• Non ci sono risultati.

L’obbligo di verificare l’obiettivo e le conseguenze di un attacco ai sensi del diritto internazionale umanitario e nuove

5. Lo standard di diligenza richiesta

Occorre chiedersi a questo punto quale sia lo standard di diligenza ri- chiesto allo Stato nella sua attività di raccolta di informazioni funzionali a un attacco. Precisiamo subito che tale standard sembra doversi ricostruire

le informazioni in loro possesso (v. Report of the International Commission of Inquiry on Libya, UN Doc. A/HRC/19/68 dell’8 marzo 2012, par. 89; a commento, v. G. bArtolini,

Air Targeting in Operation Unified Protector in Libya. Jus ad bellum and IHL Issues: An External Perspective, in L’interopérabilité juridique et la garantie du respect du droit ap- plicable dans le cadre des déploiements multinationaux (a cura di S. Horvat, M. Benatar), Bruxelles 2013, 275-279). Tale circostanza non ci sembra decisiva in quanto l’inversione dell’onere della prova negli obblighi di condotta è una regola procedurale applicabile di fronte a una giurisdizione internazionale, cui è stata devoluta la risoluzione di una contro- versia; al contrario, le commissioni di inchiesta non sono organi giurisdizionali, benché abbiano subito un’evoluzione nel tempo verso una loro ‘giurisdizionalizzazione’ (cfr., fra i molti, M. frulli, Fact-Finding or Paving the Road to Criminal Justice? Some Reflections

on United Nations Commissions of Inquiry, in JICJ, 2012, 1323; L.J. vAn den herik, An

Inquiry into the Role of Commissions of Inquiry in International Law: Navigating the Tensions between Fact-Finding and Application of International Law, in CJIL, 2014, 507; M. longobArdo, Sull’imparzialità dei membri delle Commissioni d’inchiesta istituite dal

Consiglio dei diritti umani, in DUDI, 2015, 463) e, pertanto, non ci sembra che l’inversione dell’onere della prova sia loro applicabile, né che la mancata considerazione dello stesso nel summenzionato rapporto sia indicativa di una significativa prassi contraria.

47 Sul contributo della giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani in materia di diritto alla vita nei conflitti armati, v. G. gAggioli, r. kolb, A Right to Life in Armed

Conflict? The Contribution of the European Court of Human Rights, in IYHR, 2007, 115. 48 Corte europea dei diritti umani, Isayeva c. Russia, ricorso n. 57950/00), sentenza del 24 febbraio 2005, para 191. Per un commento su questi profili, v. S. vezzAni, Fact-finding by

International Human Rights Institutions and Criminal Prosecution, in War Crimes and the Conduct of Hostilities: Challenges to Adjudication and Investigation (a cura di F. Pocar, M. Pedrazzi, M. Frulli), Cheltenham 2013, 349, 353-354.

secondo i criteri oggettivi della due diligence, e non indagando circa la sus- sistenza dell’elemento soggettivo della colpa dell’agente e/o dello Stato49.

L’art. 57(2)(a)(i) AP I richiede che lo Stato faccia «everything feasible» per adempiere l’obbligo di verificare natura dell’obbiettivo e conseguenze dell’attacco. Feasible significa «capable to be done or put into effect; possi-

ble»50; non vi sono pertanto discrepanze col testo francese che fa riferimento a «tout ce qui est pratiquement possible». Sicuramente questa terminologia non richiede la certezza matematica da parte dell’attaccante51, ma anche fon- ti che sembrano attente agli interessi militari dei belligeranti ammettono che

«[t]he obligation to do everything feasible is high»52.

Feasible è un «contextual term»53, cioè un’espressione che richiede una valutazione delle specifiche circostanze di un attacco. Alcuni Stati hanno dichiarato che il termine feasible significa tutto ciò che è praticamente pos- sibile alla luce delle circostanze e del tempo dell’attacco, inclusi l’interesse a che questo abbia successo54. Similmente, l’art. 3(4) del II Protocollo annesso alla Convenzione ONU su certe armi convenzionali ritiene che «Feasible

precautions are those precautions which are practicable or practically pos- sible taking into account all circumstances ruling at the time, including hu- manitarian and military considerations»55. Si noti che questa impostazione non porta necessariamente a un’interpretazione sbilanciata a favore della necessità militare, in quanto quest’ultima è posta espressamente sul medesi- mo piano del principio di umanità56.

49 È questa la nota ricostruzione di R. piSillo mAzzeSchi, “Due Diligence” e responsabi-

lità internazionale degli Stati, Milano 1989; Id., The Due Diligence Rula and the Nature of

International Responsibility of States, in GYIL, 1992, 42-44. 50 Collins English Dictionary cit., p. 714.

51 V. EECC, Partial Award: Central Front cit., par. 110.

52 NATO Bombing Report cit., par. 29. Ritengono il rapporto sbilanciato a favore degli interessi militari P. benvenuti, The ICTY Prosecutor and the Review of the NATO Bombing

Campaign against the Federal Republic of Yugoslavia, in EJIL, 2001, 503; E. cAnnizzAro,

Le operazioni aeree della Nato contro la Repubblica federale di Iugoslavia e il diritto in- ternazionale umanitario, in RDI, 2001, 133.

53 J.M. beArd, Law and War in the Virtual Era, in AJIL, 2009, 434.

54 Le dichiarazioni di molti paesi (fra i quali Canada, Francia, Germania, Italia, e Regno Unito) possono leggersi in D. Schindler, J. tomAn, Droit des conflits armés, Genève 1996,

849-879.

55 Protocol II to the 1980 CCW Convention as amended on 3 May 1996, art. 3(4). V. anche la Rule 1(q) in HPCR Manual cit.

56 Sull’influenza del principio di umanità sulle decisioni dei comandanti militari, cfr. M. bothe, The Protection of the Civilian Population and NATO Bombing on Yugoslavia:

Sembra pertanto doversi optare per un’interpretazione rigorosa dello stan- dard di diligenza richiesto. Il testo dell’AP I è chiaro nell’indicare che tutto ciò che è praticamente possibile deve essere fatto, lasciando intendere che sono soltanto le circostanze di fatto del singolo attacco a determinare quando l’obbligo di verifica è stato soddisfatto o quando è necessario assumere ulte- riori informazioni57. Tale assunto è confermato dal contesto della disposizio- ne, rintracciabile ad esempio nel paragrafo 1 del medesimo articolo, secondo cui è richiesto un costant care nel risparmiare la popolazione civile e i beni civili. Sarebbe inoltre contrario al dovere di buona fede nell’attività ermeneu- tica interpretare il termine feasible sì da vanificare la portata dei principi di proporzionalità e distinzione, cui l’obbligo di verifica è funzionale58. Una si- mile interpretazione sembra inoltre in contrasto con l’oggetto e scopo dell’AP I, che mira ad ampliare la tutela offerta alle persone civili oltre quanto previsto dalle quattro Convenzioni di Ginevra59. Da ultimo, diversi Stati hanno ufficial- mente dichiarato che un attacco può essere lanciato solo quando la natura di obiettivo militare è convincente, chiaramente identificata, quasi certa60.

Il criterio principe appare quindi quello del giudizio del comandante mili- tare mediamente avveduto, che dovrà basarsi sulle informazioni in suo pos- sesso, del personale a sua disposizione, e della tempistica richiesta dall’attac- co61. Il processo decisionale dell’attacco deve cioè basarsi sulle informazioni disponibili o che è praticamente possibile assumere.62 Ciò vuol dire che gli Stati hanno l’obbligo di cercare informazioni – e, in caso di dubbio, rinunciare

57 Secondo J.M. beArd, Law and War cit., 435-436: «Since targeting itself is essentially

an intelligence function, commanders who are obliged to take precautionary measures to ensure distinction and proportionality in attack also by implication are responsible for en- suring that, to the fullest of their abilities and to the extent “feasible”, accurate intelligence is properly used in the assessment of civilian damage».

58 V. V.E. villiger, Commentary on the 1969 Vienna Convention on the Law of Treaties,

Leiden, 2009, 425-426: «[G]ood faith requires the parties to a treaty to act honestly, fairly and reasonably, and to refrain from taking unfair advantages. Legitimate expectations rai- sed in other parties shall be honoured […]. The prohibition of the abuse of rights, flowing from good faith, prevents a party from evading its obligations» (enfasi aggiunta).

59 AP I, preambolo, par. 3 e art. 1 (3).

60 Queste le posizioni ufficiali di Israele, Russia e USA, ricostruite da T. krupiy, A Case

against Relying Solely on Intelligence, Surveillance and Reconnaissance Technology to Identify Proposed Targets, in JCSL, 2015, 417-418, testo e note 18-20.

61 V. A.p.v. rogerS, Law on the Battlefield, Manchester 1996, 66-67; M. SASSòli, A.

quintin, Active and Passive Precautions cit., p. 83; K. wAtkin, Air Targeting cit., 54-56.

62 Secondo il Bundesgerichtshof, l’obbligo di precauzione consiste principalmente in una valutazione attenta della situazione militare, attraverso l’uso di ogni mezzo possibile per accertare la natura dell’obiettivo (Corte federale tedesca, III ZR 140/15, cit., par. 51).

all’attacco –, ma qualora dalle informazioni disponibili l’attacco appaia lecito, ulteriori indagini non sono necessarie. In caso di mancata verifica, di un at- tacco lanciato nonostante la sussistenza di dubbi sulla natura dell’obiettivo e gli effetti dell’attacco, o di informazioni valutate in maniera non diligente, lo Stato attaccante incorrerà invece in responsabilità internazionale63.

Problematico è il caso di un attacco che deve essere lanciato tempestiva- mente da un comandante privo delle informazioni rilevanti. In assenza del tempo necessario a raccogliere informazioni, l’attacco può essere eseguito lo stesso o deve essere rimandato (eventualmente anche con conseguenze disa- strose per l’andamento delle ostilità)? Sembrerebbe che un certo quantitativo di informazioni, anche minime, debba comunque essere raccolto: le circostan- ze temporali di un attacco possono rendere feasible ricerca di informazioni meno accurate di quanto accade quando vi è maggiore tempo a disposizione per pianificare l’operazione, ma l’obbligo in questione non può essere del tutto disatteso invocando la necessità di sferrare un attacco tempestivo.

Si può qui solo accennare all’ancora più complesso problema dell’ impie- go di armi automated – che prevedono il caricamento di dati contenenti le informazioni sulla base delle quali l’arma conduce o no l’attacco – e autono-

mous – quest’ultime, pare, non ancora disponibili, che vedrebbero la scelta

di attaccare o no lasciata a un software in grado di analizzare senza imput umani le circostanze di un’operazione militare64. In questi casi, manca una valutazione umana sulle informazioni disponibili da parte di chi pianifica ed esegue l’attacco; la valutazione sulla diligenza sembra doversi quindi spo- stare sulla fase di programmazione di queste armi65 – soluzione tutt’altro che soddisfacente e che meriterebbe più approfondita analisi.

Infine, è opportuno notare che spesso le valutazioni operate dai responsa- bili di un attacco sono difficili da ricostruire ex post in giudizio, specialmen- te se si giudica la commissione di crimini internazionali dell’individuo66. Tale aspetto si riflette anche sulla responsabilità internazionale di uno Stato

63 V., con riferimento al principio di proporzionalità, TPI per l’ex-Iugoslavia, Prosecutor v. Galić, [ IT-98-29-T] sentenza del 5 dicembre 2003, par. 58: «…it is necessary to examine whether a reasonably well-informed person in the circumstances of the actual perpetrator, making reasonable use of the information available to him or her, could have expected excessive civilian casualties» (enfasi aggiunta, riferimenti omessi).

64 V., per tutti, M. wAgner, Autonomy in Battlespace, in International Humanitarian Law

and the Changing Technology of War (a cura di D. Saxon), Leiden 2013, 104-106.

65 V.J.-M. beArd, Law and War cit., 442; J.s. thurnher, Examining Autonomous Weapons

Systems from a Low of Armed Conflict Perspective, in New Technologies and the Law of Armed Conflict (a cura di H. Nasu, R. McLaughlin), The Hague 2014, 222.

66 V.C. wuerzner, Mission Impossible? Bringing Charges for the Crime of Attacking

quando la condotta in questione gli è attribuibile67. Ad ogni modo, benché sussistano innegabili connessioni fra illeciti statali e crimini di guerra68, in materia di responsabilità statale l’accertamento da compiersi è parzialmente diverso69: non è infatti necessario ricostruire la mens rea dell’agente al di là delle normali regole sulla colpa nell’illecito internazionale70, non rileva la presunzione di innocenza di un individuo – anzi, l’onere della prova è rove- sciato per effetto della natura di obbligo di condotta della verifica dell’obiet- tivo –, né si deve ricorrere a un’interpretazione particolarmente restrittiva dovuta alla presenza di norme di carattere penale. Pertanto, la portata del problema appare doversi ridimensionare.

Outline

Documenti correlati