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5. LA PROPAGANDA CULTURALE FASCISTA NEI PAESI NORDICI

5.2 L’«imperialismo spirituale» italiano

5.2.1 La «Dante» di Copenaghen

Nel 1924, la città di Copenaghen donò alla città di Roma una statua (Giasone) di Bertel Thorvaldsen. A distanza di alcuni mesi, però, nessuno a Roma si era preoccupato di ringraziare.

Così, dalla Legazione di Copenaghen, Mariani, riferiva a Mussolini:

«[...] città di Copenhagen non ha ricevuto nessuna parola di ringraziamento dal Municipio di Roma per il dono da essa fatto [...] di una riproduzione di una statua di Thor – Waldsen [sic.]

(Giasone). [...] Data prossima inaugurazione monumento Dante Alighieri per cui danesi hanno dato cospicui fondi [...] sembra opportuno [...] riparare senza indugio [...] alla omissione che ha provocato e provoca saporiti commenti.»131

Il dono anticipava l’installazione di una statua dedicata a Dante (ma raffigurante Beatrice), che celebrava un gemellaggio culturale tra Italia e Danimarca. La piazza presso la quale si trova ancora oggi la statua, si chiama proprio Dantes Plads.132 La notizia venne riportata anche su «Pagine della Dante»:

«Il 24 agosto s’inaugurò a Copenaghen il monumento a Dante offerto dalle città di Roma e Firenze e la cui prima pietra fu posta in occasione della visita dei nostri Sovrani ai reali di Danimarca. [...]»133

130 ll fascismo nel mondo, in «Pagine della Dante, Bimestrale della Società Nazionale “Dante Alighieri”», Anno XLIV – N. 5, Settembre-Ottobre 1934, pp. 14-16.

131ASMAE-GS, Copia di telegramma in arrivo n. 413 P.R. del 9 agosto 1924 da Mariani a Mussolini.

132 SDA-CE-COP, Lettera di Gino Massano, del Corpo Nazionale dei Giovani Esploratori Italiani al Segretario Generale Zaccagnini in data 8 ottobre 1924. La piazza era stata inaugurata in occasione della celebrazione dei seicento anni dalla morte del poeta. La cerimonia avvenne il 23 agosto 1924 alla presenza del Conte della Torre, Ministro d’Italia, di tutto lo Stato Maggiore e di Villetti, ex assessore del Comune di Roma e rappresentante degli Esploratori Italiani. Il monumento constava di una colonna offerta da Roma, su una base alla quale era infisso il medaglione con il ritratto di Dante, offerto dalla città di Firenze. In alto, svettava la statua di Beatrice.

133 «Pagine della Dante, Bimestrale della Società Nazionale “Dante Alighieri”», Anno XXXIV – N. 5, Settembre 1924, p. 127. Nel corso di una visita condotta personalmente da chi scrive in data 18.03.2019, è stato possibile visionare i diversi testi (in italiano e danese) incisi alla base del documento. Uno di questi, dedicato a Dante, recita: «Resti anche qui il nome di Dante Alighieri a documento di civile fratellanza e ad ammonimento di bene per l’umanità nella intima

Durante il fascismo, in Danimarca non venne mai fondato un ICI e nel paese era presente solo il comitato di Copenaghen. Il sodalizio era stato fondato sottoforma di biblioteca già nel lontano 1909 grazie al cavalier Valdemar Glückstadt, Regio Console Generale d’Italia, in collaborazione con gruppo di intellettuali italo-danesi. Rimasto presidente sino al marzo del 1921, Glückstadt rassegnò le proprie dimissioni dalla carica cedendo il posto al ministro plenipotenziario, il barone Aloisi.134

Glückstadt lasciava in eredità un’associazione in ottima salute: 287 soci, una biblioteca con la sala di lettura, corsi di italiano ben avviati, un programma culturale ricco di intellettuali, sia italiani, sia danesi, eccellenti relazioni con la monarchia e l’ambiente politico danese. La prima sede del comitato, tra la fine degli anni Dieci e l’inizio degli anni Venti, si trovava in Havnegade 9. Almeno a partire dagli anni Trenta, invece, la sede si era trasferita presso la prestigiosa residenza di Amaliegade 22.135 Eppure il passaggio di consegne non fu indolore e lasciò pesanti strascichi polemici, soprattutto riguardo alla presunta «epurazione» del consiglio direttivo da parte del neo-presidente. L’avvento del fascismo in Italia, infatti, sembrò indirizzare la propaganda culturale in

concordia tra la Danimarca e l’Italia». Un altro, in danese, celebra l’incontro politico e culturale tra le due monarchie attraverso la commemorazione dei 600 anni dalla morte di Dante.

134 SDA-CE-COP, Tali informazioni sono reperibili attraverso un carteggio abbastanza lacunoso tra il presidente della sezione di Copenaghen, Valdemar Glückstadt e la Sede Centrale. Talvolta mancano le risposte ed è difficile collocare cronologicamente i diversi allegati relativi alle lettere accompagnatorie. Tuttavia è possibile datare tale corrispondenza tra il 1918 ed il 1919 per due motivi: le celebrazioni per il decennale del comitato danese e la particolare attenzione verso l’impegno bellico dell’Italia.

135 L’edificio si trova ancora oggi nelle immediate vicinanze dell’attuale ambasciata d’Italia a Copenaghen e la sua storia è intimamente legata alle vicissitudini economiche di Glückstadt. Situato nel prestigioso quartiere di Frederiksstaden, il Palazzo di Amalienborg fa parte dello stesso complesso architettonico in cui si trova l’ambasciata italiana ed è la dimora invernale della Famiglia Reale danese. Le origini del complesso risalgono al 1750, quando Re Federico V cedette al Gentiluomo di Camera Christian Bærentz un terreno per costruirvi la propria dimora. Nel 1908 l’immobile venne acquistato in blocco dal Emil Glückstadt, succeduto al padre Izak alla guida della Landmandsbanken, il primo istituto di credito danese. Nel 1924, essendo Glückstadt andato in rovina per il fallimento della Landmandsbanken, lo Stato italiano ebbe modo di acquistare l’attuale palazzo dell’ambasciata all'asta.

Dell’arredamento e della preziosa collezione d’arte del banchiere, considerati troppo costosi dall’allora Ministro degli Esteri Mussolini, sono rimaste due tele settecentesche incorniciate sui soffitti di altrettanti saloni: una Cerere attribuita a Magnus Berg e Il trionfo di Galatea di Henrik Krock di Flensburg. L'acquisizione di una residenza così prestigiosa, intendeva rispondere alle esigenze dei rinnovati rapporti tra Italia e Danimarca e dei frequenti contatti tra le due famiglie reali. Ma il secondo conflitto mondiale e l’immediato dopoguerra resero evidente la sproporzione tra le dimensioni dell'edificio e le possibilità di manutenzione. Il palazzo subì un periodo di decadenza, fino all'ingresso della Danimarca nella CEE (1973). A partire dal 1981, furono avviati diversi interventi di conservazione e restauro. Sulla storia della residenza, si veda «L'Ambasciata d´Italia a Copenaghen», curato dagli storici d’arte danesi Chris Fischer e Hanne Raabyemagle. Le informazioni fornite, invece, sono reperibili sul sito dell’Ambasciata d’Italia a Copenaghen:

Link: https://ambcopenaghen.esteri.it/ambasciata_copenaghen/it/ambasciata/la_sede

Danimarca su temi particolarmente cari al regime. Se, fino all’ascesa di Mussolini, il programma culturale del comitato danese proponeva temi classici, dedicati ai grandi protagonisti della cultura italiana come Leonardo e Michelangelo (pur senza tralasciare eventi volti a esaltare l’impegno italiano nella Prima guerra mondiale), già nel corso del 1924 la propaganda assunse toni decisamente più fascisti. Il 5 febbraio, ad esempio, il Regio Vice-Console Luzi tenne una conferenza dal titolo «Virgilio e lo spirito direttivo della civiltà romana», mentre il 27 marzo il gerente della succursale danese della Fiat, Behrens, presentò al pubblico un incontro in danese dal titolo «L’Italia che lavora».136

I numeri dell’epoca, però, confermavano che la Danimarca non fosse una terra di immigrazione italiana. Ciò a causa della differenza linguistica, della scarsa presenza di lavoro e, soprattutto, di uno scarso apprezzamento nei confronti della manodopera straniera. A parità di spesa, si preferiva sempre il lavoratore nazionale. La colonia italiana in Danimarca contava circa 300 persone, delle quali 250 di sesso maschile e 50 di sesso femminile. Delle 300 persone complessive, solo 50 erano nate nel Regno di Danimarca e quasi tutte risultavano residenti a Copenaghen e dintorni. Su un totale di circa 179 soggetti apparentemente «occupati», si contavano 35 artisti e 5 insegnanti.137 Ciò significa che poco più del 20%, ragionevolmente più orientato verso discipline di carattere umanistico e formativo, potesse essere interessato alle attività della SDA. Considerando il grado medio di istruzione dei soci di un comitato tipico della SDA, fossero essi locali o italiani residenti all’estero, è difficile pensare che operai, manovali e agricoltori fossero interessati alle iniziative culturali proposte. A Copenhagen, però, sembra che l’unica scuola italiana esistente fosse collegata alla SDA: gli scolari erano complessivamente 15, suddivisi in 7 maschi e 8 femmine. Il fascio locale risultava fondato nel 1925 ed era presente anche la cosiddetta Società di mutuo soccorso e beneficenza «Umberto I». Fondata nel 1900 allo scopo di fornire soccorso e assistenza medica agli anziani e alle vedove, contava 60 soci. Invece, nel 1927, pare che la SDA della capitale contasse quasi 500 soci, in larga maggioranza danesi.138 Tali numeri offrono uno spunto di riflessione che si rivelerà ricorrente, non solo nel caso nordico, ma anche in molte altre circostanze europee: i

136 SDA-CE-COP, si veda nota 134 di questo capitolo, Lettera del segretario della Dante di Copenaghen del 12.06.1924 al Segretario Generale della Sede Centrale, Zaccagnini. In allegato è presente una breve relazione sugli eventi organizzati nel primo semestre del 1924. Occorre segnalare, tuttavia, che tra il 1921 ed il 1924 (così come tra il 1924 ed il 1933) esistono due pesanti vuoti temporali nella documentazione. Mancano, infatti, informazioni specifiche riguardo al delicato passaggio dal governo liberale all’avvento del fascismo, nonché al mutamento della diplomazia culturale italiana tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta.

137 MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI, Op. cit., 1928, pp. 35-36.

138 Ibidem.

comitati locali della SDA nascevano spesso per iniziativa e potenziale necessità degli italiani all’estero, ma poi si sviluppavano e si mantenevano in vita grazie agli stranieri.

All’inizio degli anni Trenta, tuttavia, anche l’attività del comitato della SDA di Copenaghen dovette attenersi alla nuove disposizioni statutarie che fascistizzarono la «Dante» nel 1931.

L’adattamento dei comitati alle norme attuative della fascistizzazione veniva «diplomaticamente»

definito come «nuove disposizioni». Esse prevedevano ambiguamente un «più intimo legame con la Società Madre» e un più efficace coordinamento tra i Comitati nordici.139 Proprio in funzione della fascistizzazione dei comitati esteri, la Sede Centrale della SDA (spinta naturalmente dal governo e dai vari ministeri interessati alla propaganda culturale all’estero), inviava conferenzieri italiani di alto valore a proprie spese. Per ottimizzare i costi e svolgere un’azione di propaganda capillare nei paesi nordici, date anche le maggiori difficoltà logistiche e climatiche, venivano organizzate vere e proprie tournée di conferenzieri che prevedevano una serie di incontri presso diversi comitati. Nel 1933, ad esempio, Pirandello si era recato a Copenaghen e a Helsinki, tenendo diverse conferenze sotto gli auspici dei comitati locali.140

Generalmente, ogni conferenziere proponeva uno o più temi di divulgazione e li presentava, con il patrocinio (morale ed economico) della Sede Centrale presso le più importanti città nordiche.

Spesso tali eventi coinvolgevano direttamente le università locali, non solo tramite gli eventuali lettorati di cultura italiana, ma anche attraverso accademici del luogo sensibili alla materia. Agli incontri, come accadeva in passato, partecipavano spesso i rappresentanti politici locali e i membri delle diverse famiglie reali (esclusa, naturalmente, la Finlandia).141 Quanto alla partecipazione del pubblico locale, le stime ufficiali della SDA si aggiravano tra le 500 e le 600 persone.142

Spesso, oltre ad accettare le proposte «suggerite» da Roma, i comitati nordici dovevano ignorare le consuetudini locali (orari, abitudini, esigenze climatiche) per adattarle alla propaganda italiana.

Nel periodo estivo, ad esempio, il pubblico nordico era poco presente poiché in quei luoghi l’estate è breve e le ore di luce si concentrano solo in determinati periodi dell’anno. Inoltre, ancora oggi, il calendario delle festività e delle vacanze si presenta significativamente diverso rispetto a quello italiano. Nel 1934, Anna Maria Speckel si recò alla SDA di Copenaghen per incarico della Sede

139 SDA-CE-COP, Lettera del presidente della Dante di Copenaghen Luzi a Felice Felicioni del 08.03.1934.

140 «Pagine della Dante, Bimestrale della Società Nazionale “Dante Alighieri”», Anno XLIII – N. 6, Novembre-Dicembre 1933, p. 241-242.

141 SDA-CE-COP, Volantino pubblicitario (leporello) della conferenza intitolata: «La via dell’Impero ed i fori imperiali».

Esposizione in italiano con proiezione di immagini. Nell’ottobre del 1933, la Dante di Copenaghen ospitò la prestigiosa conferenza di Guido Calza, illustre archeologo italiano, docente all’università di Roma e direttore degli scavi di Ostia.

142 «Pagine della Dante, Bimestrale della Società Nazionale “Dante Alighieri”», Anno XLI – N. 3, Maggio-Giugno 1931, p. 66.

Centrale, con l’intenzione di tenere alcuni incontri sui seguenti temi: i recenti scavi di Roma, la bonifica dell’Agro Pontino e la donna italiana nell’epoca fascista.143 La presenza della Speckel in Danimarca faceva parte di un preciso programma di propaganda sul quale la Sede Centrale della SDA aveva investito notevoli sforzi finanziari. L’iniziale «impossibilità» di ospitare la Spreckel, espressa da parte del Comitato danese, rischiò di generare un vero e proprio «caso». Per i motivi climatici, sociali e organizzativi appena menzionati, il presidente della SDA di Copenaghen aveva fatto notare che una conferenza della Speckel nel mese di aprile si sarebbe sovrapposta con altri eventi già programmati da tempo. Inoltre, un eventuale rinvio della sua conferenza nel mese di maggio non avrebbe raccolto una quantità numerosa di pubblico. Ma la conferenza della Speckel veniva particolarmente caldeggiata dai vertici della SDA e, soprattutto, sembrava gradita alla propaganda culturale del regime. Il segretario generale della SDA, infatti, fece notare senza troppi giri di parole che la proposta «non si poteva rifiutare»:

«[...] Le rinnovo viva preghiera a che Ella voglia organizzare tale manifestazione poiché riesce molto difficile a questa Sede Centrale inviare conferenzieri in Danimarca e ci spiacerebbe che la Signora Speckel [...] non potesse tenere la conferenza. Infine le segnalo che all’on. Presidente [Felicioni] sta molto a cuore questa manifestazione, facente parte di un giro di propaganda che è costato alla Sede Centrale un notevole sacrificio finanziario.

[...]»144

La conferenza della Speckel, intitolata «Le Paludi Pontine», si tenne puntualmente il 18 maggio 1934. Il pubblico, come previsto, non fu così numeroso poiché si trattava dell’antivigilia di Pentecoste, ricorrenza particolarmente celebrata nei paesi nordici.145 Le esigenze della propaganda, dunque, superarono quelle territoriali ma, almeno, non vi fu spazio per alibi e polemiche. Nel mese di ottobre dello stesso anno, anche Giacomo Devoto, all’epoca professore all’università di Padova, avrebbe tenuto una conferenza presso il comitato danese.146 La Speckel, invece, tornò alla SDA di Copenaghen anche nel 1935. Rispettivamente il 12 e il 13 marzo, l’intellettuale italiana tenne due conferenze: «La donna italiana nello stato corporativo» e «Le vie d’Italia». Stavolta pare che il pubblico fosse numeroso e che, forse per incanto, l’Italia avesse trovato una nuova «ambasciatrice»

143 SDA-CE-COP, Lettera di Gigi Maino al presidente della Dante di Copenaghen, cav. Renato Luzi, datata 23.05.1934.

144 Ivi, L’intera vicenda è stata ricostruita attraverso una fitta corrispondenza tra Luzi e Maino tra il 23.03.1934 e il 12.04.1934.

145 Ivi, Lettera del 31.05.1934 di Luzi a Maino.

146 Ivi, Lettera di Luzi a Felicioni del 14.9.1934.

dell’italianità nei paesi nordici.147 Questa trasferta, però, appariva come una vera e propria

«missione» di propaganda culturale. Il viaggio era stato condotto su incarico della SDA ed era durato 23 giorni, dal 23 febbraio al 13 marzo. La prima destinazione fu Helsinki, dopodiché la Speckel proseguì per Stoccolma, Oslo e Copenaghen. Tornata in Italia, la Speckel fece subito rapporto al Minculpop. Il pubblico era stato numeroso e la Speckel mise in evidenza quanto fatto per diffondere la cultura italiana in quel paese. Cercò, con qualche risultato positivo, di intensificare i contatti con i giornali locali invitandoli a scrivere riguardo a temi della cultura italiana. Visitò diversi editori consigliando loro la traduzione, nelle rispettive lingue, di opere italiane significative ancora ignorate nell’Europa settentrionale. La Speckel riferiva di aver ricevuto risposte positive in proposito, ma che andava aumentato l’interesse turistico nei confronti dell’Italia. La concorrenza di Spagna e Francia, infatti, era assai agguerrita.

Quanto agli aspetti politici, la Speckel scriveva che il fascismo, nei paesi nordici, veniva confuso troppo spesso con il nazismo hitleriano e persino con il bolscevismo russo. La Speckel, dunque, cercava di mettere in evidenza la differenza (e implicitamente l’indiscussa superiorità) del fascismo e della cultura italiana. La Speckel, inoltre, esortava a non ridurre l’impegno dei conferenzieri nei paesi nordici, poiché la Francia e la Germania ne avrebbero approfittato pericolosamente aggiudicandosi larga simpatia.148

In inverno, più precisamente la sera del 10 dicembre 1935, Salvatore Sibilia tenne una conferenza alla Dante di Copenaghen in occasione del venticinquesimo anniversario della sua fondazione. Alla manifestazione risultava presente anche il ministro d’Italia Capasso Torre.149 All’inizio del 1936, invece, ebbe luogo una commemorazione oraziana per celebrarne solennemente il bimillenario. Relatore della serata fu Carlo Diano, il quale mise in evidenza le analogie tra la grandezza dell’epoca di Orazio e quella di Mussolini. Infine, il noto poeta danese Axel Juel lesse alcune tra le più caratteristiche odi di Orazio nella traduzione che egli stesso aveva pubblicato due anni prima.150 In autunno, la stagione si riaprì il 22 ottobre con una conferenza di Knud Ferlov su

«Stendahl e l’Italia».151 Nel 1937 Dresda e Copenaghen si «incontrarono» alla Dante attraverso il

147 Ivi, Comitato di Copenaghen, riunioni del 1935 (si tratta di un documento parziale).

148 ACS-MINCULPOP, Direzione Generale Servizi della Propaganda, poi per gli scambi culturali (1930-1944), Conferenzieri, fascicoli personali 1934-1941, Busta 244, Anna Maria Speckel. Le informazioni provengono da un rapporto abbastanza dettagliato della Speckel riguardo alla sua missione nei paesi nordici durante il 1935.

149 «Pagine della Dante, Bimestrale della Società Nazionale “Dante Alighieri”», Anno XLV – N. 6-7, Novembre-Dicembre 1935, pp. 27-28.

150 Ivi, Anno XLVI – N. 2, Marzo-Aprile 1936, p. 25.

151 Ivi, Anno XLVI – N. 6, Novembre-Dicembre 1936, p. 20. Ferlov, tuttavia, era un personaggio di primissimo piano nei rapporti italo-danesi. Non solo perché tradusse Papini, ma anche per i suoi soggiorni italiani e le sue opere dedicate

concerto del noto pianista italiano Walter Schaufuss-Bonini.152 Infine, tra il 1938 e il 1939, il comitato danese propose una serie di conferenze dal taglio classico: Bruno Bassi, ad esempio, parlò di Tiziano, mentre il nuovo presidente del comitato, Carlo Izzo, tenne una conferenza dal titolo

«Venezia dalla caduta della Repubblica ad oggi».153