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2.1. Sviluppo come espansione delle libertà reali

2.1.1. Dall’obiettivo della crescita a quello delle libertà: da Lewis a Sen

2.1.1.3. Sviluppo umano

Nell’approccio teorico a cui facciamo riferimento, dunque, le libertà sostanziali non devono essere considerate come conseguenze dello sviluppo, come nel caso della U rovesciata, che prima o poi beneficeranno tutti, ma al contrario ne sono parti costitutive.

Alternativo agli approcci presentati sinora, quello dello sviluppo umano nasce dall’intuizione e di Mahbub ul Haq, brillante economista pakistano, noto per aver duramente criticato la performance del suo paese, in cui dieci anni di altissima crescita economica furono soprannominati il “decennio dello sviluppo” mentre le differenze salariali tra Pakistan orientale e occidentale aumentarono più del doppio, i salari del settore industriale si ridussero di un terzo e meno di 22 famiglie controllavano due terzi dei beni industriali e quattro quinti delle banche e delle compagnie assicuratrici del paese. Mahbub ul Haq riuscì a convincere il Programma delle Nazioni Unite (UNDP) ad elaborare un rapporto che presentasse un’alternativa alla misurazione del progresso dei paesi basato sull’uso quasi esclusivo nel PIL.

Nasce così, nel 1990, da tale intuizione e dal continuo scambio e dialogo intercorrente, tra l’innovatore economista pachistano e il suo collega indiano Amartya Sen, il primo Rapporto sullo Sviluppo Umano ed il relativo indice. Invece di concentrarsi su pochi indicatori tradizionali del progresso economico (come il prodotto interno lordo), il concetto di sviluppo umano proponeva di esaminare sistematicamente una grande quantità di informazioni su come vive l’essere umano in ogni società e quali sono le libertà di base delle quali gode (UNDP, 2010). Sin dal primo Rapporto si cominciano ad approfondire ed implementare gli studi relativi allo sviluppo umano dei vari paesi ed a pianificare raccomandazioni politiche, non solo rivolte alla lotta alla povertà, ma anche all’investimento in sviluppo umano.

Nei rapporti dell’UNDP si afferma, sotto molteplici forme, che la vera ricchezza di una nazione risiede nella sua gente, e che “l’obiettivo di base dello sviluppo è aumentare le libertà umane in un processo che può espandere le capacità personali e ampliare le alternative

disponibili, affinché la gente viva una vita piena e creativa. In questa concezione, gli individui sono beneficiari dello sviluppo ed al contempo agenti del cambiamento e del progresso che questo genera; in un processo che deve favorire a tutti gli individui in ugual maniera e trovare il proprio sostegno e fondamento in ciascuno di essi” (UNDP, 2005). Su queste basi concettuali, come in un illuminismo della teoria economica, nel 1990 si elabora un indice che tenga conto di tre caratteristiche principali che mettono l’individuo al centro dello sviluppo: avere una vita lunga e salutare, disporre di istruzione, avere accesso alle risorse necessarie per godere di un livello di vita dignitoso. Lo Human Development Index (HDI), si basava sulle tre dimensioni specifiche: salute, istruzione, standard di vita e si calcolava in base all’indice di speranza di vita alla nascita, all’indice di istruzione (tasso di alfabetizzazione adulta e tasso di immatricolazioni congiunte, lorde, a livello primario, secondario e terziario) ed infine all’indicatore del PIL procapite a parità di potere d’acquisto.

Con l’ultimo rapporto dove, da una parte, si celebra l’ “indiscutibile brillantezza e importanza del paradigma concettuale dello sviluppo umano” (UNDP, 2010), dall’altra, si apportano delle modifiche alla struttura originale e si aggiungono correzioni al fine di migliorare la capacità di rappresentatività dell’indice e l’incorporazione di quelle dimensioni più immateriali come le libertà. I principali cambiamenti si riflettono nella misurazione dell’istruzione, nella misurazione del livello di vita in termini di reddito e nell’aggregazione dei tre indicatori.

Riguardo alla dimensione dell’istruzione, anziché basarsi sulle iscrizioni e l’alfabetizzazione, ci si basa sugli anni di studio effettuati e su quelli attesi, ritenendo che questa sia una misurazione più significativa del livello di istruzione delle persone e tenuto conto che con il passare del tempo i paesi misurano più frequentemente e con maggiore attendibilità gli anni di studio medi.

Per la misurazione del livello di vita, il PIL procapite viene rimpiazzato con il Reddito Nazionale Lordo procapite, perché in una società globalizzata si presentano grandi differenze tra i redditi dei residenti di un paese e il loro prodotto interno. Parte di ciò che guadagnano i residenti di un paese si sposta all’estero, si pensi solo ai flussi di rimesse che ricevono alcuni paesi. È importante sottolineare che si mantiene, invece, la misurazione del logaritmo del reddito, perchè pur riconoscendo il ruolo del reddito come fondamentale strumento per lo sviluppo umano, il suo apporto è comunque decrescente al margine.

La modalità di aggregazione dei tre indicatori nell’HDI, non consisterà più in una media aritmetica ma in una media geometrica, la quale riesce a percepire un mal andamento di una sola delle tre dimensioni, di modo che non vi sia una sostituibilità perfetta tra di esse. Questo metodo cattura quanto equilibrato è il comportamento di un paese in termini delle tre

dimensioni. Ci si avvicina alla risoluzione del problema esemplificato dal caso di Bangladesh, Cina e Uganda. Se ci si limitasse allo studio del solo indice aggregato avremmo osservato che, possiamo ottenere gli stessi risultati in paesi che hanno adottato strategie di sviluppo diverse. Questi tre paesi, pur partendo da situazioni molto diverse, sono accomunati da un progresso in sviluppo umano del 20%, negli ultimi 15 anni (UNDP, 2005). Dal 1990 il Bangladesh è salito di 14 posizioni secondo la classifica dell’HDI., però solo 10 posizioni nel ranking per reddito. Ciò significa che il progresso sociale è stato maggiore di quello avvenuto per la variabile prettamente economica: infatti, in Bangladesh, pur essendosi verificato un aumento equilibrato dei tre indicatori, l’aumento del reddito è pari ad un terzo dell’aumento del reddito verificatosi, ad esempio, in Cina. Ciò che quindi ha maggiormente influito sul progresso umano del Bangladesh, è stato il miglioramento nella speranza di vita e nell’accesso all’istruzione. Nel caso cinese, invece, il progresso strettamente economico è maggiore rispetto a quello sociale: pur aumentando nella classifica del reddito di 40 posizioni, il miglioramento rispetto allo sviluppo umano è di sole 20 posizioni. In Uganda invece la speranza di vita aumenta minimamente, mentre la maggior parte del miglioramento è causato, soprattutto, dall’aumento nel tasso di istruzione e in grado minore dall’aumento del reddito. Con questa nuova metodologia di aggregazione dovrebbe risolversi per lo meno parzialmente questo tipo di problema.

E’ comunque da considerare come l’HDI presenti due intrinseche debolezze: a) una dipendenza dalle medie nazionali, che occultano le mancanze in termini di distribuzione del reddito e b) la mancanza di una misurazione quantitativa della libertà umana. Per quel che concerne il primo punto, si propone il calcolo dell’indice di sviluppo umano aggiustato sulla disuguaglianza nella distribuzione delle dimensioni tra la popolazione. Si basa su un insieme di indici composti sensibili alla distribuzione proposta da Foster, López-Calva y Szekely (2005), che a sua volta fa uso della famiglia di misure della disuguaglianza di Atkinson (1970). Si calcola come una media geometrica di medie geometriche per ogni dimensione separata, secondo il proprio livello di disuguaglianze. L’ HDI-D riflette la disuguaglianza scontando il valore medio di ogni dimensione secondo il livello di questa e sarà identico all’HDI se non esiste disuguaglianza, sarà maggiormente inferiore all’aumentare della disuguaglianza. In questo senso l’HDI-D registra il livello reale di sviluppo umano, l’HDI è il grado di sviluppo umano “potenziale” che si potrebbe raggiungere se la società fosse perfettamente egualitaria, quindi la differenza tra i due, espressa in percentuale, misura la “perdita” di sviluppo umano potenziale.

Per quel che concerne la mancanza di una misurazione quantitativa della libertà umana, effettivamente tanto l’HDI come l’HDI-D non sono in grado di considerare l’effettiva

possibilità delle persone di scegliere “alternative di vita diverse, senza essere per queste castigate, ne vedersi obbligate a rinunciare ad altre opzioni di vita, come scuola, lavoro, casa, attenzione alla salute, voce politica” (UNDP, 2006). Per questo nell’ultimo rapporto si aggiungono due nuovi indici, quali l’indice di disuguaglianza di genere e quello della povertà multidimensionale. Questi pur non facendo parte dell’HDI, sono ad esso complementari nel fornire informazioni idonee alla comprensione del quadro più generale dello sviluppo umano. Di fatto, come sottolinea Sen, sebbene ci sia questa “mancanza” dell’indice, esso è sufficientemente robusto da non richiedere l’inserimento di altre informazioni in un’unica misurazione composta.

Lo stesso rapporto conferma che, lo sviluppo umano non è solamente salute, educazione e redddito, ma anche participazione attiva delle persone nei processi di avanzamento, equità e sostenibilità, che formano parte integrale della libertà della gente. Su questo livello, però, c'è meno consenso su ciò che può indicare del progresso in queste dimensioni; mancano anche indicatori specifici anche se, l'assenza di misure quantificabili non significa che dovremmo ignorare o trascurare una variabile di studio piuttosto che un’altra. Tutte queste intrinseche “debolezze” non sottraggono importanza alla significatività dell’indice, ma lasciano – secondo gli stessi autori del Rapporto- uno spazio costantemente aperto alla discussione costruttiva volta ad un continuo miglioramento, un cammino già arricchito dall’importanza che in questi venti anni hanno acquisito l’HDI ed il rapporto sullo Sviluppo Umano, per orientare una quantità di studi e di politiche verso la realizzazione del progresso umano e sociale dei paesi.

Potremmo definire l’approccio dello sviluppo umano come una trasposizione a livello macro dell’approccio delle libertà dell’individuo, che, se pure ampliabile ad un contesto aggregato e con una portata multidimensionale, ha pur sempre un approccio prevalentemente micro, focalizzato sull’individuo.