle del Centro-Sud, invece, appaiono più mirate a obiettivi di sviluppo locale di territori geograficamente

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circoscritti con un ruolo importante dato alla valorizzazione di aspetti ambientali e di recupero dei savoir-faire artigianali.

In generale va però evidenziata, la grande diversità regionale che caratterizza queste esperienze e che rappresenta una delle maggiori attrazioni culturali dell’Italia, che da qualche tempo, ha riscoperto il suo meno vistoso ma prezioso patrimonio locale.

Figura 9: Gli ecomusei in Italia

Fonte: elaborazione personale su dati ecomusei.net e Osservatorio ecomusei 2010.125

La diffusione degli ecomusei nella Penisola Iberica, si è avuta prima in Portogallo alla fine degli anni’70, e poi in Spagna sul finire degli anni ’90. In Portogallo, la fine dei quaranta anni di dittatura di Salazar (1974), ha dato avvio a una primavera culturale nella quale, i musei hanno giocato un ruolo davvero importante. Infatti, è qui che per ragioni cronologiche, i nuovi concetti dettati dalla Nuova Museologia francese, ‘che sosteneva la necessità che i musei stabilissero legami più forti con le società locali di appartenenza, coinvolgendo i cittadini nelle iniziative del museo, e

125 Sono state conteggiate solo le istituzioni definite Ecomuseo, esistono comunque realtà italiane che pur non

definendosi così, hanno fatto propri i principi ecomuseali. La Regione Umbria conta sette realtà ecomuseali (agg. Gen. 2015).

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possibilmente portando queste ultime oltre i muri delle sedi istituzionali’ (Maggi, 2001), l’istituzione degli ecomusei, ha trovato un terreno particolarmente fertile.

Oggi si contano circa 14 istituzioni eco museali dislocate su tutto il territorio nazionale e dove spicca sensibilmente il tema dell’acqua e dell’agricoltura, quasi a segnalare l’essenzialità di queste risorse in un territorio piuttosto arido, alle quali si aggiungono molti musei municipali, gestiti congiuntamente da associazioni di cittadini e Comuni, molto vicini al concetto di ecomuseo. Inoltre, il Governo portoghese ha istituito nel 1999 una rete, la ‘Rede Portuguesa de Museos’, con lo scopo di migliorare la comunicazione fra i vari musei e condividere le buone pratiche per la valorizzazione dei patrimoni locali, anche se al momento non esiste una rete tematica dedicata agli ecomusei, la collaborazione museale sta portando risultati positivi.

La vicina Spagna comincia invece a sperimentare gli ecomusei, come già detto, sul finire degli anni Novanta per iniziativa di enti di governo locale e parchi. Anche se inizialmente si è manifestata qualche tentazione allo sfruttamento dell'ecomuseo in funzione turistica, le iniziative spagnole hanno posto come obiettivo primario, la valorizzazione del patrimonio locale e l'identità dei territori. La maggior parte degli ecomusei, basati prevalentemente su temi come attività estrattive e storia politica e umane, si collocano sul confine settentrionale, nella Catalogna (28% degli ecomusei del Paese), nelle Asturie e nei Paesi Baschi, ovvero in quelle regioni che tradizionalmente hanno mostrato le maggiori spinte autonomiste, e in Andalusia, un’area che si caratterizza come zona di frontiera fra Spagna e mondo islamico, e fra Spagna sviluppata e arretrata. Fino ad ora non esiste una reti di ecomusei, ma fra gli esempi di reti locali di musei che interessano potenzialmente anche gli ecomusei, si può citare quelle dell'Aragona, dove una legge del 1997 ‘promuove la creazione di Parques culturales, network a forte partecipazione di base, per la valorizzazione del patrimonio locale con finalità sia di sviluppo sostenibile sia di consolidamento dell'identità e del carattere del territorio’ (Maggi, 2001) e quelle della Catalogna dove la riorganizzazione dei musei risalente al 1998, ha assegnato ai musei principali

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il compito di coordinare i piccoli musei locali con l'obiettivo di promuovere l'identità della regione.

In area scandinava, come già detto più volte, i musei del territorio hanno qui radici profonde. Fu infatti in Svezia, dopo decenni di lavoro, che nasce nel 1891 ad opera di Artur Hazelius, il primo open-air museum del mondo, lo Skansen, ancora attivo e visitato ogni anno da oltre un milione di persone. Da allora questo modello ha visto una grande diffusione, in Nord America, nel resto dei paesi scandinavi e nell’Europa centro-orientale. L’intensa attività di ricerca etnografica svolta dagli studiosi locali, lo studio di forme alternative di museologia e l’istituzione di numerosi open-air museum, hanno però paradossalmente ritardato l’introduzione di veri e propri progetti eco museali. Infatti, solo negli anni Ottanta si hanno i primi segnali di avvicinamento agli ecomusei. Con l’introduzione degli ecomusei, vengono realizzati progetti di valorizzazione integrale dei paesaggi culturali, del folklore locale ed del recupero di edifici industriali escludendo l’introduzione di figuranti tipici degli open air museum, e valorizzando gli oggetti e le strutture in situ (con una forma a ‘villaggio’), questioni a cui l'open-air museum non poteva certo rispondere. Il primo ecomuseo in area scandinava nasce, non a caso, in Svezia, nell'ambito della minoranza Lappone (che rappresenta una realtà a parte nella Scandinavia contemporanea), allo scopo di difendere il proprio ambiente naturale e la propria identità territoriale.

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Figura 10: Gli ecomusei in Europa

Fonte: elaborazione personale su dati ecomuseo.net e Osservatorio ecomusei 2010.

L’esperienze ecomuseale europea ha influenzato la museologia alternativa globale, esportando i diversi modelli in tutto il mondo.

Nel Nord America, ha avuto ampia diffusione il modello francese, soprattutto in aree di lingua e cultura francofona, mentre l’interesse dell’heritage culturale inglese, ha portato, nel resto del Nord America, alla valorizzazione del paesaggio e del patrimonio locale, attraverso iniziative di ‘industrial heritage’ e musei di comunità.

In America Centrale, attualmente l’unico paese a realizzare progetti eco museale è stato il Messico, oltre agli ecomusei realizzarti dalla Francia nei dipartimenti francesi d’Oltremare.

In America Latina, dove i musei di comunità hanno avuto una più ampia diffusione rispetto agli ecomusei, troviamo iniziative eco museali in Argentina, Venezuela, Cile, Ecuador, Costa Rica Perù e in maggior numero in Brasile. In Africa, l’Ècomusée du Peuple Lebou, istituito in Senegal, è l’unico esempio esistente in tutto il continente africano.

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In Australia, vi sono due realtà attive tra cui il Melbourne's Living Museum of

the West, un museo di comunità, che richiama esplicitamente l’esperienza

degli ecomusei francesi ed europei.

Nel continente asiatico, sono stati realizzati progetti eco museali in India, nella città di Chaul (Ecomuseo de Chaul) e in Vietnam (Ha long

Ecomuseum) basati anche essi su modelli europei.

Interessante è l’esperienza giapponese,126 che conta nove realtà eco museali. Il fenomeno eco museale giapponese ha richiamato l’attenzione di numerosi studiosi ed esperti di tutto il mondo. La ragione sta nel fatto, che molte iniziative erano il risultato di scelte non guidate da programmi di sviluppo locale ed venivano denominate erroneamente ecomuseo.

Ma nel 1998, il Ministero dell’Agricoltura, Foresta e Pesca giapponese, introduce il museo dell’ambiente rurale per la valorizzazione dell’ambiente naturale, il paesaggio e le culture tradizionali, ispirandosi all’eco museologia francese; si tratta di uno dei rari programmi diretti allo sviluppo degli ecomusei. L’avvicinamento all’ecomuseo da parte del Giappone, paese tradizionalmente nuovo in ambito museale in generale, è stato indotto da tre fattori principali: la riaffermazione dell’identità; la necessità di condividere il proprio patrimonio; la necessità dello sviluppo locale come formazione (imparare attraverso attività sul territorio, apprendimento action- oriented). In Cina, alla fine degli anni’ 80, Su Donghai funzionario del National Museum

of China, introduce il concetto di ecomuseo e intraprende una stretta

collaborazione tra la Norvegia e la Provincia di Guizhou, allo scopo di esportare in Cina il modello ‘ecomuseo’. Oggi, nella sola provincia di Guizhou, si contano dieci realtà eco museali.127

Il modello ecomuseale europeo, adottato in molti Paesi del mondo e in fase di sperimentazione in altri (come in Thailandia), è una realtà che oggi, come mai prima, viene sempre di più affiancata a piani di marketing e sviluppo territoriale. Sembrerebbe infatti, l’unico strumento capace di assolvere in modo esaustivo ai principi dettati dal concetto di sviluppo sostenibile.

126 Per un approfondimento sull’esperienza giapponese si veda: Ohara e Yanagida “Gli ecomusei nel Giappone", in

“Museo e cittadinanza”, Maggi , 2005.

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Figura 11: Mappa degli ecomusei del Mondo

Fonte: elaborazione personale da ecomusei.net e Osservatorio Ecomusei 2010.