• Non ci sono risultati.

Gli effetti per il rischio di controparte

Capitolo 2 Verso Basilea IV: tra adattamenti e proposte

2.6 Gli effetti per il rischio di controparte

Il rischio di controparte è caratterizzato dal fatto che l’esposizione, per la natura finanziaria del contratto stipulato tra le parti, è incerta, e quindi può variare nel tempo e in funzione dell’andamento dei fattori di mercato. A causa della concorrenza nell’attività di intermediazione creditizia, che induce le banche ad assumere rischi elevati, si è fatta sempre più stringente l’esigenza di misurare tali rischi e di rappresentarli quantitativamente.

Il trattamento del rischio di controparte si applica alle seguenti tre categorie di transazioni: - strumenti derivati finanziari e creditizi negoziati fuori borsa (OTC);

- operazioni SFT (securities financing transactions); - operazioni con regolamento a lungo termine.

A seguito della recente crisi finanziaria, il rischio di controparte ha iniziato ad assumere un ruolo sempre più importante tanto da essere considerato “the key financial risk”.

Tra le maggiori novità introdotte da Basilea III per incrementare l’efficacia della valutazione dei rischi assunti dagli intermediari finanziari, particolare peso è stato riservato alla misurazione del

72

rischio di perdite connesse con le rettifiche di valore, o Credit Valuation Adjustment (CVA), di contratti OTC, dovute alle oscillazioni dei prezzi di mercato conseguenti alle variazioni del rischio di controparte atteso.

Oggi più che mai, c’è un enorme interesse verso il CVA, dato che tutti gli intermediari finanziari vogliono rendere i loro sistemi in grado di “prezzare” attivamente il rischio di controparte in tempo reale.

Un’attenta valutazione del Credit Value Adjustment può riflettere adeguatamente il rischio di controparte, in quanto il CVA è parte integrante del valore di un contratto derivato, quindi può essere definito come il “prezzo da pagare” per l’acquisto del contratto stesso. Sostanzialmente, il CVA è il valore di mercato del rischio di controparte. Pertanto, il “CVA risk” è il rischio nel quale incorre una banca nell’eventualità in cui il merito creditizio di una controparte si deteriora, rappresenta, infatti, la perdita attesa successiva alla dichiarazione di default di una controparte, la quale deve essere contabilizzata come una rettifica di valore del contratto derivato negoziato “Over The Counter” (OTC).

«Le rettifiche di valore dei pool di crediti detenuti negli attivi bancari sono stati responsabili di circa il 70% delle perdite degli istituti bancari nel biennio 2007-2008. A seguito di tale considerazione, e della crescente richiesta di trasparenza dei consumatori finali, il Comitato di Basilea ha stabilito nuove regole circa i requisiti di capitale necessari per la patrimonializzazione delle banche»83.

Tra le principali innovazioni apportate dalla normativa in materia di vigilanza bancaria si evidenziano nuove metodologie di stima del rischio e sempre più stringenti requisiti di capitale. Sono state individuate due metodologie di calcolo del CVA: standardizzata e avanzata, e stabilite le tipologie di copertura idonee alla riduzione della variabilità del CVA, così da poter ridurre al minimo il capitale necessario alla soddisfazione dei requisiti di capitale minimo da accantonare, nonché il trattamento contabile che devono subire le perdite realizzate.

Un interessante aspetto della gestione del rischio di controparte è rappresentato dalla possibilità di riduzione di tale rischio attraverso diverse metodologie che mitigano l’esposizione ma allo stesso tempo espongono ad altri tipi di rischi. In particolare, le tecniche più diffuse sono quelle di “Netting” e di “Collateralization”. Entrambe le tecniche sono caratterizzate dal fatto che possono essere applicate indistintamente a una o a entrambe le controparti in gioco; tuttavia, se una delle due controparti ha una qualità creditizia nettamente superiore, può decidere di stipulare un accordo unilaterale anche se, soprattutto dopo la recente crisi che ha visto il default

83 Basel Committee on Banking Supervision, Basel III: «A global regulatory framework for more resilient

73

di Lehman Brothers e altre importanti istituzioni finanziarie, la mitigazione “one-way” è utilizzata di rado.

Per il calcolo del CVA, in considerazione della natura complessa, delle caratteristiche e delle componenti finanziarie che costituiscono il CVA, si richiede l’adozione di un modello interno di tipo EPE84 (il cosiddetto IMM), approccio che consente una stima significativamente più accurata dell’esposizione attesa rispetto al metodo standardizzato.

Tuttavia, il Comitato ha rilevato che da un lato l'IMM-CCR è più sensibile al rischio rispetto agli approcci standardizzati, in quanto consente alle banche di prendere in considerazione la composizione specifica delle loro esposizioni e dei relativi fattori di rischio, d'altra parte, alcuni studi, inclusi quelli condotti dal Comitato, hanno trovato una notevole variabilità nell'esito dei modelli di rischio di controparte, il che suggerisce che l'opacità dell'IMM e il grado di discrezionalità fornito alle banche potrebbero ostacolare la comparabilità dei requisiti patrimoniali di credito di controparte attraverso le banche.

Di conseguenza, il Comitato propone di mantenere l’IMM-CCR, ma assoggettandolo all’applicazione di un approccio standardizzato. Tale approccio standardizzato per il rischio di controparte è lo Standardised Approach for the Counterparty Credit Risk (SA-CCR).

2.6.1 L’abbandono dei modelli interni per il Credit Valuation Adjustment

L’introduzione del CVA, il rischio di rettifiche di valore della componente creditizia o Credit Value Adjustment, è stato esplicitamente introdotto dallo schema di Basilea III che regola le banche internazionali per far fronte a una carenza grave degli schemi precedenti.

«Nell’ultima crisi finanziaria le banche hanno infatti registrato perdite assai maggiori a seguito del deterioramento del rating di varie controparti che non perdite correlate a veri casi di insolvenza. In altre parole è nata la necessità di incorporare nei prezzi delle transazioni il rischio di credito delle controparti. Si tratta di un concetto applicato principalmente ai derivati OTC, ma non solo»85. Il Comitato ha sostanzialmente proposto che l’adozione di modelli interni non sia più consentita per il calcolo del requisito di capitale connesso al Credit Value Adjustment (CVA).

84 Expected Positive Exposure: si fa riferimento a tecniche di stima dell’esposizione creditizia futura di

transazioni esposte al rischio di controparte come media ponderata - lungo un periodo temporale definito - dei valori attesi delle esposizioni creditizie, dove i pesi sono rappresentati dal rapporto tra la frazione del periodo temporale predefinito di pertinenza della singola esposizione attesa rispetto all’intero periodo o di tempo considerato.

85 Borsa Italiana, «Sotto la lente: il CVA CREDIT VALUE ADJUSTMENT», borsaitaliana.it, Febbraio

74

Il Comitato ha pubblicato delle revisioni86 al quadro del rischio CVA nel mese di Luglio 2015. Nell'ambito di tale consultazione, il Comitato ha preso atto delle sue riserve circa la possibilità di catturare efficacemente il CVA e ha ritenuto idoneo rimuovere l’utilizzo dell'IMA-CVA dal quadro di rischio di controparte, a causa della sua eccessiva complessità, introducendo, in sostituzione, il SA-CCR, che «rappresenta una metodologia di misurazione del rischio di controparte più avanzata rispetto alle prassi in uso presso molte banche italiane che non hanno sviluppato modelli interni di tipo EPE»87.

L’introduzione del SA-CCR consente alle banche di adottare un approccio standardizzato maggiormente risk-sensitive, con una contestuale rivisitazione dei principali processi di gestione del rischio di controparte. In ottica gestionale, il SA-CCR si presta ad essere parametrizzato in modo diverso rispetto alla normativa, in funzione del risk appetite e delle scelte metodologiche di ciascuna banca.

Il SA-CCR, inoltre, pone alcuni limiti ai benefici della diversificazione, su tutti quelli connessi a posizioni lunghe e corte su tassi di interesse in valute diverse, ma tali vincoli possono essere modificati a livello gestionale in modo da riflettere la correlazione storica tra i fattori di rischio. Il documento presenta una serie di “good practices” elaborate dal Comitato, le quali rappresentano una guida per le banche e le autorità di supervisione nell’applicazione e nella vigilanza dei modelli interni e del CVA. Tali raccomandazioni hanno lo scopo di introdurre alcuni principi che possono essere utilizzati per temperare le divergenze quantitative, ancora oggi esistenti, nel calcolo dei requisiti di capitale, previsti dalla normativa di Basilea.

«A tal fine, in particolare, viene raccomandato agli istituti di credito:

a) di assicurare la coerenza tra le metodologie di calcolo dei sistemi di front-office e quelle

dei modelli interni;

b) di migliorare il processo di selezione degli intervalli di tempo entro cui effettuare i

calcoli;

c) di determinare in maniera adeguata i periodi di stress; e

d) di disporre di modelli appropriati per il calcolo degli spread »88.

Oltre a tali raccomandazioni, il Comitato di Basilea si riserva la possibilità di definirne, laddove risulti necessario, ulteriori, per consentire alle Autorità di Vigilanza di valutare correttamente lo

86 Basel Committee on Banking Supervision, «Review of the Credit Valuation Adjustment Risk

Framework», Consultative Document, Bank for International Settlement, July 2015.

87

Palombini E. e Zottarel M., «Il nuovo Standardised Approach for Counterparty Credit Risk», FinRiskAlert, Aprile 2016.

88 Amorello L., «Una breve lettura del nuovo report del Comitato di Basilea in materia di RWA per il

75

stato di resilienza degli intermediari, oltre che per tendere ad una maggiore armonizzazione dei modelli di misurazione delle esposizioni.