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L’attribuzione della condotta dei c.d ʽ sovereign investors’ Rilievi critic

2. Le soluzioni del Progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati Il progetto si fonda essenzialmente su una dicotomia soggettiva fra State

2.1 Il modello strutturale: State actor

Il concetto di organo di Stato non è definito in termini sostanziali all’art. 4. Il paragrafo 2 chiarisce che la nozione di organo include qualsiasi per- sona o ente che rivesta tale posizione secondo il diritto interno dello Stato. Tuttavia, la mera istituzione legislativa di un ente, senza esplicita attribu- zione della qualifica di organo, non lo rende automaticamente tale. La mera affiliazione non è, infatti, sufficiente a tal fine. L’elemento dirimente è che il soggetto agisca per conto dello Stato in quanto parte della compagine statale. Ai nostri fini, questo aspetto è estremamente rilevante: le imprese pub- bliche sono spesso istituite tramite strumenti legislativi e parte delle azioni sono di proprietà dello Stato. Tuttavia, oltre ad avere personalità giuridica distinta, esse rimangono al di fuori della struttura organizzativa. In questo senso, allora, sarà anche necessario che all’impresa venga accordato esplici- tamente lo status di organo.

In assenza di attribuzione esplicita tramite istituzione legislativa, un ente potrà in ogni caso considerarsi organo nella misura in cui esso sia ʽcompletamente dipendenteʼ dallo Stato o equiparato ad esso. Tale, ad esem- pio, sembra essere il caso di un ingente numero di fondi sovrani dei Paesi del Medio Oriente12, che non possiedono personalità giuridica distinta dallo Stato.

A tal proposito, vale la pena soffermarsi brevemente sulla dibattuta e ben nota distinzione fra organo de jure ed organo de facto.

Sebbene parte della dottrina abbia frequentemente definito la nozione di organo di fatto ai sensi dell’art. 8 del progetto13, una lettura diversa, – fon-

12 In particolare Kuwait ed Emirati Arabi Uniti. Gli accordi bilaterali di investimento rati- ficati da questi Stati prevedono, infatti, che il termine ‘investorʼ debba includere il governo e i suoi bracci finanziari, che non possiedono personalità giuridica distinta dal primo. 13 Cfr., fra gli altri, L. condorelli, c. kreSS, The Rules of Attribution: General

Considerations, in The Law of International Responsibility (a cura di J. Crawford, A. Pellet, S. Olleson), Oxford 2010, 221 ss; k. hobér, State Responsibility and Attribution in The Oxford

Handbook of International Investment Law (a cura di P. Muchlinski, F. Ortino, C. Schreuer), Oxford 2008, 552 ss; J. griebel, m. plücken, New Developments Regarding the Rules of

data piuttosto sull’art. 4 –, sembra ammissibile ed è stata recentemente aval- lata dalla Corte internazionale di giustizia nel caso Bosnia c. Serbia, in cui la Corte ha fatto ricorso proprio al concetto di ʽcomplete dependenceʼ, già richiamato, peraltro, nel celeberrimo caso Nicaragua c. Stati Uniti14.

Come detto, l’articolo 4 (2) è chiaro nello specificare che la nozione in-

clude le qualificazioni di diritto interno; tale criterio non esaurisce, tuttavia,

il concetto di organo di Stato15. La formulazione lascia, infatti, intendere che la natura organica di un ente può dedursi da elementi fattuali16.

Attribution? The International Court of Justice’s Decision in Bosnia v. Serbia, in LJIL, 2008, 601 ss.; c. kreSS, L’organe de facto en droit international public réflexions sur l’imputation

a l’Etat de l’acte d’un particulier a la lumière des développements récents, in RGDIP, 2001, 93 ss.; A. de hoogh, Articles 4 and 8 of the 2001 ILC Articles on State Responsibility; The

Tadic’ Case and Attribution of Acts of Bosnian Serb Authorities to the Federal Republic of Yugoslavia, in BYIL, 2001, 255 ss; l.condorelli, L’imputation a l’ Etat d’un fait internatio-

nalement illicite: solutions classiques et nouvelles tendances, in RCADI 1984, 189 ss. 14 Corte internazionale di giustizia, sentenza del 17 giugno 1986, Case concerning mili- tary and paramilitary activities in and against Nicaragua (Nicaragua v. United States of America), par. 109 e 110; Corte internazionale di giustizia, sentenza del 26 febbraio 2007, Case concerning the application of the convention on prevention and punishment of the crime of genocide (Bosnia Herzegovina v. Serbia e Montenegro) par. 392-393. La Corte ha chiarito che si tratta di un’ipotesi circoscritta e residuale, che richiede un controllo di una particolare intensità per considerarsi soddisfatta. Pur senza elaborare espressamente nel caso concreto, allo stesso criterio sembra ispirarsi la Corte europea dei diritti dell’uo- mo, vedi fra gli altri decisione del 16 Luglio 2014, ricorso n 60642/08 .Ališić and Others v. Bosnia and Herzegovina, Croatia, Serbia, Slovenia and The Former Yugoslav Republic of Macedonia (Ljubljanska Banka case), relativo al diniego opposto da parte di due istitu- ti bancari, rispettivamente serbo e sloveno, a due cittadini bosniaci di accedere ai propri risparmi, depositati presso le filiali site in Bosnia-Herzegovina. La Corte ha ritenuto che la Serbia e la Slovenia fossero responsabili per l’attività dei due istituti bancari, entrambi controllati dallo Stato, in quanto «a State may be responsible for debts of a State-owned company, even if the company is a separate legal entity, provided that it does not enjoy sufficient institutional and operational independence from the State to absolve the latter from its responsibility under the Convention (...). The State thus disposed of Ljubljanska Banka Ljubljana’s assets as it saw fit (compare Khachatryan, cited above, § 51). The Grand Chamber therefore agrees with and endorses the Chamber’s finding that there are sufficient grounds to deem Slovenia responsible for Ljubljanska Banka Ljubljana’s debt. (...) Like Slovenia in respect of Ljubljanska Banka Ljubljana, Serbia thus disposed of Investbanka’s assets as it considered it necessary. The Grand Chamber therefore agrees with and endor- ses the Chamber’s finding that there are sufficient grounds to deem Serbia responsible for Investbanka’s debt (...)», parr. 115-118.

15 Sulla nozione di organo, vedi P. pAlchetti, De Facto Organs of a State, in EPIL, 2014.

16 Così D. momtAz, Attribution of Conduct to the State: State Organs and Entities Empowered

La ragione è evidente: lo Stato potrebbe ben aggirare la propria respon- sabilità internazionale, evitando di conferire lo status di organo ad un deter- minato ente, pur facente, di fatto, parte della struttura statale ed agendo per conto dello Stato. Bisognerà, in questo caso, valutare come esso funzioni all’interno dell’organizzazione, al fine di poter stabilire se esso costituisce ed opera come parte integrante della compagine statale.

La differenza rispetto al criterio di cui all’art. 8, che pure individua nel legame fattuale il fondamento dell’attribuibilità, risiede essenzialmente nel tipo di controllo che viene esercitato dallo Stato: se nel caso dell’art. 4 (2) a rilevare è il controllo che lo Stato esercita sul soggetto, ai sensi dell’art. 8 è il controllo sulla singola condotta che si rivela dirimente ai fini della responsabilità.

É evidente che l’inquadramento della fattispecie nell’una o nell’altra norma ha una serie di ricadute sia sull’onere della prova, sia sul processo di attribuzione. Nel caso dell’art. 8, dimostrare il controllo diretto ed effettivo su ciascuna singola condotta sarà chiaramente più arduo; nel caso dell’ipotesi di cui all’art. 4(2), una volta stabilita la ʽcompleta dipendenzaʼ del soggetto, sarà sufficiente dimostrare che quel determinato ente abbia agito nella sua ʽcapacitàʼ di organo, per attribuire la sua condotta allo Stato.

Il commentario17 non offre specifiche indicazioni rispetto a quali siano gli elementi da prendere in considerazione per potere ricostruire questo legame organico di fatto fra ente e Stato. Fra gli altri, andrà verificato come l’ente si relaziona (istituzionalmente) con altri organi e quali sono, se vi sono, le norme che regolano la sua attività e ne fondano la competenza.

È fondamentale non confondere questo tipo di analisi con la soluzione adottata dall’art. 5. Lo scopo nel caso dell’art. 4 è quello di poter ricostruire lo status di un ente all’interno della struttura statale, non le sue funzioni. Si tratta di un aspetto fondamentale: come già segnalato, una volta stabilito che si tratta di un organo statale, de jure o de facto, questo ne attrarrà la respon- sabilità indipendentemente dalla funzione che esercita. L’art. 4 (1) è molto generico ed onnicomprensivo rispetto alle funzioni esercitate dagli organi (ʽany other functionsʼ)18, al contrario della previsione di cui all’art. 5, che ri-

cit., 243 ss; P. pAlchetti, De Facto Organs cit.; id., L’organo di fatto dello Stato nell’illecito

internazionale, Milano 2007, 181 ss; M. milAnovic, State Responsibility for Acts of Non-State

Actors: A Comment on Griebel and Pluecken, in LJIL, 2009, 307 ss. Secondo L. condorelli,

L’imputation cit., 224, si tratterebbe di un’espansione della nozione.

17 Report of the International Law Commission on the work of its fifty-third session, in Yearbook of the International Law Commission, 2001, vol. II, Part two, p. 40 ss.

18 Il commentario è chiaro nell’indicare che ai fini dell’attribuzione della condotta di un organo, nessun valore avrà la distinzione fra acta jure imperii e acta jure gestionis, ibid., p. 41, in part. punto (6).

connette l’attribuibilità all’esercizio di prerogative dell’autorità di governo. È evidente che nel secondo caso la condotta è funzionalmente qualificata, al contrario dell’ipotesi di cui all’art. 4.

Secondo parte della dottrina, un’analisi delle funzioni svolte dall’ente po- trebbetuttavia essere utile, seppure nel solco di un’indagine di tipo struttura- le, tesa ad individuare un legame organico di fatto19. L’esercizio di un certo tipo di funzioni potrebbe, infatti, incidere sulla valutazione del controllo che lo Stato esercita sul soggetto, nel senso di richiedere, ad esempio, un grado più attenuato ai fini dell’onere della prova, quando l’ente svolge funzioni che solitamente prevedono un certo grado di indipendenza. Urge, tuttavia, ribadire che, pur con ibridazioni di tipo funzionale, l’analisi resta strutturale ed è esclusivamente orientata ad accertare l’integrazione dell’ente a livello organizzativo e la relazione che esso intrattiene con lo Stato. Questo aspetto assume grande rilevanza alla luce della natura estremamente eterogenea del- le funzioni delle SCEs. Nel caso in cui sia possibile stabilire a priori il loro

status di organo di Stato (de jure o de facto), la natura delle funzioni da esse

poste in essere non avrà, infatti, alcun valore ai fini dell’accertamento della responsabilità.

2.2 Il modello funzionale: l’esercizio della ʽgovernmental authorityʼ

(non-State actor)

Come accennato, l’art. 5 descrive un’ipotesi in cui la condotta è funzio- nalmente qualificata. La norma è idonea a coprire quei casi in cui enti diversi dagli organi di Stato siano abilitati dal diritto interno ad esercitare prerogati- ve dell’autorità di governo. È evidente che una prescrizione di questo genere si apre ad infinite possibilità soggettive. L’intento dichiarato nel commen- tario al Progetto è quello di includere, in particolare, enti para-statali che esercitano funzioni di governo e società di Stato privatizzate che continuano ad esercitare funzioni pubbliche o di regolamentazione.

La difficoltà applicativa più seria nell’ipotesi in esame riguarda la corret- ta portata della nozione ʽautorità di governoʼ. Com’è stato possibile osserva- re, le funzioni statali sono in continua espansione. Gli Stati si sono introdotti a pieno titolo negli scambi commerciali e di investimento; tramite le SCEs, questi agiscono nel mercato di beni e capitali e spiegano funzioni che non ricadono necessariamente nella categoria ʽconvenzionaleʼ delle prerogative statali. Naturalmente si tratta di un riflesso dell’evoluzione della natura stes- sa dei rapporti politico-economici su scala globale, che costringe lo Stato ad adeguare le proprie funzioni. Questo sembrerebbe, peraltro, essere in linea con quanto previsto nel commentario: il significato di ʽgovernmentalʼ an-

drebbe vagliato alla luce delle tradizioni, della società e della storia nelle quali si inserisce l’ente (il c.d. circumstance test). Sempre ai sensi del com- mentario, andrebbero, inoltre, valutati «the way they [the powers] are con-

ferred on an entity, the purposes for which they are to be exercised and the extent to which the entity is accountable to government for their exercise»20. Si tratta, quindi, di un’analisi di tipo contestuale. Le altre indicazioni che provengono dal commentario non sembrano apportare ulteriori chiarimenti in questo senso.

Secondo un approccio più recente, la valutazione andrebbe effettuata ri- costruendo in maniera oggettiva uno standard comparativo da usare come punto di riferimento, per stabilire se una determinata condotta può conside- rarsi come ʽgovernmentalʼ in un contesto contemporaneo21. Proprio in virtù di quanto visto all’inizio, tuttavia, non sembra possibile ricostruire un con- senso in ordine a cosa si intenda per prerogative di governo in base a quelle che vengono generalmente considerate tali dalla maggior parte degli Stati. Tra l’altro, la distinzione fra funzioni statali e non-statali (di per sé piuttosto fluida) è estremamente variabile tra i diversi ordinamenti22.

Considerato che la linea di confine fra funzioni prettamente privatisti- che e funzioni pubbliche si sta assottigliando progressivamente, riuscire a distinguere fra le due sulla mera base della natura dell’attività è quasi impraticabile.

Del resto, la distinzione operata sulla base della natura delle funzioni ai fini della responsabilità internazionale riecheggia la distinzione fra acta jure

imperii e acta jure gestionis utilizzata ai fini dell’immunità statale dalla giu-

risdizione civile23. Come già segnalato, il ricorso ad altre regole del diritto internazionale per ricostruire l’attribuibilità ai fini dell’illecito potrebbe es- sere fuorviante24. In primo luogo perché, come già segnalato25, l’attribuzione riguarda una condotta patologica, l’illecito, che poco ha a che vedere con la natura propria dell’atto posto in essere.

In secondo luogo, perché l’esercizio di prerogative di potere pubblico potrebbe implicare il ricorso ad attività che possono essere egualmente in- traprese da privati. Se tale aspetto può risultare meno rilevante, o, al più,

20 Report, cit., p. 43, in part. punto (6).

21 Vedi in particolare R. dolzer, c. Schreuer, Principles of International Investment

Law, Oxford 2008, p. 200. Fra le funzioni prettamente statali, si annovererebbero l’attività legislativa e di polizia, o, ancora la funzione di indirizzo politico.

22 Si pensi all’esempio cinese, dello stesso avviso P. pAlchetti, L’organo cit., 185.

23 J. lee, State Responsibility cit., 117.

24 L. condorelli, L’imputation cit., 226.

meno evidente, per le imprese pubbliche o imprese private a partecipazio- ne pubblica, questo ragionamento è tanto più valido per i fondi sovrani di investimento.

Sebbene, infatti, questi non esercitino funzioni di regolamentazione né abbiano, come visto, quale fine proprio il perseguimento di una public poli-

cy, vi sono almeno due elementi che potrebbero ragionevolmente fare gravi-

tare le attività dei fondi sovrani di investimento nell’orbita delle prerogative di ʽgovernmental authorityʼ: a) le risorse amministrate dai fondi sono per in- tero di provenienza pubblica, e b) il fine del c.d. ʽparent Stateʼ che istituisce il fondo sovrano è quello di accrescere il ricavo complessivo delle risorse coinvolte, che si riverserà integralmente nella spesa pubblica26. Sebbene, quindi, le attività dei fondi possano avere natura privatistica in quanto tali,− come l’acquisto di azioni o di strumenti finanziari −, queste si inquadrano comunque nella più ampia gestione delle risorse pubbliche. In questo senso, ad esempio, è stato sostenuto dalle Corti inglesi che «management of a State

economy and revenue must constitue a sovereign activity»27.

E questo è tanto più importante, se si considera che l’attribuzione del- la condotta allo Stato è ammissibile solo nel caso in cui l’ente abbia agi- to in quella specifica capacità, ossia nell’esercizio delle prerogative di ʽgovernmental authorityʼ ad esso attribuite. In proposito, sembra utile rileg- gere il noto caso Maffezzini v. Spain28. Sebbene, infatti, la controversia viene richiamata da numerosi autori come esempio tipico di applicazione dell’ipo- tesi di cui all’art. 5 del Progetto, sembrerebbe che il Tribunale abbia condotto un’analisi limitata esclusivamente a stabilire se le condotte rimproverate alla

26 Sul punto G. Adinolfi, SWFs and State Immunity cit., 223.

27 AIG Capital Partners, Inc., et al. v. The Republic of Kazakhstan, High Court of Justice Queen’s Bench Division, Commercial Court, Case N. 2004/536, Judgement 20 October 2005 citato in G. Adinolfi, SWFs and State Immunity cit., 242.

28 Emilio Agustìn Maffezini v. The Kingdom of Spain, ICSID Case No. Arb/97/7, Award, 13 November 2000. Il caso è relativo all’attribuibilità delle attività di SODIGA, una se- mi-controllata, allo Stato spagnolo. Secondo il Tribunale, «the Tribunal must again rely on the functional test, that is, it must establish whether specific acts or omissions are essential- ly commercial rather than governmental in nature or, conversely, whether their nature is essentially governmental rather than commercial. Commercial acts cannot be attributed to the Spanish State, while governmental acts should be so attributed. But at the time of transition, there was in fact a combination of both, some to be regarded as functions es- sentially governmental in nature and others essentially commercial in character. As mentioned above, this is the dividing line between those acts or omissions that can be attri- buted to the Spanish State and those that cannot. The Tribunal must accordingly categorize the various acts or omissions giving rise to the instant dispute», par. 52-57.

società semi-controllata coinvolta fossero o meno «commercial in nature»29 ed abbia, in definitiva, deciso di attribuire allo Stato spagnolo esclusiva- mente quelle condotte di natura prettamente ʽpubblicisticaʼ. L’analisi non sembra, quindi, avere valutato se le condotte di SODIGA, la società di Stato spagnola, rientrassero o meno nelle funzioni della più complessiva ʽgovernmental authorityʼ, che era stata delegata alla società; al contrario, il Tribunale ha fondato la propria decisione alla luce della natura dei singoli atti posti in essere.

In altri termini, quello che si vuole qui sostenere è che le attività rilevanti ai fini dell’attribuibilità ex art. 5, non sono legate tanto alla natura dell’atto, quanto all’esercizio di quelle specifiche prerogative di governo. Queste ul- time potrebbero ben ricomprendere anche atti di natura ʽprivatisticaʼ, che rientrano, tuttavia, pienamente nell’esercizio di delega di potere operata dal- lo Stato.

Sembra utile, da ultimo, segnalare che non è necessario che lo Stato abbia un controllo completo sull’esercizio dell’attività delegata all’ente. Spesso, infatti, gli enti abilitati ad esercitare funzioni pubbliche godono di un cer- to margine di discrezionalità nell’espletamento dell’attività delegata; tale circostanza non esclude automaticamente l’esercizio di una ʽgovernmental

authorityʼ; il controllo rappresenta, invece, un elemento dirimente per l’ipo-

tesi successiva.

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