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4. LATINITAS CONTRO DEUTSCHTUM: LA «CIRCOLAZIONE DELLE IDEE»

4.2 L’«identità tedesca» in Germania e nei paesi nordici

Se è vero, come ha affermato Poliakov, che l’identità tedesca (Deutschtum) si è formata per

«reazione» o «contrapposizione» alle altre, allora giova richiamare alla memoria un remoto esempio di livore latino-germanico. Nel 962, il vescovo Liutprando di Cremona (storico, diplomatico e uomo di fiducia dell’imperatore Ottone) scrisse:

«[...] quos nos, Langobardi scilicet, Saxones, Franci, Lotharingi, Bagoarii, Suevi, Burgundiones, tanto dedignamur, ut inimicos nostros commoti nil aliud contumeliarum nisi:

Romane! dicamus, hoc solo, id est, Romanorum nomine, quicquid ignobilitatis, quicquid

56 «La difesa della razza. Scienza, documentazione, polemica», Anno IV, n. 12, 1941, pp. 24-26.

57 Panoramica articoli, Indice degli autori per l’anno quinto (1942), in «La difesa della razza. Scienza, documentazione, polemica», Anno VI, n. 1, 1942, pp. 22-23.

timiditatis, quicquid avaritiae, quicquid luxuriae, quicquid mendacii, immo quicquid vitiorum est, comprehendentes. [...]»58

La rigida opinione di Liutprando nei confronti dei romani deve aver lasciato una traccia significativa se, a distanza di così tanti secoli, ben due autorevoli studiosi come Léon Poliakov e Aaron Gillette ne hanno menzionato le parole in merito alle loro ricerche sul razzismo e il nazionalsocialismo. Poliakov, infatti, citò le parole di Liutprando nel 1971,59 mentre Gillette, in una delle sue opere più recenti, ha riportato ancora quel passo di Liutprando.60

Già nel 962 d. C., pertanto, l’antagonismo germanico nei confronti del «mito» di Roma era palese. Il vescovo longobardo, affermando che i lombardi (così come i sassoni, i franchi, i lotaringi, ecc.) disprezzassero enormemente i romani, poneva già una robusta barriera tra i due mondi. Tale antipatia sarebbe stata persino esacerbata dalla riforma protestante e Lutero, dopo essersi recato a Roma nel 1510, apparve disgustato dalla corruzione e dalla decadenza della città.61 Lo storico völkisch e nazionalista Heinrich Claß, nella sua opera «Deutsche Geschichte», scrisse che le campagne di conquista orientale condotte dall’imperatore Ottone I (al trono dal 962 al 973) fossero un esempio di politica coloniale (Kolonialpolitik) e di riconquista dell’antico territorio etnico germanico.62

Questa presunta «identità» modellata sul «contrasto», è stata spiegata da Poliakov il quale ha fatto notare che un manuale di storia italiana (francese o inglese), cominci spesso raccontando i fatti accaduti nel suolo natale. In un manuale tedesco, invece, si parte dall’«espansione germanica», ossia raccontando quanto avvenuto in Italia, Francia e Spagna (ma comunque, non in Germania), almeno quindici o venti secoli prima. In altre parole, si tratta di studiare l’influenza tedesca sugli altri popoli, secondo una sorta di singolare «internazionalismo germanico».63 In sintesi, i tedeschi erano il prodotto di un «incrocio di razze» o, se si preferisce, di popoli. Riprendendo le parole di

58 Il testo originale venne riportato in una pubblicazione tedesca del 1915, in particolare: Scriptores Rerum Germanicorum in usus scholarum ex monumentis Germaniae historicis separatim editi. Liutprandi Opera. Hannoverae et Lipsiae impensis bibliopolii hahniani, 1915, Die Werke Liudprands von Cremona, dritte Auflage, J. BECKER (a cura di), Hannover und Leipzig, Hahnsche Buchahandlung, 1915, in Liudprandi Legatio (o Relatio de legatione Constantinopolitana, c.12), pp. 182-183.

59 L. POLIAKOV, Op. cit., 1999, p. 96.

60 A. GILLETTE, Op. cit, 2014, pp. 10-11.

61 Ibidem.

62 S. NAGLE, Histories of Nationalism in Ireland and Germany. A Comparative Study from 1800 to 1932, Bloomsbury, London and New York, 2017, pp. 91.

63 L. POLIAKOV, Op. cit., 1999, p. 82-83.

Liutprando di Cremona, inoltre, sembra che l’identità germanica fosse nata per «esclusione»,

«contrapposizione» e «diversificazione» rispetto agli altri popoli, ossia gli stranieri.

Ecco un tema ricorrente anche nella retorica nazionalsocialista: l’identificazione del «diverso»

come «nemico» e la «purezza» come conseguenza della «selezione» e dell’«esclusione». Esistono anche interpretazioni abbastanza diffuse, secondo cui il culto della «razza» germanica sarebbe legato a ricordi precristiani, in base ai quali Wotan e Thor non avrebbero mai abbandonato il loro suolo natale.64 Effettivamente appare paradossale constatare che la mitologia germanica si sia conservata al di fuori della Germania stessa, ad esempio, attraverso le saghe scandinave oppure nei racconti degli storici romani.65 È innanzitutto grazie alle origini latine che si elaborò il mito di quelle germaniche: affinché risuonassero i loro titoli su scala mondiale, i tedeschi, avrebbero cominciato ad attingere le loro argomentazioni proprio da Tacito e dagli scritti dei «padri» latini.66 Lo stesso autore latino, ad esempio, menzionò la venerazione del dio Nerto (Nerthus), ossia di un’antica divinità germanica adorata anche dai longobardi che rappresentava la fecondità.67

Invece, a proposito del «Michel tedesco» (già chiamato in causa in merito ai rapporti tra Italia e Germania in Alto-Adige), occorre ricordare un’altra opera meno nota. Si tratta di «Teutscher Michel» (il «Michel tedesco», appunto) di Johann Jacob von Grimmelshause. In alcune delle sue pagine si ritrovano molti dei temi ricorrenti della propaganda pangermanista prima e nazionalsocialista poi. Ad esempio, le diverse credenze secondo cui i Germani fossero di «razza»

pura, si fossero stabiliti in Europa da tempo immemorabile (certamente prima della confusione di Babele), soggiogarono tutto l’Occidente dopo aver sconfitto l’«aquila romana», generarono le dinastie e le aristocrazie. Il circolo si chiude con l’elogio della lingua, un idioma puro, ossia «la lingua degli eroi che esiste in sé e per sé» e in contrasto con tutte le alre lingue «rappezzate».68

Tutto ciò sembra quasi anticipare di qualche secolo la sinistra affermazione di Fischer su «La difesa della razza» secondo cui l’«eroismo» fosse la discriminante tra la razza superiore e tutte le altre. La compattezza della Deutschtum realizzata nell’Impero, però, era insidiata dal risorgere

64 Wotan è l’equivalente di Odino. Per una panoramica dettagliata e recente sull’antica mitologia norrena, si veda: C.

LARRINGTON, The Norse Myths. A Guide to the Gods and Heroes, Thames and Hudson, London, 2017. Tuttavia, lo studio più rigoroso scientificamente, al quale fare assolutamente riferimento, è il classico volume di Georges Dumézil dedicato alla mitologia nordica: G. DUMÈZIL, Gli dèi dei Germani. Saggio sulla formazione della religione scandinava, Adelphi Edizione, Milano, 1988 (edizione consultata. Prima edizione, 1959).

65 L. POLIAKOV, Op. cit., 1999, p. 86.

66 Ivi, pp. 63-64.

67 C. LARRINGTON, Op. cit., p. 44.

68 L. POLIAKOV, Op. cit., 1999, p. 106.

frequente dell’acerba controversia tra tedeschi settentrionali e tedeschi meridionali, così come dalla polemica permanente fra i fautori del Grossdeutschtum e quelli dell’impero prussiano.69

Nel «romanismo» di Giorgio Moenius, ad esempio, emergeva tutta l’avversione antiprussiana di ogni buon bavarese. Egli, ammiratore del fascismo italiano, era stato il più fiero avversario spirituale del nazionalsocialismo. Aveva percepito l’esistenza di due «Germanie»: una elitaria, educata romanamente; l’altra teutonica, preponderante e soffocante. Quest’ultima, si era mantenuta tenace dopo essersi ribellata abbastanza apertamente contro la «civilizzazione» romana. Secondo Moenius, pertanto, i nazionalsocialisti erano assai lontani dalla mentalità romana, malgrado il loro mimetismo fascista. L’appello nazionalsocialista alla «razza», al contrario, non avrebbe avuto nulla a che fare con la politica di rigenerazione nazionale, mediante il ritorno consapevole alla tradizione romana, propugnata da Mussolini.70

Moenius non era l’unico sostenitore del pensiero secondo cui l’antica eredità di Roma fosse una garanzia di sopravvivenza per l’intero Occidente e che, anzi, proprio l’armonizzazione con la cultura germanica fosse il baricentro di quella europea. Esistevano parecchi «renani», più sensibili spiritualmente alla latinità che li aveva «civilizzati» e coinvolti politicamente con l’altra grande potenza latina occidentale: la Francia. Costoro, che avevano apprezzato il mondo latino (magari idealizzandone parzialmente la vitalità), percepirono nel loro paese l’oscuramento di alcune qualità tipicamente latine. Cominciarono così una revisione dei valori e della storia germanica alla luce della sostanza latina, affermando che il mondo tedesco dovesse uscire dal proprio isolamento e aprirsi a un maggiore contatto con il Sud e l’Ovest.71

I nazionalsocialisti di Hitler, invece, la pensavano in modo diametralmente opposto. I panzer teutonici si sarebbero presto spinti oltre i confini ma non certo per «scambiare» e «condividere» la propria cultura con i popoli limitrofi.

69 M. BENDISCIOLI, Op. cit. in M. BENDISCIOLI, G. MOENIUS, I. HERWEGEN, P. WUST, Op. cit., 1933, p. 16. Per un saggio sull’interpretazione del concetto di Deutschum da parte tedesca alla fine del XIX secolo, giova ricordare la seguente opera: F. BLEY, Die Weltstellung des Deutschtums, Verlag von J. F. Lehmann, München, 1897. D’altra parte, come evidenziato da Breuer molti decenni più tardi, anche il colonialismo tedesco ebbe una certa influenza sulla maturazione e lo sviluppo del movimento völkisch. Naturalmente non si trattava di fenomeni sempre compatibili ma esistevano intrecci e snodi comuni dai quali la costruzione ideologica e politica dell’identità nazionale traeva materiale.

Il concetto di Deutschtum, in particolare, si legava alla presenza di tedeschi non solo presso le colonie, ma anche nel resto del mondo. Si veda: S. BREUER, Op. cit., 2009, pp. 57-67.

70 Ivi, pp. 22-23.

71 Ivi, pp. 30-31.

4.2.1 «Der Norden»

La NG e il «movimento nordico» avevano a disposizione una loro cassa di risonanza ufficiale. Si trattava della rivista «Der Norden» (il Nord). Sulla rivista scrivevano i fedelissimi di Rosenberg, ossia tutti coloro i quali, a diverso titolo, costituivano il milieu politico-razziale e culturale del Terzo Reich nell’Europa settentrionale e non solo. Ad essa si era affiancata, nel corso del 1936, una rivista che avrebbe infettato ancora di più la ferita aperta tra «cultura» e «razza» nella società tedesca.

Dietro all’iniziativa (come si vedrà nel prossimo paragrafo) emergevano gli ormai «soliti noti»:

Ludwig Ferdinand Clauß e Hans K. Günther.72 Quanto alle origini di «Der Norden», invece, è opportuno precisare che essa era la discendente diretta di un altro periodico ufficiale della NG. Tra il 1924 e il 1933, la rivista ufficiale della NG si chiamava «Ostsee-Rundschau» (1924-1933).

Dopodiché, nel 1934, vi fu la breve esperienza del «Der Nordische Aufseher» e, nel 1935 (sino al 1944), la definitiva consacrazione di «Der Norden» e «Rasse».73 Il nome «Der Nordische Aufseher»

derivava da un medesimo organo di stampa tedesco appartenente a un cappellano residente a Copenaghen nel XVIII secolo: Johann Andreas Cramer.74 Le copertine di «Der Norden» erano uno dei «pezzi forti» della rivista. Si trattava di vere e proprie opere d’arte realizzate dall’artista Alfred Mahlau, uno dei «padri fondatori» della NG. Il taglio grafico era accattivante, i soggetti e gli sfondi si ispiravano alla mitologia norrena all’architettura, alla navigazione, ecc.

Quanto all’aspetto pratico della rivista, però, non sembra che ci fossero sostanziali differenze rispetto a «Pagine della Dante» e «Romana». All’interno della rivista, infatti, esisteva una sezione, von Monat zu Monat (di mese in mese), che riportava un elenco delle maggiori iniziative culturali in Germania e nei paesi nordici. Si poneva particolare enfasi sulle visite istituzionali dei gerarchi nazisti presso le varie sedi culturali tedesche e nordiche come università, scuole, associazioni e accademie. La sezione, a sua volta, era suddivisa in piccoli sottogruppi. Nel primo veniva sintetizzata l’attività mensile della NG nel territorio del Terzo Reich. Negli altri, invece, comparivano le iniziative organizzate nei singoli paesi nordici: Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia e, talora, persino Islanda.

72 AHL, 05.4-Nordische Gesellschaft - 066, Nordische Gesellschaft, Allegemeines (Zeitungsauschnitte), Band 2, 1938-1944. In un articolo del «Völkischer Beobachter» (Berlin, Norddeutsche Ausgabe, nr. 67 del 07.03.1936) venivano sintetizzati gli studi già effettuati nonché quelli in corso sulla questione della «razza». Grande merito veniva attribuito al norvegese Alfred Mjøen il quale, attraverso il suo laboratorio a Oslo, aveva contribuito significativamente ad accrescere la presunta «conoscenza» sul tema della «razza» nordica.

73 M. LOEBER, Völkische Bewegung zwischen Weser und Ems. Richard von Hoff und die Nordische Gesellschaft in Bremen und Nordwestdeutschland, Peter Lang GmbH, Frankfurt am Main, 2016, p. 17.

74 Ivi, p. 33.

Anche su «Der Norden» diversi autori prendevano la parola in merito a questioni politiche e propagandistiche. Nel 1935, ad esempio, Knut Hamsun, Barbra Ring, Gunnar Gunnarsson, Ernst A.

Kock, il sindaco di Copenaghen Kaper e Helge Roswaenge, avevano accolto con entusiasmo l’autodeterminazione della Saar. Si trattava di una rappresentazione apparentemente composita di una parte del mondo germanico dell’epoca che, proprio attraverso le pagine dell’organo ufficiale della NG, esprimeva la propria compiacenza nei confronti della politica irredentista tedesca.75

La linea editoriale di «Der Norden», inoltre, puntava spesso a mettere in evidenza non solo le profonde (presunte) affinità culturali tra la Germania e i paesi nordici, ma anche le tracce concrete dell’intervento reciproco e diretto degli artisti, dei tecnici e dei pensatori nei rispettivi paesi. Nel 1935, comparve un articolo dedicato a Wilhelm von Hanno (noto architetto amburghese), colui che aveva sensibilmente contribuito alla costruzione di alcuni moderni edifici presso la città di Oslo.76 Anche la chiesa neogotica della Trinità (Trefoldighetskirken), costruita nel centro di Oslo nel 1858, era stata progettata da von Hanno.77 Ma nel 1935 comparve anche un significativo rapporto sulla

«Giornata nazionale della Società Nordica» (Reichstagung der Nordischen Gesellschaft).

All’interno dello stesso articolo erano state pubblicate le fotografie dei più importanti «uomini»

della NG. Il «posto d’onore» era riservato a Rosenberg, dopodiché comparivano nell’ordine:

Hinrich Lohse (Oberpräsident und Gauleiter, Leiter der Nordischen Gesellschaft) ed Ernst Timm (Reichsgeschäftsführer der Nordischen Gesellschaft). Si trattava, rispettivamente, del direttore e del segretario generale nazionale della NG.78

Nel numero di agosto dello stesso anno, invece, venne pubblicato un articolo abbastanza dettagliato sulle forze armate svedesi. L’intervento riportava dati di carattere tecnico, economico e operativo, senza tralasciare reparti e rispettivi comandanti.79 Verso la fine dell’anno, comparve un ricco articolo dedicato alle isole Fær Øer. I testi e le fotografie erano stati realizzati da Henry Koehn. Questi era uno studioso particolarmente interessato alla storia e ai costumi delle isole

75«Der Norden», Nr. 1, 12. Jahrgang, Januar 1935, Verlag Wilhelm Limpert, Dresden/Berlin, p. 1.

76 B. ROEMISCH, Wilhelm von Hanno. Der deutsche Baumeister des aufbühenden Oslo, in «Der Norden», Nr. 1, 12.

Jahrgang, Januar 1935, Verlag Wilhelm Limpert, Dresden/Berlin, pp. 21-23.

77 La parte più antica della villa del generale F. P. L. Naeser, costruita da von Hanno nel 1866, fu la sede dell’ambasciata tedesca in Norvegia sino al 1945. Alla fine della Seconda guerra mondiale, invece, il governo norvegese decise di assegnarla al governo sovietico. Ancora oggi, la villa ospita l’ambasciata russa, situata presso l’indirizzo di Drammensveien 74, Oslo.

78 «Der Norden», Nr. 6, 12. Jahrgang, Juni 1935, Verlag Wilhelm Limpert, Dresden/Berlin, p. 171.

79 Ivi, Nr. 8, 12. Jahrgang, August 1935, pp. 247-250.

Frisone Settentrionali, situate a ridosso della costa occidentale dello Schleswig-Holstein e dello Jütland, nel Mare del Nord.80

Nel 1936, «Der Norden» dedicò particolare attenzione alle olimpiadi invernali. Esse si svolsero nel mese di febbraio presso la località bavarese di Garmisch-Partenkirchen e si trasformarono in una straordinaria opportunità propagandistica. Tutte le popolazioni nordiche, infatti, avrebbero potuto dimostrare, anche attraverso lo sport, di essere superiori rispetto alle altre. Dal 19 al 21 giugno, a Lubecca, si tenne la terza edizione della consueta «Giornata nazionale della Società Nordica», ma il 1936 fu anche l’anno delle celebrazioni per i quindici anni dalla fondazione della Società. Così, sul numero di ottobre, venne pubblicata la locandina ufficiale della settimana nordica (Nordische Woche) del 1921.81 La propaganda veicolata da «Der Norden» appariva come un imponente progetto di imperialismo nordico. Basti pensare alla serie dettagliata di articoli dedicati alla Groenlandia e agli studi secondo i quali l’America sarebbe stata scoperta proprio dai vichinghi passando attraverso la «terra verde».82 Ancora, nel dicembre del 1936 vennero pubblicate le foto della festa del solstizio d’inverno, Julfest, presso la sede della NG di Amburgo. Si trattava di una festa germanica di origine pagana, particolarmente sentita in epoca precristiana anche in Scandinavia.83

L’idillio tra Germania e Scandinavia si sarebbe spezzato a distanza di pochi anni, in particolare quando i paesi nordici dichiararono la propria neutralità nel secondo conflitto mondiale.

Nell’edizione di «Der Norden» del novembre 1939 comparve un lungo articolo dedicato al rapporto tra la Germania e i paesi neutrali. Sebbene non vi fosse un diretto ed esplicito riferimento agli stati nordici, appariva abbastanza chiaro che, attaccando l’Inghilterra, i tedeschi si sarebbero aspettati

80 Die Färöer. Ein Inselreich im Nordmeer, Text und Bilder von Henry Koehn, in «Der Norden», Nr. 10, 12. Jahrgang, Oktober 1935, Verlag Wilhelm Limpert, Dresden/Berlin, pp. 247-250. Nel 1939, venne pubblicato anche un suo libro dedicato proprio alle isole Frisone settentrionali: H. KOEHN, Die nordfriesischen Inseln: Die Entwicklung ihrer Landschaft und die Geschichte ihres Volkstums, Friederichsen, de Gruyter & Co., Hamburg, 1939.

81 «Der Norden», Nr. 10, 13. Jahrgang, Oktober 1936, Verlag Wilhelm Limpert, Dresden/Berlin, p. 432.

82 In uno studio del 2013, Wolfgang Behringer riporta che, intorno all’anno 1005, i vichinghi avessero cominciato a colonizzare il Nordamerica sotto la guida di Thorfinn Karlsefni. A sostegno di questa tesi non vi sarebbe soltanto l’interpretazione delle saghe, ma anche i reperti archeologici rinvenuti negli anni Sessanta del XX secolo presso L’Anse aux Meadows, sull’isola di Terranova. L’insediamento, che contava circa un centinaio di persone, avrebbe persino tentato di avanzare verso sud. Tuttavia sembra che l’ostilità dei cosiddetti skraelinger (il nome con cui i vichinghi definivano i nativi americani) determinò il collasso della prima colonia europea in America. A ciò si aggiunsero le enormi difficoltà di collegamento marittimo tra America, Groenlandia, Islanda e Scandinavia. Cfr. W. BEHRINGER, Storia culturale del clima. Dall’Era glaciale al Riscaldamento globale, Bollati Boringhieri, Torino, 2013, p. 120.

83 «Der Norden», Nr. 11, 14. Jahrgang, November 1936, pp. 530-533.

almeno una sorta di equidistanza da parte degli stessi stati nordici.84 Su «Der Norden» aumentò la presenza degli articoli dedicati ai risvolti bellici, esacerbando la propaganda anti-britannica. La strategia, in fondo, era semplice: tentare di convincere i paesi nordici che sarebbero presto diventati vittima di un attacco britannico a fini imperialistici.85 Sebbene le attività culturali della NG proseguissero senza differenze a livello di qualità e intensità, tra le pagine della rubrica «Von Monat zu Monat» cominciarono a comparire vignette satiriche anti-britanniche nelle quali si chiamavano in causa anche i paesi nordici, dipinti come vittime inconsapevoli delle bugie di Londra e di Parigi.

Nel corso dell’estate proprio i paesi nordici diventarono il vero terreno di scontro tra la propaganda culturale tedesca e quella inglese.86 In agosto, invece, Rosenberg rincarò la dose pubblicando, sempre su «Der Norden», un lungo articolo nel quale ribadiva con forza il concetto del comune destino delle popolazioni nordiche. L’accusa nei confronti della Gran Bretagna era esplicita e la creazione di un fronte comune sia politico, sia culturale nei confronti di Londra (ma anche di Parigi), avrebbe dovuto fare da collante tra la Germania e i paesi nordici.87 Per Rosenberg e la NG, dunque, esisteva un destino comune che legava tutte le popolazioni nordiche, la cosiddetta Schicksalsgemeinschaft, la quale non coinvolgeva soltanto i paesi nordici, ma anche quelli baltici come Estonia e Finlandia. Il concetto, quindi, si estendeva a una Schicksalsgemeinschaft der Völker um die Ostsee.88

Nel settembre del 1941, per voce dello stesso Rosenberg, il nuovo grande nemico della Germania divenne il bolscevismo sovietico. La crociata anti-comunista era ormai cominciata in estate e i paesi nordici si trovavano circondati. Evidentemente non è un caso se il direttore della NG

84 Ivi, Nr. 11, 16. Jahrgang, November 1939, pp. 385-387. L’articolo era stato scritto dall’ambasciatore Ulrich von Hassel, un diplomatico molto stimato che aveva ricoperto importanti incarichi anche a Roma e Copenaghen. Risulta importante ricordare che, pochi anni dopo, venne giustiziato dopo aver preso parte alla congiura ordita da von Stauffenberg ai danni di Hitler. Cfr. LEMO, LEBENDIGES MUSEUM ONLINE, Ulrich von Hassell, Link:

https://www.dhm.de/lemo/biografie/ulrich-hassell. Sulla figura di von Hassel, però, esiste anche una biografia accurata:

G. SCHÖLLGEN, Ulrich von Hassell 1881-1944. Ein Konservativer in der Opposition, Beck, München, 1990.

85 Ivi, Nr. 5, 17. Jahrgang, Mai 1940, Verlag Wilhelm Limpert, Dresden/Berlin, pp. 129-130. Questo era sostanzialmente lo scopo dell’articolo intitolato «Um die Freiheit» dell’allora retro-ammiraglio Friedrich Lützow.

86 Ivi, Nr. 7, 17. Jahrgang, Juli 1940, p. 217.

87 Come ricordano gli studi di John P. Fox, Rosenberg si recò anche a Londra. In particolare, si rimanda a: J. P. FOX, Alfred Rosenberg in London, in «Contemporary Review», 103, 1968, pp. 6-11. Infatti, in base agli studi successivi di William Young, sembra che, nel 1933, Rosenberg si fosse permesso di rappresentare il governo tedesco a Londra. Hitler si sarebbe imbarazzato a tal punto da non voler mai più perdonare Rosenberg a causa di quel comportamento. Cfr. W.

YOUNG, German Diplomatic Relations 1871-1945. The Wilhelmstrasse and the Formulation of Foreign Policy, iUniverse, Lincoln, 2006, p. 191.

88 B. ALMGREN, J. HECKER-STAMPEHL, E. PIPER, Op. cit., 2008, pp. 41-42.

fosse Hinrich Lohse, nato nello Schleswig-Holstein e, soprattutto, commissario del Terzo Reich nell’Ostland, il quale comprendeva proprio i paesi baltici e la Bielorussia. Con la nomina di Lohse a tale incarico, il fronte della NG (così come quello della Wehrmacht), si allargava. Anzi, si dilatava pericolosamente, accomunando i destini degli slavi baltici (come polacchi, lituani, lettoni ed estoni) a quelli dei finlandesi e, per estensione norvegesi, danesi e (benché indirettamente) svedesi. I tedeschi si misero alla testa di un presunto fronte nordico che spaziava da ovest a est e che si

fosse Hinrich Lohse, nato nello Schleswig-Holstein e, soprattutto, commissario del Terzo Reich nell’Ostland, il quale comprendeva proprio i paesi baltici e la Bielorussia. Con la nomina di Lohse a tale incarico, il fronte della NG (così come quello della Wehrmacht), si allargava. Anzi, si dilatava pericolosamente, accomunando i destini degli slavi baltici (come polacchi, lituani, lettoni ed estoni) a quelli dei finlandesi e, per estensione norvegesi, danesi e (benché indirettamente) svedesi. I tedeschi si misero alla testa di un presunto fronte nordico che spaziava da ovest a est e che si