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Gli effetti per il rischio di credito

Capitolo 2 Verso Basilea IV: tra adattamenti e proposte

2.3 Gli effetti per il rischio di credito

Il rischio di credito è definito come il rischio di una perdita di valore delle attività finanziarie dovuta all’insolvenza del debitore e determinato dalla possibilità che il cliente non rispetti i propri obblighi contrattuali di rimborso del capitale o degli interessi sul credito concesso alle scadenze contrattuali previste.

Equilibrio, semplicità e sensibilità al rischio, questi sono gli obiettivi del Comitato di Basilea per promuovere la comparabilità tra i diversi istituti creditizi riducendo la variabilità delle attività ponderate per il rischio.

La rilevanza del rischio di credito non si arresta alla sola dimensione relativa alle dinamiche di mercato: esso ha un peso notevole anche dal punto di vista della vigilanza sugli intermediari, poiché concorre in modo determinante al calcolo del requisito patrimoniale minimo richiesto. Da qui la necessità di derivare modelli in grado di rispondere alle esigenze operative degli intermediari medesimi.

Relativamente al rischio di credito, la normativa di vigilanza prevede due metodi di calcolo del requisito patrimoniale: il metodo standardizzato e il metodo dei rating interni (IRB, Internal Rating Based), in cui le ponderazioni del rischio sono funzione delle valutazioni che le banche effettuano internamente sui debitori. Il metodo dei rating interni è a sua volta suddiviso in un IRB di base (Foundation Internal Rating Based – FIRB) e un IRB avanzato (Advanced Internal Rating Based – AIRB), differenziati in relazione ai parametri di rischio che le banche devono stimare.

Il Comitato di Basilea ha avviato nel 2016 una consultazione66 su nuove proposte di modifica alla regolamentazione prudenziale che mirano a limitare la variabilità nella valutazione dei rischi di credito da parte delle banche con il metodo dei rating interni (IRB).

La consultazione presenta una serie di modifiche tra le quali l'eliminazione della possibilità di utilizzare il metodo IRB per calcolare il rischio di credito nei confronti di istituzioni finanziarie. Il Comitato di Basilea aggiunge che con queste misure si punta a ridurre la complessità della cornice regolamentare e a migliorare la confrontabilità. La definizione finale delle nuove regole,

66 Basel Committee on Banking Supervision, «Reducing variation in credit risk-weighted assets -

constraints on the use of internal model approaches», Consultation Paper, Bank for International Settlement, March 16.

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dopo la consultazione, è stata preceduta da una valutazione di impatto per evitare un incremento significativo dei requisiti di capitale.

«Dalla consultazione, conclusa lo scorso Marzo 2016, è emerso che il Comitato vuole:

- mantenere l’utilizzo dei rating esterni per quanto riguarda i portafogli “banche” e “imprese”;

- prevedere un trattamento preferenziale per le piccole e medie imprese;

- semplificare – rispetto al primo documento di consultazione – le regole di ponderazione per il portafoglio mutui, utilizzando solo il rapporto tra il valore del prestito e quello dell’immobile (Loan To Value) come parametro.

Sono invece emerse divergenze di vedute su altri aspetti. In particolare: è considerata troppo punitiva la calibrazione sia dei “prestiti specializzati” (operazioni di project finance, di object e commodity finance), sia delle operazioni fuori bilancio, influenzata dall’aumento dei cosiddetti fattori di conversione di credito (CCF); è stato inoltre criticato il fatto che le esposizioni in default coperte da accantonamenti non beneficino più di ponderazioni di favore.

Le prime analisi dei dati raccolti attraverso il Quantitative Impact Study (QIS) evidenziano che le nuove norme, nella versione del documento di consultazione, comportano un significativo aumento delle attività ponderate per il rischio per tutte le banche del campione, specie per quelle che hanno un modello di attività di tipo tradizionale, focalizzato sull’attività di prestito alle imprese e alle famiglie. L’incremento degli RWA risente in qualche misura di un aumento generale dei fattori di ponderazione, ma è influenzato principalmente da due modifiche: in primo luogo, il nuovo trattamento del portafoglio bancario, in secondo luogo, l’aumento dei fattori di conversione di credito (CCF)»67.

Sostanzialmente, si vuole che l’utilizzo dei modelli interni sia limitato esclusivamente a specifici portafogli, per i quali le misure effettive del rischio possono essere determinate in maniera coerente e, certamente, non discrezionale. Lo stesso Comitato afferma nel documento di consultazione che l’intendimento è quello di precludere l’utilizzo degli approcci IRB per talune esposizioni, per le quali è stato valutato che i parametri non possono essere stimati con sufficiente affidabilità, queste esposizioni riguardano le banche, le grandi aziende, i cosiddetti

Large Corporates (con un totale degli attivi > 50 Miliardi di Euro) e le azioni; mentre è prevista

l’adozione, a livello di singola esposizione, di soglie minime così da assicurare un livello minimo prudenziale per quei portafogli per cui l’approccio IRB è ancora consentito.

67 Angelini P., «Le modifiche del quadro regolamentare e le sfide per le banche italiane», Intervento del

Vice Capo del Dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia, Convegno: “Unione Bancaria e Basilea 3 - Risk & Supervision 2016”, Roma, Giugno 2016.

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La volontà del Comitato è di cercare di sostituire, quanto più e laddove sia possibile, i modelli interni con modelli standardizzati che riescano al contempo a misurare efficacemente il rischio. Inoltre, nello stesso documento, il Comitato sostiene che per ridurre la variabilità degli RWA intende introdurre dei limiti minimi (input floor) alle stime dei parametri di rischio e ai risultanti RWA (output floor).

«Sono stati sollevati forti dubbi sull’utilità dell’output floor68, in base al fatto che il coefficiente minimo di leva finanziaria già svolgerebbe un ruolo di “ultima difesa” (backstop). […] A tale riguardo occorre chiarire che coefficiente di leva finanziaria e ouput floor perseguono obiettivi simili (ridurre la variabilità degli RWA, evitare fenomeni di elusione da parte delle banche, contenere il rischio modello), ma presentano indubbi elementi di complementarietà. In particolare, gli output floor dovrebbero attenuare le criticità dei modelli interni sacrificando solo parzialmente la sensibilità al rischio; il coefficiente minimo di leva finanziaria rappresenta invece un backstop per il rischio da modello, inteso come capacità delle varie metodologie, comprese quelle standardizzate, di misurare i rischi. La calibrazione definitiva dovrà trovare un difficile compromesso tra l’esigenza di attenuare la variabilità ingiustificata degli RWA e quella di preservare la sensitività al rischio dei modelli; come nel caso del metodo standard, dovrebbe almeno in parte attenuare il maggiore assorbimento di capitale determinato dalla riforma»69. Sostanzialmente, questa revisione andrebbe ad aumentare in misura significativa i requisiti patrimoniali delle banche che adottano i modelli interni e ridurrebbe la sensitività all’effettivo rischio incamerato dalla banca, incentivando, dunque, all’utilizzo dei modelli standardizzati. L’orientamento del Comitato rimane sempre la ricerca della semplicità e dell’affidabilità delle misure di rischio.

2.3.1 Il possibile abbandono dell’Internal Ratings-Based Approach

Per il rischio di credito, si vuole che l'approccio standardizzato (SA) costituisca un’alternativa adeguata e complementare all'approccio basato sulle valutazioni interne (IRB). L'obiettivo del Comitato è quello di limitare le differenze nei risultati tra tali approcci. Per il rischio di credito, in particolare, il Comitato di Basilea propone di:

68 La proposta regolamentare per l’output floor prevede un range tra il 60% e il 90% delle attività

ponderate per il rischio calcolate secondo la metodologia standard. Il Comitato sta valutando anche la possibilità di applicare un output floor a livello più granulare (ad esempio a livello di singolo rischio).

69 Associazione Bancaria Italiana, «Le modifiche del quadro regolamentare e le sfide per le banche

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rimuovere l'opzione di utilizzare gli approcci IRB per determinate esposizioni, in cui si ritiene che i parametri del modello non possano essere stimati in modo affidabile per scopi patrimoniali, (come già detto sopra, queste esposizioni riguardano tra le altre: banche e altre istituzioni finanziarie, le grandi aziende, i c.d. Large Corporates e le azioni);

adottare “floors” a livello di esposizione e parametri per garantire un livello minimo di conservazione per i portafogli in cui gli approcci IRB restano disponibili;

fornire una maggiore specificazione delle pratiche di stima dei parametri per ridurre la variabilità delle attività ponderate per il rischio (RWA) per i portafogli in cui gli approcci IRB rimangono disponibili.

Le revisioni proposte per il rischio di credito, rispetto ai framework precedenti, mirano a rafforzare la vigente normativa in diversi modi. Queste includono:

› ridotta dipendenza dai rating interni; › maggiore granularità e sensibilità al rischio;

› più comparabilità con l'approccio basato sulla valutazione del rischio rispetto alla definizione e al trattamento di esposizioni simili;

› migliore chiarezza sull'applicazione delle norme.

Gli aspetti fondamentali della proposta di revisione in merito al rischio di credito riguardano:  esposizioni bancarie: non sarebbero più ponderate in base al rischio di credito interno

della banca, ma sarebbero invece basate su due fattori di rischio, ovvero l'adeguatezza patrimoniale della banca e la sua qualità degli assets;

 le esposizioni aziendali: non sarebbero più ponderate in termini di rischio in riferimento al rating esterno del prestito, ma sarebbero invece basati sul reddito e sulla leva dell'impresa. Inoltre, aumenterebbe la sensibilità e la comparabilità dei rischi con l'approccio IRB introducendo un trattamento specifico per i prestiti specializzati;

 categoria di vendita al dettaglio: si rafforzerebbe restringendo i criteri per beneficiare di un “peso di rischio” preferenziale e introducendo un trattamento alternativo per le esposizioni che non soddisfano i criteri;

 immobili residenziali: la base su cui calcolare il rischio si baserebbe su due rapporti di sottoscrizione del prestito comunemente usati, cioè l'importo del prestito relativo al valore del bene immobiliare che garantisce il prestito (cioè il rapporto tra prestito e valore) e l'indebitamento del debitore (ossia un debito- Rapporto di copertura del servizio);

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 immobili commerciali: attualmente sono in uso due opzioni: a) trattare le esposizioni come non garantite con discrezione nazionale per un peso di rischio preferenziale in determinate condizioni; b) determinare il peso del rischio in base al rapporto tasso e valore;

 la mitigazione del rischio di credito: il quadro sarà modificato riducendo il numero di approcci, ricollegando le rivisitazioni della Vigilanza e aggiornando i criteri di ammissibilità del garante aziendale.

A parità di condizioni, l’assorbimento patrimoniale nel metodo IRB tende ad essere inferiore a quello previsto nel metodo standardizzato, questo conduce ad una sottostima dell’effettiva rischiosità dell’istituto creditizio, nonché ad una mancanza di comparabilità con gli istituti di credito delle altre giurisdizioni; ecco perché è importante improntare un metodo per la valutazione del rischio di credito che sia quanto più “affidabile” e “confrontabile”.