L'accordo commerciale successivo al Trattato politico del 1883. § 1. — L e l i n e e f o n d a m e n t a l i .
La firma del Trattato di alleanza fra l'Italia, l'Austria-Ungheria e la Germania, nel 1882, condusse alla conclusione di ulteriori accordi commerciali fra gli Stati aderenti alla Triplice. L'Italia stipulò a Berlino la convenzione di commercio e di navigazione del 4 maggio 1883 e con effetto dal 1° luglio successivo (1). Fu questo il primo Trattato a tariffa fra i due Paesi, nonché uno strappo alla rigida politica protezionista di Bismarck, culminante nella tariffa doganale del 1879, protettiva sia dal Iato dell'agricoltura, sia da quello dell'industria (2). Il nuovo Trattato (3) riconobbe il principio della reciproca applicazione (1) Altri accordi furono Armati dall'Italia con l'Austria-Ungheria, nel 1887 e anche con Stati non appartenenti alla Triplice, cioè la Spagna nel 1884, rinnovato nel 1888 e la Svizzera nel 1889.
(2) La riforma doganale del 1865 e le successive del 1870 e del 1° ottobre 1873 avevano notevolmente moderato i dazi, riconoscendo i principi liberali. Invece colla nuova politica rigorosamente protezionista — che allora servi, ad una Nazione nelle condizioni della Germania, si badi, desiderosa di impedire l'entrata dei pro-dotti stranieri onde sviluppare le proprie manifatture e sfruttare le sue materie prime — progettata a proposito del trattato di Francoforte mediante l'ottenuta concessione francese della clausola della Nazione più favorita, e concretata di accordo coli'Austria, nel 1866 (Cfr. PASQUALE SPAMPINATO, «Giornale di Sicilia», 21-22 ottobre 1914), veniva a manifestarsi nella tariffa doganale tedesca del 1879. Essa tariffa aveva carattere autonomo e rappresentava il regime che l'Impero avrebbe accordato alle importazioni degli Stati, che avessero applicato ai prodotti della Germania il trattamento della Nazione più favorita; mentre agli Stati cbe avessero solamente rifiutato alla Germania il regime di favore, questa avrebbe fis-sato una sopratassa del 50 °/0. Non permetteva la stipulazione dei trattati a tariffa, era soltanto possibile ottenere la concessione della clausola della Nazione più favorita, che però non recava vantaggi speciali, evitando solo l'applicazione dei diritti addizionali del 50 °/0. L'unica infrazione al rigore fu dato dagli accordi fra l'Italia, la Spagna, la Grecia, la Svizzera, concessioni cioè di pochissimo conto. I tentativi per il rinnovo degli accordi fra lo Zollverein e la Monarchia Austro-ungarica rimasero infruttuosi per quell' epoca ; nemmeno potè agire la molla dell'accordo politico. Bismarck infatti dichiarava, che v'è differenza fra relazioni politlohe e relazioni economiche ; oggi però, se fosse in vita, attenuerebbe la sua convinzione reclamando le sole alleanze economiche.
(3) Cfr. « Testo del Trattato di commercio e di navigazione fra l'Italia e la Ger-mania firmato a Berlino il 4 maggio 1883 » , in Atti stampati della Camera dei
Deputati, legislatura XV, sessione 1882-1886, voi. Vili , N. 105-130, allegato N. 1 al
(
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9del regime più favorevole (1) in materia di commercio, di dogana e di ogni imposizione del commercio internazionale in genere; in quanto alla navigazione dette il trattamento reciproco delle navi nazionali. Il cabo-taggio venne ad avere una limitazione rispetto agli accordi del 1867 e al chiarimento del 1872, dappoiché si stabili soltanto, che ciascuna delle parti avesse diritto, per le sue navi, a tutti i favori e privilegi accordati a una terza Potenza, a condizione di reciprocità. A nessuno può sfuggire l'importanza degli accordi di navigazione, tanto utili e necessari al problema degli sboccili, che furono, sin dall'inizio della collaborazione economica italo-germanica, tenuti in prima linea nelle discussioni. Continuando collo stesso trattato, osserviamo cbe furono fatte alcune poche e lievi concessioni tariffarie. La Germania ridusse i dazi di entrata sull'uva fresca, pollame morto, aranci e limoni freschi, melograni, datteri, mandorle fresche e secche, olive, riso, olio commesti-bile, uova di pollame, ed esentò dal dazio lo zolfo, il tartaro, il sugo di liquirizia, i bozzoli, la seta innaspata o illata non tinta, i cascami di seta tinta, i coralli greggi, il marmo greggio o disgrossato, il pol-lame vivo. L'Italia, da parte sua, fece concessioni riguardanti i diritti doganali sugli alcaloidi, lo zinco, gli strumenti di precisione, il luppolo. A queste voci ben altre 94, e fra esse alcune importantissime, con-tenute nei precedenti accordi cogli altri Stati, venivano ad aggiungersi in virtù della clausola della Nazione più favorita; anzi può dirsi che il maggior traffico italo-tedesco fu causato, parlando della sola influenza doganale, da dette concessioni indirette (2).
La durata dell'accordo fu stabilita fino al 1° febbraio 1892 ; rimase però in facoltà delle Parti contraenti di farlo cessare col 1°febbraio 1888 mediante preavviso di 6 mesi alla suaccennata data.
§ 2. — Considerazioni s u l l ' a c c o r d o .
Il Trattato del 1883, adunque, veniva a concedere direttamente all'Italia quei vantaggi elencati più sopra, eccettuate due sole voci vincolate colla Svizzera; inoltre dava la non applicazione dei dazi differenziali del 50%. L'Italia, invece, dava tutte le sue tariffe con-venzionali, oltre le voci già elencate e direttamente negoziale. Salta subito all'occhio, da ciò, che l'Italia accettava un sacrificio maggiore di quello della Germania. Ma se si pensa, che la prima concedeva di solito tutte le sue tariffe convenzionali in cambio della tariffa gene-rale autonoma — così avvenne nel 1865 — apparisce chiaro ed evidente
(1) L'Italia si assicurò l'applicazione (lei favori che la Germania aveva consen-tito successivamente, alla Spagna, alla Grecia e alla Svizzera. La Germania d'altra parte potè godere delle numerose riduzioni accordate dall'Italia all'Austria nel 1878, alla Francia col trattato del 3 novembre 1881, alla Svizzera nel 1883.
(2) Cfr. BONALDO STRINOUKH, Gli scambi coli'estero e la politica commercialo
come il primo passo, seppure piccolo, veniva ad essere fatto. In sostanza, noi ottenemmo un regime più di eguaglianza cbe di
com-pensazione o di equivalenza; un progresso notevole rispetto alle
concessioni del 1865.
Non tutti i prodotti agrari italiani esportati in Germania poterono essere accontentati (1). Delle principali specie di essi — calcolati in numero di 07 (2), e di cui 27 esenti da dazio — solo alcuni prodotti, quelli già elencati, furono tenuti in considerazione. Un rifiuto assoluto fu dato alla domanda di riduzione del dazio sui vini e sul bestiame. Per le prime esportazioni, i vini, vi fu l'opposizione degli agricoltori tedeschi, che dimostrarono la necessità di non mutare lo stato attuale delle cose, soprattutto per la difesa dell' invasione dei vini francesi. Vedremo che l'Italia non ebbe danni eccessivi dal mancato beneficio; anzi, riuscì ad esportare maggiore quantità di vini nazionali. Ciò non pertanto l'imi fresca, per qualunque uso, ottenne una riduzione del terzo sul dazio di 15 marchi imposto nel 1880, in seguito ai reclami dei viti-vinicultori tedeschi.
Per i prodotti industriali italiani non vi fu bisogno di garanzie notevoli.
L'appoggiarsi di tutte le discussioni, principalmente sul terreno delle concessioni agricole, e la relativa trascuranza,da parte dell'Italia, per tutta la parte riguardante le garanzie da dare all'industria nascente nazionale, compendiano eloquentemente le condizioni dell'Italia: svi-luppo agricolo e inizio dell' industria non ancora in grado di compe-tere colla superiorità dei prodotti stranieri. Nel 1882, infatti, l'agri-coltura italiana esportava nel mondo per circa 800 milioni di lire in cifra tonda, su di un totale di 1156 milioni, e per giunta si affaticava a trovare gli sbocchi onde dare sfogo alla sua produzione (3); l'industria
(1) Cfr. lu « Relaziono al progotto per la conversione in leggo del relatore Ono-revoli; SIMONELLA » , in Atti stampati parlamentari, op. cit. N. 115 .4, pag. 4.
(2) Secondo la relaziono ministeriale il calcolo dei prodotti agricoli esportati in Germania appare di 50 generi, mentre nella relazione della Commissione parla-mentare, relatore On. Siiuonelli, sono 67 le merci agricole esportate. Accettiamo quest'ultima cifra, perchè comprende tutto le merci agricole, sia quali esse appaiono, sia dopo una trasformazione. Anche oggi si tende di fare passare fra i prodotti industriali le merci provenienti dalle industrie agricole — la seta, ad esemplò, la si vorrebbe escludere. — Relazione dattilografata e fuori commercio presentata dulia
Confederazione Generalo dell'Industria e Associazione fra le Società per Azioni,
allu riunione di industriali di Milano, per il trattato di commercio colla Germania, pag. I l , fra i manufatti sono comprese le materie semilavorate per le industrie e la seta. È uno sbaglio. Tutte le industrie che trovano la loro materia prima prin-cipale dalla coltivazione della terra, sono industrie agricole e come tali vanno considerate e nelle classifiche e nei giudizi.
(3) Uno dei fatti più salienti per Io sviluppo dell'agricoltura è quello dello sviluppo nell'esportazione del vino, dovuto principalmente alla malattia della vite In Francia. L'esportazione italiana, che era dì 400.000 ettolitri nel periodo dal 1871 al 1878, oltrepassa la cifra di 2 milioni di ettolitri e di 3 milioni e mezzo nel 1883.
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al contrario non esportava che pochissimo, e l'acquisto di prodotti industriali all'estero era forte,più diGOOmiiioni sul totale dil346milioni. Magari avessimo mantenuto quella linea ancora oggi ; ci troveremmo con un'agricoltura molto più sviluppata, più perfezionata e più red-ditizia, nonché con un'industria più solida ed al servizio del consumo sia nazionale, che straniero!
Le relazioni commerciali con la Germania, prima della conclusione del trattato in parola, mostravano un certo incremento, e principale influenza era esercitata dalla recente apertura del valico alpino del Gottardo, cbe, seppure non dava adito ad un grande traffico per la mancanza delle norme per disciplinare le relazioni ferroviarie, certa-mente prometteva un grande avvenire. A questa nuova via di traffico, più cbe ad altre cause — comprese le riduzioni doganali — si deve lo sviluppo commerciale raggiunto all'atto della negoziazione dell'accordo. Nel periodo dal 1878 al 1882 il movimento commerciale fra i due paesi appare il seguente :
Movimento commerciale italo • tedesco prima del Trattato del 1883.
Anni
Importazioni dalla Germania (Statistiche italiane) I n m i g l i a i a di l i r e Importazioni dall'Italia (Statistiche tedesche) (•) In migliaia di lire 1878 39.181 20.849 ( " ) 1879 45.618 23.800 ( " ) 1880 44.900 67.500 1881 66.500 74.000 1 8 8 » 73.000 68.100
(*) In lire italiane secondo la parità monetaria del marco. (•*) Statistiche italiane in mancanza dei dati tedeschi.
Fra le importazioni, in Italia, dalla Germania aumentarono i prodotti industriali in genere; principalmente le macchine, i ferri lavorati, materiale ferroviario, prodotti chimici, stoffe di lana e di lino, vetrerie, tessuti e filati di cotone, pelli conciate, pianoforti, strumenti di pre-cisione, ecc.; mentre per le esportazioni italiane vi fu maggiore incre-mento nelle materie prime: canapa, lino, pelli greggie, ossa, ecc., e nei prodotti agricoli: riso, frutta, uva da vino, ecc.
§ 3. — E f f e t t i del nuovo patto.
«
Il Trattato del 1883, abbiamo visto, dava maggiori vantaggi alla Germania; benefici sia dal lato delle concessioni della sua produzione, come da quelli della pubblica finanza. Però l'Italia, un poco per la sua operosa attività, un poco anche per le nuove agevolazioni cbe
veniva a godere per mezzo delle concessioni fatte dalla Germania alla Spagna e alla Grecia, riusciva a trarne dei vantaggi veramente inspe-rati, tanto da non poterci fare legnare eccessivamente.
La tabella qui unita ci dà un concetto dello sviluppo raggiunto, in seguito all'applicazione delle nuove sanzioni, fino alla loro scadenza :
Movimento commerciale fra l ' I t a l i a e la Germania durante 11 Trattato economico del 1883 (1).
Anni
— = - - = — —
Importazioni dalla Germania (Statistiche italiane) I n m i g l i a i a d i l i r e
Importazioni dall' Italia (Statistiche tedesche) I n m i g l i a i a d i l i r e 1883 109.400 80.600 1884 110.400 108.100 1885 119.000 94.900 1886 129.300 114.100 1887 165.700 114.700 1888 144.800 139.900 1889 156.400 185.700 1890 140.300 162.500
Cosicché il traffico totale (importazione ed esportazione, dal calcolo combinato dalle statistiche dei due paesi), che figura di 190 milioni di lire per l'anno 1883, passò a milioni di lire 303 circa nel 1890, con un aumento di 113 milioni, corrispondenti ad un incremento del 63 %. Molte esportazioni italiane di prodotti agricoli poterono avere una maggiore spinta cbe nel passato; mentre nella importazione dalla Ger-mania, anch'essa crescente, avvenne uno spostamento nelle stesse categorie : dall'acquisto di generi grossolani si passò a quelli più fini, e ciò per il cominciare dell'affermazione italiana inizialmente rivolta ai tipi più facili ad ottenersi. Fin qui nessuna critica agli industriali italiani.
Ma di effetti veri e propri, direttamente dovuti al Trattato del 1883, non si può parlare, dappoiché, durante il suo corso, due fatti nuovi e di notevole importanza vennero a mutare la situazione in Italia : la tariffa generale doganale del 1887 e la rottura delle relazioni commerciali colla Francia nel 1888. Accenneremo ad ambedue, trattandosi di fatti strettamente collegati al traffico italo-tedesco.
a) La tariffa doganale del 1887. — Lo sviluppo crescente di
alcune industrie portò ad un movimento condotto con abilità, da parte degli industriali — attratti dalla riforma tedesca del 1879 e di quella
(1) Cifre attinte dalla relazione ELLENA, Atti stampati della Chimera dei
Depu-tati, op. cit., progetto 268 A, pag. 16-17.
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9degli altri Paesi, ma per volontà propria, non affatto consci di quanto si preparava in Germania dalL'Assoctast'otte per l'applicazione dei
Trattati di commercio, e del prossimo fallimento della politica
stret-tamente e rigidamente protezionista — che sboccò nella nomina di una Commissione reale per la riforma della tariffa doganale del 1878. La riforma fu principalmente motivata dalla necessità di difesa delle industrie nascenti e dal bisogno di preparare un terreno adatto per la negoziazione dei prossimi Trattati di commercio e favorire quindi le nostre esportazioni (1). Non è qui il caso di approfondire la que-stione ; certo diciamo, senza tema di fallare, cbe il sistema degli alti dazi per avere facilitato il compito nelle discussioni dei trattati non è il più adatto; è una falsa via. Purtroppo il sistema è antico, e quasi tutti gli Stati, che non vogliono affrontare altri metodi, lo seguono, mentre la macchia d'olio protezionista si allarga sempre più. Ma v'è il mezzo di liberarsi di un tale sistema. Basta evitare la discus-sione — così come la sa fare la burocrazia — voce per voce delle tariffe dei due Paesi, e trattare su una base di principio generale. Sta di fatto che, attraverso le tariffe che diremo negoziabili, siamo arrivati ad una tariffa generale del tipo di quella del 1921, che il consumatore italiano ancora non ha conosciuto perfettamente; la conoscerà ancora meglio e con suo danno.
La nuova tariffa doganale, illustrata dal relatore on. Ellena, stabilì dazi molto alti, specie per le industrie della tessitura, della metallurgia, della meccanica, ecc.
Un rapidissimo accenno alle condizioni generali della nostra attività economica, all'atto dell'applicazione della nuova tariffa, servirà, nel nostro scritto, ad illustrarci le discussioni sul nuovo trattato, che inevitabilmente si profilò riuscendo a trionfare.
LE INDUSTRIE TESSILI furono più o meno tutte protette ; i maggiori vantaggi però vennero riservati ai tipi grossolani e più ordinari. Il
cotone potè sviluppare, col nuovo regime, le condizioni della filatura
dei tipi più grossi, stimandosi inadatti la nostra industria per i tipi più fini. La tessitura ebbe una protezione per tutti i tipi ordinari, fini, finissimi, limitando la discriminazione per i prodotti fino a 27 fili ogni 5 millimetri di lato. In 'sostanza, l'esportazione principale avve-niva per i prodotti molto grossolani, rispetto ai quali era viva la con-correnza interna, mentre per i tessuti fini e anche di mezzana finezza l'Italia dipendeva dalle fabbriche estere.
Il lino e la canapa. — Anche per questi prodotti l'industria italiana
reclamava una difesa allo scopo di potersi dedicare alla lavorazione dei
(1) Cfr. « Relaziono LUIGI LUZZATTI, presentata alla Camera dei Deputati il 27 maggio 1887 »,in Atti stampati parlamentari, anno 1886-1887, voi.VII, N. 111-138, N. 137 A, pag. 3. Vedi anche « Relazione generale ELLENA ui lavori della Com-missione d'inchiesta per la tariffa doganale».
prodotti più fini, fino allora importati per la maggior parte. La lavora-zione dei prodotti grossolani era già progredita tanto, che si riusciva ad esportare. La nuova tariffa, coll'aumento del 112 % sul dazio dei tipi fini, veniva a distogliere l'attività dei prodotti grossolani a danno del consumatore, con poco vantaggio per l'esportazione, specie verso i nostri mercati principali dell'Oriente e dell'America del Sud.
La lana. — L'industria della filatura e tessitura della lana era in
progresso, più per i prodotti ordinari e poco per i generi più fini. La tariffa mirò a proteggere questi ultimi. Nasceva allora l'industria della specialità pettinate; era più affermata quella degli scardassati. Per tali ragioni si applicò eguale trattamento tanto ai filati come ai tessuti, • distinguendoli in scardassati e pettinati, e graduati a seconda del peso.
La seta. — Malgrado della concorrenza asiatica, la seta e specie la
greggia, si trovava in condizioni preminenti, continuava ad esportare per circa i 7/g della produzione. La tessitura serica, ciò non pertanto, si mostrava in decadenza rispetto al passato; colpa degli industriali serici che, pur avendo la materia prima in casa propria, non riuscivano ad affrontare e sopraffare senza bisogno di dazi la industria concor-rente estera. La tariffa provvide a questa nostra deficenza organizzativa.
L'INDUSTRIA METALLURGICA. — L'Italia, in quell'epoca, era tributaria
dell'estero per la produzione metallurgica e ciò a ragione perchè era ed è tuttora priva del carbone e del ferro. La tariffa del 1887 volle dare posto a questa nuova attività, pur dimenticando cbe in Italia v'era molto altro da fare. Il relatore Ellena credette che l'industria italiana doveva impegnarsi a dare all'agricoltura le macchine e gli strumenti di lavoro necessari alle loro pacifiche imprese, e propose i dazi di protezione per metterla in condizione di svilupparsi. L ' Ono-revole Ellena, forse oggi, non avrebbe fatto la stessa relazione, tanto meno dopo un viaggio nel Mezzogiorno: quali e quante macchine ha dato l'industria, fatta sorgere col sacrificio di ben 37 anni da parte del consumatore? È per i casi di guerra che si deve proteggere l'industria metallurgica? Non scherziamo: le guerre hanno sempre il fondamento economico, e noi non vedremo mai battersi due Nazioni con interessi eguali ; sarà necessario, pel conflitto, la diversità di intenti ; ma non solo, si formeranno sempre dei gruppi di belligeranti, la cui attività complessiva di ciascuno di essi sarà capace di affrontare tutti i bisogni di guerra. E poi, vi saranno in ogni caso dei neutrali. Qualunque industria bellica può sorgere facilmente e in ogni istante; basta avere dell'oro in quantità, — quell'oro cbe ci può fare accu-mulare solamente l'industria naturale — ed una organizzazione
diret-tiva nei quadri per il primo momento di bisogno. Piuttosto, molto
più diffìcile si presenta il problema alimentare, cbe costituisce difficil-mente elemento di scambio, in caso di guerra, anche fra gli alleati: la Germania industriale si arrese per deficenza di viveri. Con ciò non vogliamo dire, però, che l'Italia debba essere una Nazione
protezio-— 516 protezio-—
9nista nell'agricoltura per garantirsi gli approvvigionamenti alimentari; no, essa deve coltivare tutte le sue terre e per le produzioni più con-venienti all'esportazione, accumulare la massima ricchezza, e in vista del conflitto, se del caso, la produzione si dirigerà da se stessa agli alimenti, che gli altri o non vogliono o non possono più darci a prezzi di prima. Non allarghiamoci su questo tema da noi preferito e tor-niamo alla metallurgia.
Il pretesto della protezione fu preso dal fatto che colla sostituzione delle rotaie d'acciaio a quelle di ferro, si riversò, sul mercato, grande quantità di rottami da sfruttare mediante ribollitura e quindi una minaccia all'industria degli altiforni per il trattamento del minerale. Si trattarono egualmente la ghisa e i rottami di ferro. In ogni caso » la produzione di materia prima locale non era sufficiente ai bisogni del consumo. In quanto al ferro, dopo la protezione accordata alla ghisa potè trovarsi in condizioni di più facile sviluppo e pretese anch'esso il dazio proprio di protezione. Fu rapido lo sviluppo delle prime lavorazioni di ferro, specie per i laminati, barre, Ali, ecc. Le rotaie da ferrovie vollero farsi in Italia. Onde iniziare e incre-mentare l'industria dei ferri di seconda lavorazione, si segui una classifica vantaggiosissima a quest'ultima e vi furono dei benefici per gli industriali. Il consumatore, però, parlerebbe volentieri di altro piuttosto che di benefici, anche volendo ricordarsi delle trattative com-merciali che seguirono e che ridussero, come vedremo, la tariffa generale notevolmente, arrivando ad una umana tariffa d'uso.
Fra la metallurgia va compresa la meccanica. Questa era subordi-nata alla questione della materia prima e, poiché era stato possibile avere molto ferro dai rottami, s'era impiantata e mostrava di volersi