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3.2. Dal capabilities approach alla costruzione del questionario

3.2.2. Il questionario

Il questionario, nella sua versione per i residenti a Roma e in quella per i residenti a New York, (in Allegato 1 e 2), si divide in sette parti costitutive che esamineremo qui di seguito. Nella maggior parte dei casi, per la risposta, si è usata una scala di tipo Likert da 0 a 4 o una scala da 0 a 10, sempre accompagnata da un specificazione qualitativa. Nello svolgimento del presente paragrafo si dettagliano le aree di costruzione del questionario in termini generali, lasciando al Capitolo 4, oltre che la spiegazione dei risultati della ricerca, la definizione e caratterizzazione della migrazione ecuadoriana. In questa sede, però, sarà necessario fare riferimento alla specificità della migrazione ecuadoriana, oggetto di studio, perché il previo studio e la previa conoscenza del paese e della comunità hanno costituito un’utile guida nella costruzione del questionario stesso.

Nella fattispecie il nostro questionario è suddiviso in cinque aree di analisi del benessere del migrante oltre ad una precedente riguardante informazioni di tipo anagrafico, geografico e familiare.

1. Informazioni anagrafiche e relative alla migrazione (anni, luogo d’origine e di destino, migrazione interna, spostamenti nel paese di destino, etc.).

Come visto nei vari contributi delle teorie della migrazione (capitolo 1) è importante avere delle informazioni preliminari sulle caratteristiche migratorie di una specifica comunità come: il ruolo svolto dalla famiglia nelle decisioni migratorie, sapere se la migrazione internazionale è preceduta da quella interna, la regione o la città di provenienza ecc.

2. Informazioni relative alla sicurezza alimentare del migrante prima e dopo la migrazione.

Attraverso questa sezione ci interessa analizzare la sicurezza alimentare della migrante: l’intenzione non è misurare la “fame” del migrante in senso stretto, ovvero, come cronica privazione che porta alla morte, ma interrogarci sulla sicurezza alimentare della persona. Su quest’ultima influiscono anche fattori sociali, psicologici e culturali, pertanto non è una misurazione a se stante, che ci fornisce informazioni come una singola componente del benessere del migrante, ma riflette altri tipi di instabilità che possono essere materiali, economici, affettivi, psicologici, di disponibilità di tempo etc. Sicurezza alimentare si ha quando tutte le persone, in qualsiasi momento (con sostenibilitá) possono avere accesso fisico, sociale ed economico a cibo sufficiente, sicuro e nutriente che incontri i bisogni e le preferenze dell’individuo e gli permetta di avere una vita attiva e salutare. (FAO, 1996). Emergono dalla definizione le quattro dimensioni della sicurezza alimentare: disponibilità, accesso, utilizzazione e stabilità (FAO, 2006), che sono il frutto dell’evoluzione delle concezioni e dello studio della tematica nel corso del tempo.

Anche nella costruzione del questionario si scegli di prenderle in considerazione. Riguardo alla disponibilità essa è definita come la quantità di cibo che è fisicamente presente in un paese o in una zona (sono considerate valide tutte le modalità che permettono la presenza fisica nell’area, dalla produzione nazionale alle importazioni, dagli scambi transfrontalieri agli aiuti alimentari). Il cibo, in senso assoluto, non manca ne a New York ne a Roma e lo stesso si potrebbe dire per l’Ecuador, paese estremamente ricco in termini di risorse naturali. Nella costruzione del questionario, pertanto, si considera la disponibilità di cibo ad un livello massimo tanto prima che dopo la migrazione. Diverso sarebbe considerare la presenza fisica dei cibi che siano compatibili con la cultura alimentare delle persone emigrate e/o dei perfetti sostituti: in questo caso si è tralasciata la domanda specifica relativa a quel tipo di cibo, lasciando un quesito nella sezione relativa al benessere psicologico dove si chiede quanto pesa all’intervistato avere a disposizione cibi diversi da quelli tipici del proprio paese d’origine.

L’individuo, puó vivere una situazione di insicurezza alimentare piú per la mancanza di risorse per acquisire il cibo o per un’assunzione scorretta dello stesso, che per la mancanza di disponibilitá di beni alimentari. Analizzare, quindi, la dimensione dell’accesso piuttosto che quella della disponibilitá, risulta piú efficace. Con accesso al cibo ci si riferisce alla possibilitá di possedere le risorse (entitlements) adeguate per aquisire appropriate razioni di cibo; gli entitlements sono definiti come come un set di beni di cui l’individuo puó avere il controllo dati gli accordi legali, politici, economici

e sociali vigenti nella comunitá in cui egli vive (FAO, 2006). La dimensione dell’accesso permette di enfatizzare come sia obsoleta la concezione per cui sussista un problema di insufficienza di offerta rispetto alla domanda di beni alimetari o come risulti inapplicabile la pessimistica concezione malthusiana per cui la crescita in progressione geometrica della popolazione, rispetto alla crescita aritmetica delle risorse naturali, avrebbe potuto giustificare la fame nel mondo. Nel questionario sono stilate specifiche domande atte a sondare il livello di accesso al cibo del migrante.

In relazione all’utilizzo (dieta sana, sicura per la salute e acqua potabile), alcune domande permettono di conoscere la qualità e la salubrità degli alimenti consumati, nonché l’utilizzo che ne fa il migrante. Una scorretta dieta può influenzare negativamente la salute, cosa frequente per i migranti che entrano in contatto con nuove categorie di cibo e nuove abitudini alimentari (emblematico l’esempio dei fast

food negli Stati Uniti che inducono il migrante all’errore di prediligere cibo di scarsa

qualità perché economico, rapido e mezzo di omologazione con la popolazione residente). In sostanza, dunque, la qualità dei prodotti alimentari, la composizione nutritiva, la modalità di preparazione degli alimenti, la conservazione degli stessi influiscono su salute e nutrizione e l’insicurezza alimentare a cui è esposto il migrante non si riferisce solo alla denutrizione, ma anche all’uso disequilibrato del cibo e delle sue proprietà.13

3. Istruzione nel paese di origine e in quello di destinazione.

L’istruzione in tutti i suoi livelli è un funzionamento/capability fondamentale per qualsiasi processo di vita, per qualsiasi livello di benessere che si voglia raggiungere, tanto come singolo individuo che come paese. Come nel grafico al Capitolo 2, l’educazione da obiettivo di sviluppo si trasforma automaticamente in strumento per raggiungere livelli molto più alti. È per tanto indispensabile conoscere i livelli di istruzione raggiunti dal migrante prima e dopo la migrazione anche per poter poi mettere in relazione i livelli di preparazione raggiunti prima e dopo la migrazione con i risultati ottenuti in termini di benessere.

4. Accesso a beni e servi di base prima della migrazione e nel paese ospite.

      

13 Oltre a domandare a proposito del livello di varietà e ricchezza nutritiva dell’alimentazione si chiede ai migranti se

sono ingrassati o dimagriti (oltre una ragionevole soglia) dopo lo spostamento. Si tratta infatti di prendere in esame la relazione tra benessere fisico e mentale a proposito del cibo: l’obesità colpisce molti migranti negli Stati Uniti per una reazione biologica legata al diabete che scaturisce nel passaggio da scarsità ad abbondanza di cibo; per la sostituzione del paniere alimentare, di cui non si conoscono ancora benefici e conseguenze negative per una questione psicologica di rifiuto del contesto socio-culturale dove ci si trova 8e conseguente ingestione compulsiva di cibo). Si veda Ruggeri V. (..), Obesità e psicologia, rapporto tra corpo, piacere e comportamento bulimico. 

Attraverso questa sezione si vogliono indagare le condizioni di accesso alla salute, a servizi fondamentali come luce, gas, acqua corrente (ma anche acqua potabile14) e le condizioni abitative (stanza in affitto, di proprietà, ospite), soprattutto qual è il grado di “affollamento” dell’abitazione stessa, prima e dopo la migrazione.

5. Benessere psicologico e soggettivo, sicurezza umana e integrazione.

Come visto, sul benessere umano influisce anche il benessere psicologico, la percezione della propria felicità, ciò che ci fa soffrire per vivere in un paese diverso e lontano: per questo molte domande sono volte a scoprire cosa pesa al migrante della sua vita nei paesi d’accoglienza e, d’altra parte, cosa l’ha spinto a spostarsi.

Un altro elemento che riteniamo importante nella concezione del benessere è il proprio “sentirsi sicuro”. Il Rapporto sullo Sviluppo Umano del 1994 introdusse l’idea di sicurezza umana nel dibattito più generale sullo sviluppo. L’intento era spingersi oltre le percezioni ristrette della sicurezza nazionale, definita in termini di minacce militari e di protezione degli obiettivi strategici di politica estera, e abbracciare una visione della sicurezza radicata nella vita delle persone. Qui ci rifacciamo al concetto di sicurezza umana proposto dall’UNDP, dove per sicurezza umana si intende la possibilità che la gente possa esercitare le proprie opzioni di vita alternative con sicurezza e libertà, nutrendo fiducia sul fatto che le opportunità di oggi non si possano perdere domani (UNDP, 1994). La sicurezza ha due aspetti fondamentali: uno è la sicurezza da minacce croniche come la fame, la malattia, e la repressione e l’altra è la protezione dalle alterazioni rapide e pregiudiziali degli obiettivi di vita quotidiana, che si tratti della casa, del lavoro o della comunità. Queste insicurezze esistono con tutti i livelli di sviluppo e di reddito. La perdita di sicurezza può essere un processo lento e silenzioso, o un’emergenza precipitosa e strepitosa. La responsabilità può essere attribuita agli esseri umani per cattive scelte normative, o può essere dovuta alle forze della natura, oppure può trattarsi di una combinazione di entrambe. Si distinguono sette categorie principali di insicurezza: economica, alimentare, in materia di salute, personale, ambientale, della comunità e culturale e della politica. In questa sezione del questionario trattiamo specificamente solo tre tipi di insicurezza: personale, ambientale e della comunità e culturale, perché gli altri tipi di insicurezza sono trattati in forma più o meno esplicita nelle altre sezioni.

Un altro aspetto che analizziamo in questa quinta sezione è quello dell’integrazione del migrante nel paese di arrivo. Non ci riferiamo all’integrazione come sola capacità dell’individuo di inserirsi nel contesto socio culturale dove vive, ma facciamo riferimento

      

14 Le domande relative all’acqua potabile, sotto un punto di vista teorico, risultavano meglio inserite nella parte relativa

alla sicurezza alimentare; in questo caso, come in altri, si predilige rendere più facile la somministrazione del questionario, piuttosto che rispettare, con esagerata rigidezza, una struttura formale che si adatta alla teoria.  

specifico al concetto di multiculturalismo plurale espresso da Sen (2006), ovvero quel concetto che andando oltre la convivenza di molti mono-culturalismi plurali, prevede invece una vera fusione delle culture, un reciproco arricchimento e constante scambio. Per tanto non si fanno solo domande relative al proprio inserimento nel paese ospite ma anche relative al mantenimento delle proprie tradizioni e della propria cultura.

6. Condizioni occupazionali nel paese d’origine e in quello di destinazione.

Qui è di nostro interesse disegnare un quadro informativo sul tipo di lavoro che svolgeva il migrante, le condizioni salariali e la tutela dei diritti sindacali; un quadro analogo è stilato per la situazione attuale (durante la migrazione), e si cerca, inoltre, di scoprire in che forma gli immigrati sono stati colpiti dalla crisi economica (si chiede loro in che forma hanno tamponato la riduzione di reddito, laddove ci sia stata).

7. Diritti civili ed altre libertà nel paese ospite.

Nell’ultima sezione si indaga qual è la posizione legale del migrante di fronte al paese di destino e qual è la forma legale o illegale con la quale il migrante è entrato nei due paesi (Italia, USA). Si chiedono inoltre altre informazioni relative ad altre opzioni e libertà.

Secondo Sen (1987b) la diversità è parte dell’immagine tradizionale del livello di vita: non si deve evitare questa diversità, ma bisogna affrontarla direttamente e trovare il mezzo di penetrarvi. Non occorre dunque definire in modo nuovo il livello di vita con il fine di trovare una definizione semplice, ma bisogna scegliere tra le varie contraddizioni insite nelle varie definizioni, e tra le varie sfaccettature della stessa definizione, le quali possono fornire informazioni importanti. Proprio per questo il questionario si presenta articolato e ricco di domande.

Vale il principio di Sen per cui se un’idea ha una ambiguità essenziale, la formulazione precisa di questa idea deve cercare di captare tale ambiguità, invece di eliminarla o occultarla, soprattutto perché il benessere non dipende da una sola variabile, così come la libertà di condurre un certo tipo di vita dipende da più disparati fattori.

Lo stesso rapporto sullo sviluppo umano definisce lo sviluppo umano come un processo che “offre alle persone maggiori opportunità” e che pone la sua enfasi nelle libertà dell’essere umano per avere salute, istruzione, e godere di condizioni di vita dignitose. Specifica però come lo sviluppo ed il benessere umano siano anche molto più della somma di queste ultime dimensioni e si traducono in un insieme più vasto di capacità, che includono la libertà politica, i diritti umani, e, come disse Adam Smith, “la capacità di inter-attuare con atre persone senza sentire vergogna di apparire in pubblico”.

3.3. Formulazione delle ipotesi specifiche e descrizione del campione