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3.1. Come determinare il well-being delle persone: dall’utilitarismo al buen vivir

3.1.2. L’economia del benessere

La definizione di economia del benessere nasce con Pigou, nello scritto Economics of Welfare (1920) dove si afferma che l’“oggetto dell'economia del benessere è l'indagine delle

influenze predominanti attraverso le quali sia possibile aumentare il benessere economico del mondo o di un Paese determinato”, al fine di “suggerire forme d'intervento o di non intervento

“benessere economico”, richiamando l'utilitarismo di Bentham e l'insieme delle soddisfazioni (cioè delle utilità) sperimentati dai singoli individui.

Secondo Acocella (2006) in politica economica, l’economia del benessere è quel ramo della disciplina che si occupa di individuare le preferenze collettive sulla base di un principio

etico o politico concernente il significato stesso di interesse collettivo. Si tratterebbe del

nucleo centrale ed astratto della disciplina con la quale è possibile valutare i risultati conseguibili con le diverse istituzioni (principalmente la combinazione delle azioni delle due istituzioni spesso viste come antagoniste quali lo Stato ed il Mercato).

Tale approccio (detto normativo) si propone di definire un ordinamento degli stati del mondo, sulla base di un principio etico esterno (forma diretta) o sulla base delle preferenze individuali (individualismo etico), cioè in forma indiretta. Secondo il punto di vista positivo e normativo, per i singoli individui si è giunti ad una definizione precisa del benessere, legata all’utilità. Se il benessere è il grado di soddisfazione dei bisogni umani, l’economia del benessere dovrebbe essere quella scienza che studia come raggiungere la massima utilità umana.

La teoria normativa delle scelte sociali e collettive, si occupa di individuare le preferenze e/o gli obiettivi che la società dovrebbe avere, in base a qualche postulato di natura etica o politica, su ciò che debba intendersi per “interesse collettivo” o “pubblico bene”. L’economia del benessere coinciderebbe con questo approccio. L’economia del benessere, però, nelle aggregazioni collettive presenta delle debolezze intrinseche, come già espresso nel paragrafo anteriore, dovute a problemi importanti basati sulla comparabilità interpersonale dell’utilità individuale, sul fatto che si trascurerebbero diritti e libertà non espressi dalle preferenze individuali e su problemi relativi alla distribuzione. La problematica delle scelte sociali può essere affrontata con più impostazioni, tra queste, attraverso un ordinamento sociale, ovvero una graduatoria delle situazioni (o stati sociali, o stati del mondo) che la collettività può vivere. L’ordinamento sociale individua situazioni che, dal punto di vista sociale, sono peggiori, preferite o indifferenti rispetto ad altre; esso potrebbe esprimersi con una funzione di benessere sociale. Esistono ordinamenti sociali diretti ed indiretti: i primi si riferiscono direttamente ai vari stati del mondo esistenti, come risultato di qualche principio introdotto dall’esterno, quelli indiretti si riferiscono alle preferenze degli individui, così che la preferenza sociale sarebbe un mero riflesso delle preferenze individuali. Quest’ultimo è il filone di pensiero maggiormente sviluppatosi: nell’economia del benessere, infatti, il benessere coincide con il grado di soddisfazione dei bisogni umani individuali, dunque l’economia del benessere è quella scienza che studia come raggiungere la massima utilità umana.

Anche nella nuova economia del benessere (sviluppata da J. Bentham, J.S. Mill e H. Sidgwick, tra gli altri) il benessere collettivo sarebbe dato dalla somma delle utilità individuali, le quali sono metro di misura della soddisfazione degli individui e sono calcolabili secondo un metodo comune per tutti. In questo modo si accetta il concetto di comparabilità delle soddisfazioni dei vari individui (concetti pigouviani) e fa propri i concetti paretiani. Il principio alla base del concetto di benessere, dunque, è l’efficienza secondo Pareto, cioè quella situazione di equilibrio in cui l'allocazione delle risorse nell’economia è tale per cui non è possibile migliorare la condizione di un individuo, senza peggiorare la condizione di un altro. Partendo da questo concetto di benessere come efficienza, l’obiettivo dell’economia del benessere è definire un ottimo sociale, cioè il migliore impiego delle risorse disponibili (sono scarse), dunque un punto in cui vige la migliore distribuzione possibile tra individui.

Tale visione si esprime e sintetizza nei due teoremi dell'Economia del Benessere. Il primo teorema afferma che “in un sistema economico di concorrenza perfetta nel quale vi sia un

insieme completo di mercati, un equilibrio concorrenziale, se esiste, è un ottimo paretiano”.

Questo primo teorema è minato alla sua base dalle stesse ipotesi: concorrenza perfetta e insieme completo di mercati. Ma non solo. Lo stesso concetto di ottimo è ovviamente inappropriato: se pure accettassimo l’ipotesi di mercati perfettamente concorrenziali e se pure potesse verificarsi una situazione di efficienza in senso paretiano, potrebbero realizzarsi situazioni “ perfettamente disgustose” (Sen, 1970) in cui pur migliorando la situazione di uno o di un gruppo di persone, e, pur non peggiorando la situazione di nessun altro individuo, le persone per cui la situazione non peggiora stanno comunque vivendo in condizioni di vita non dignitose.

Proprio in relazione a questa critica, il secondo teorema dell'economia del benessere dovrebbe basarsi proprio sulla redistribuzione delle risorse iniziali, la quale permetterebbe il raggiungimento di posizioni più eque: tale teorema afferma che “in presenza di mercati completi, ogni posizione di ottimo paretiano può essere realizzata come equilibrio concorrenziale, previa un'appropriata redistribuzione delle risorse iniziali tra gli individui”. In questo senso è previsto un interventismo statale che garantisca un’appropriata redistribuzione delle risorse iniziali, successivamente si potrebbe realizzare, attraverso il mercato, una situazione di ottimo paretiano. Restano valide le medesime critiche dirette all’utilitarismo ed al primo teorema dell’economia del benessere, e sii aggiunge la critica in senso opposto secondo la quale comunque ogni riallocazione sarebbe una distorsione in sé.

Poiché è necessario un codice morale diverso dal codice di moralità mercantile smithiano, in cui la soluzione è includere la benevolenza nell'azione individuale per rimediare all'insufficienza del mercato (Acocella, 2006), affrontiamo, prima di giungere alla nostra

definizione di benessere, una parte della critica alla società capitalistica di Marx, la quale è utile per avvicinarci al concetto di benessere che intendiamo proporre..