Una così forte centralità dell‟utente conduce dunque ad un ripensamento della stessa concezione economica della filiera produttiva e ad una rivalutazione delle potenzialità creative e produttive insite nella “saggezza della folla”90
.
L‟utente è infatti ad un tempo produttore e consumatore, è un prosumer, per usare la longeva definizione coniata da Alvin Toffler negli anni „7091 e ripresa, nel 1996, da Don Tapscott nel suo The Digital Economy92. In questo testo lo studioso parla infatti non di consumption ma di prosumption, riferendosi al fatto che il divario tra produttori e consumatori è sempre più sfumato.
Come scritto da Tapscott e Williams nell‟introduzione a Wikinomics93:
“Nella storia del business, le grandi imprese si sono sempre organizzate in base a una rigida struttura gerarchica. […] Benché non si possa affermare che le gerarchie stiano sparendo, una serie di profondi cambiamenti nella natura stessa della tecnologia, lo sviluppo demografico e l‟economia globale stanno facendo emergere nuovi, importanti modelli di produzione basati sulla collettività, la collaborazione e l‟organizzazione autonoma in luogo della gerarchia e del controllo. […] I clienti si trasformano da
90
James Surowiecki, La saggezza della folla, Roma, Fusi Orari, 2007. 91
Alvin Toffler, Future Shock, New York, Random House, 1970. 92
Don Tapscott,The Digital Economy,New York, McGraw - Hill Companies Inc., 1996. 93
Don Tapscott, Anthony D. Williams, Wikinomics. La collaborazione di massa che sta
consumer in prosumer, collaborando alla creazione di beni e servizi invece di limitarsi a consumare il prodotto finito”.
Oggi si parla non più semplicemente di economia, ma - soprattutto in riferimento al Web - di "wikinomics", ovvero di economie partecipative che si accompagnano dunque ad una nuova concezione dell‟impresa e del suo stesso rapporto con i consumatori:
“La nuova collaborazione di massa sta cambiando il modo in cui le imprese e le società sfruttano le loro conoscenze e capacità per innovare e creare valore. Questo fenomeno tocca praticamente ogni settore della società e ogni aspetto del management”94.
In particolare le economie partecipative sono basate su quattro principi:
1) apertura: da intendersi sia nel senso di ricerca di competenze e talenti fuori dalle imprese, allo scopo di far fronte a cambiamenti tecnologici e di mercato abbastanza rapidi, sia nel senso di comunicazione delle informazioni aziendali (dapprima praticamente segrete) a partner, clienti, dipendenti e, soprattutto, interlocutori interessati.
2) peering: la collaborazione tra pari, che trova brillanti esempi nell‟industria del software95, è oggi una delle modalità principali di azione all‟interno dei Social Media e ne costituisce la cifra sotto molti aspetti (basti pensare all‟importanza che ha assunto Wikipedia nelle ricerche degli utenti per la costruzione di una enciclopedia collaborativa). In particolare, come vedremo, nel caso degli audiovisivi è possibile identificare una serie di esempi
94
Ivi, p. 44. 95
Basti pensare al software open source e collaborativo per eccellenza: Linux. Fin dalla sua nascita, nel 1991, il sistema operativo Unix based creato dallo studente di Helsinki Linus Torvalds fu condiviso apertamente attraverso un forum. Lo scopo era quello di consentire ad altri programmatori che volessero apportare dei cambiamenti di farlo. L‟iniziativa di Torvalds ebbe da subito un discreto successo, tanto che il giovane decise di brevettare il neonato sistema operativo tramite una GPL (General Public License) che prevedesse la possibilità per tutti di usare gratuitamente Linux, purché gli eventuali cambiamenti apportati fossero ricondivisi gratuitamente con gli altri utenti.
significativi.
3) condivisione: al di là delle implicazioni legali96, si tende sempre maggiormente a condividere la proprie creazioni online o a modificare quelle esistenti al solo scopo di “far sapere” qualcosa agli altri utenti della Rete. 4) azione globale: il vantaggio più evidente di queste forme di economia
partecipativa consiste nella possibilità di agire su scala mondiale e di collaborare, dialogare ed influenzare realtà anche geograficamente distanti dalla propria.
In un contesto di questo genere muta conseguentemente anche il ruolo dell‟utente. Come scrive Howard Rheingold in Smart Mobs:
“Quando si mettono insieme questi diversi aspetti della tecnologia e dell'economia, il risultato è un'infrastruttura che rende possibili certe azioni umane che prima non erano realizzabili. Le killer application nell'industria delle comunicazioni mobili di domani non saranno gli apparecchi o i software, ma il loro uso sociale. I cambiamenti più radicali, verranno, come spesso accade, dal tipo di rapporti tra imprese, comunità e mercati che tali infrastrutture renderanno possibili”97
. D‟altra parte, secondo quanto scritto da Greg Beato:
“I veri media interattivi non si limitano a un film con tre finali possibili: sono piuttosto quei media abbastanza flessibili da consentire agli utenti di impiegarli in qualsiasi modo vogliano. Il che significa copiarli a volontà, usarli su piattaforme diverse, modificarne il contenuto, combinarli con altri media, e praticamente farci qualunque altra cosa possibile per stravolgere secoli di legge sul copyright”98.
96
Per il dibattito su copyright/copyleft si rimanda a Lawrence Lessig, Cultura libera. Un equilibrio
fra anarchia e controllo, contro l’estremismo della proprietà intellettuale, Milano, Apogeo, 2005.
97
Howard Rheingold, Smart mobs: tecnologie senza fili, la rivoluzione sociale prossima ventura, Milano, Cortina, 2003, p. 6.
98
Si veda Greg Beato, “After Napster”, 12 luglio 2000: http://www.soundbitten.com/aftnap.html [19 dicembre 2010].
Nel settore degli audiovisivi, in particolare, è possibile individuare una serie di dinamiche, che hanno modificato profondamente l‟assetto economico delle industrie culturali e valorizzato il ruolo dell‟utente grazie soprattutto ad un crescente sviluppo di Internet.
Il fruitore, dapprima esterno alla supply chain, si è progressivamente integrato ad essa a vari livelli e secondo differenti modalità.
La supply chain è generalmente definita da tre fasi: ideazione, produzione e distribuzione del prodotto audiovisivo. Come ben evidenziato da Hesmondhalgh99 già a partire dagli anni ‟80 si è assistito nelle industrie culturali a processi di conglomerazione, che hanno condotto alla nascita delle grandi conglomerate mediali. Attraverso processi di integrazione verticale (cioè tra aziende con attività relative a diverse fasi della filiera) ed orizzontale (cioè tra aziende operanti nel medesimo stadio della filiera), ma soprattutto mediante operazioni di differenziazione produttiva, si è aperta la strada verso prodotti che da un lato rispondessero meglio alle nuove esigenze degli utenti offrendo prodotti multipiattaforma e, dall‟altro, offrissero ai players un numero maggiore di mercati su cui operare.
Tutto ciò comunque è inserito all‟interno di una logica di economia partecipativa quale quella definita sopra, in un contesto segnato dalla proliferazione degli user generated contents e da mutamenti tecnologici che, grazie alla generale democratizzazione dei mezzi di produzione ed all‟abbassamento dei costi produttivi, hanno condotto ad un effettivo empowerment – così come viene indicato - degli utenti.
Come si inserisce dunque l‟utente all‟interno di questa catena? Soprattutto: che genere di comportamenti implica quest‟ultima per i players principali?
Ecco, secondo noi, gli elementi più rilevanti per ciascuno stadio.
1. Ideazione: si assiste sempre più spesso alla nascita di progetti partecipati dagli utenti della Rete100. Esistono anche tutta una serie di casi – ai limiti del legale –
99
David Hesmondhalgh, Le industrie culturali, Milano, Egea, 2008. 100
Nonostante non si tratti di un esempio strettamente legato alla produzione audiovisiva, è particolarmente interessante l‟esperimento condotto da Tim Burton con “Cadavre Esquis” dal 24
in cui episodi di serie TV vengono immessi in Rete prima della messa in onda ufficiale da soggetti ignoti101. In quel caso il contributo degli utenti non è esattamente spontaneo: gli autori di solito monitorano le conversazioni online allo scopo di capire se sia necessario effettuare o meno delle modifiche. In linea di massima si tratta comunque di prodotti più o meno finiti.
2. Produzione: in quest‟ambito è bene distinguere tra due aspetti differenti che coinvolgono l‟utente.
Da un lato, infatti, possiamo raggruppare qui tutti quei casi di crowdfounding, cioè di finanziamento partecipato dagli utenti, dall‟altro possiamo includervi i casi in cui l‟utente contribuisce attivamente all‟opera realizzandone delle parti o recitandovi.
Nella prima categoria possiamo inserire esperimenti davvero significativi: si va dal caso della Malastrada Film che offriva l‟opportunità a tutti di acquistare una quota di co-produzione del film che avrebbe dato diritto a ricevere una copia del
novembre al 6 dicembre 2010. Durante questo lasso di tempo l‟utente poteva contribuire ad una storia, avviata sull‟account Twitter @BurtonStory (http://twitter.com/#!/BurtonStory). I migliori
tweets selezionati sarebbero poi diventati parte della storia finale, disponibile all‟indirizzo:
http://www.burtonstory.com/connect.php [7 dicembre 2010]. Lo scopo dell‟iniziativa era quello di generare “rumore” in vista del Toronto International Film Festival (TIFF), che avrebbe poi ospitato la rassegna del MoMA “Tim Burton”.
Un esperimento simile è quello condotto da YourOpera nell‟agosto del 2009. In questo caso lo scopo era costruire un libretto d‟opera a partire da una frase iniziale (“One morning, very early, a man and a woman were standing, arm-in-arm, in London‟s Covent Garden. The man turned to the woman and he sang…”), sempre utilizzando Twitter ed effettuando la mention all‟account @YourOpera (http://twitter.com/#!/youropera). L‟iniziativa, promossa dalla Royal Opera House di Londra per il festival Deloitte Ignite, ha poi condotto alla realizzazione di uno spettacolo finale messo in scena nel weekend dal 4 al 6 settembre 2009.
Su Facebook, invece, il progetto italiano BookFace (http://www.facebook.com/?ref=home#!/pages/BookFace/103975119655713 [19 dicembre 2010]) ha costituito il primo esempio di libro co-creato dagli utenti: dall‟agosto 2010 la fan page del progetto, fondato da Roberto Secci, ha fatto registrare oltre 1.200 fan, 100 dei quali hanno contribuito alla scrittura dei primi 15 capitoli di questo libro collettivo.
101
Si parla in questo caso di “leaks”, cioè “crepe, fratture” che lascerebbero trapelare i contenuti, sebbene non sia poi ben chiaro chi sia il colpevole di tali azioni. Per un approfondimento e per le implicazioni in termini di vantaggi promozionali e di marketing si veda Emanuela Zaccone, “Audiovisual contents leaking: potenzialità di marketing e distribuzione”, Cinergie. Il Cinema e le
DVD ad opera ultimata, fino a siti come IndieGoGo102, basati sullo scambio di risorse e su una modalità collaborativa di ricerca di finanziamenti. E‟ da ricordare anche Kickstarter103, piattaforma online di finanziamento per progetti creativi: è attraverso questa community che è stato finanziato The Pirate Bay – Away from Keyboard104, documentario di Simon Klose dedicato al noto servizio di file sharing peer-to-peer. Un altro interessante esempio di crowdfounding è costituito dal “Lynch Three Project”105: si tratta di un progetto lanciato nel 2010
e finalizzato a trovare fondi per il finanziamento della terza ed ultima parte di una trilogia di documentari dedicati al regista statunitense e diretti da John Nguyen. La quota di partecipazione di ciascun utente – a partire da una base di 50$ - dava diritto a diventare membri del progetto (con una parte del sito dedicata) e ad avere in cambio una borsa, una t-shirt ed un disegno realizzato dallo stesso Lynch106. L‟iniziativa, grazie anche alla sua presenza su Facebook con una fan page107 con quasi 9.000 fan ed alla fama del regista, continua tutt‟ora a riscuotere un significativo successo. Come vedremo poi nei capitoli successivi non è inoltre raro il caso di fan movies finanziati interamente dai fan e, spesso, partecipati anche in veste di attori o con altra expertise tecnica.
102 http://www.indiegogo.com/ [4 novembre 2010]. 103 http://www.kickstarter.com/ [31 ottobre 2010]. 104 http://www.tpbafk.tv/ [16 novembre 2010]. 105 http://www.lynchthree.com/ [31 ottobre 2010]. 106
Il regista, peraltro, si è dimostrato sensibile ai nuovi media e alle modalità creative ad esso connesse. Non solo la David Lynch Foundation Television nel febbraio 2010 ha lanciato, in accordo con Mogreet (azienda specializzata nel mobile video marketing), una serie di video MMS per i fan del regista, ma in più Lynch stesso ha voluto realizzare un progetto – “Interview Project” – basato sulla raccolta di interviste effettuate dal cineasta durante un viaggio negli Stati Uniti da costa a costa (il sito dell‟iniziativa è disponibile qui: http://interviewproject.davidlynch.com/ [6 dicembre 2010]).
107
Come accennato, infatti, possono esservi anche casi in cui gli utenti letteralmente producono i film a livello realizzativo o creano nuovi prodotti: a parte il mare magnum delle YouTube stars e dei loro video simili più a veri e propri format ad appuntamento fisso seriale, ci riferiamo qui a progetti collettivi. Già nel 2006 lo staff di Nessuno TV, su idea di Bruno Pellegrini, aveva raccolto i video- contributi di un insieme di vloggers, per la realizzazione di un docu-film sulle elezioni amministrative tenutesi il 9 e 10 aprile 2006. La versione finale108 è stata poi presentata al Bellaria Film Festival 2006. Simile anche l‟idea, recente e ben più celebre, alla base del progetto Life in a Day, lanciato nell‟estate 2010. L‟“esperimento cinematografico storico”109 di Ridley Scott e Kevin McDonald
mirava a documentare 24 ore di vita sulla terra: “il 24 luglio 2010 persone di tutto il mondo hanno immortalato uno spaccato della loro vita con la videocamera e hanno caricato il filmato su YouTube. Sono stati inviati più di 80.000 video da 197 paesi diversi”110.
Un successo come quello appena descritto è stato veicolato anche attraverso i Social Networks: non solo l‟iniziativa è stata pubblicizzata sulle reti principali, ma i tweets degli utenti che menzionavano il progetto sono ancora visibili sul canale YouTube del film ed hanno contribuito ad accrescere il buzz intorno all‟opera prodotta da Scott ed attualmente111
in fase di montaggio sotto la direzione di Kevin McDonald. Il lavoro completo sarà poi disponibile su YouTube da gennaio 2011 e verrà presentato al Sundance Film Festival 2011. Dal canto loro, anche i colossi dell‟industria dell‟entertainment stanno dunque cercando di adattarsi ad una situazione originariamente definitasi sulla base di
108
Visualizzabile qui: http://video.google.com/videoplay?docid=513475211051346356# [7 dicembre 2010].
109
Così come definito sul manifesto/sfondo del canale YouTube disponibile qui: http://www.youtube.com/user/lifeinaday [9 settembre 2010].
110
Tratto dall‟homepage del canale citato nella nota precedente. 111
aggregazioni spontanee di utenti. Nel novembre 2010 Amazon ha così lanciato Amazon Studios112 che ha poi promosso con un concorso online per la realizzazione di un film. E‟ stato dato tempo fino a gennaio 2011 per la presentazione di una sceneggiatura o un video (di durata compresa tra i 70 e i 180 minuti). I progetti scelti saranno poi consegnati alla Warner Bros, che ha un accordo privilegiato con Amazon, ma i film potranno essere realizzati anche con altre produzioni diverse dalla Warner. Il premio in denaro consisterà in 100.000$ al miglior film e due premi da 20.000$ per i migliori script. Amazon, inoltre, ha annunciato che lancerà altri concorsi.
3. Distribuzione: in una situazione di maggior power shifting sull‟utente, è interessante notare come anche le dinamiche distributive possano subire significative modifiche. E‟ esemplare, in tal senso, quanto fatto per Hot Tube Time Machine (Steve Pink, 2010) e per la fortunata produzione horror di Paramount, Paranormal Activity (Oren Peli, 2007). Per quest‟ultima pellicola, infatti, si era deciso che si sarebbe proceduti ad una distribuzione su un ampio numero di sale solo se si fosse raggiunta la quota di 1.000.000 di richieste di preview su Eventful113. In altre parole, stiamo parlando di un sistema di “anteprime on demand”. In sostanza ogni fan poteva fare da host/promoter della visione del film, invitando non più di 9 amici. La produzione avrebbe fornito il film, i biglietti gratis, alcune magliette promozionali, cibi e beveraggi vari.
In altre parole, invece di segmentare il potenziale pubblico ed organizzare delle preview in luoghi che non necessariamente sarebbero stati raggiungibili da tutti, la Paramount ha delegato questo compito alla tribù di (pre)fan, rendendoli di fatto parte della filiera produttiva del film.
112
http://studios.amazon.com/ [23 novembre 2010]. 113
Si tratta di una piattaforma Web (raggiungibile a questo indirizzo: http://eventful.com/ [9 dicembre 2010]) dedicata alla condivisione di eventi ed alla raccolta di consensi e richieste su possibili nuove attività.
La MGM ha operato allo stesso modo per Hot Tube Time Machine facilitandosi l‟identificazione del target e creando una nutrita schiera di seeders: ha infatti concesso di prenotare una preview per i gruppi che ne facessero richiesta in varie città, testando così il prodotto su persone animate da sicuro interesse che avrebbero generato un passaparola notevole, amplificato dall‟aspetto on demand connesso all‟evento. Ciò ha condotto, peraltro, ad un ampliamento del piano distributivo, consistente in un incremento del numero di sale in cui da marzo 2010 Hot Tube Machine sarebbe stato proiettato dopo l‟uscita “regolare”. Iniziative di questo tipo rendono dunque il film un vero e proprio evento, restituendo al cinema quel carattere di unicità che sembrava aver perso negli ultimi anni e che, in parte, sta recuperando con il 3D.
Oltretutto, la presenza sui Social Networks non è stata affatto trascurata, dal momento che ciò ha consentito la diffusione dell‟iniziativa da una parte, e l‟allargamento del bacino di potenziali interessati dall‟altro, accrescendo così la il passaparola intorno al film.
Riteniamo dunque di poter dire che gli utenti, al tempo stesso, sono diventati in un certo senso “esercenti”, hanno cioè rivestito un ruolo che non era mai stato finora di loro competenza.
Stessa strategia anche per la messa in programmazione di Savage County, indie slasher movie low budget originariamente pianificato come Web series. MTV USA, a fine estate 2010, ha lanciato una proposta: se si fossero raggiunte le 100.000 richieste di programmazione su Eventful il film sarebbe andato in onda probabilmente ad Halloween. Il risultato è stato notevole: dopo sole tre settimane dall‟avvio della campagna si era già raggiunta la quota di 73.000 adesioni. Il film è stato poi mandato in onda su MTV2 il 7 ottobre 2010. In questo caso non era direttamente coinvolto un piano distributivo legato alle sale cinematografiche fisiche, ma uno slot palinsestuale che, comunque ha un costo non indifferente114e
114
Si veda a tal proposito il libro curato da Carlo Nardello e Carlo Alberto Pratesi, Il Marketing
la cui collocazione è di interesse per gli inserzionisti pubblicitari. In tal senso allora risulta ancor più significativa la scelta di Eventful come piattaforma per l‟aggregazione delle richieste degli utenti. 3 milioni di utenti, su un totale di 15 milioni registrati, hanno infatti indicato l‟horror come genere di film preferito. Il vantaggio in termini di marketing è palese: si dispone così di un insieme di profilazioni di potenziali spettatori che costituiranno il target degli inserzionisti. La collocazione in palinsesto avrà dunque buone probabilità di generare un ampio numero di contatti, e, dal punto di vista della Rete, un numero di richieste così elevato per un prodotto è inoltre un‟“arma” nelle mani dell‟emittente stessa a livello di contrattazione con gli inserzionisti.
Azioni di questo tipo risultano viepiù interessanti se si tiene conto del fatto che un‟attenzione spiccata per gli utenti può costituire un punto di forza per la pianificazione dei piani produttivi e distributivi.
Infine rientra in questa categoria anche l‟esperimento, tutto italiano, di Social Distribution115: è il potenziale spettatore a trovare i cinema della propria città disposti a proiettare in digitale i film e con i quali concordare le date degli spettacoli; a quel punto è cura di chi propone l‟opera contattare i potenziali partecipanti e chiedere loro di fare altrettanto (naturalmente attraverso qualunque canale: dal contatto personale ai Social Networks). Una volta che il film sarà proiettato:
- L‟esercente guadagna il 50% degli incassi,
- Social Distribution guadagna il 40% degli incassi,
- Chi ha proposto il film (cioè il fruitore/esercente) guadagna il 10% degli incassi (al netto della SIAE)
Dall‟analisi condotta emerge dunque immediatamente come l‟utente non sia più collocabile al di fuori della supply chain cinematografica o televisiva ma, di fatto, sia parte integrante di essa a diversi livelli.
115
La riflessione accademica sullo sviluppo dell‟audience ha naturalmente tenuto conto di tutte le evoluzioni analizzate in questo capitolo. Ciò ha condotto, dagli anni ‟70 in poi, ad una serie di mutamenti sia nella concezione dell‟oggetto di analisi sia nelle metodologie impiegate.
A ciò va sommato l‟emergere di nuove forme di narrazione transmediale che sfruttano pienamente la convergenza tecnologica e culturale in atto offrendo ai fruitori nuove e più immersive esperienze.