• Non ci sono risultati.

4. Altri strument

3.4 La Repubblica di Crimea

Il 18 marzo 2014 la Federazione Russa e la Repubblica di Crimea (che si considera indipendente a seguito del referendum) concludono un accordo “per l’inclusione della Repubblica di Crimea all’interno della Federazione Russa, con valenza temporanea, finché non si saranno risolte le questioni immediate”.147 Già in

questo documento (all’articolo 3) viene sancito il diritto per tutti gli abitanti della Crimea di utilizzare e studiare la propria lingua madre e contestualmente il tataro- crimeano viene riconosciuto come lingua ufficiale della Repubblica di Crimea accanto al russo e all’ucraino. All’articolo 6 invece si stabilisce che entro il 1 gennaio 2015 dovrà concludersi il periodo di transizione, auspicando che per quella data tutti i problemi relativi all’integrazione della Crimea nella Federazione Russa saranno stati risolti.

146 La tesi è sostenuta in modo più approfondito da Golovko L., professore presso l’Università Statale di Mosca, in un articolo in lingua russa dal titolo: Lo status legale della Crimea, op. cit.

147 Il testo dell’accordo è disponibile al link: http://constitution.garant.ru/act/federative/70614474/ - visitato il 10.04.2019

Pochi giorni dopo, con la Legge Federale Costituzionale numero 6 del 21.03.2014,148 la Federazione Russa ha incluso tra i propri soggetti federali la

Repubblica di Crimea e la città di Sebastopoli, in quanto sede della flotta del Mar Nero. Diversi articoli di questa legge federale sono stati oggetto di dibattito internazionale, di seguito ne riporto alcuni che hanno un’importanza particolare per la protezione dei diritti dei tatari di Crimea. Con l’articolo 2 comma 4 di questa legge viene confermato il riconoscimento del tataro-crimeano come lingua ufficiale, accanto al russo e all’ucraino. All’articolo 4 si prevede che la cittadinanza russa venga concessa a tutti gli abitanti della Crimea a meno che questi non facciano espressa rinuncia. Questa previsione è stata molto contestata, perché i tempi previsti per la rinuncia erano molto stretti e il procedimento da seguire per inoltrarla non era per nulla chiaro. Il problema si poneva soprattutto per chi avesse inteso mantenere la cittadinanza ucraina, che come accennato sopra, esclude ogni altra cittadinanza.149 All’articolo 7 della legge di inclusione venivano indette elezioni da

svolgersi entro dicembre 2014 per rinnovare gli organi politici già presenti in Crimea (il Parlamento e il Consiglio), lasciando operare fino a quella data gli organi già in funzione. Con l’articolo 10 si garantisce il mantenimento delle organizzazioni precedentemente operanti sul territorio crimeano, con lo stesso status che avevano prima dell’annessione. Ora è importante sottolineare come il Mejlis a quella data non fosse un’organizzazione ufficialmente registrata e riconosciuta in Crimea, per cui i suoi membri non potevano far ricorso a questa norma per vedersi garantito il riconoscimento. Il Mejlis anche successivamente ha rifiutato di essere registrato come semplice organizzazione, pretendendo di essere riconosciuto come organo rappresentativo dei tatari di Crimea.150 Nel 2016 la Russia ha definito il Mejlis

“organizzazione estremista”151 mettendolo al bando. Un’operazione del genere non

è giustificabile sul piano delle regole democratiche - tanto che la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite ha intimato alla Russia di ritirare il

148 Il testo della legge in lingua russa è disponibile al link: http://pravo.gov.ru/proxy/ips/?docbody=&nd=102171897&rdk= a cura del governo russo - visitato il 02.04.2019

149 Open Society Justice Initiative, Human Rights in the Context of Automatic Naturalization in

Crimea, op. cit.

150 Telekompania NTV, La Corte Suprema Russa della Crimea ha deciso di includere il Mejlis dei

Tatari di Crimea tra le organizzazioni estremiste e di vietarne le attività nel territorio della Federazione Russa, op. cit.

151 Halya Coynash, Russia upholds Mejlis ban in a move to all-out war against Crimean Tatars, op. cit.

bando152 - ma è spiegabile sul piano politico, dal momento che la “propaganda

secessionista” portata avanti dai maggiori rappresentanti del Mejlis - Mustafa Dzhemilev e Refat Chubarov - violerebbe la legge a garanzia dell’integrità territoriale russa. Il Qurultay invece è stato riconosciuto ufficialmente come organo di autogestione locale. In sostituzione del Mejlis sono state create altre organizzazioni, volte a promuovere una migliore integrazione dei tatari di Crimea. Una di queste è il K’yrym Birlighi, il cui rappresentante regionale Nimetullaev Sejtumer mi ha concesso un’intervista esclusiva il cui testo integrale è riportato in appendice.

Tornando alla legge di inclusione, all’articolo 11 vengono garantiti agli abitanti della Crimea diventati cittadini russi gli stessi ammortizzatori sociali e le stesse pensioni previsti in tutto il territorio nazionale, mentre con l’articolo 12, al primo comma, si definiscono validi per dimostrare il proprio stato civile e la propria situazione generale (istruzione, pensione, patente…) tutti i documenti redatti da organi ufficiali dello stato ucraino o della Repubblica Autonoma di Crimea precedentemente al 2014. Si prevede che la validità di tali documenti non sia soggetta a limitazioni temporali e non necessiti di conferme da parte dell’amministrazione russa.

Coerentemente con quanto stabilito nell’accordo e nella legge di inclusione, l’11 aprile 2014 il Consiglio dei Ministri della Repubblica di Crimea adotta la nuova Costituzione Crimeana.153 Fin dal preambolo - su modello di quanto avviene nella

Costituzione russa - viene fatto riferimento alla società plurinazionale caratterizzante la Repubblica di Crimea e vengono presi gli impegni di rispettare tale caratteristica e di non discriminare nessuno. La nuova Costituzione è composta da 10 titoli, il primo (articoli da 1 a 11) dedicato ai principi fondamentali, il secondo (articoli da 12 a 54) tratta le garanzie di rispetto dei diritti e delle libertà del cittadino, i titoli dal terzo all’ottavo illustrano la costruzione dello stato, chiarendo gli organi della Repubblica di Crimea, la loro composizione e le rispettive competenze, al titolo 9 vengono previste le modalità di attuazione e modifica della Costituzione stessa e

152 International Court of Justice, The Court finds that Russia must refrain from imposing limitations

on the ability of the Crimean Tatar community to conserve its representative institutions, including the Mejlis, and ensure the availability of education in the Ukrainian language, op.cit.; Halya Coynash, Russia flouts Hague Court order to reinstate the Crimean Tatar Mejlis and education in Ukrainian in occupied Crimea, op. cit. e Tyshchenko Y., Gorobchyshyna S., The ban on the Mejlis- Russia’s “Extremist Jokers”, op. cit.

153 Testo della nuova Costituzione Crimeana disponibile in russo al link:

il decimo e ultimo titolo è invece dedicato alle disposizioni transitorie. Agli organi di potere ufficiali si impone di “tenere conto delle particolarità” crimeane (articolo 6), senza che però si faccia riferimento specifico ai tatari di Crimea, in compenso si conferma il riconoscimento della lingua tataro-crimeana come ufficiale, assieme al diritto allo sviluppo culturale autonomo (articolo 10). Si garantisce il rispetto dei diritti umani (articolo 3), la libertà religiosa (articoli 9 e 21), l’uguaglianza dei cittadini (articoli 12 e 13), la libertà di stabilire la propria appartenenza etnica e il diritto all’utilizzo della propria lingua madre (articolo 19). Viene sancita la libertà di informazione - limitata però dal divieto di propagandare l’odio sociale, razziale, nazionale o religioso - e la libertà di associazione e manifestazione pacifica (articoli 22, 23 e 24). Si garantisce l’istruzione gratuita (articolo 36) e si promette supporto allo sviluppo della cultura e al mantenimento della memoria storica di tutte le etnie presenti sul territorio crimeano (articolo 37).

Molto discusso è l’articolo 52, che istituisce l’obbligo del servizio militare, lasciando però un margine d’eccezione nel caso di obiezioni di coscienza. Considerato che dal 2014 anche in Ucraina il servizio militare è stato reso nuovamente obbligatorio154 - per cui la differenza per il cittadino crimeano riguarda

lo stato per cui sarà arruolato e non l’obbligatorietà del servizio - le discussioni su questo articolo si sono concentrate principalmente su aspetti connessi alla cittadinanza ucraina. Ricordo che vige il divieto per gli ucraini di avere la doppia cittadinanze, anche se le norme sui meccanismi di controllo a riguardo sono piuttosto vaghe. Vista la situazione particolare, per gli abitanti della Crimea era stata prevista un’eccezione a questa regola, in quanto “forzati” a prendere la cittadinanza russa per poter continuare a vivere in Crimea. Però secondo la lettera del progetto di legge 8297 del 19.04.2018,155 promosso da Poroshenko, la cittadinanza ucraina

sarebbe stata automaticamente tolta ai cittadini ucraini adulti “che avessero esercitato il diritto di voto o altri diritti legati alla cittadinanza straniera o avessero espletato doveri così come imposti dalla cittadinanza straniera”. I cittadini crimeani obbligati a effettuare il servizio militare in Russia sarebbero stati quindi doppiamente penalizzati: obbligati a servire militarmente uno stato in cui non si riconoscevano e

154 Home Office UK, Country policy and information note: military service, Ukraine, op. cit, pag.9 155 Testo in ucraino della proposta di legge disponibile al link: http://w1.c1.rada.gov.ua/pls/zweb2/webproc4_1?pf3511=63900 - visitato il 10.04.2019

privati della cittadinanza ucraina che avevano mantenuto.156 Fortunatamente il

progetto di legge è stato ritirato.

3.5 Attuazione della normativa: successi e margini di miglioramento

Il fatto di trovarsi in un limbo dal punto di vista del diritto internazionale rende ai tatari la vita assai complicata. Tutti i residenti in Crimea non hanno certezze rispetto loro status di cittadini, hanno un passaporto che non viene riconosciuto (quello russo) e un altro che potrebbe essergli ritirato in ogni momento (quello ucraino), le banche estere non operano sul territorio, il turismo ha perciò difficoltà a svilupparsi e l’economia della regione ne risente. Proprio a causa di questa situazione una parte dei tatari non si è ancora risolta a tornare in patria e l’esilio toccato ai capi del Mejlis sicuramente non ha aiutato. Allo stesso tempo, proprio a causa di questa ambiguità, gli Stati che si contendono il controllo territoriale della Crimea hanno fatto numerose promesse e preso diverse misure nel tentativo di accattivarsi il sostegno della popolazione e così guadagnare in legittimazione.

I tatari di Crimea sotto lo Stato Russo hanno un proprio canale televisivo e radio pubblico, diretto da un tataro di Crimea che pure mi ha concesso un’intervista (disponibile in appendice). Il nuovo canale ha molti programmi in lingua tatara, mentre sotto l’Ucraina non c’era una vera e propria tv pubblica ad essi dedicata. Esisteva comunque una televisione e radio privata, dove però il 50% dei programmi erano in lingua ucraina e i restanti 50% un misto tra russo e tataro di Crimea. Con il passaggio del controllo territoriale alla Russia il vecchio canale ha preferito trasferirsi a Kiev. Il nuovo canale televisivo, creato nel 2015, ha invece trasmissioni principalmente in tataro di Crimea e si occupa anche di doppiare film e documentari in lingua tatara, cosa che prima non avveniva.

Ai tatari di Crimea sono garantite scuole in lingua - che d’altra parte esistevano anche sotto l’Ucraina - e la possibilità di seguire lezioni di tataro crimeano fino anche all’università. Sono stati installati cartelli bi e trilingui per luoghi di particolare importanza culturale o tradizionale.

La Crimea per molto tempo non ha goduto di investimenti adeguati, molte infrastrutture sono fatiscenti. Esiste anche un grave problema riguardante gli alloggi,

156 Per ulteriori considerazioni a riguardo vedere Halya Coynash, New law in Ukraine would strip

in quanto ai tatari di ritorno dalla deportazione è stato spesso impedito di rientrare in possesso di terre e abitazioni che avevano dovuto abbandonare, tra i vari motivi perché nel frattempo le abitazioni erano state acquisite da altri e non sempre è stato facile conciliare e tutelare gli interessi sia dei tatari che dei nuovi proprietari. Si sono avuti così per diverso tempo fenomeni di occupazione abusiva da parte dei tatari rientrati in Crimea, di terreni statali altrimenti inutilizzati. Durante il mio breve soggiorno a Simferopoli mi è stato inoltre impossibile non notare che le zone in cui vivevano i tatari di Crimea erano tendenzialmente più povere e marginali rispetto alle altre. Questi problemi però non sono esclusivamente imputabili alla Russia, che in fondo ha il controllo della Crimea da solo cinque anni e anzi è lecito affermare che gli investimenti che i russi stanno facendo per migliorare le condizioni generali della Crimea sono effettivamente notevoli. Non manca però il rischio che si ripetano discriminazioni in questa fase di ripensamento della storia collettiva crimeana e tataro crimeana.

Secondo un tataro di Crimea con cui si è avuta un’interessante conversazione a Mosca, e che ha preferito restare anonimo, numerose sono le misure che ancora dovrebbero essere prese a livello statale - che si tratti dell’Ucraina o della Federazione Russa - perché la “questione tatara” possa considerarsi felicemente risolta. Se le scuse ufficiali fatte da Putin - e subito dopo fatte anche dall’Ucraina - e il decreto di riabilitazione dell’etnia a seguito della deportazione staliniana sono state viste positivamente, esse erano un passo dovuto alla popolazione tatara ed era il minimo da aspettarsi dal governo che in generale viene considerato erede dell’Unione Sovietica. Sarebbe inoltre fondamentale l’apertura degli archivi, così che i nomi di tutte le persone coinvolte nella decisione sulla deportazione dei tatari di Crimea in epoca staliniana vengano resi noti - e nel caso perseguiti. Il passo successivo - sempre secondo questo tataro di Crimea intervistato - dovrebbe comprendere un sostegno effettivo (da un punto di vista economico e legale) da parte dello Stato per i tatari di Crimea che vogliano tornare in patria - che sia efficace ed effettivamente accessibile e non solo cosmetico come - a suo giudizio - è stato finora quello concesso dagli ucraini prima e dai russi poi. Dovrebbero inoltre essere aperte nuove scuole in lingua tatara che godano di un adeguato sostegno statale, perché ad oggi le scuole e le pubblicazioni in lingua tataro crimeana non sarebbero sufficienti. Un altro passo importante sarebbe quello di reintrodurre le vecchie denominazioni tatare dei luoghi e dovrebbe essere istituita una segnaletica quanto

meno bilingue in tutta la Crimea. In questo senso segnalo un’iniziativa editoriale del 2017 che ha permesso la pubblicazione di un manualetto a cura di Ruslan Ismailovich Bal’bek,157

deputato rappresentante la Repubblica di Crimea nella Duma di Stato russa, con un elenco di tutte le denominazioni storiche dei centri abitati della Crimea.158

Dal punto di vista del tataro crimeano intervistato, sarebbe da valutare la creazione di un sistema di “quote” da riservare ai tatari nei posti politicamente rilevanti e sarebbe comunque auspicabile rifare un censimento, per rendersi conto dell’effettivo numero di tatari presenti in Crimea - l’ultimo censimento risale al 2014 ed è stato fatto dai russi mentre l’ultimo censimento svolto dagli ucraini risale al 2001. Durante il dialogo ha confermato l’importanza del lavoro da svolgere per trovare soluzioni riguardo alla questione delle terre illegalmente confiscate ai tatari e poi assegnate ad altri al tempo dell’Unione Sovietica, in modo che i tatari possano tornare alle case e terre che appartenevano loro, indennizzando adeguatamente gli attuali proprietari. L’intervistato non ha quasi mai parlato di Russia o Ucraina, preferendo il termine generico “stato”, allo stesso tempo ha fatto spesso riferimento all’Unione Sovietica. Altri tatari di Crimea con cui si è discusso a Simferopoli hanno sostanzialmente confermato quanto sopra detto.

La grande attenzione mostrata da parte della comunità internazionale per la Crimea a seguito degli avvenimenti del 2014 ha obbligato lo Stato russo a garantire ai tatari nello specifico e ai crimeani in generale più diritti e finanziamenti possibili. Anche lo Stato ucraino ha iniziato a prendere sempre più misure volte a garantire i diritti tatari, in un crescendo di promesse fatte da entrambi gli stati. Si può dire però che la Russia - avendo di fatto il controllo territoriale della Crimea - ha il vantaggio di poter anche mantenere alcune delle promesse fatte, nei limiti delle proprie risorse e di quelli derivanti dalle sanzioni internazionali. Molti dei problemi in Crimea sono comunque legati a questa situazione di incertezza e sarebbe utile che la comunità internazionale contribuisse maggiormente ad uscire dall’ambiguità nei confronti della Crimea per favorire un rilancio della penisola, che porti benessere a tutti gli abitanti, che renda possibile uno sviluppo efficace e armonioso. Una soluzione potrebbe essere quella di svolgere un nuovo referendum, sotto lo stretto controllo di enti neutrali, in cui si chieda a tutti i crimeani se preferiscano essere parte della Federazione Russa o dell’Ucraina, con la promessa da parte dei due stati di rispettarne gli esiti.

157 A riguardo consultare il sito ufficiale della Duma Russa: http://duma.gov.ru/duma/persons/99112723/ - visitato il 10.04.2019

158 Bal’bek R., Исторические названия населенных пунктов Крыма (Denominazione storica dei centri abitati della Crimea), op. cit.

CONCLUSIONI

In un mondo che pare lanciato a rotta di collo verso una sempre più marcata globalizzazione, dove si sostiene da più parti il superamento dell'idea di nazione e dei confini nazionali, allo scopo di rendere sempre più fluida la circolazione dei fattori produttivi (moneta, merci, forza lavoro), l’attardarsi in considerazioni di carattere geopolitico che mettano al centro dell'attenzione le minoranze nazionali e la loro tutela da parte del diritto internazionale come di quello dei singoli stati può sembrare uno sterile sforzo teorico. La sopravvivenza stessa di minoranze etnico-linguistiche può sembrare in questo quadro fortemente dinamico un fatto marginale, interessante più l'antropologia culturale che la politica e di fronte al quale è lecito predisporsi con lo stesso atteggiamento che si riserva alle zone di interesse naturalistico. Del resto in realtà importanti del globo - come ad esempio le riserve indiane negli Stati Uniti d'America alla fine dell'800 - si è proceduto proprio in questa prospettiva. Eppure, la quantità di energie materiali e morali che molti individui continuano a profondere nel coltivare il senso di appartenenza a gruppi minoritari, conservando lingue, memoria storica e tradizioni particolari non sembra scemare negli ultimi decenni. Per molte persone queste comunità circoscritte, collegate ad ambiti territoriali regionali più ristretti costituiscono tuttora uno spazio dove possono sentirsi protette e dove possono meglio realizzare la propria identità e i propri desideri, anche a scapito di esigenze più strettamente economiche. Questo sentimento, soprattutto in Europa, ha dato a volte alimento a rivendicazioni di autonomia, sfociate negli ultimi anni in fenomeni di secessione anche violenta all'interno degli Stati Nazionali, che hanno tra l'altro mostrato quanto labile possa rivelarsi il confine tra maggioranze e minoranze.

Vista secondo quest’ottica, la tutela delle minoranze etnico-linguistiche risulta un argomento tutt'altro che marginale e può offrire spunti di grande interesse nell'immaginare un futuro più prospero per l'umanità. Si potrebbe addirittura azzardare che questo tema e il modo in cui verrà trattato diventerà l'ago della bilancia tra una globalizzazione “buona”, che superi le distinzioni fra stati ma rispetti e valorizzi le differenze culturali, e una globalizzazione “cattiva”, che queste differenze elimini in nome di una piatta uniformità, sentita come funzionale all'economia di mercato.

L’oggetto di questo lavoro sono le forme di tutela elaborate da tre Stati europei per proteggere tre minoranze etnico-linguistiche presenti sul proprio territorio. Se l’appartenenza geografica all’Europa è indiscutibile per tutti e tre i casi, il rapporto con l’Unione Europea, alla quale spesso ci si riferisce nel momento in cui si parla di Europa, è molto diverso. Se i ladini, trovandosi in Italia, ne fanno parte a tutti gli effetti, i gagauzi si trovano in uno Stato che è in bilico nelle sue relazioni con l’Unione Europea e nelle intenzioni nei suoi confronti, mentre i tatari di Crimea vengono a trovarsi ufficialmente uno Stato che vorrebbe entrare nell’Unione Europea e di fatto in un altro che ne è tenuto esplicitamente alla larga e vi si contrappone. In ogni caso tutte e tre le minoranze, per quanto con diversi margini di miglioramento, sono riconosciute e tutelate dagli Stati in cui risiedono, cosa per nulla scontata - né all’interno né all’esterno dell’Unione Europea.

Nel corso di questo lavoro si è stati attenti a mettere in evidenza i margini di miglioramento nei rapporti tra Stato e minoranze: i ladini dovrebbero poter essere uniti in un’unica regione ed evitare di essere promossi come semplice fenomeno folkloristico, i gagauzi migliorare il proprio sistema scolastico, avere maggiore garanzie rispetto all’applicazione delle regole stabilite in Costituzione e maggiori investimenti che favoriscano sviluppo economico della loro regione, i tatari di