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3. RAZZISMO «CULTURALE» E RAZZISMO «BIOLOGICO»

3.1 L’«internazionale della razza»

3.1.2 Il «caso Cogni»

A partire dalla metà degli anni Trenta, Giulio Cogni fu un personaggio tanto controverso quanto meritevole di attenzione. Nato a Siena nel 1908, si laureò in giurisprudenza per poi insegnare filosofia e pedagogia. Musicista mancato, si iscrisse al PNF nel 1932. Tra il 1931 ed il 1944, intrattenne una fitta corrispondenza epistolare con Giovanni Gentile nella quale il senese approfittava spesso dei suggerimenti e dei consigli dell’illustre filosofo. Già a partire dal 1932, infatti, Cogni aveva espresso a Gentile il proprio desiderio di ottenere un lettorato in Germania.

Dopodiché, cominciò a collaborare con «Quadrivio», attraverso il quale tentò di diffondere le teorie di Rosenberg e delle correnti del razzismo nordico. Tale attività, inoltre, proseguì anche tra le pagine de «Il Tevere».58

Ma il trampolino di lancio per l’esperienza tedesca di Cogni fu, paradossalmente, il suo primo incarico di lettorato in Bretagna, presso l’università di Rennes. Tuttavia, sebbene con tatto e ossequio, Cogni insisteva affinché il Ministero degli Affari Esteri lo inviasse, appena possibile, in Germania. Il lettore senese sosteneva di conoscere ampiamente la lingua, ma anche la mentalità delle popolazioni germaniche e, pertanto, potesse contribuire maggiormente all’opera di «italianità»

alla quale si stava già dedicando in Francia. Nell’estate del 1935, prima di partire da Rennes, Cogni chiese di poter effettuare il viaggio di ritorno passando attraverso la Germania, in particolare Monaco di Baviera e Tubinga. Durante la temporanea chiusura delle attività di docenza a Rennes, sembrò che il desiderio di un trasferimento in Germania stesse per avverarsi. A tale proposito, nel giugno del 1935, Piero Parini scrisse all’ambasciatore italiano a Berlino, pregandolo di sostituire, a

57 Per una prima «bibliografia del dibattito», si suggeriscono i seguenti studi: A. VENTURA (a cura di), L’università dalle leggi razziali alla resistenza. Atti della giornata dell’Università italiana nel 50° anniversario della Liberazione, Cleup, Padova, 1996; A. VENTURA, La persecuzione fascista contro gli ebrei nell’Università italiana, in «Rivista storica italiana», 109, n. 1, 1997; M. SARFATTI, La scuola, gli ebrei e l’arianizzazione attuata da Giuseppe Bottai, in I licei G. Berchet e G. Carducci durante il fascismo e la Resistenza, D. BONETTI, ET AL., Liceo classico statale G.

Carducci, Milano; M. SARFATTI, L’espulsione degli ebrei dall’università italiana, in «Italia contemporanea», dicembre 1997-marzo 1998; R. MAIOCCHI, Scienza italiana e razzismo fascista, La Nuova Italia, Scandicci, 1999; A. CAPRISTO, L’espulsione degli ebrei dalle accademie italiane, Zamorani, Torino, 2002; T. DELL’ERA, La storiografia sull’università italiana e la persecuzione antiebraica, in «Qualestoria», 32, n. 2, 2004; A. CAPRISTO, Il Decreto legge del 5 settembre 1938 e le altre norme antiebraiche nelle scuole, nelle università e nelle accademie, in «La Rassegna Mensile di Israel», vol. 73, n. 2, maggio-agosto 2007; V. GALIMI, Op. cit., 2018; E. EDALLO, Op. cit., 2018.

58 T. DELL’ERA, L’attività di Giulio Cogni all’estero. Il lettorato in Francia (1935-1936). Prima Parte, Giornale di storia, www.giornaledistoria.net, n. 22, 2016, pp. 1-3.

partire dall’inizio del mese di ottobre, il lettore presso l’università di Halle (Mario Pensa) con Giulio Cogni. Invece, a causa di diversi motivi burocratici, tutto sfumò e la questione venne rimandata.

Cogni tornò a Rennes, ma conservò la speranza di poterci riprovare. L’occasione giunse quando una certa Barioli, lettrice presso l’università di Amburgo, propose a Cogni una sorta di «scambio»

dei rispettivi incarichi. Eppure, anche stavolta, tutto fu rinviato.59 L’avventura di Cogni a Rennes, però, si concluse positivamente e fu il preludio, finalmente, del suo trasferimento ad Amburgo.

Dopo un anno e mezzo di servizio in Francia, nell’estate del 1936, il docente senese venne destinato alla direzione dell’Istituto scolastico italiano per stranieri della città tedesca. Rendendo un servizio significativo alla penetrazione culturale in Francia e alla propaganda fascista all’estero, Cogni riuscì a giungere nel luogo in cui poteva continuare i propri studi sul razzismo, stringendo ulteriori contatti con gli esponenti del nazionalsocialismo.60

Nell’autunno del 1936, sull’onda della vittoria militare etiope, Interlandi intensificò i rapporti di collaborazione con Cogni.61 In «Il razzismo», uscito nel novembre del 1936, Cogni sintetizzò i contenuti del razzismo tedesco, coniugando l’idealismo gentiliano con il misticismo biologico di Rosenberg e Günther. Nel volume «I valori della stirpe italiana», invece, sottolineò il presunto carattere «nordico» della razza italiana. In entrambi i saggi espresse la sua totale adesione all’eugenica «negativa» nazionalsocialista.62 Nell’introduzione de «I valori della stirpe italiana», dichiarava apertamente:

«Questo volume non si propone di studiare il popolo italiano nela sua storia e nella sua cultura, ma soprattutto dal particolare angolo visuale dell’elemento sangue. [...] È intento di questo volume invece l’indicare come storia cultura e sangue cospirino a costituire la vita vera d’Italia come una felicissima sintesi nordico-mediterranea. [...]»63

La sua prosa, a tratti contorta, non nascondeva le istanze marcatamente «rosenberghiane»:

59 Ivi, pp. 18-20.

60 Ivi, pp. 13-14. Per ulteriori approfondimenti sull’attività di Cogni in Germania, si rimanda a: T. DELL’ERA, Giulio Cogni in Germania: il razzismo italiano tra Ministero degli Esteri e Ministero per la Stampa e la Propaganda I, in www.giornaledistoria.net, 25, 2017; T. DELL’ERA, Giulio Cogni in Germania: il razzismo italiano tra Ministero degli Esteri e Ministero per la Stampa e la Propaganda Ii, in www.giornaledistoria.net, 26, 2018.

61 F. CASSATA, Op. cit., 2008, p. 24.

62 Ivi, p. 26.

63 G. COGNI, I valori della stirpe italiana, appendice di Hans F. K. Günther, Bocca, Milano, 1937, pp. VII, VIII.

«[...] Chi rinnega in generale l’importanza dei valori di razza rivela di essere o un malsano, o un bastardo o un senza patria. [...]»64

L’essenza della purezza e del perfezionamento della «razza», secondo Cogni, risiedeva nella procreazione. Combattere contro le malattie isolandone i portatori, consentiva di dare vita a esseri umani sani e costantemente migliorabili. Il matrimonio, dunque, sinonimo di scelta della compagna e del compagno ideali, erano l’atto fisico e spirituale attraverso il quale passava la realizzazione della supremazia razziale. Cogni sosteneva anche che la questione della «razza» fosse stata sollevata in occasione della guerra d’Etiopia.65 In effetti, sembra che ignorasse quanto avvenuto e discusso a Montreux. L’autore, infatti, non risultava particolarmente interessato agli aspetti ideologici, bensì a quelli «scientifici». Secondo le fonti di Cogni, ad esempio, il volto dolicocefalo era incarnato dal viso lungo, tipico dell’uomo nordico. Il brachilocefalo, invece, era caratterizzato dal volto corto. Cogni, tuttavia, ci teneva a precisare che tali definizioni fisiognomiche, nel suo discorso, assumevano un carattere più «espressivo» che antropologico o puramente scientifico.66 Cogni sosteneva che l’espressione «nordico» si rifacesse a due sensi: uno razzistico, l’altro mitologico. Per Cogni la stirpe ariana era:

«[...] la stirpe di coloro che, in Oriente e in Occidente, han fatto, col loro avvento, la luce di ogni civiltà. [...]»67

Occorre notare, però, che Cogni rifuggiva dall’inclusivismo nordico di matrice pangermanica, anzi puntualizzava che la razza italiana, in quanto latina, fosse essa stessa parte integrante dell’antica razza ariana. La grandezza dei popoli nordici, secondo Cogni, non si realizzò al nord, dove il clima severo ne impediva lo sviluppo, bensì nel Mediterraneo. Ma la questione vera ruotava intorno all’origine geografica della razza dolicocefala sin dalla preistoria. Mentre i teorici del razzismo nordico la collocavano nell’estremo nord, Cogni sosteneva il contrario. Sulla scia degli studi di Sergi e di una sorta di leggenda particolarmente in voga all’epoca, secondo cui gli ariani

64 Ivi, p. IX.

65 Cfr. G. ROCHAT, Il colonialismo italiano, Loescher, Torino, 1972, p. 191. Ad esempio, la brusca scomparsa della canzonetta «Faccetta nera» dimostrò quanto il regime si fosse preoccupato di evitare il rischio di promiscuità sessuale e commistione tra i «dominatori» (italiani) e le popolazioni indigene. Un testo assai esplicativo, in tal senso, è l’articolo di Paolo Monelli, risalente al 1936 ed intitolato «Donne e buoi dei paesi tuoi» (pubblicato su «La Gazzetta del Popolo» del 13 giugno 1936).

66 Ivi, si veda la nota dell’autore a pag. 194 del volume.

67 G. COGNI, Op. cit., 1937, pp. 18-19.

fossero il connubio tra l’antica popolazione di Atlantide (dunque il cuore del Mediterraneo) e gli abitanti del nord, Cogni riteneva che la razza dolicocefala fosse la massima apportatrice di civiltà nonché originaria del Mediterraneo. La contesa si basava su chi avesse portato la «luce», ossia la

«civiltà»: i nordici scesi a sud, oppure i mediterranei venuti a contatto con le popolazioni del nord?

Secondo Lapouge, la divisione tra dolicocefali e brachicefali, non consisteva tra bene e male, bensì tra il bene e la perfezione. Il genio dei brachilocefali, la loro bellezza e il loro amore per l’avventura, avevano diffuso la civilizzazione. La razza superiore, che Lapouge spesso definiva

«ariana», si era stanziata prevalentemente in Inghilterra, Stati Uniti, Scandinavia e Germania settentrionale. A loro volta, però, i brachicefali erano necessari per mantenere la civilizzazione, in quanto servili e fedeli alla propria terra. In altre parole, si trattava di persone «al servizio» degli ariani.68

L’interpretazione era totalmente ribaltata rispetto a quella «filomediterranea», che attribuiva ai latini la missione «civilizzatrice». Nell’interpretazione di Cogni, però, l’uomo nordico non si incarnava necessariamente in quello scandinavo, non si limitava ad esso. L’uomo nordico era, anzi, un esemplare europeo trasversale, rappresentante dell’identità mediterranea così come di quella tipicamente settentrionale. Secondo Cogni potevano correttamente definirsi «nordici» personaggi come Elisabetta Gonzaga e Isabella d’Este. Riprendendo l’opinione di Günther, inoltre, alla lista si aggiungevano Leonardo, Galileo, Tiziano, Signorelli, Manzoni, Donizetti, Alfieri, Garibaldi e lo stesso Mussolini. Si riscontrava, insomma, un evidente elemento nordico anche nell’uomo romano e in quello rinascimentale, entrambi dal «volto d’aquila». Scriveva il Cogni in proposito:

«[...] Si sposa un inglese, un americano del nord, un tedesco: un italiano no. Un italiano, uno spagnolo, sono qualche cosa di meridionale contro cui il sangue nordico ignorante sente levarsi, nelle radici del suo fisico, un muro insormontabile. [...] Il muro cadrà e la pace potrà invece farsi, chiara e completa, fra noi e i nordici, quando potrà essere anche una pace del sangue, basata sul riconoscimento di una fratellanza più intima in nome del comune ceppo ariano. [...]»69

Nelle parole del Cogni sembrava quasi che ci fosse una sorta di allusione all’importanza della cultura e dell’istruzione. L’atteggiamento di disprezzo dei nordici verso gli italiani non era soltanto

68 J. MICHAEL HECHT, Vacher de Lapouge and the Rise of Nazi Science, Journal of the History of Ideas, Volume 61, Number 2, April 2000, p. 292.

69 G. COGNI, Op. cit., 1937, pp. 104-105.

frutto di una cattiva immagine creata dai nostri connazionali all’estero, ma anche il prodotto di una sorta di «ignoranza nordica» in materia di conoscenza della ricchezza culturale italiana.

Probabilmente le «teorie» di Cogni divennero abbastanza popolari in Germania poiché, nel 1937, sulla rivista «Rasse» venne pubblicato uno dei suoi «studi».70 Attraverso una serie di foto, raffiguranti prevalentemente giovani donne bionde provenienti dalla Toscana, Cogni tentava di spiegare come la «stirpe italiana» potesse e dovesse rappresentare la sintesi tra il mondo nordico e quello classico di matrice mediterranea. Un mondo, quest’ultimo, così antico da affondare le proprie radici nella civiltà greca. Gli «studi» di Cogni, forse perché «patrocinati» da Günther, avevano suscitato un certo interesse anche da parte di Michael Hesch, antropologo ed etnologo nazista.

Hesch, in un articolo pubblicato sempre su «Rasse» nel 1937, analizzava la presunta influenza della cultura nordica su quella romano-latina.71

L’autore prendeva in considerazione alcuni tra i più grandi personaggi della Roma antica: Giulio Cesare, Cicerone, Augusto e altri. In particolare, l’imperatore Augusto risultava essere biondo e, secondo i racconti di Plinio il Giovane, i suoi occhi erano azzurri. Ancora una volta, dunque, si andava alla ricerca di elementi comuni, sia fisici, sia caratteriali: il carisma, il senso del comando, il coraggio, ecc. Sembrava, pertanto, che Cogni e le sue idee fossero apprezzati nel Terzo Reich e, forse proprio per questo, suscitarono grande imbarazzo negli ambienti culturali e politici italiani.

Nel giugno del 1937, infatti, «Il razzismo» di Cogni venne posto all’Indice dalla Sacra Congregazione del Sant’Uffizio. Il volume, si affermava nelle motivazioni, era «pieno delle idee di Rosenberg» e rappresentava un «primo tentativo del razzismo germanico di entrare anche nelle file del Fascio».

Così, scaricato da Mussolini, Cogni potè continuare a usufruire solo della protezione di Interlandi. Si trattava di un periodo nel quale l’Asse, pur essendo ormai avviato, non si era ancora legato a doppio filo attraverso l’emanazione delle leggi razziali in Italia.72 Tuttavia, nel 1938, Werner Eicke riprese il tema su «Rasse», citando epressamente non solo Cogni, ma anche la sua

70 G. COGNI, kleine Beifräge. Rassenbilder aus Italien. in Rasse, Monatsschrift der Nordischen Bewegung, 4. Jahrgang, 1937, heft 11, herausgegeben von R.v. Hoff, in Verbindung mit. L. F. Clauß und H. F. K. Günther, Verlag B. G.

Teubner, Leipzig und Berlin, pp. 434-435.

71 M. HESCH, Zur Auswirkung nordischer Rasse in Römertum der Zeitwende, 4. Jahrgang, 1937, heft 12, herausgegeben von R.v. Hoff, in Verbindung mit. L. F. Clauß und H. F. K. Günther, Verlag B. G. Teubner, Leipzig und Berlin, pp.

475-476.

72 F. CASSATA, Op. cit., 2008, pp. 29-30.

collaborazione con «Quadrivio» e Telesio Interlandi.73 Eicke scriveva che, secondo Cogni, il concetto di «razza» si dovesse interpretare dal punto di vista filosofico e sociologico. Quella di Eicke era una vera e propria «recensione» degli scritti di Cogni e degli studi italiani sulla «razza» in generale. Dopo aver riepilogato ai lettori alcuni tra i principali orientamenti italiani nel rapporto tra

«razza», «stato», «società» e «cultura», Eicke espose le proprie perplessità nelle conclusioni.

Innanzitutto, affermava che gli studi sulla questione razziale, in Italia, fossero ancora in una fase iniziale. In secondo luogo, un «innalzamento» formale del fattore razziale al livello biologico, a differenza di quanto accaduto in Germania, non si era ancora verificato.74 Tuttavia, Eicke riponeva le proprie «speranze» nel pensiero di Niccolò Giani, della sua scuola (SMF) e della sua rivista

«Dottrina fascista». La coesistenza di due mistiche, ossia quella del mondo «ariano» (europeo) e quella del mondo «semita» (asiatico), si traduceva nell’antica contrapposizione tra Roma, assoluto simbolo di ordine e grandezza, contro Cartagine, altrettanto completa rappresentazione di un’Europa anarchica e decadente.

Il fiasco di Cogni, però, non scoraggiò il solito Interlandi che, anzi, ingaggiò due nuovi giornalisti per promuovere l’interpretazione «biologica» di matrice tedesca. Si trattava di Helmut (Elio) Gasteiner, un cittadino italiano che si trasferì nel Terzo Reich dopo l’Anschluss e Giuseppe Pensabene. Entrambi sostenevano che la questione ebraica non fosse solo politica ed economica, ma anche «biologica». Interlandi, però, reimpostò la campagna razziale abbandonando l’interpretazione

«paganeggiante» di Cogni e rimpiazzandola con quella del cattolicesimo fascista del roveretano Gino Sottochiesa.75 Cogni, probabilmente, si ritrovò in una situazione simile a quella di Landra che, inizialmente, si era invischiato fortuitamente in una posizione favorevole all’interno dell’Asse:

sostenuto da Mussolini in persona e, nel contempo, apprezzato dai tedeschi per la sua tesi

«biologica». Il cambio di rotta mussoliniano, tuttavia, spostò completamente gli equilibri: Cogni e Landra si ritrovarono estromessi e spiazzati. Quasi «abbandonati» da Mussolini, vennero «accolti»

dai nazionalsocialisti.

73 W. EICKE, Die Rassenfrage in Italien, in Rasse, Monatsschrift der Nordischen Bewegung, 5. Jahrgang, 1938, heft 1, herausgegeben von R.v. Hoff, in Verbindung mit. L. F. Clauß und H. F. K. Günther, Verlag B. G. Teubner, Leipzig und Berlin, pp. 13-20.

74 In realtà, come scrisse, Rochat, nel 1936 non mancarono indizi pesanti di razzismo «biologico» nemmeno tra le pagine dei maggiori quotidiani italiani. Una certa forma di razzismo paternalistico e pratico, infatti, venne descritta da Lidio Cipriani sul «Corriere della Sera». Si trattava di una progressiva separazione tra europei e africani che, dopo il 1938, avrebbe raggiunto connotati di segregazione applicata e cosciente. L’articolo al quale si fa riferimento, apparve il 16 giugno del 1936 ed era intitolato «L’antropologia in difesa dell’impero». Per maggiori approfondimenti, si rimanda a: G. ROCHAT, Op. cit., 1972, p. 194.

75 F. CASSATA, Op. cit., 2008, p. 33.