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L’obbligo di verificare l’obiettivo e le conseguenze di un attacco ai sensi del diritto internazionale umanitario e nuove

6. Rilievo dell’asimmetria tecnologica fra i belligerant

Benché la prassi internazionale presenti elementi di criticità71, sembra incontestabile che le moderne tecnologie a disposizione di certi Stati facili- tano il rispetto dell’obbligo di verifica, riducendo il margine di errore72. Ad ogni modo, l’avanzamento tecnologico in questo campo pone alcuni profili problematici, specialmente poiché tali strumenti non sono a disposizione di tutti i belligeranti.

Occorre innanzitutto domandarsi se uno Stato abbia l’obbligo di dotarsi di tecnologie di nuova generazione e di utilizzarle al fine di verificare l’o- biettivo dell’attacco, a pena di incorrere in responsabilità internazionale. Il

67 Sull’applicabilità delle norme sulla responsabilità degli Stati in caso di violazioni dello ius in bello, v. M. SASSòli, State Responsibility for Violations of International Humanitarian

Law, in IRRC, 2002, 401.

68 In argomento, v. per tutti, B.I. bonAfè, The Relationship Between State and Individual

Responsibility for International Crimes, Leiden/Boston 2009.

69 In questo senso le notazioni di P. benvenuti, The ICTY Prosecutor cit., 526-527, che

però si sofferma su aspetti diversi da quelli da noi evidenziati.

70 V. M. SASSòli, A. quintin, Active and Passive precautions cit., 87-89. In generale, sulla

colpa nell’illecit, v. B. conforti, Diritto internazionale, 10a ed., Napoli 2014, 401-405.

Sulla mens rea nel diritto penale internazionale in caso di attacchi contro civili, e a parziale critica della giurisprudenza esistente, v. J.D. ohlin, Targeting and the Concept of Intent, in

MicJIL, 2013, 79 ss.

71 Questa la posizione di T. krupiy, A Case Against cit.

72 In argomento, v. la prassi raccolta e commentata in J.-M. beArd, Law and War cit.;

K. trApp, Great Resources Means Great Responsibility: A Framework of Analysis for

Assessing Compliance with API Obligations in the Information Age, in Humanitarian Law and the Changing Technology of War cit., 153.

problema è simile a quello riguardante l’esistenza di un obbligo di dotarsi di armi di precisione (es. le c.d. bombe intelligenti), e di utilizzarle durante un attacco. Come non sembra sussistere un obbligo per gli Stati di munirsi delle armi tecnologicamente più avanzate73, salvo che queste non siano in- dispensabili per condurre un certo tipo di attacco in conformità con lo ius in

bello74, similmente, sembra non esistere alcun obbligo per gli Stati di dotarsi di moderne e sofisticate tecnologie in grado di verificare l’obiettivo e gli effetti di un attacco con maggiore precisione75. In altre parole, se uno Stato ha a disposizione soltanto intelligence umana – oggi, in certe circostanze, da ritenersi in parte obsoleta –, l’obbligo di verifica non è violato per il solo fatto che i mezzi impiegati non sono al passo coi tempi; anzi, chi pianifica l’attacco sarà tenuto ad usare l’intelligence umana per verificare gli obiettivi e i potenziali effetti, e un attacco sferrato su queste basi sarà potenzialmente lecito perché lo Stato avrà fatto ogni verifica feasible alla luce dei mezzi di cui dispone.

Maggiori problemi si pongono se uno Stato ha a disposizione sofisticati strumenti di intelligence. Secondo una prima corrente di pensiero, lo Stato non avrebbe un obbligo di impiegare questi strumenti, ma sarebbe libero di usare mezzi meno precisi sulla base delle scelte strategiche dei suoi coman- danti militari; nel caso, ad esempio, di droni spia impegnati in un altro set- tore del teatro di guerra, l’esercito attaccante sarebbe dispensato dal cercare informazioni relative all’obiettivo dell’attacco attraverso di essi, in quanto le condizioni concrete non renderebbero feasible il loro impiego76. Tale idea muove dal presupposto che anche gli eserciti tecnologicamente più avan- zati dispongono di mezzi altamente tecnologici in numero limitato. Inoltre, obbligare gli Stati a cercare informazioni sulla base degli ultimi ritrovati della tecnologia a loro disposizione porrebbe sugli Stati più attenti al rispetto dei principi relativi alla condotta delle ostilità un onere maggiore rispetto a quello in capo a eserciti o milizie dotate di strumenti meno sofisticati; ciò contrasterebbe con il principio di uguaglianza dei belligeranti, soprattutto quando un esercito avanzato tecnologicamente affronta un nemico privo di

73 V. R. kolb, Ius in bello: Le droit international des conflits armés, Bâle 2009, 2a ed.,

263-264.

74 V. G. bArtolini, Air Operations cit., 263; Rule 8, in HPCR Manual cit.; M. fornAri,

Nozioni di diritto internazionale dei conflitti armati, Napoli 2015, 202.

75 V. J.-F. quéguiner, Precautions under the Law Governing the Conduct of Hostilities

cit., 797-798.

76 V. per analogia le argomentazioni, spiegate nel diverso contesto dell’uso di armi di precisione, di Y. dinStein, The Conduct of Hostilities cit., 169-170.

uguali ritrovati tecnologici77.

Secondo un’altra opinione, lo Stato dotato di mezzi tecnologici per la verifica dell’obiettivo più sofisticati (e, mutatis mutandis, con armi di pre- cisione) avrebbe l’obbligo di impiegarli, giacché si è obbligato allo stato dei propri mezzi a verificare l’obiettivo e gli effetti dell’attacco78. Lasciare all’arbitrio dell’attaccante la decisione di impiegare o meno strumenti di ve- rifica sofisticati comporterebbe l’aggiramento degli obblighi posti dall’AP I: nel lanciare un attacco, un comandante potrebbe argomentare di avere avuto assicurazioni da fonti meno sofisticate di intelligence circa l’assenza di civili all’interno di un edificio da colpire, e su tali basi rifiutarsi di verificare le informazioni attraverso strumenti più sofisticati. In altre parole, l’arbitrio di chi pianifica l’attacco comporterebbe il rischio di disattendere in malafede l’obbligo di ricerca delle informazioni.

Fra queste due posizioni, la seconda sembra quella più corretta, come confermato dalla manualistica militare, secondo cui l’avanzamento tecno- logico innalza gli standard richiesti dal principio di precauzione79, e da un rapporto commissionato dal Consiglio dei diritti umani80. Inoltre, la prassi internazionale ha confermato che l’impiego dei mezzi di ricerca delle infor-

77 Così ad es. N. cAneStAro, Legal and Policy Constraints on the Conduct of Aerial

Precision Warfare, in VJTL, 2004, 465; L. blAnk, The Application of IHL in the Goldstone

Report: A Critical Commentary, in YIHL, 2009, 386; Y. dinStein, The Conduct of Hostilities

cit., 170.

78 Così J.-F. quéguiner, Precautions cit., 802-803; R. kolb, Ius in bello cit., 263-264; J

d’ASpremont, J. de hemptinne, Droit International Humanitaire cit., 271-272; M. SASSòli,

A. quintin, Active and Passive Precautions cit., 84-85 Sembrerebbe questa anche l’opi-

nione di M.N. Schmitt che, pur criticando quello che definisce un capabilities-based ap-

proach, portando il lettore a dubitare del fatto che lui lo ritenga corretto (v. Asymmetrical Warfare and International Humanitarian Law, in AFLR, 2008, 36), difende comunque que- sto relativismo normativo sulla base del fatto che esso è frutto della libera scelta degli Stati di dotarsi di tecnologie più avanzate (v. War, Technology and the Law of Armed Conflict, in The Law of War in the 21st Century: Weaponry and the Use of Force (a cura di A. Helm), Newport 2006, 137).

79 Sempre nel diverso contesto dell’impiego di armi di precisione, v. UK miniStryof

defence, The Manual cit., par. 12.51.

80 Consiglio dei diritti umani, Report of the United Nations Fact Finding Mission on the Gaza Conflict, UN Doc. A/HRC/12/48 del 15 settembre 2009, par. 1185 ss., dal quale traspare l’idea che gli avanzati mezzi tecnologici in possesso di Israele lo mettano in con- dizione di rispettare distinzione e proporzionalità più di quanto accada per altri. V. anche Report of the Detailed Findings cit., par. 294, dove però non si fa riferimento a sofisticati strumenti tecnologici ma, più genericamente, a «the observation and intelligence means that the I[srael] D[efense] F[orces] had at its disposal in Gaza».

mazioni è oggetto di un obbligo per gli Stati81, e pertanto quali che siano i mezzi a disposizione, essi devono essere impiegati.

In linea di principio, dato che il fine dell’obbligo di verifica è il rispetto dei principi di distinzione e proporzionalità, l’attaccante deve impiegare i mezzi di verifica a sua disposizione che offrono un più alto grado di certez- za. In caso di una pluralità di strumenti disponibili, vi è quindi una presun- zione semplice a favore dell’impiego del mezzo che è maggiormente idoneo a ridurre il rischio di errori – normalmente, ma non sempre, quello dotato di una tecnologia più avanzata. La scelta di non ricorrere allo strumento più avanzato, in caso di errore, costituisce una violazione dell’obbligo di verifi- ca e comporta la responsabilità internazionale di uno Stato, salvo che questi dimostri che le circostanze concreto dello specifico attacco rendevano non

feasible l’utilizzo del mezzo più sofisticato.

Il principio di uguaglianza dei belligeranti riguarda l’uguaglianza al co- spetto del diritto bellico e comporta che gli standard giuridici relativi alla condotta delle ostilità sono gli stessi per tutti, a prescindere da qualsiasi giudizio di legittimità della posizione dei belligeranti alla luce delle rego- le di ius ad bellum, come confermato dall’ultimo paragrafo del preambolo dell’AP I82. Al contrario, in caso dell’asimmetria tecnologica in materia di

targeting, non si discute di un’asimmetria giuridica, bensì fattuale: l’obbli-

go di verificare l’obiettivo di un attacco alla luce della feasibility dei mezzi di verifica è uguale per tutti i belligeranti, dotati di avanzate tecnologie o meno; possono però variare le specifiche circostanze di fatto che rendono la verifica ora feasible ora no, e fra queste in particolare la disponibilità di mezzi tecnologici. In altre parole, a parità di circostanze di fatto, lo standard giuridico richiesto è identico; se le circostanze di fatto sono diverse, come nel caso della disponibilità di mezzi tecnologici sofisticati, mutano le basi su cui calcolare il giudizio di feasibility, che il comando giuridico – sempre uguale per tutti i belligeranti – espressamente àncora alla valutazione delle specifiche circostanze di ogni singolo attacco. Per questa ragione, invocare in caso di asimmetria tecnologica il principio di uguaglianza dei belligeranti al fine di ridurre lo standard di diligenza per la verifica dell’obiettivo – “li- vellandolo al ribasso” sul belligerante meno dotato tecnologicamente – non ci pare corretto; anzi, condividiamo la riflessione di parte della dottrina se-

81 V. NATO Bombing Report cit., par. 29.

82 Che detto principio si basi sulla nota teoria della separazione fra ius ad bellum e ius in bello, da alcuni criticata ma ancora valida, è opinione comune in dottrina. Cfr. M. mendel, Aggressors’ Rights: The Doctrine of ‘Equality of Belligerents’ and the Legacy

of Nuremberg, in LJIL, 2011, 627; V. koutrouliS, And Yet It Exists: In Defence of the

‘Equality of Belligerents’ Principle, ivi, 2013, p. 449; N. ronzitti, Diritto internazionale

condo cui clausole di flessibilità come quelle contenute nell’art. 57(2)(a)(i) AP I, permettono un’applicazione del diritto dei conflitti armati che risponda alle diverse circostanze di fatto senza per questo violare il principio di ugua- glianza dei belligeranti83.

Inoltre, appare contrario all’oggetto e allo scopo di tutte le convenzioni di diritto bellico invocare il principio di uguaglianza di belligeranti al fine di diminuire la protezione dei civili rendendo legittimo un attacco senza una compiuta verifica dell’obiettivo e dei potenziali effetti. Tale posizione è sup- portata dalla prassi degli Stati, secondo cui quando la verifica dell’obiettivo e degli effetti di un attacco si rivela inefficace, nuove tecniche e strumenti di verifica devono essere adottati a prescindere dalle capacità tecnologiche dell’avversario84.

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