DELL'ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA CONTRO L'INVALIDITÀ
II. Equilibrio finanziario e deficit. — Tutta la relazione del Comitato e ancor più il pregevole allegato tecnico del
profes-sore Cantelli sono pervasi dall'assillante preoccupazione di veri-ficare l'entità del disavanzo tecnico e di trovare e giustiveri-ficare i mezzi occorrenti alla sua eliminazione. Ma un'altra preoccu-pazione deve aver tenuta sempre desta l'attenzione di qualcuno degli autorevoli componenti il Comitato: quella di non colpire in pieno il sistema contro i cui deplorevoli effetti finanziari il Comitato inequivocabilmente si pronuncia. Solo questa ipotesi, che noi avanziamo senza volere revocare in dubbio la probità del Comitato, spiegherebbe l'insistere di esso sulla esistenza d'un certo equilibrio finanziario che non ha nessun valore nè tecnico nè politico nè morale, come dimostra la realtà stessa del deficit e la riconosciutissima necessità di colmarlo. Non solo: mentre da un canto il Comitato non può tacere qualche suo dubbio sulla bontà delle ipotesi fatte e degli elementi demografici posti a baso del sistema e non si perita di farci sapere, in via di esemplificazione, che se, invece del 14,5 u/0> come prevede l'alle-gato tecnico al Decreto Legge 21 aprile 1919, il numero dei pensionati riesce pari al 15% della massa assicurata, il deficit iniziale si accresce di circa il 2 0 % e la differenza, non avendo più contropartita alcuna, andrà man mano crescendo per gli interessi di capitalizzazione; d'altro canto, poi. invece di venire alla soluzione radicale avverso un sistema così pericoloso, il Comitato si arrabatta a tappar le falle, senza riuscirvi com-piutamente, a suggerire ritirate strategiche, che sostiene senza eccessiva convinzione, e consiglia che soltanto entro 25 anni il sistema si trasformi e si abbandoni.
Giova insistere sai cosidetto equilibrio finanziario. Afferma il tecnico del Comitato: «Nelle ipotesi fatte e tenuti presenti gli elementi demografici e finanziari adottati non vi è nessun dubbio che sussista l'equilibrio finanziario della Cassa» (1). E il Comitato spiega: «S'intende dire con questo che il valore
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9attuale degli oneri verso tutti gli assicurati presenti e futuri eguaglia il valore attuale di tutti i contributi che saranno pagati per loro conto » (1). Ma il dubbio sta appunto sulle ipo-tesi fatte e gli elementi demografici adottati e sul valore del-l'equilibrio finanziario, così definito. Intorno alle prime, nulla abbiamo da aggiungere a quanto ampiamente dicemmo nei nostri lavori ricordati, tanto più che, pur nella compassata prosa del Cantelli — che alla valentìa matematica congiunge la finezza del burocratico — di riserve piuttosto gravi non ne mancano, tutt'altro. Quanto, poi, al valore della equivalenza finanziaria — che per il Comitato costituisce, a quanto pare, la condizione necessaria e sufficiente per l'equilibrio della Cassa — noi ci per-mettiamo di opporre che essa può essere necessaria ma non è niente affatto sufficiente. È equilibrio finanziario quel risultato di bilancio (contabile o tecnico, a seconda degli istituti), il quale ingeneri tranquillità e sicurezza nell'ente e in coloro che ne sono clienti. Se così non è, l'equilibrio finanziario diventa una ipo-tesi irreale. Ora, nel caso particolare, se la formazione di bilancio, limitata agli assicurati presenti, ci rendesse tranquilli sul futuro della Cassa, potremmo parlare di equilibrio; ma, invece, così facendo — come noi avevamo dimostrato prima e come con-ferma oggi il Comitato, in quasi rigorosa identità di cifre — si mette alla luce un considerevolissimo deficit.
A tal proposito, scrivevamo di recente altrove (2), e ci sia consentito di ripeterci qui: « un disavanzo sistematico, per un Istituto di previdenza, corrisponde a condizioni di favore fatte in complesso agli assicurati attuali; e, ove l'Istituto assuma come sua politica finanziaria di fronteggiare il disavanzo creando le determinanti di avanzi sistematici futuri, deve poter fare fin d'ora assegnamento, oltre che su un certo numero di assicurati futuri, anche su condizioni sistematicamente sfavorevoli da addossare a questi futuri. Ma anche se sul numero, con molte riserve, una valutazione è ammissibile, è lecito di respingere sorridendo ogni tentativo di valutazione della sistematica imbe-cillità dei futuri inscritti, i quali, invece di accettare, come farebbe comodo ai presenti, un debito gratuitamente loro appic-cicato, possono in pieno diritto, prima o poi, ribellarvisi, anche se si cercasse di obbligaceli ». Ecco perchè, a malgrado della
(1) V. Relazioni, ecc., pop. 17.
equivalenza finanziaria che sta a cuore al Comitato, quel cosi-detto equilibrio finanziario è un mito.
III. Mezzi per fronteggiare il disavanzo. — Il Cantelli
cal-cola quel soprapremio che si chiede agli assicurati del futuro prossimo e remoto, affinchè assolvano al debito loro attribuito per favorire gli assicurati del primo momento ; e trova — con-forme a quanto a suo tempo noi avevamo rilevato — che esso rappresenta circa il 4 0 % del contributo versato, se si ammet-tono le ipotesi base del Decreto-Legge, ovvero circa il 37%. se si suppone un aumento del 10 % "elle probabilità di invalidità. E calcola il Cantelli, nei due casi, il deficit iniziale che ne con-segue, cioè il valore al 1° luglio 1920 del regalo complessivo fatto agli assicurati del primo momento: nel primo caso trova, per 3 milioni di assicurati e 270 milioni di contributo annuo, un disavanzo iniziale di 1475 milioni (1); nel secondo, di 1660, di cui 280 senza contropartita e destinati ad accrescersi nel tempo per l'aggiunta degli interessi composti.
Ciò premesso, importa ormai di vedere quali mezzi il Comi-tato propone per far fronte al deficit, poiché appare incontroverso che non si può nè si deve fare a fidanza sulla eterna dabben-naggine di quelli assicurati ai quali si chiede più del 40% di quel che basti per le promesse loro fatte e che un istituto privato di assicurazioni potrebbe fare migliori.
« È indispensabile anzitutto — conclude giustissimamente la relazione del Comitato — eliminare ogni causa che porti un incremento al deficit ». Perciò si propone di « non accogliere nel-l'assicurazione obbligatoria i lavoratori che non si siano inscritti prima dei 25 anni di età » ; e comunque si chiede che « l'obbligo dell'assicurazione sia limitato a quelle sole classi di lavoratori che strettamente risentono la necessità di un aiuto in caso di invalidità e vecchiaia » (2).
(1) Queste cifro — elio collimano con quolle da noi calcolate 5 anni fa — hanno un valore di pura segnalazione, ma è verosimile che esso siano notevolmente infe-riori al vero. Per esso è ammessa, invero, una certa distribuzione ipotetica degli assicurati por età, mentre per molti segni la realtà denunzierebbe un addensamento verso le età meno giovani maggiore di quel che non era previsto : o ciò concorre ad aggravare la cifra del disavanzo. Non solo: si ammetteva che soltanto nel primo momento entrassero nell'assicurazione individui di tutte le età da 15 a 65 anni e successivamente solo persone di 15 anni; invece, mentre tutto fa ritenere che di quindicenni se ne assicurino pochi, è ben certo che di anziani so no assicurano ancora oggi : e ciò concorre pure ad accrescere il deficit.
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9Ora, quando si pensi che, invece dei 10 milioni di assicurati previsti, ancora oggi non se ne hanno presumibilmente 3 milioni, appare chiarissimo che l'accoglimento della proposta del Comitato implica l'abbandono quasi completo del principio della obbliga-torietà. È il fallimento ufficiale dell'assicurazione obbligatoria, secondo noi avevamo annunziato e illustrato fin dal passato anno.
Ma la prima proposta e l'altra subordinata che il Comitato avanza (quella, cioè, di eventualmente contemperare la misura delle pensioni alle età, cioè di tendere all'equità matematica) (1), tendono solo a far sì che il deficit non abbia ad aumentare.
Per eliminare il deficit il Comitato più che altro si affida al tempo e attraverso i mezzi che suggerisce dà piuttosto l'im-pressione che non si sia sentito di affrontare il problema in pieno; forse perchè ciò lo avrebbe condotto in linea retta alla completa sconfessione-del sistema del premio medio generale o, per lo menù, del criterio concreto di sua applicazione. Che cosa propone, invero, il Comitato? Che gli assicurati, i quali pagano quel grave soprapremio di cui s'è detto, continuino a pagarlo fino al 1940, riducendolo poi a metà nel decennio succes-sivo; o che, comunque, durante non più di 25 anni, la Cassa tragga intelligentemente partito da questi soprapremi, lasciando alla sua oculatezza di ridurlo gradualmente fino a farlo scomparire.
Non solo: siccome ciò non basterebbe, il Comitato domanda che lo Stato, il quale durante il primo decennio avrebbe dovuto corrispondere 50 milioni annui alla Cassa, se gli assicurati fossero stati 10 milioni, dia pure i 50 milioni annui, sebbene gli assi-curati non raggiungano i 3 milioni. Non solo: siccome ciò non basterebbe ancora, il Comitato chiede, come s'è già accennato, che delle 100 lire annue che lo Stato si è impegnato di dare ad ogni pensionato, quelle le quali vadano ad aggiungersi a pen-sioni superiori a'500 lire annue, non siano corrisposte agli aventi diritto; lo Stato le paghi lo stesso, ma lasci che la Cassa le faccia proprie per fronteggiare, anche per tal via, il disavanzo. Di più: siccome la Cassa dall' impiego dei suoi capitali ritrae oggi, e probabilmente per qualche tempo ancora, non meno del 5 % di reddito, laddove pensioni e premi sono calcolati al 4°/0i d Comi-tato propone che gli utili di capitalizzazione che ne conseguono, invece di portare o ad un aumento delle misure delle pensioni o ad una riduzione dei contributi, come sarebbe legittimo diritto
degli assicurati, vadano anch'essi a riduzione di questo benedetto deficit iniziale. E altre minori risorse ricorda il Comitato, come quella, discutibile, derivante da minori spese generali rispetto alla misura che sarebbe in regime normale prevedibile.
Il Cantelli si industria per ognuna di queste risorse a valu-tarne la portata, ma lui stesso riconosce che si tratta di indi-cazioni di interesse molto relativo: e noi non crediamo metta conto di analizzarne le singole risultanze.
IY. Proposte di miglior assetto. — Quello che importa, sembra a noi, è di vedere se non vi fossero proposte più radicali e, per alcune,meno illegittime di quelle formulate dal Comitato, le quali adducessero rapidamente alla eliminazione del disavanzo e rista-bilissero prestissimo quella equità matematica di cui tanto si discorre nella relazione e che poi rimane effettivamente rinviata a 20 anni data.
È umano che il Cantelli—colonna maestra del Comitato — non si sia sentito di insevire contro un sistema che, pur essendo nato morto, lo ebbe in altri tempi due volte difensore; ma è altrettanto umano che chi scrive, il quale non ebbe mai riserve nel combattere il sistema e nel metterne in evidenza i gravi pericoli per le finanze dello Stato, si avvalga del riconosci-mento ufficiale delle sue critiche per trarne quelle naturali e legittime conseguenze avanti alle quali il Comitato ha creduto di arrestarsi.
« È necessario rendere prossimo il giorno a partire dal quale possa stabilirsi l'equità matematica nei riguardi degli assicurati » = « vengano ridotte le prestazioni assicurative per gli inscritti, dopo i 25 anni di età, tenendo conto opportunamente dell'età in cui hanno cominciato a versare i premi » = « commisurando secondo l'equità matematica le pensioni ai premi, la Cassa si sarebbe trovata in ogni istante in equilibrio finanziario nei rap-porti degli assicurati esistenti; le riserve costituite avrebbero servito ad assolvere gli impegni assunti fino a quel momento. Un'eventuale soppressione del principio dell'assicurazione obbli-gatoria, in qualunque epoca fosse avvenuta, non avrebbe scosso, in quella ipotesi, la solidità della Cassa ». = Queste frasi, che abbiamo spigolato nella relazione del Comitato e che il Comitato purtroppo lascia cadere, noi le raccogliamo perchè contengono in sintesi le vere provvidenze risolutive e definitive per l'assetto razionale della Cassa delle assicurazioni sociali. Tali provvidenze
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9noi avevamo già indicato in altro nostro studio (1). Ci limitiamo qui a riassumerle brevemente per intelligenza dei lettore:
— Si raggruppino gli assicurali tutti in cinque o sei classi di età, abbandonando il sistema dei gruppi salariali : per ogni gruppo si stabilisca una misura minima di pensione (pari magari alla media di quelle variabili, promesse dal Decreto-Legge 21 aprile 1919), eliminando così la possibilità penosa di pensioni assolutamente irrisorie; si calcoli in corrispondenza il premio medio per ciascuno di questi gruppi, così che ogni gruppo basterà a se stesso e nessuno spiccherà delle tratte sulle generazioni future.
— Per quei gruppi di età il cui premio medio annuo superi il massimo contributo previsto dall'attuale Decreto, gli assicurati versino questo massimo e lo Stato integrerà la corrispondente misura di pensione così da raggiungere la misura minima pre-stabilita per il gruppo.
— Poiché in periodo di regime nel campo dell'assicurazione debbono essere solo assicurati provenienti dal primo gruppo di età, si stabiliranno dei limiti di tempo per ciascuno degli altri gruppi, oltre i quali non sarà ammesso il concorso dello Stato. — Per tal modo il concorso dello Stato andrà man mano eliminando il deficit tecnico.
— In periodo di regime sarà esaurito ogni concorso dello Stato e alla formazione delle provvidenze assicurative provvederanno compiutamente gli interessati: lavoratori e datori di lavoro.
Il vantaggio di queste modifiche sarebbe enorme. Intanto, organizzata la statistica degli assicurati e ricavando così il vero numero degli assicurati e la loro distribuzione per età — ele-menti che oggi la Cassa non possiede — si potrebbe determi-nare davvero la effettiva entità del disavanzo. Poi, di questo, una parte si eliminerebbe con particolari provvidenze, come qual-cuna fra quelle caldeggiate dal Comitato; la parte rimanente verrebbe trasformata in impegno dello Stato a integrare le pen-sioni insufficienti, nel senso sopra spiegato. E la Cassa, invece di trascinarsi per decenni sotto il grave peso morale d'un disa-vanzo, di cui oggi non si sa se e quando risulterà eliminato, ne verrebbe sollevata di colpo, per essere restituita a quel senso di considerazione e di fiducia indispensabili sempre per istituti
del genere. „ T
p F . INSOLERA.
(1) Linee di una nuova politica dello assicurazioni sociali, in « La Riforma Sociale», settembre-ottobre 1923, pag. 425, 431-432, 437.