• Non ci sono risultati.

3. RAZZISMO «CULTURALE» E RAZZISMO «BIOLOGICO»

3.2 Il razzismo «nordico»

3.2.3 Rasse und Raum, Blut und Boden

L’ideologia nazionalsocialista si sviluppò anche attraverso due concetti «gemelli»: Rasse und Raum (razza e spazio) e Blut und Boden (sangue e terra). Essi comprendevano l’antisemitismo e la supremazia della «razza» nordica da una parte, oltre all’eugenetica e alla politica di crescita demografica dall’altra.133 Ma nel partito nazionalsocialista confluivano diverse interpretazioni e correnti che lo rendevano assai eterogeneo. Esistevano, ad esempio, le linee del «nuovo»

nazionalismo dei fratelli Otto e Gregor Strasser, così come ciò che Breuer definisce «aristocratismo della razza» (Rassenaristokratismus) tipico di Himmler e di Darré.134 In particolare, esistevano tre grandi filoni ideologici suddivisi tra le origini del partito nazionalsocialista, la fase intermedia a cavallo tra la fine della Repubblica di Weimar e la Machtübernahme e, infine, il consolidamento della dittatura. Al primo «blocco» appartenevano Dietrich Eckart, Gottfried Feder e Alfred Rosenberg. La loro retorica si concentrava prevalentemente sulla critica nei confronti del capitalismo, della cosiddetta plutocrazia, delle presunte congiure giudaico-massoniche e sulla minaccia marxista.

131 NTNU, A-0037 - Halfdan Bryn UBIT/A-0037/L0006, Documento, « Mitteilungsblatt 2, 1930».

132 Ivi, «Mitteilungsblatt 4, 1931».

133 A. WEISS-WENDT, R. YEOMANS, Op. cit., 2013, p. 7.

134 S. BREUER, Die Völkischen in Deutschland. Kaiserreich und Weimarer Republik, 2. Auflage, Wbg, Darmstadt, 2009, pp. 234-236.

Alla seconda categoria, invece, facevano riferimento Gregor Straßer, Joseph Goebbels e Robert Ley. Si trattava della componente maggiormente nazionalista, «socialista» (in senso nazional-patriottico) e, soprattutto, «azionista» e «interventista». Essa rappresentava, in altre parole, quella corrente che avrebbe condotto Hitler e il suo partito alla conquista del potere e alla creazione dello stato nazista. L’ultimo gruppo, infine, era capeggiato da Richard Walther Darré e Heinrich Himmler. Il binomio Darré-Himmler costituiva la «cerniera» tra l’apparato burocratico e l’enorme impalcatura di quel nazionalsocialismo biologico legato al sangue, alla terra, alla razza nordica e al culto neopagano. Adolf Hitler si presentava come una sorta di «quarto polo», unilaterale, carismatico e indiscutibile, contro il quale nessuna di queste correnti, almeno esplicitamente, poteva o voleva schierarsi.135

Nel Mein Kampf Hitler poneva uno stretto legame tra la «razza», il Volk (ossia il popolo) e la cultura. L’ariano, dunque, era colui che creava la cultura elaborando il patrimonio spirituale del Volk. Quest’ultimo, a sua volta, veniva inteso come espressione di una comunità popolare organica in cui l’individuo trovava una specie di inveramento ricollegandosi e riappropriandosi dell’autentica tradizione germanica. Viceversa, il vero nemico dello spirito e della pienezza della vita germanica era la civilizzazione, intesa come prodotto dell’illuminismo e, dunque, della democrazia, dell’individualismo e del cosmopolitismo. Durante la Prima guerra mondiale, lo scontro tra la Germania e le potenze occidentali condusse a una polarizzazione nazionalistica del significato dei concetti di Kultur e Zivilisation: la contrapposizione tra la cultura tedesca e la civilizzazione franco-inglese, quindi, costituiva un tratto caratteristico della storia di questi due termini tra il 1914 ed il 1918. La guerra e la speranza di una futura vittoria rappresentavano, agli occhi di molti intellettuali tedeschi, la possibilità di realizzazione storica dello spirito tedesco, l’inizio di una nuova epoca.136

Anche la gioventù borghese della Repubblica di Weimar, a dispetto del progetto democratico in corso, fece sempre più ricorso alla soluzione völkisch per qualsiasi problema. Si trattava, ormai, di una panacea dalla quale ci si aspettava la redenzione dalla crisi dell’ideologia tedesca.137 Non

135 Il quadro delle fazioni è stato ricostruito assai bene da Stefan Breuer. Si veda: S. BREUER, Op. cit., 1999, pp. 156-165.

136 G. SARTI, Kultur e Zivilisation nella Germania pre-nazista, in Germania pallida madre. Cultura tedesca e Weltanschauung nazista, in A. DEODORITI, S. PAOLUCCI, R. ROPA (a cura di), L'orecchio di Van Gogh, Chiaravalle, 2002, pp. 25-29.

137 G. L. MOSSE, Op. cit., 2008, p. 397. Alcuni anni fa Uwe Puschner riprese il tema tramite diversi saggi: U.

PUSCHNER, Grundzüge völkischer Rassenideologie, in Prähistorie und Nationalsozialismus. Die mittel- und osteuroäische Ur- und Frühgeschichtsforschung in den Jahren 1933-1945, A. LEUBE (a cura di), Studien zur Wissenschafts-und Universitätsgeschichte 2, Heidelberg, 2002, pp. 49-72; U. PUSCHNER, Germanenideologie und völkische Weltanschauung, in Zur Geschichte der Gleichung „germanisch- deutsch“. Sprache und Namen, Geschicht

mancarono i raggruppamenti che, estremizzando l’importanza della spiritualità a danno dei falsi idoli statali come il commercio e l’industria, finirono per affidarsi a personaggi eccentrici come Muck Lamberty. Questi, predicando la «rivoluzione dell’anima» nelle chiese della Turingia, condannava qualsiasi manifestazione del modernismo. Attaccava la medicina e la scienza tradizionali, proponendo come rimedio universale il diretto contatto con la natura. Lamberty, spostandosi da un villaggio all’altro alla guida dei propri iniziati, esortava alla danza come un flautista magico. Tra le regole della sua Neue Schar (nuova schiera), comparivano anche il vegetarianismo, l’astemia totale, l’obbligo di partecipare alle celebrazioni di antiche festività germaniche come il solstizio d’estate. Ma tali eccentricità superarono i limiti, degenerando persino in orge sessuali che attirarono simili critiche da costringere il movimento a sciogliersi.138

I nazionalsocialisti, sebbene in linea con la tradizione völkisch respingessero le concezioni materialistiche, avevano evitato i dilemmi dei gruppi giovanili creando un movimento di massa supportato da un programma politico assai abile e concreto. Non a caso, quando le camicie brune presero il potere, buona parte del movimento giovanile nazional-patriottico venne assorbita.139 Solo in Germania, però, l’ideologia nazional-patriottica era riuscita ad assumere un significativo carattere mistico. Hitler riuscì a darne un’interpretazione drammatica e personale che, attribuendo agli ebrei la causa di ogni disgrazia, assorbiva in sé anche tutta l’ideologia nazional-patriottica che stava alla base della presunta e auspicata rivoluzione tedesca.140 I nazisti asserivano che, quanto più solide fossero le radici razziali, tanto minore effetto avrebbe avuto su di esse la selezione naturale. Andava dunque respinta l’idea di evoluzione e progresso razziale.141 Con l’avvento del nazismo, grazie al ministro dell’alimentazione e dell’agricoltura Richard Walther Darré, il mondo rurale non sarebbe stato più soltanto un’alternativa all’industria. Esso, anzi, sarebbe diventato la culla di un rinnovamento razziale e biologico del popolo tedesco. Il contadino, da protagonista del mondo

und Institutionen, H. BECK (a cura di), Ergänzungsbände zum RGA 34, Berlin und New York 2004, pp. 103-109; U.

PUSCHNER, The Notions Völkisch and Nordic: A Conceptual Approximation, in Op cit., H. JUNGINGER, A. ÅKERLUND (a cura di), 2013, pp. 21-38.

138 Ivi, pp. 406-407.

139 Ivi, p. 410.

140 Ivi, p. 434. Gli studi di Mosse su questa materia sono numerosi e approfonditi. Di seguito si riportano i titoli di alcune tra le sue più importanti opere dedicate a temi come l’ideologia, il simbolismo e la creazione di nuove «identità»

culturali: G. L. MOSSE, Masses and Man: Nationalist and Fascist Perceptions of Reality, Wayne State University Press, Detroit, 1987; G. L. MOSSE, The Nationalization of the Masses: Political Symbolism and Mass Movements in Germany from the Napoleonic Wars through the Third Reich, H. Fertig, New York, 2001; G. L. MOSSE, Nazi Culture:

Intellectual, Cultural and Social Life in the Third Reich, University of Wisconsin Press, Madison, 2003.

141 Ivi, p. 151.

bucolico di una rimpianta età dell’oro, si sarebbe trasformato in un «custode» nonché «riproduttore»

di un patrimonio genetico con caratteri essenzialmente germanici.142

Con la legge voluta da Darré nel settembre del 1933, ad esempio, vennero creati i cosiddetti Erbhöfe. Si trattava di poderi ereditari che potevano essere trasmessi soltanto al primogenito maschio, erano protetti dallo Stato ed erano avulsi da qualsiasi meccanismo di stampo capitalistico.

Nelle intenzioni di Darré, attraverso un allevamento selettivo, essi avrebbero dato vita al «futuro uomo di razza nordica». Naturalmente l’uomo nordico non poteva che essere un contadino.143

Anche Cantimori pose particolare attenzione sulla cosiddetta Erbhofgesetz, ossia la legge sulle fattorie ereditarie. Nei piani del governo nazionalsocialista, essa avrebbe dovuto creare un «ceto contadino» permanente, indissolubilmente vincolato alla terra. Ciò, in altre parole, avrebbe condotto proprio al ripristino del legame tra l’uomo e la terra, per dirla alla tedesca, al concetto di Blut und Boden.144 Successivamente, Darré estese il principio dell’Odal anche allo spirito guerriero vichingo.145 La figura dell’Odal, infatti, rivestiva un ruolo particolarmente importante nel pensiero di Darré. Questi, durante la sua gioventù, aveva fatto parte (insieme a Himmler), della cosiddetta Artamanen-Gesellschaft, un’associazione di ispirazione nazional-patriottica che esortava la «razza»

nordica a ritornare alla terra, intesa come mondo agricolo.146 Darré volle così collegare il suo concetto di Blut und Boden alle teorie di Günther. Secondo Darré, proprio i contadini norvegesi e quelli svedesi erano gli eredi dell’Odal, attraverso cui il Volk traeva la propria purezza e la propria

142 Non si trattava né di una nuova interpretazione della figura del contadino, né di un tentativo audace per accattivarsi le simpatie della società nordica. Già nel 1837, infatti, lo scozzese Samuel Laing aveva fatto notare come il contadino norvegese (bonde) potesse ritenersi appartenente a una delle classi popolari più felici d’Europa. L’intellettuale scozzese lo considerava come esempio di una «democrazia contadina» in cui il contadino dei fiordi appariva come un «re» o un

«signore» della propria, anche se piccola, proprietà fondiaria. La mancanza di vincoli, infatti, lo rendeva assai libero e indipendente (Cfr. H. A. BARTON, The Discovery of Norway Abroad, 1760-1905, in «Scandinavian Studies», Vo. 79, No. 1, 2007, p. 31). In realtà, si trattava di una visione assai pittoresca e, per alcuni aspetti, ottimista della società norvegese. Resta però il fatto che la compattezza (anche partitica) e la forza del movimento contadino nei paesi nordici erano già a quell’epoca assai più influenti rispetto al resto d’Europa. Per una ricostruzione su questo ultimo aspetto, si rimanda a: D. ARTER, Scandinavian politics today, Manchester University Press, Manchester and New York, 2008.

143 A. D’ONOFRIO, Op. cit., 2007, pp. 10-11.

144 N. D’ELIA, Op. cit., 2007, p. 115.

145 A. D’ONOFRIO, Op. cit., 2007, pp. 10-11.

146 Ulteriori spunti di ricerca sul tema potrebbero emergere dagli studi di Stefan Brauckmann: S. BRAUCKMANN, Die Artamanen als völkish-nationalistische Gruppierung innerhalb der deutschen Jugendbewegung 1924-1935, in

«Historische Jugendforschung. Jahrbuch des Archivs der Deutschen Jugendbewegung», Neue Folge 2, 2005, pp. 176-196; S. BRAUCKMANN, Völkische Jugendbewegung und SA – am Beispiel der Artamanen im Kreis Segeberg 1930-1932, in «Bürgerkriegsarmee. Forschungen zur nationalsozialistischen Sturmabteilung (SA)», Y. MÜLLER, R. ZILKENAT (a cura di), Frankfurt a. M., 2013, pp. 223-239.

forza rigeneratrice. Si trattava, insomma, della fonte di vita della «razza» nordica (Lebensquell der nordischen Rasse).147

Le opere di Darré, direttamente o indirettamente, traevano spunto da quelle di Günther, soprattutto in ambito agrario e rurale.148 Non a caso, la rivista voluta e finanziata da Darré attraverso il proprio ministero, si chiamava «Odal. Monatschrift für Blut und Boden». Si trattava di una rivista

«agricola» di propaganda, a cadenza mensile. Fondata nel 1934, rappresentava la «sintesi» del pensiero di Darré e, per estensione, di buona parte del «movimento» nordico in merito al legame tra l’uomo e la terra. Tuttavia, a dispetto di quanto si possa credere, la rivista non si limitava soltanto ad argomenti di carattere «rurale» o «agricolo», almeno non in senso stretto. Nel numero di ottobre del 1937, ad esempio, venne pubblicato un lungo saggio dedicato alla caduta dell’impero romano (d’Occidente).149 L’autore, adducendo numerose argomentazioni storiche, strumentalizzava il passato per attaccare propagandisticamente gli antagonisti della sua epoca. Si scagliava contro gli ebrei, il capitalismo americano e, in taluni casi, il cristianesimo. Nello stesso numero, invece, Karl-Heinz Henningsen richiamò alla memoria la vicenda del contadino-guerriero svedese Nils Dacke.150

Questi, tra il 1542 ed il 1543, si ribellò contro il re Gustavo I Vasa, scatenando quella che, ancora oggi, viene ricordata come Dackefejden (la guerra di Dacke, appunto). Le fonti riportano che Dacke si fosse messo alla testa di una rivolta contadina nella regione di Småland (nella Svezia meridionale) e avesse costretto il re a concludere un armistizio. Le ostilità, però, ripresero nel 1543.

Dacke venne battuto ma non si arrese. Continuò a combattere ma, a causa del tradimento da parte di alcuni dei suoi seguaci, andò incontro alla morte.151 In altre parole, Dacke era un eroe germanico che combatteva per la libertà attraverso la terra. L’interesse nei confronti del mondo contadino, però, non si limitava soltanto all’ambito nordico. Nell’agosto del 1937, sempre su «Odal» era apparso un articolo di Ferdinand Fried Zimmermann, dedicato alla «distruzione» dell’identità

147 T. EMBERLAND, Op. cit., in A. WEISS-WENDT, R. YEOMANS, Op. cit., 2013, p. 111.

148 A. D’ONOFRIO, Op. cit., 2007, p. 25.

149 FERDINAND FRIED ZIMMERMANN (pseudonimo di FERDINAND FRIEDRICH ZIMMERMANN), Der Untergang Roms, in Odal. Monatschrift für Blut und Boden, Blut und Boden Verlag G.m.b.H, Reichsbauernstadt Goslar, heft 4, 6. Jahrgang, Oktober 1937, pp. 185-200.

150 K. H. HENNINGSEN, Der Freiheitskampf des Schwedischen Bauernführers Nils Dacke in Småland von 1542 bis 1543, in Odal. Monatschrift für Blut und Boden, Blut und Boden Verlag G.m.b.H, Reichsbauernstadt Goslar, heft 4, 6.

Jahrgang, Oktober 1937, p. 200.

151 ENCICLOPEDIA TRECCANI, Dacke, Nils, Link: http://www.treccani.it/enciclopedia/nils-dacke/

contadina dell’antica Roma. Si trattava di un contributo ulteriore sulla questione della caduta dell’impero romano.152

Ma la rivista era molto attiva e aggressiva anche sul tema dell’antisemitismo che, come già ricordato, era profondamente radicato nella concezione völkisch. A tale proposito, giova ricordare che Hitler era certamente l’erede diretto del nazional-patriottismo ma, allo stesso tempo, fu abile nell’intuire quanto sensibili fossero le masse tedesche alla traduzione in termini antisemitici, prettamente völkisch, dei problemi nazionali. Inoltre, fu in grado di far uscire il völkisch da una dimensione settaria, portandolo a una conformazione di massa attraverso il pragmatismo nazionalsocialista. Per Hitler l’organizzazione e la propaganda erano strumenti al servizio di uno scopo preciso: tradurre in realtà le idee völkisch che, a suo giudizio, costituivano una «necessità interiore» dell’esistenza.153 Si trattava di considerazioni che, in taluni casi, vennero colte già dagli osservatori italiani dell’epoca. Nel 1968, ad esempio, George Mosse avrebbe ripreso alcune riflessioni fondamentali di Cantimori. Lo studioso romagnolo considerava il nazionalsocialismo come «democrazia di massa» a carattere essenzialmente religioso, tesa ad affermare il culto del popolo e della nazione. Entrambi, inoltre, riconobbero l’importanza fondamentale dell’elemento nazional-patriottico ai fini del trionfo di Hitler. Il Bund, ossia la comunità spirituale che avrebbe cementato la fede dei suoi membri nei «valori» völkisch, fungeva da modello per la futura riorganizzazione sociale. Tuttavia, rispetto alla connotazione elitaria del Bund, Hitler seppe conferire al nazionalsocialismo una struttura organizzativa tipica del partito politico di massa. Tali

«affinità» di pensiero tra Cantimori e Mosse risultano così sorprendenti poiché nate da due opinioni diametralmente opposte nei confronti del fascismo e, soprattutto, del nazionalsocialismo. Occorre non dimenticare, infatti, che Cantimori (prima della sua «conversione») era stato ammiratore del fascismo e, allo stesso tempo, aveva considerato il nazionalsocialismo come un elemento positivo nella storia tedesca.154

152 F. F. ZIMMERMANN, Die Vernichtung des römischen Bauerntums, in Odal. Monatschrift für Blut und Boden, Blut und Boden Verlag G.m.b.H, Reichsbauernstadt Goslar, heft 2, 6. Jahrgang, August 1937, pp. 54-65.

153 G. L. MOSSE, Op. cit., 2008, pp. 442-443.

154 N. D’ELIA, Op. cit., 2007, p. 102.