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I limiti e le criticità di Basilea III

Capitolo 1 L’attuale framework di vigilanza prudenziale: Basilea III

1.3 I limiti e le criticità di Basilea III

Rispetto agli Accordi precedenti (1998 e 2006), le disposizioni di Basilea III aumentano in percentuale il capitale che gli istituti di credito devono accantonare per “sicurezza”. Le banche devono, a fronte di ciò, sostenere un incremento dei costi e conseguentemente questo porta ad un inevitabile aumento delle commissioni e degli spread sui prestiti bancari.

«L’obiettivo di Basilea III è creare un sistema economico e finanziario più forte, con banche più solide, e queste lo saranno anche nella misura in cui i loro clienti saranno più solidi.

Basilea III impone alle banche, tramite le autorità di vigilanza dei singoli paesi, di mantenere adeguati i parametri di sicurezza, risulta pertanto fondamentale effettuare delle analisi di

sensitività (analisi “What if”), cioè verificare come cambiano i risultati finali al modificarsi di

alcuni parametri di riferimento (fatturato, livello dei costi fissi/variabili, giorni medi di incasso e pagamento, tassi di interesse ecc.). In questo modo si possono simulare “a priori” i possibili scenari futuri, effettuando di fatto degli stress test, per capire fino a che punto può spingersi la capacità di tenuta dell’azienda in presenza di condizioni avverse»39

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39 Orsini C., «Da Basilea 1 a Basilea 3», seminario, Finanza d’impresa e Consulenza di direzione, Arcadia

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L’applicazione di Basilea III è avvenuta con l’obiettivo di rendere più stabili i mercati in seguito alla devastante crisi finanziaria degli ultimi anni; tuttavia, numerosi sono stati i dubbi sollevati a proposito dell’effettiva capacità della nuova regolamentazione di risolvere i problemi che hanno indebolito la base del sistema finanziario internazionale. Una prima preoccupazione è emersa dal settore bancario stesso, in quanto gli intermediari considerano eccessivamente rigidi i nuovi requisiti imposti dal Comitato in Basilea III, al punto da rendere non soddisfacente il livello di redditività conseguibile con l’attività stessa d’intermediazione.

Fin dalla sua istituzione, infatti, il quadro normativo internazionale di Basilea III ha manifestato una serie di punti di debolezza per affrontare i rischi idiosincratici e sistemici derivanti dalle istituzioni finanziarie; la continua dipendenza da modelli di rating interni per il calcolo dei requisiti patrimoniali e la capacità di assorbimento delle perdite attraverso i buffer prudenziali sono sottoposti a controlli molto rigidi da parte delle autorità competenti.

Basilea III ha sicuramente soddisfatto le diverse esigenze relative alla copertura delle lacune emerse dai quadri normativi precedenti, per la prima volta la dimensione microeconomica delle norme prudenziali è stata attorniata da una dimensione macroprudenziale a fini della copertura dei rischi, inoltre le preoccupazioni per la carenza di liquidità degli anni precedenti hanno portato i regolatori a stabilire indicatori per il monitoraggio della copertura dal rischio di liquidità, infine l’implementazione di un rapporto di leverage, insieme all’attuazione di requisiti di informativa al mercato, hanno determinato la volontà di limitare i comportamenti rischiosi di alcuni intermediari.

Basilea III, infatti, è stata considerata come un passo decisivo verso la creazione di un impianto ben funzionante per tutte le banche, in maniera equa; certamente, però, tutto questo è avvenuto ad un prezzo significativo: la conformità alle nuove disposizioni prudenziali ha richiesto alle banche di sostenere enormi costi per la ricapitalizzazione e per migliorare la gestione dei rischi, e naturalmente, nel corso del tempo, questa trasformazione strutturale ha avuto un impatto sull’intera economia, con un conseguente calo della disponibilità del credito per l’economia reale.

Solo pochi anni dopo l’introduzione di Basilea III, i critici hanno messo in discussione l’efficacia e la fondatezza dei principi del nuovo quadro regolamentare; «i principali limiti del framework si fondano:

- sull’estrema complessità dei requisiti richiesti: quest’ultimi spesso si affidano a parametri ancora solamente stimati, ad esempio il leverage ratio (stimato al momento al 3%);

- sul continuo affidamento a modelli interni per il calcolo dei requisiti patrimoniali, che spesso vengono utilizzati dalle banche per ridurre la stima dell’ammontare di capitale da

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accantonare a fronte dei rischi: questi modelli interni non riflettono effettivamente la misura del rischio, e portano le banche, anche quelle operanti a livello internazionale, ad utilizzarli in considerazione del risparmio di capitale e dei vantaggi competitivi ottenibili;

- sull’incapacità di cogliere i rischi fuori bilancio: ad intendimento di ciò, Basilea III ha introdotto specifiche metriche che cercano di fornire metodologie sensibili per la misurazione dei vari rischi fuori bilancio. Tuttavia le relative disposizioni non sono riuscite a stimare pienamente, ad esempio, il rischio di tasso d’interesse derivante da attività non commerciali;

- sull’incompletezza delle informazioni: Basilea III, a tal proposito, ha incluso l’obbligo di informativa nel terzo pilastro. Infatti, il Comitato stabilisce che principi e modelli comuni sono necessari non solo per consentire agli stakeholders di ottenere le informazioni desiderate, ma anche e soprattutto per migliorare la granularità dei dati prudenziali e la trasparenza delle attività bancarie. Tuttavia, alcuni critici hanno sollevato preoccupazioni circa la mancanza di obblighi di divulgazione per alcune informazioni fondamentali, come, ad esempio, la comunicazione di rapporti relativi ad alcune performances e alla redditività, oppure come le informazioni sui modelli interni utilizzati dalle banche: tutto questo lascia spazio all’incertezza sul mercato per gli analisti finanziari e gli investitori»40.

Da questa analisi emerge come, alla luce delle nuove regole prudenziali di Basilea III, siano acuiti i timori che le banche possano alterare le metriche prudenziali, indebolendone l’affidabilità. Nel disegnare il nuovo accordo sul capitale (Basilea III), infatti, i regolatori hanno posto grande enfasi sul rafforzamento - quantitativo e qualitativo - delle risorse patrimoniali che le banche devono detenere a fronte dei rischi; appare chiaro il timore che questa azione di inasprimento possa essere compensata da un allentamento nelle pratiche di misurazione dei rischi, che si riflette pertanto in un’inaffidabile determinazione degli RWA.

Le Autorità di Vigilanza non hanno dedicato la necessaria attenzione al vaglio dei modelli interni che le banche utilizzano per la gestione dei rischi e sulla base dei quali sono pure calcolati i requisiti minimi di capitale. Le pratiche di vigilanza sono così diventate una vera e propria leva strategica, benché impropria, per generare condizioni di mercato più favorevoli alle banche operanti nella propria giurisdizione e determinare quindi chiari vantaggi competitivi.

40 Amorello L., «Beyond the Horizon of Banking Regulation: What to Expect From Basel IV», Harvard

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«La complessità, il numero crescente e le continue revisioni delle regole rendono la compliance sempre più onerosa per tutte le banche europee e in particolare per le più piccole, creando uno svantaggio competitivo artificiale che non trova giustificazioni nel perseguimento della stabilità finanziaria. […] Una grave preoccupazione è data dalla contraddizione crescente tra le regole microprudenziali sempre più stringenti e gli obiettivi macroprudenziali di stabilità e di crescita economica»41.

A Novembre 2016, la Commissione europea ha pubblicato le sue prime proposte per la ricalibrazione dei requisiti di capitale e di liquidità - sotto forma di una direttiva e di un regolamento ("CRD V" e "CRR II") - nonché modifiche alla Direttiva europea sulla risoluzione delle crisi bancarie ("BRRD42"), per attuare standard globali di capitale da detenere per assorbire le perdite. Questa revisione potrebbe essere considerata come la nuova "Basilea IV". L'impatto di questo nuovo programma di regolamentazione sarà sentito da tutte le banche, indipendentemente dalle dimensioni o modello di business; le autorità regolamentari non amano che si parli già di un nuovo quadro di Basilea, ma le modifiche proposte e attualmente in discussione sugli schemi di Basilea III sono talmente ampie e significative che non possono non richiedere un nuovo schema di riferimento.

In Europa, la prospettiva di Basilea IV e il processo di adattamento alle nuove regole vanno inseriti nel contesto olistico dell’Unione bancaria.

«L’Unione bancaria rappresenta, infatti, la cornice che collega e integra i diversi elementi che richiedono un approccio unitario, costituisce un grande passo nella costruzione di una Europa più coerente con gli obiettivi di stabilità e di crescita sostenibili»43.

Il quadro di Basilea IV non è naturalmente ancora definito. L’implementazione si basa non solo sul fatto che le banche dovranno essere in possesso di un aumento minimo di fondi propri e di ulteriori riserve di capitale, ma sarà inoltre richiesto di adottare norme prudenziali di attuazione, a livello internazionale, dei principi della “capacità totale di assorbimento delle perdite”. Questi principi hanno lo scopo di migliorare la capacità di ricapitalizzazione delle banche in periodi di grave stress, andando di fatto a vincolare la leva finanziaria.

Lo stesso Comitato di Basilea si è impegnato nella ricerca di idonee forme di semplificazione rispetto alla complessità dei requisiti di Basilea III, ma la realtà non appare confermare questo indirizzo, a giudicare dal numero, dalla rilevanza e dalla complessità delle nuove regole che si prospettano per Basilea IV.

41 Masera R., «Verso Basilea 4: le criticità per le banche e l’economia,» Università Guglielmo Marconi di

Roma, Bancaria, 2016.

42 “Bank Recovery and Resolution Directive”, Direttiva n.2014/59/EU.

43 Capriglione F. e Sacco Ginevri A., «POLITICA E FINANZA NELL'UNIONE EUROPEA: Le ragioni

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