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L’(in)effettività della tutela sul piano interno: tra problemi di attribu zione delle condotte poste in essere da attori non-statali e la mancanza

Obblighi positivi degli Stati e ineffettività della tutela delle vittime di tratta di esseri uman

4. L’(in)effettività della tutela sul piano interno: tra problemi di attribu zione delle condotte poste in essere da attori non-statali e la mancanza

di organi di controllo

L’arcipelago di norme adottate nell’ambito delle Nazioni Unite, del Consiglio d’Europa e dell’UE indurrebbe a credere che gli Stati parte di tali strumenti abbiano compreso l’importanza di ricorrere a un nuovo approccio, che riconosca un ruolo di primo piano alle persone offese dal trafficking. L’analisi della prassi degli Stati, tuttavia, non è incoraggiante. Il contesto

35 Art. 11, par. 3 della Direttiva anti-tratta.

36 Per un approfondimento sui diritti delle vittime di tratta, si rinvia a Commissione europea (Affari interni), I diritti nell’UE delle vittime della tratta di esseri umani, 2013 disponibile all’indirizzo web: ec.europa.eu/anti-trafficking/sites/antitrafficking/files/eu_ri- ghts_of_victims_of_trafficking_it_1.pdf. In dottrina, si veda m.g. giAmmArinAro, I diritti

delle vittime nel processo penale, con particolare riferimento alle vittime del traffico di persone, in DIC, 2004, 28 ss.

normativo di riferimento a livello nazionale è estremamente lacunoso o per- ché ancora necessita dell’introduzione delle norme previste dagli strumenti internazionali o perché la prassi applicativa delle norme esistenti risulta ina- deguata e illegittima37.

Restringendo il campo dell’indagine al contesto dell’UE, dalla recentis- sima Relazione della Commissione - già richiamata in premessa - è emersa una certa riluttanza a rispettare gli obblighi positivi che scaturiscono dalle fonti internazionali38. Ancora molto frequenti sono i casi in cui alle vitti- me di tratta non viene riconosciuto tale status e la conseguente protezione. In pratica, ciò che più precisamente accade, è che le vittime non vengono identificate, che non vengono identificate tempestivamente39 o che vengono erroneamente identificate come corresponsabili della tratta o di altri reati ad essa collegati40, piuttosto che come vittime. Aspetto altrettanto problemati- co è quello dell’accesso alla giustizia. Dalla Relazione della Commissione risulta che le vittime di tratta devono sostenere oneri eccessivi sia prima che durante i procedimenti penali. Nella prevalenza dei casi, infatti, le autorità statali subordinano l’avvio del percorso giudiziario all’indicazione di prove sufficienti a perseguire gli autori del reato, oltre che alla verifica della veri- dicità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa41.

Logica vuole che le conseguenze più gravi di questo frammentato con- testo attuativo ricadano proprio sulle vittime di tale delitto. La carenza di effettività sul piano interno e il persistente gap di protezione che ne deriva sono sintomo di un sistema normativo inadeguato nel suo complesso. Gli strumenti internazionali (universali e regionali) sopra descritti presentano tutt’ora importanti limiti e, di conseguenza, non risultano effettivamente in grado di incidere sull’azione statale diretta ad assistere e tutelare le vittime di tratta.

Sul punto va innanzitutto ricordato che il principale limite delle norme internazionali sulla tutela dell’integrità psico-fisica degli individui e, dun- que, anche delle norme in materia di assistenza e tutela delle vittime di trat-

37 Per uno studio sulle problematiche riguardanti il sistema italiano in tema di protezione delle vittime di tratta, si veda c. giordAno, Migrants in Translation. Caring and the Logics

of Difference in Contemporary Italy, Oxford 2016. 38 Relazione della Commissione europea, 2016, cit.

39 In violazione dell’art. 10 della Convenzione del Consiglio d’Europa e dell’art. 11 della Direttiva anti-tratta.

40 In violazione dell’art. 26 della Convenzione del Consiglio d’Europa e dell’art. 8 della Direttiva anti-tratta, cit.

ta, è quello di rivolgersi solo agli Stati42. Ebbene, tanto le disposizioni del Protocollo di Palermo quanto quelle della Convenzione del Consiglio d’Eu- ropa si rivolgono unicamente alle autorità statali che, per l’appunto, devono adottare e dare attuazione a una serie di misure idonee, come si è visto, ad assicurare, ad esempio, adeguata assistenza medica, linguistica e legale alle vittime di tratta. A tali autorità, tuttavia, non è generalmente imputabile alcu- na responsabilità diretta per gli atti di violenza perpetrati da soggetti privati. E, se non è difficile credere che il fenomeno possa realizzarsi anche con la complicità di agenti statali, gli episodi di tratta si riconducono normalmente all’ambito di sodalizi criminali tra privati43.

Al problema dell’imputabilità delle condotte poste in essere da atto- ri non-statali si aggiunge un’ulteriore problematica giuridica: le principali convenzioni internazionali sulla tratta non prevedono l’istituzione di organi di controllo specifici, competenti a vigilare il rispetto degli obblighi patti- zi. Il Protocollo di Palermo, che si è detto essere apprezzabile e innovati- vo sotto molteplici punti di vista rispetto agli strumenti anti-tratta che lo hanno preceduto, attribuisce scarsa rilevanza all’esigenza di monitorare il comportamento degli Stati parte. Più nel dettaglio, ai sensi dell’art. 32 della Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazio- nale del 2000, cui il Protocollo è annesso, la Conferenza degli Stati parte deve valutare periodicamente lo stato di attuazione della Convenzione e de- gli annessi Protocolli, adottando le raccomandazioni necessarie a migliorare il rispetto degli impegni pattizi. Tali provvedimenti, tuttavia, si caratterizza- no per una formulazione piuttosto generica, si indirizzano in modo indistinto all’insieme degli Stati parte e, ad ogni modo, non sono vincolanti44.

Analogamente, l’art. 36 della Convenzione del Consiglio d’Europa pre- vede l’istituzione di un Gruppo di esperti sull’azione contro la tratta di es- seri umani (c.d. GRETA), chiamato a monitorare periodicamente lo stato di attuazione degli obblighi convenzionali da parte di ciascuno Stato parte. Il

42 Sulle problematiche relative alla repressione della violenza sulle donne, si veda A. SAccucci, Repressione della violenza sessuale e obblighi internazionali a tutela dei diritti

umani, in DU, 2009.

43 Annual Report of the Special Rapporteur on Trafficking in Persons, Especially Women and Children, Maria Grazia Giammarinaro, submitted in accordance with Human Rights Council Resolution 26/8, Due diligence and Trafficking in Persons, UN Doc. A/70/260, del 3 agosto 2015, par. 2.

44 Tra le altre, la Decisione n. 3, adottata dalla Conferenza degli Stati parte durante la sua II sessione, tenutasi a Vienna nell’ottobre 2005; la Decisione n. 3, adottata dalla Conferenza degli Stati parti durante la sua III sessione, tenutasi a Vienna nell’ottobre 2006 e la Decisione n. 4, adottata dalla Conferenza degli Stati parte durante la sua IV sessione, tenutasi a Vienna nell’ottobre 2008.

gruppo di esperti – avvalendosi della collaborazione dello stesso Stato parte e di membri della società civile ed eventualmente organizzando apposite visite sul campo – acquisisce le informazioni necessarie a effettuare la pro- pria valutazione. Successivamente, il GRETA redige un rapporto pubblico, nel quale dà conto degli sforzi compiuti sul piano interno per contrastare la tratta, evidenziando eventuali problematiche e proponendo le misure più adeguate a risolverle. Sulla base di tale rapporto, poi, il Comitato degli Stati parte potrà adottare delle raccomandazioni nei confronti dello Stato che ri- sulti inadempiente. Né il Comitato né tanto meno il GRETA, tuttavia, posso- no adottare sanzioni nei confronti degli Stati inadempienti45.

Diverso, invece, è il contesto della tutela giurisdizionale attivabile nell’ambito dell’ordinamento dell’UE. Nei confronti di uno Stato membro che non abbia dato attuazione, corretta o tempestiva, agli obblighi derivanti da una Direttiva, su iniziativa della Commissione o di un altro Stato mem- bro interessato, può essere attivata una tutela giurisdizionale, almeno sulla carta, particolarmente efficace. Si tratta della procedura di infrazione o ina- dempimento la quale, ai sensi degli artt. 258 e 259 del Trattato sul funziona- mento dell’Unione europea, può pure sfociare nell’adozione di una sanzione pecuniaria.

Nel caso specifico della Direttiva anti-tratta, in base a quanto prescritto all’art. 22, gli Stati membri destinatari del provvedimento dovevano adot- tare misure legislative, regolamentari e amministrative idonee a recepire gli obblighi derivanti dalla Direttiva entro il 6 aprile 201346. Ebbene, numero- si sono i procedimenti avviati dalla Commissione per mancata, tardiva, in- completa o inadeguata trasposizione47. Per quanto riguarda il caso a noi più vicino dell’Italia, la Direttiva anti-tratta è stata recepita con più di un anno di ritardo.48 A livello amministrativo, il tanto atteso Piano nazionale contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani è stato adottato solo agli inizi del 2016 e, dunque, con clamoroso ritardo rispetto a quanto disposto

45 Sul punto, A. Annoni. La tratta di donne e bambine nella recente giurisprudenza della

Corte europea dei diritti dell’uomo cit. 46 Direttiva anti-tratta, art. 22, cit.

47 Sul punto, si veda A. Scherrer, h. werner (European Parliamentary Research Service),

Trafficking in Human Beings from a Gender Perspective Directive 2011/36/EU European Implementation Assessment, 2016, p. 12; Commission Staff Working Document Monitoring the Application of EU Law in Member States, SWD(2014) 358 final, 23 December 2014. 48 Decreto legislativo n. 24 del 4 marzo 2014, sull’attuazione della Direttiva 2011/36/ UE, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime, che sostituisce la decisione quadro 2002/629/GAI. (14G00035), in GU L 60 del 13 marzo 2014.

nella Direttiva49. D’altra parte, l’Italia aveva atteso vari anni anche prima di procedere alla ratifica del Protocollo di Palermo50 e della Convenzione del Consiglio d’Europa51. Ancora più problematico è però il caso dell’ordina- mento tedesco, dove la Direttiva, al momento in cui si scrive, non è stata ancora trasposta. Peraltro, restando in tema di responsabilità ad adempiere, duole notare che la stessa Commissione ha riferito al Parlamento europeo ed al Consiglio sulle misure adottate dagli Stati membri per conformarsi alla Direttiva con più di un anno di ritardo52.

5. La rilevanza del principio della due diligence in tema di tutela dei

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