L’obbligo di verificare l’obiettivo e le conseguenze di un attacco ai sensi del diritto internazionale umanitario e nuove
4. L’obbligo di verifica come obbligo di condotta
Ricostruita la duplice natura di facoltà e obbligo dell’attività di intelli- gence in tempo di guerra, occorre adesso soffermare l’attenzione sulla na- tura dell’obbligo di verificare l’obiettivo e le conseguenze di un attacco, che si basa sull’attività di ricerca delle informazioni. Da ciò dipende in par- te il comportamento richiesto agli Stati per non incorrere in responsabilità internazionale.
33 Così già G.I.A.D. drAper, The Geneva Conventions of 1949, in RCADI, 1965, 77. Sulla
necessità militare v. P.A. pillitu, Lo stato di necessità nel diritto internazionale, Perugia
1981; G. venturini, Necessità e proporzionalità nell’uso della forza militare in diritto in-
ternazionale, Milano 1988, e, più di recente, Necessity in the Law of Armed Conflict and in International Criminal Law, in NYIL, 2010, 45; L. SAlvAdego, Struttura e funzioni della
necessità militare nel diritto internazionale, Torino 2016. Sull’umanizzazione del diritto bellico v., per tutti, The New Humanitarian Law of Armed Conflict (a cura di A. Cassese), Napoli 1979; T. meron, The Humanization of Humanitarian Law, in AJIL, 2000, 239.
34 Peraltro è da escludersi qualsivoglia rapporto di reciprocità fra le precauzioni difen- sive e quelle offensive. V. Rule 46 in progrAm on humAnitAriAn policy And conflict
reSeArch At hArvArd univerSity, Manual on International Law Applicable to Air and
Missile Warfare, Cambridge 2009 (di seguito: HPCR Manual); W.H. boothby, The Law of
Ci sembra che l’obbligo in questione vada inteso come un obbligo di condotta35. In linea con le elaborazioni giurisprudenziali degli ordinamen- ti continentali, in diritto internazionale per obbligo di condotta si intende quell’obbligo che non prescrive allo Stato un risultato da raggiungere, ma solo un comportamento da tenere in vista dell’eventuale – ma non necessa- rio – raggiungimento di un certo risultato36. Mentre negli obblighi di risulta- to la responsabilità dello Stato sussiste – fatta salva l’esistenza di eventuali cause di giustificazione – in seguito al mancato raggiungimento del risultato prescritto dall’obbligo e a prescindere dalla sua condotta diligente, nel caso di obbligazioni di condotta l’obbligo internazionale non si considera violato se lo Stato dimostra di avere posto in essere la condotta richiesta secondo lo standard di diligenza previsto dalla norma primaria, anche qualora l’evento che l’obbligo di condotta voleva prevenire si fosse verificato37.
Venendo alla condotta delle ostilità, giurisprudenza e dottrina qualifica-
35 La distinzione fra obblighi di condotta (o di mezzi) e di risultato è stata introdotta nell’alveo della responsabilità internazionale da Roberto Ago, quando ricopriva il ruolo di relatore speciale della Commissione di diritto internazionale per la codificazione della materia. Secondo Ago, negli obblighi di risultato la norma internazionale prescriverebbe semplicemente un risultato da raggiungere; negli obblighi di condotta, invece, il comando giuridico riguarderebbe non solo il risultato, ma anche uno specifico comportamento richie- sto allo Stato per l’adempimento (draft art. 20 e 21 in R. Ago, Report of the International
Law Commission on Its 29th Session, in YILC, 1977, vol. II, Part Two, 11). Questa conce- zione è stata criticata dagli Stati – ed espunta dal progetto di codificazione – anche perché non in linea con le elaborazioni sugli obblighi di condotta comuni ai sistemi giuridici di civil law, dove tale categoria è stata originariamente concepita (v. J. combAcAu, Obligations
de résultat et obligations de comportement: quelques questions et pas de réponse, in Mélanges offerts a Paul Reuter, Paris 1981, 184; P.-M. dupuy, Reviewing the Difficulties of
Codification: On Ago’s Classification of Obligations of Means and Obligations of Result in Relation to State Responsibility, in EJIL, 1999, 371; A. mArcheSi, Obblighi di Condotta e
Obblighi di Risultato – Contributo allo Studio degli Obblighi Internazionali, Milano 2003, 44-98; C.P. economideS, Content of the Obligation: Obligations of Means and Obligations
of Result, in, The Law of International Responsibility (a cura di J. Crawford, A. Pellet, S. Olleson), Oxford 2010, 371). Per una più radicale critica all’applicabilità di queste cate- gorie di diritto interno agli obblighi internazionali, v. B. conforti, Obblighi di mezzi e
obblighi di risultato nelle convenzioni di diritto uniforme, in Studi in memoria di Mario Giuliano, Padova 1989, 373.
36 V. Tribunale internazionale del diritto del mare, Responsibilities and Obligations of States Sponsoring Persons and Entities with Respect to Activities in the Area, parere dell’1 febbraio 2011, par. 110. Simili definizioni si ritrovano nelle critiche alla posizione di Ago citate nella nota precedente.
37 V. CIG, Application of the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide (Bosnia and Herzegovina v. Serbia), sentenza del 26 febbraio 2007, par. 430.
no normalmente il principio di distinzione e quello di proporzionalità come obblighi di risultato38, ponendo uno scopo allo Stato che deve essere rag- giunto con qualsiasi mezzo esso desideri39. L’obbligo di verifica è consi- derato invece un obbligo di condotta, in quanto prescrive non un risultato da raggiungere, bensì il comportamento che uno Stato deve tenere durante l’intero attacco40. Dato che tale obbligo di condotta è comunque finalizzato al rispetto dei principi di distinzione e proporzionalità, è ritenuto un obbligo procedurale e strumentale41.
La natura di obbligo di condotta dell’obbligo di verifica trova riscontro anche nella prassi relativa ad attacchi che hanno causato vittime civili. Il
Prosecutor-General tedesco, ad esempio, con riferimento a un bombarda-
mento nell’area di Kunduz avvenuto nel 2009, ha ritenuto non sussistere le basi per aprire un’indagine nei confronti dei due militari responsabili dell’at- tacco – che aveva causato 142 vittime, fra le quali molti civili – in quanto ha riscontrato che erano state prese tutte le misure necessarie per la verifica dell’obiettivo e il lungo processo decisionale precedente l’attacco era stato condotto con diligenza42. La medesima posizione è stata ribadita dalla Corte Federale Tedesca nell’ottobre 2016 in sede di responsabilità civile della Germania; secondo la Corte, il comandante responsabile dell’attacco non ha
38 Con riferimento agli artt. 51 e 52 AP I e ai crimini commessi in violazione del principio di distinzione, v. Prosecutor v. Kordić et al., cit., para. 55-57. V. inoltre J. d’ASpremont, J.
de hemptinne, Droit International Humanitaire: Thèmes Choisis, Paris 2012, 259 e 270; ci
sembra questa anche la posizione di E. cAnnizzAro, Contextualizing Proportionality: Jus ad
Bellum and Jus in Bello in the Lebanese War, in IRRC, 2006, 787-788.
39 Si badi a non confondere la natura di obbligo di risultato con la necessità dell’esistenza di un danno al fine della sussistenza dell’illecito. In EECC, Partial Award: Western Front, cit., par. 101 si è ritenuto irrilevante la produzione di un danno significativo in caso di vio- lazione del principio di distinzione (a commento, v. L. vierucci, Sulla nozione di obiettivo
militare cit., 708-710), ma ciò non significa che l’evento vietato dal principio – l’attacco a un obiettivo civile – non si fosse verificato. Al contrario, l’evento-attacco era accaduto, senza però provocare un danno significativo.
40 V. J.-F. quéguiner, Precautions under the Law Governing the Conduct of Hostilities
cit., 798; J d’ASpremont, J. de hemptinne, Droit International Humanitaire cit., 270.
41 Così G.S. corn, War, Law cit., p. 263; M. SASSòli, A. quintin, Active and Passive
Precautions cit., 89.
42 V. Ermittlungsverfahren wegen des Luftangriffs vom 4. September 2009 eingestellt, 19 aprile 2010, disponibile su www.generalbundesanwalt.de/de/showpress.php?searchstrin- g=kunduz&newsid=360. Per un commento, v. w. heintSchelvon heinegg, p. dreiSt, The
2009 Kunduz Air Attack: The Decision of the Federal Prosecutor-General on the Dismissal of Criminal Proceedings Against Members of the German Armed Forces, in GYIL, 2010, 833.
violato il principio di precauzione dal momento che, attraverso una valuta- zione ex ante, aveva ragionevolmente escluso che nell’edificio da colpire ci fossero civili, ricorrendo anche a informazioni assunte con mezzi tecnologi- ci, verifiche autoptiche a distanza e intelligence umana43.
Benché strettamente connessi, l’obbligo di verifica e i principi di distin- zione e proporzionalità ci paiono comunque logicamente distinguibili, anche alla luce delle diverse disposizioni in cui l’AP I codifica i singoli obblighi, lasciando intendere una qualche autonomia concettuale. Ritenendo l’ob- bligo di verifica un autonomo obbligo di condotta, parte della dottrina ha considerato un attacco lanciato in assenza di opportune informazioni e che fortuitamente abbia colpito un obiettivo militare senza eccessivi danni civili nondimeno illecito, alla luce del mancato rispetto del solo obbligo di verifica
ex art. 57(2)(a)(i) AP I44. Tale considerazione parrebbe essere avvalorata da certa prassi internazionale, che non ha esitato a rilevare autonomamente la violazione di detto obbligo45. Cionondimeno, è difficile separare del tutto l’obbligo di verifica dai principi di distinzione e proporzionalità.
La qualificazione dell’obbligo di verifica come obbligo di condotta comporta un rovesciamento dell’onere della prova; spetta infatti all’attaccante, qualora sia chiamato a rispondere di un attacco che appaia illecito, l’onere di dimostrare di avere posto in essere una verifica diligente dell’obiettivo dell’attacco, tale da esonerarlo da responsabilità internazionale. Ciò è confermato dalla giurispru- denza della Eritrea-Ethiopia Claims Commission, che ha accertato la respon- sabilità dell’Eritrea anche sulla base del suo rifiuto di fornire le informazioni necessarie a dimostrare l’osservanza del principio di precauzione46.
43 Corte federale tedesca, sentenza del 6 ottobre 2016, III ZR 140/15, par. 55, disponibile su juris.bundesgerichtshof.de/cgi-bin/rechtsprechung/document.py?Gericht=bgh&Art=en&Da- tum=Aktuell&Sort=12288&Seite=1&nr=76401&pos=35&anz=487. Per un commento molto critico alla decisione, relativamente ad aspetti non trattati dal presente lavoro, v. P. StArSki, The
Kunduz Affair and the German State Liability Regime – The Federal Court of Justice’s Turn to Anachronism, in EJIL: Talk!, 5 dicembre 2016, disponibile su www.ejiltalk.org/the-kunduz-af- fair-and-the-german-state-liability-regime-the-federal-court-of-justices-turn-to-anachronism/. 44 Così R. kolb, Advanced Introduction cit., p. 168: «[This rule is violated] even if the
attack has not led to any collateral damage. In such a case, putting a civilian object into jeopardy is the legal reason for holding that the rule has been breached».
45 V. Consiglio dei diritti umani, Report of the Detailed Findings of the Independent Commission of Inquiry Established pursuant to Human Rights Council Resolution S-21/1, UN Doc. A/HRC/29/CRP.4 del 24 giugno 2015, par. 387.
46 V. EECC, Partial Award: Central Front, decisione del 28 aprile 2004, par. 112. Al contrario, la commissione di inchiesta istituita dal Consiglio dei diritti umani per verifi- care il rispetto di diritti umani e del diritto umanitario durante la guerra in Libia del 2011 ha ritenuto di non potersi esprimere sul punto visto il rifiuto delle forze NATO di fornire
Similmente, nel diverso contesto di indagini volte all’accertamento di violazioni di norme a tutela dei diritti umani e non di ius in bello47, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ritenuto che l’uso massiccio di armi indi- scriminate è «impossible to reconcile with the degree of caution expected
from a lawenforcement body in a democratic society» e «stands in flagrant contrast with this aim and cannot be considered compatible with the stan- dard of care prerequisite to an operation of this kind involving the use of lethal force»48, lasciando interndere che l’onere di discolparsi dalla respon- sabilità grava sullo Stato.