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5. LA PROPAGANDA CULTURALE FASCISTA NEI PAESI NORDICI

5.2 L’«imperialismo spirituale» italiano

5.2.2 L’epurazione della «Dante» in Norvegia

In breve tempo, la propaganda culturale fascista approdò anche in Norvegia. Alla fine del 1923, il ministro plenipotenziario Silvio Cambiagio informava Mussolini che la SDA si era ormai instaurata anche a Oslo (Kristiania sino al 1924). Cambiagio sottolineava che il nuovo comitato fosse il risultato di una promessa che, diverso tempo prima, aveva fatto a se stesso.154 La SDA di Oslo contava già un numero rilevante di iscritti: 240 soci. Nel resoconto del 1924, a firma del presidente Schnitler, si dichiarava che, sebbene sino a quel momento i risultati ottenuti dalla propaganda culturale italiana fossero stati modesti, sembrava che ci fossero le premesse per una crescente opera di propaganda negli anni successivi. Si parlava, infatti, di «fattore non trascurabile per la propaganda in Norvegia».155 Anche la Regia Università di Oslo aveva messo a disposizione

all’Italia. Dal 1937 al 1952 fu persino lettore di lingua danese presso l’università di Roma e, tra i suoi lavori più interessanti dell’epoca, compariva «Italien: land og historie» del 1934.

Maggiori informazioni sulla vita e le opere di Ferlov, sono disponibili sull’enciclopedia danese, Gyldendal Den Store Danske:

http://denstoredanske.dk/Dansk_Biografisk_Leksikon/Kunst_og_kultur/Litteratur/Overs%C3%A6tter/Knud_Ferlov

152 «Pagine della Dante, Bimestrale della Società Nazionale “Dante Alighieri”», Anno XLVII – N. 3, Maggio-Giugno 1937, p. 41.

153 Veneziano, laureato in lingue e letterature straniere, Caro Izzo fu un grande divulgatore della cultura anglo-americana in Italia. Dal 1937 al 1938 fu lettore di italiano presso l’Università di Copenaghen. Dopodiché tornò in Italia con tutta la famiglia. La promulgazione delle leggi razziali, però, costò alla moglie (in quanto di origine ebraica) la sospensione dall’insegnamento. Durante gli anni della Repubblica di Salò, l’intera famiglia rischiò la deportazione. Lo stesso Izzo venne colpito da un mandato di cattura con l’accusa di antifascismo che non venne fortunatamente eseguito poiché il questore di Venezia si rifiutò di firmare un mandato basato su una denuncia anonima. Cfr. ENCICLOPEDIA TRECCANI, Carlo Izzo, Link http://www.treccani.it/enciclopedia/carlo-izzo_(Dizionario-Biografico)/

154 SDA-CE-OSL, Discorso del primo presidente, Schnitler, alla vigilia della fondazione del Comitato della Dante di Oslo.

155 Ivi, Resoconto annuale del 1924. Tra i soci fondatori del comitato (per la maggior parte norvegesi), compariva un italiano dal cognome particolarmente significativo nel panorama culturale odierno: Mario Caprino. Il neo-segretario della SDA di Oslo era il padre del ben più celebre Ivo Caprino. Quest’ultimo sarebbe diventato il più famoso regista d’animazione norvegese del secondo dopoguerra, arrivando a fondare i propri studi di produzione, gli Studios Caprino.

Inoltre, il commendatore Rudolf Olsen, magnate norvegese particolarmente noto e console generale d’Italia in Norvegia, faceva parte del consiglio direttivo del comitato.

gratuitamente alcuni spazi per ospitare le conferenze della SDA.156 Poiché non esisteva un ICI nemmeno in Norvegia, il comitato della SDA di Oslo fu, come quello di Copenaghen, l’unico vero punto di riferimento della diplomazia culturale nel paese.

Tuttavia, all’inizio del 1925, il presidente Schnitler fu costretto ad abbandonare la carica per motivi di salute. La presidenza della sezione passò a Einar Friis Båstad, il quale era stato addetto al consolato norvegese per otto anni presso la città di Genova.157 Tra gli eventi più prestigiosi proposti nel 1925, spiccarono le conferenze del noto Antonio Muñoz. Lo storico dell’arte e architetto italiano parlò del Bernini, del neoclassicismo e degli scultori Canova e Thorvaldsen. Vi fu spazio anche per un incontro con il famoso medievista Pietro Egidi, che tenne una conferenza inerente al movimento intellettuale italiano degli ultimi venticinque anni (era il 1926). Nel corso del 1926, non erano mancate nemmeno alcune collaborazioni con i comitati di Copenaghen e Göteborg, che avevano consentito di dividere le spese per i conferenzieri. Grazie alla mediazione dell’ambasciatore Cambiagio, il comitato di Oslo aveva ottenuto la cospicua somma di 1.000 corone da parte del governo italiano. La cifra, accantonata per la ricerca di una sede fissa, sarebbe stata integrata a un progetto di pubblicazione relativo all’opera «L’Italia e noi» (Italien og vi) di Hans Ernst Kinck.

L’opera venne immediatamente stroncata dalla critica. Kinck non aveva nascosto alcuni tra gli aspetti più «folkloristici» del popolo italiano, osservati dai viaggiatori nordici, così come un’aperta ironia (mista ad antipatia) nei confronti del fascismo. Kinck spaziava da un presunto maltrattamento italiano nei confronti degli animali domestici a una nuova e ben più rilevante critica nei confronti del regime.158 Naturalmente la vicenda generò un pesante imbarazzo, soprattutto da parte degli organi diplomatici italiani presenti in Norvegia.159 Probabilmente gli strascichi del caso Kinck non

156 Sebbene sia difficile stabilire se negli anni successivi la Dante di Oslo fosse riuscita ad affittare una sede fissa, è tuttavia utile rintracciare gli indirizzi amministrativi del comitato. Probabilmente gli indirizzi ai quali giungevano le comunicazioni dall’Italia appartenevano alle abitazioni o agli uffici personali dei presidenti in carica. Certamente il primo recapito fu presso la legazione d’Italia in Norvegia, in Inkognitogata 7 (ancora oggi sede dell’ambasciata italiana). Dopodiché, durante la presidenza di Tranås, all’inizio degli anni Trenta, la posta giungeva presso Industrigata 32. Alla fine degli anni Trenta, compariva un altro indirizzo, sempre attribuibile a Tranås: Ullevålsalléen 1. Nel corso del 1938, il nuovo presidente Beverfeldt risultava reperibile in Professor Dahls gate 26. Infine, uno degli ultimi recapiti, fu quello del presidente successivo, Sinding-Larsen: Nobelsgate 29. Cfr. SDA-CE-OSL.

157 SDA-CE-OSL, Così scriveva la Regia Delegazione Italiana in Norvegia al Comm. Zaccagnini, Segretario Generale della Società Dante Alighieri.

158 Ivi, Articolo di G. Bach sulla rivista «Leonardo».

159 Ivi, così riferiva Alessandro Compans di Brichanteau Challant (successore di Cambiagio) a Mussolini in una lettera del 27 marzo 1927. Non molto tempo prima, infatti, era stato lo stesso Silvio Cambiagio a informare Mussolini che, nel corso del 1926, il comitato della SDA di Oslo si sarebbe fatto promotore di alcune iniziative editoriali per migliorare la propaganda culturale italiana in Norvegia. Benché tutto ciò non avesse apparentemente influenzato le sorti della SDA di

erano passati inosservati poiché, nell’aprile del 1927, a Oslo venne organizzata una conferenza italo-norvegese. Presso la sala della Nasjonalgalleriet, il direttore del noto giornale «Aftenposten», tenne un incontro dal titolo «Mussolini e la Nuova Italia».160 Nel frattempo, Carlo Senni, Inviato straordinario e Ministro plenipotenziario in Norvegia, prese il posto di Alessandro Compans di Brichanteau Challant.161 Il conte Senni, pochi mesi dopo, accettò altresì la presidenza onoraria della SDA di Oslo.

Nel settembre del 1928, Giuseppe Gallavresi tenne una conferenza dal titolo: «L’influenza nordica in Alessandro Manzoni».162 Così, proprio alla fine degli anni Venti, la SDA assunse ufficialmente la guida dei corsi di italiano, iniziati sperimentalmente nel 1926 grazie a una docente norvegese e a una collega italiana coniugata con un cittadino norvegese. Il passaggio dagli anni Venti agli anni Trenta, tuttavia, vide alcuni cambiamenti, non sempre positivi. Innanzitutto venne eletto un nuovo presidente, Tryggve Tranås, docente di liceo. All’interno del consiglio direttivo, inoltre, comparve anche il conte Alberto De Marsanich, nuovo Ministro d’Italia in Norvegia.

Nonostante le difficoltà finanziarie e l’elevata età media dei soci, pare che la Sede Centrale della SDA volesse potenziare la propria presenza sul territorio norvegese, eventualmente aprendo nuovi comitati.

A questo punto, però subentrò una relazione molto dettagliata a firma di De Marsanich e diretta al Presidente della Sede Centrale della SDA, il senatore Paolo Boselli. In via strettamente riservata, De Marsanich informava che a Oslo (e nel resto della Norvegia), non esistevano, a parte qualche sparuta eccezione, italiani con un profilo adatto a sostenere l’onere di amministrare e gestire un comitato della SDA. A tutto ciò si aggiungeva la storica inclinazione dei norvegesi a intrattenere rapporti commerciali e traffici con gli altri paesi e altrettanti popoli settentrionali: inglesi, tedeschi, baltici. Unica eccezione, i francesi, verso i quali i norvegesi mantenevano una certa diffidenza

Oslo, all’inizio del 1927, si tennero le nuove elezioni del direttivo. La carica di presidente passò, anche formalmente, al già citato Einar Friis Båstad, mentre il segretario, Mario Caprino, non venne riconfermato. Pare che non si fosse adoperato abbastanza per l’attività del comitato, venendo meno a quasi tutti i compiti previsti nel suo mandato.

160 Ivi, «Corriere Padano», Ferrara, 6 aprile 1927. Oltre alla presenza del corpo diplomatico italiano, parteciparono (secondo i giornalisti di regime), numerosi rappresentanti della stampa norvegese e dell’ambiente culturale di Oslo. A prescindere da quanto riportato, il gesto costituiva un pesante tentativo di accrescere la popolarità del fascismo italiano in Norvegia e, per estensione, in tutto il mondo nordico.

161 Il conte Carlo Senni era un diplomatico di carriera. Prese servizio a Oslo nel 1926 ma risultava iscritto al PNF a decorrere dal 1927, presso la sede del Fascio di Ginevra. Fonte: Senato della Repubblica. Scheda del Senatore Carlo Senni.

http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/d973a7c868618f05c125711400382868/ea6b98faa6aaa56a4125646f0060866f?

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162 SDA-CE-OSL, Lettera del presidente del Comitato di Oslo alla Sede Centrale in data 4 settembre 1928.

poiché, come gli italiani, tendevano a penetrare ovunque con la propria cultura. De Marsanich forniva una sintesi esauriente di quanto accaduto nel corso di tutti gli anni Venti. A Oslo, all’inizio degli anni Trenta, pare vi fossero solo una ventina di persone, di condizioni modeste come «ex-suonatori, figurinai, merciai, ambulanti, quanto insomma rimane di antichi espatrii in tempi poco lieti». L’unica alternativa sarebbe stata quella di affidare il comitato a un direttivo esclusivamente straniero. Quest’ultima ipotesi sarebbe stata almeno «contraddittoria» rispetto al proposito dell’italianità all’estero. Si sarebbe trattato, insomma, di un ulteriore allontanamento dalla madrepatria. Riferendosi, invece, a ben più spinosi temi di carattere sociale, attinenti ai rapporti italo-norvegesi, De Marsanich affermava che l’ambiente norvegese fosse abbastanza chiuso nei confronti di quello italiano: mancavano colonie presso le quali «importare» il calore del focolare, così come gli accordi commerciali e marittimi non abbastanza sviluppati. Inoltre, fatto da non sottovalutare, De Marsanich sosteneva che una cospicua componente sociale norvegese fosse troppo influenzata dai principi della socialdemocrazia nonché della massoneria: ciò creava un atteggiamento di freddezza nei confronti dell’Italia e, soprattutto, del Fascismo. Benché De Marsanich esprimesse parere contrario al potenziamento della SDA in Norvegia, non escludeva l’ipotesi di affidare all’ottimo Regio Console onorario, Thorvald Halvorsen, il progetto di una sezione a Bergen. Quest’ultima, tuttavia, sarebbe stata ragionevolmente norvegese nello spirito, nella lingua e nelle manifestazioni. I tentativi di incrementare e stimolare lo scambio culturale italo-norvegese, organizzando scambi accademici e viaggi di studio non aveva ancora portato a risultati concreti. Si riteneva persino possibile la fondazione di un’accademia norvegese a Roma che potesse rendere più fluido il passaggio da una realtà culturale all’altra. In verità, va detto che l’auspicio di De Marsanich avrebbe trovato una parziale realizzazione pochi mesi dopo grazie alla fondazione dell’IISG.163

Quanto riportato dal De Marsanich, quindi, non si discostava dai dati ufficiali dell’epoca. La colonia italiana in Norvegia risultava poco numerosa e non presentava sensibili variazioni dall’ultimo decennio. Tale stabilità dipendeva dalla mancanza di condizioni favorevoli all’immigrazione temporanea. Le principali provenienze geografiche riguardavano la provincia di Lucca, Genova, Parma, Firenze e l’Abruzzo. Gli italiani residenti in Norvegia erano complessivamente 105, di cui 60 maschi e 45 femmine. Ben 37, però, risultavano nati in Norvegia.

La popolazione italiana, tuttavia, era maggiormente concentrata nella circoscrizione di Oslo. Tra i mestieri più diffusi, quasi a riprova di quanto detto dal De Marsanich, 35 risultavano essere

163 Ivi, Lettera strettamente riservata di De Marsanich a Boselli del 02.07.1931.

venditori ambulanti, altri camerieri. Pochissimi artisti e commercianti, qualche muratore e bracciante.164

In questo caso, gli italiani potenzialmente interessati alle attività proposte dalla SDA locale erano ancora meno rispetto a quelli di Copenaghen. Il comitato si reggeva sulla forza e sulla passione dei soci stranieri, in buona parte membri del direttivo, del personale didattico e amministrativo. All’inizio degli anni Trenta, tuttavia, presso l’università di Oslo era stato istituito un corso di lingua italiana e il professor Giulio Reichenbach, dell’università di Padova, tenne un corso di letteratura italiana proprio presso l’università della capitale norvegese.165 Nella primavera del 1932, però, iniziò a serpeggiare l’ipotesi che, anche a Oslo, si volesse imporre la nomina (e non l’elezione) di presidenti designati dalla Sede Centrale di Roma. Ciò avrebbe sensibilmente alterato i meccanismi di democrazia interna e, soprattutto, il delicato equilibrio di cooperazione tra l’Italia e i rispettivi enti culturali all’estero.

Anche la diplomazia culturale in Norvegia, dunque, poteva dirsi definitivamente fascistizzata e, potenzialmente, persino sottoposta alla minaccia di una futura nazificazione. Nel 1936, le istituzioni italiane a Oslo tentarono nuovamente di accrescere la propria popolarità attraverso la cultura. Oreste Bonomi visitò Oslo con intenti spiccatamente propagandistici. Sfruttando il pretesto culturale, ebbe occasione di mostrare i filmati di propaganda del regime dove si poteva assistere alla trebbiatura del grano per opera dello stesso Mussolini nei luoghi bonificati dalla malaria. Nello stesso anno, sembra che fosse cominciata (forse a causa dell’ormai preponderante influenza tedesca), una notevole controffensiva culturale. Nel corso di una conferenza a cura di Oscar Attilio Klingenberg, un norvegese di madre italiana, vennero illustrati il ruolo e la forza della donna nella Roma antica. Nel segno della continuità propagandistica tra la Roma antica e il moderno fascismo italiano, la donna italiana diventava così colei che, tra tutti i popoli del mondo, risultava essere il modello di donna

164 MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI, Op. cit., 1928, pp. 167-168.

165 «Pagine della Dante, Bimestrale della Società Nazionale “Dante Alighieri”», Anno XLII – N. 2, Marzo-Aprile 1932, p. 59. Giulio Reichenbach, già libero docente all’università di Padova, era stato inviato a Oslo dal Governo italiano per occupare la cattedra di lingua e letteratura presso l’università di Oslo (università Fredericiana). Massimiliano Biscuso fornisce indirettamente alcune preziose informazioni sul conto di Reichenbach. Pare, infatti, che il docente padovano avesse ottenuto parecchia stima presso l’università di Oslo, al punto tale che, da lettore, fosse diventato professore.

Inoltre, l’ateneo norvegese gli affiancò addirittura un lettore locale. Era l’estate del 1933 e Gabetti, scrivendo a Giovanni Gentile, riferiva quanto esposto, aggiungendo però che, a partire dal mese di settembre, Reichenbach si sarebbe trasferito a Copenaghen per «avvicinarsi» all’Italia. Cfr. M. BISCUSO, Luigi Scaravelli a Villa Sciarra (1931-1935), in «Studi Germanici», n. 6, 2014, p. 235.

che più di ogni altra avesse diritto a dominare i popoli e le civiltà giudicate inferiori.166 Così, nell’autunno del 1936, proseguiva una sempre più energica campagna culturale volta a esaltare l’espansionismo italiano e le sue conquiste coloniali. Il 3 novembre, presso la SDA di Oslo, il giovane Ottavio Cordero di Montezemolo tenne una conferenza dal titolo eloquente: «La Libia e le realizzazioni del Regime della Colonia Mediterranea».167

Solo due giorni prima, aveva preso servizio il nuovo Ministro plenipotenziario in Norvegia, Giovanni Amadori. Tale nomina risultò assai rilevante per il destino della Dante di Oslo e per la propaganda culturale italiana in Norvegia. Nel 1937, infatti, Amadori mandò un rapporto tanto dettagliato quanto malizioso al Presidente della Dante di Roma e, per conoscenza, al Ministero degli Affari Esteri, così come al Ministero della Cultura e della Propaganda. Questi denunciava come il comitato della SDA di Oslo, non fosse assolutamente in grado di svolgere un’adeguata attività di propaganda e penetrazione culturale in Norvegia. I soci erano anziani, in maggioranza «vecchie signore che hanno dell’Italia i ricordi nostalgici della loro ben lontana giovinezza». Aggiungeva poi che il Presidente Tranås era in carica da dodici anni e sarebbe stato opportuno proporre un’onorificenza. Emergeva, pertanto, l’intento evidente di liquidare un personaggio così scomodo che, per bocca dello stesso Amadori, non era certamente fascista bensì, probabilmente, massone. Il livore di Amadori nei suoi confronti era palese:

«[...] è un non fascista probabilmente per origine massonica oltre che per prudenza personale di professore universitario sotto un governo socialdemocratico. Ma il suo anti-fascismo di fondo, sebbene mai dichiarato, si manifesta con particolare acidità con quest’altra sua affermazione fondamentale: che la società Dantesca di Oslo è norvegese, e che le opportunità norvegesi, cioè sue, debbono prevalere, e che le autorità italiane non hanno in realtà un diritto d’intervento [...]».

Amadori accusava Tranås di pretendere una SDA vecchia in modo da fare ostruzionismo all’affermazione dell’Italia fascista. Rincarava la dose incolpandolo di invitare spesso conferenzieri innocui, magari legati dalla fratellanza massonica. Insomma, Amadori chiedeva espressamente quale potesse essere la strategia migliore per liquidarlo onorevolmente e dignitosamente. Gli organi diplomatici non potevano imporre nulla, altrimenti il presidente norvegese si sarebbe potuto

166 SDA-CE-OSL, Così riferiva in un telespresso del 28 marzo 1936 il ministro plenipotenziario presso Oslo, Marcello Roddolo al Ministero degli Affari Esteri, al Ministero per la Stampa e la Propaganda e alla Presidenza della Dante di Roma.

167 Ivi, Telespresso del 14 novembre 1936 dalla Legazione d’Italia in Norvegia al Ministero degli Affari Esteri.

facilmente appellare alla stampa locale facendo scoppiare uno scandalo nel quale i fascisti e gli italiani sarebbero stati accusati di attentare alla libertà intellettuale e culturale di taluni norvegesi.

Allo stesso tempo, tuttavia, esistevano concrete probabilità che Tranås venisse rieletto dalla maggioranza dei soci. Amadori, pertanto, suggeriva l’intervento diretto della Sede Centrale della Dante. Quanto al nome di un possibile «candidato», Amadori sosteneva il capitano d’Artiglieria Grahm, membro della Dante, vero amico dell’Italia e del fascismo, ufficiale dell’esercito norvegese, e sufficientemente inserito negli ambienti politico-culturali norvegesi. Nel caso in cui Tranås si fosse opposto, in forza del suo malcelato antifascismo, il comitato di Oslo sarebbe stato chiuso per poterlo rifondare in virtù del nuovo statuto generale del 1931 che consentiva agli stessi organi diplomatici di nominare (d’ufficio), il Presidente delle sezioni locali della SDA. L’ultimo passo verso la fascistizzazione della sezione di Oslo, insomma, era stato quasi compiuto.168 Ma il 20 maggio 1937, a dispetto di quanto ipotizzato da Amadori, i soci della SDA di Oslo elessero il candidato sostenuto dal presidente uscente: l’avvocato Beverfeldt. Questi era stato designato dal dimissionario Tranås come suo possibile successore. Evidentemente Beverfeldt non risultava gradito agli organi diplomatici italiani, ma la Sede Centrale della SDA non poteva fare altro, almeno per il momento, che ratificare un’elezione avvenuta democraticamente. Nel frattempo, come suggerito da Amadori, la Sede Centrale della SDA aveva provveduto a conferire un diploma di benemerenza con medaglia d’argento all’ex-presidente Tranås. Quest’ultimo, però, affermando di non poter accettare tale gratifica nelle circostanze dell’epoca, decise di rifiutare il riconoscimento senza troppi fronzoli.

Tuttavia, dettaglio da non sottovalutare, nel consiglio direttivo figurava anche un pittore abbastanza noto a Oslo e nel resto della Norvegia: Kristofer Sinding-Larsen. Alla vice-presidenza, invece, era stato eletto proprio quel Mario Caprino che era stato segretario dell’associazione qualche anno prima. In mezzo a questa tempesta interna, nel maggio del 1938, su invito della SDA e dell’Università di Oslo, il noto germanista Arturo Farinelli tenne una conferenza in Norvegia dedicata al famoso poeta, politico e letterato norvegese Bjørnstjerne Bjørnson. Ma la presidenza del probabilmente «scomodo» avvocato Beverfeldt durò assai poco. Nell’ottobre del 1938, venne eletto un nuovo presidente della SDA di Oslo: si trattava proprio di Kristofer Sinding-Larsen. Eppure, alla fine del 1938, anche la Presidenza Generale della SDA di Roma aveva perso ogni voce in capitolo.

Appena ricevuta comunicazione dal comitato di Oslo, infatti, il presidente della Sede Centrale, Felice Felicioni, si rivolse immediatamente al ministro plenipotenziario in Norvegia, Romano Lodi Fé. Felicioni chiedeva un «parere» sul nuovo direttivo della sezione di Oslo prima di procedere alla

168 Ivi, Lettera di Giovanni Amadori del 5 aprile 1937, indirizzata al Presidente della Dante Alighieri di Roma e, per conoscenza, al Ministero degli Affari Esteri ed al Ministero della Cultura e della Propaganda.

ratifica. Il 12 dicembre, l’incaricato d’affari rispose per conto di Lodi Fé dalla Legazione norvegese.

Sinding-Larsen, si diceva, era un artista che ben conosceva la lingua italiana poiché vi aveva

Sinding-Larsen, si diceva, era un artista che ben conosceva la lingua italiana poiché vi aveva