73 4 Storia delle biblioteche in Italia.
4.2 L’esperienza delle biblioteche popolari.
Un altro tassello importante per lo sviluppo delle biblioteche pubbliche in Italia è costituito dall’esperienza delle biblioteche popolari diffusesi sulla spinta della rivoluzione industriale. Bisogna però fare attenzione a non confondere i due tipi di biblioteca.
Alla biblioteca “popolare” o “per il popolo” tradizionalmente si è voluta contrapporre l’idea di “biblioteca per tutti”, quindi biblioteca pubblica di stampo anglosassone. Tale contrapposizione avrebbe dietro di sé l’idea che la prima sia di fatto settoriale, ma secondo alcuni questa distinzione appare discutibile sicuramente sul piano storiografico.
Abbiamo precedentemente visto come i cambiamenti a livello economico e sociale determinatesi in Europa in seguito a diverse “rivoluzioni” non potevano non avere conseguenze anche sulla diffusione dell’istruzione e della lettura, e pertanto sulle biblioteche.
All’esigenza delle classi lavoratrici di specializzarsi fanno seguito sempre più crescenti i bisogni informativi.
Tuttavia una delle barriere più significative è rappresentata dall’analfabetismo. Intorno al 1850 il 45-50% della popolazione adulta europea non sapeva leggere; paesi
religiosi, estesa alle province dell’Italia centrale con il RD 21 aprile 1862 n.573, dal RD 7 luglio 1866 n. 3036, prevedeva la soppressione su tutto il territorio nazionale degli ordini e delle corporazioni a carattere ecclesiastico che comportavano vita in comune; la legge 20 agosto 1867 n. 3848 –legge 19 giugno 1873 n. 1402 estendeva i provvedimenti di soppressione alla provincia di Roma.
184 Andrea Martinucci, «Biblioteche e lettori nell’Italia dell’Ottocento», Biblioteche oggi, fasc. 3, aprile
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come Germania, Olanda, Scozia, Svizzera, Scandinavia erano di fatto più progrediti, mentre l’analfabetismo dilagava maggiormente in Portogallo, Spagna, Italia meridionale, Grecia, Balcani, Ungheria e Russia185.
In questo primo periodo, intorno alla prima metà dell’Ottocento, si diffondono in diversi contesti europei nuove istituzioni più conosciute come “biblioteche popolari”186. Esse si configurano inizialmente come associazioni di privati o enti che pagavano il costo di una sottoscrizione per avere diritto ad accedervi. Già nel Settecento vi era stato qualche esempio negli Stati Uniti d’America, dove Benjamin Franklin istituì già nel 1731 la Library Company, la prima biblioteca popolare di Filadelfia187.
Le “biblioteche popolari” trovano spazio all’interno di una serie di attività rivolte “all’educazione popolare”, che riuniscono un movimento variegato composto da movimenti filantropici, laici, religiosi, socialisti, moderati e lo stesso mondo imprenditoriale188.
I due obiettivi principali erano: offrire la possibilità di accesso alla lettura, sia per motivi legati al filantropismo, sia per veder aumentata la redditività del lavoro dipendente e perseguire così la promozione sociale e politica delle classi lavoratrici189.
D’altro canto, però, la volontà di controllare i ceti popolari, anche attraverso la lettura rimane sempre una questione centrale: per mantenere l’ordine sociale occorreva vigilare affinché opere di stampo anarchico o socialista non trovassero diffusione. Le biblioteche popolari e il movimento che accompagnò il loro sviluppo si diffuse in molti paesi dell’Europa, sia mediterranea, sia centrale e settentrionale, anche se in ogni contesto ebbe esiti diversi. Tra i paesi più coinvolti ricordiamo: la Francia, la Spagna, la Germania, l’Austria, la Svizzera, il Belgio, l’Olanda, la Danimarca, la Svezia, la Norvegia, la Finlandia e anche l’Italia.
L’attenzione si concentrerà sull’Italia e la Germania.
Nella penisola italiana le biblioteche popolari hanno avuto origine in seguito alla riunificazione del paese, avvenuta nel 1861, e restano in vita fino all’avvento del fascismo. Esse rientrano da un lato nel quadro delle iniziative a favore dell’educazione popolare e dall’altro trovano la loro ispirazione politica soprattutto nelle idee del socialismo190.
185
C.M. Cipolla, op. cit., p. 83.
186
Maria Luisa Betri, Leggere obbedire combattere. Le biblioteche popolari durante il fascismo, Milano, FrancoAngeli, 1991, p. 13.
187
Ibidem.
188 Paolo Traniello, La biblioteca pubblica. Storia di un istituto nell’Europa contemporanea, Bologna, il
Mulino, 1997, p. 136.
189 Ibidem. 190
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Per “educazione popolare”, seguendo la riflessione di Traniello, va intesa tutta una serie di iniziative che mirano all’alfabetizzazione e istruzione dei ceti popolari anche oltre l’età scolastica. Esperienze in tal senso sono anche le scuole serali e domenicali e le scuole reggimentali. Il neo costituito Regno unitario, in materia di biblioteche, si occupò principalmente di censire le istituzioni esistenti e regolamentarle. Durante questo periodo, di cui abbiamo parlato in precedenza, ciò che mancava, come disse Alfonso Gallo nel 1934 a Bari, era soprattutto “una concezione unitaria”, che mettesse insieme
“il problema della conservazione del patrimonio librario della nazione ed il suo uso da parte degli studiosi, con quello della diffusione della lettura pubblica, con le esigenze dei milioni di cittadini esclusi dal privilegio della consuetudine con la stampa”191
.
Per quanto riguarda le biblioteche popolari, anche in Italia, come negli altri paesi europei, tale movimento trova la sua spinta primaria nel filantropismo soprattutto di carattere laico, e in un secondo momento in quello religioso.
Notevole fu, infatti, l’impegno dei moderati nel promuovere l’istruzione popolare soprattutto tramite divulgazione della scienza e con l’intento di far accogliere di buon grado, alle classi lavoratrici, lo sviluppo economico e l’iniziativa imprenditoriale. Pertanto le biblioteche popolari vennero riempite di opere contenti una certa “ideologia lavorista”. I lettori, tuttavia, continuavano a preferire racconti di viaggio, testi teatrali, poesie, novelle, e soprattutto storici, nonché manifestavano interesse per i capolavori del naturalismo francese, i romanzi sociali e quelli dei grandi narratori russi.
Secondo Betri, con la definizione di “popolare” della biblioteca si veicolava in realtà una concezione conservatrice che vedeva i destinatari di questa istituzione come un pubblico incolto e come oggetto di controllo sociale192. Per Lazzari, l’aggettivo “popolare” aveva in sé un certo paternalismo, che sarebbe stato l’idea ispiratrice per le iniziative personali o sociali. Anche nella sua riflessione, l’educazione delle classi subalterne non era visto come un “processo di liberazione”, ma piuttosto come garanzia dell’ordine e dell’assimilazione di valori stabili193
.
La prima biblioteca popolare venne istituita a Prato il 1 novembre 1861, per volontà di un giovane maestro, Antonio Bruni, con la collaborazione di Attilio Citi e altri sette collaboratori. Il suo intento era quello di “estirpare l’ignoranza, i pregiudizi, l’immoralità…e far amare la fatica e il lavoro”. Essa era costituita da soci che
191 Giovanni Lazzari, Libri e popolo. Politica della biblioteca pubblica in Italia dall’Unità ad oggi,
Napoli, Liguori, 1985, p. 20.
192 Cfr. M.L. Betri, op. cit., p. 20. 193
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pagavano una quota mensile attraverso cui si aveva diritto a prendere in prestito libri che circolavano tra gli iscritti, mentre in sede si potevano consultare i periodici. Per questo motivo era detta “circolante”. Un mese dopo la biblioteca venne aperta al pubblico, dietro una sottoscrizione di 30 centesimi come autofinanziamento.
L’iniziativa riscosse tanto successo che ottenne un riconoscimento dalla stampa e ricevette una “menzione onorevole” all’Esposizione di Parigi del 1867194
per la sua azione in favore della diffusione della cultura.
Si voleva con essa istruire il popolo, con la lettura di libri che:
“infondessero le cognizioni più necessarie e indispensabili della Storia e dell’Economia, quelle relative alle arti e alle industrie, infondessero i sentimenti del dovere verso Dio, verso la Patria, verso la Società, estirpassero l’ignoranza, i pregiudizi, l’immoralità, facessero amare la fatica e il lavoro”195.
E inoltre secondo Bruni, è tramite le biblioteche popolari che “il libro può insinuarsi facilmente nelle famiglie, e togliendone le male abitudini e la scioperatezza, divenire un apostolo che purifica e redime”196.
Per diffondere tale istituto, nonostante la carenza di mezzi finanziari, venne creato nello 1869 un Comitato apposito, con il compito di uniformare la direzione delle biblioteche popolari, soprattutto sulla scelta dei libri, il quale dava conto del suo operato in un annuario (vennero pubblicati 7 fino al 1886)197.
Milano funzionò da vero laboratorio per le biblioteche popolari e per lo sviluppo delle biblioteche pubbliche in generale.
La biblioteca milanese della Società promotrice delle biblioteche popolari era finanziata da un contributo pari a una lira da parte dei soci e da doni di eventuali mecenati. A due anni dalla sua costituzione nel 1865, la Società era soddisfatta del suo andamento e della sua attività. Tuttavia questo primo successo svanì in poco tempo: essa dovette affrontare non solo mancanza di mezzi finanziari, ma anche diversi trasferimenti avvenuti nel tempo, chiusure e smembramento del proprio patrimonio.
Da questo primo esperimento nascerà all’inizio del Novecento e sotto la spinta del movimento socialista-riformista il Consorzio per le biblioteche popolari, futura
194
Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, Firenze, 21 luglio 1867, p. 2. (L’articolo è redatto da Pasquale Villari).
195
G. Lazzari, op. cit., p. 24.
196
Ibidem.
197
Trentadue città presero a modello l’esperienza pratese: nel 1866 a Voghera i Comizi agrari e della Società operaia diedero vita a una biblioteca “circolante” che riuscì a fornire il servizio anche alle piccole biblioteche in diversi comuni; a Lodi invece è la Società di Mutuo soccorso che si fa promotrice di un progetto di biblioteca mentre a Chiari, a Siena, a Milano venne fondata nel 1865 la Società promotrice delle biblioteche popolari.
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Federazione Italiana Biblioteche Popolari198.
Protagonisti di questo movimento furono: Filippo Turati ed Ettore Fabietti.
Turati faceva parte del consiglio di amministrazione della biblioteca della “Società per la lettura” e di fronte al suo declino, decise di destinare parte del fondo librario al Consorzio delle biblioteche popolari, che di lì a poco si sarebbe costituito.
Questo intervento fece giocare a Milano un ruolo importante nella seconda stagione delle biblioteche popolari dei primi del Novecento.
L’idea di fondo era molto più concreta di quello che ci si può aspettare: serviva istruzione per raggiungere gli obiettivi della produzione.
Ma d’altra parte,
“[n]ella promozione delle opere di educazione popolare socialisti riformisti e borghesia progressista convergevano sul concetto dell’unicità della cultura, differente, nell’operaio e nel borghese, non nella sostanza ma nell’estensione. Aconfessionali e apolitiche, le biblioteche popolari, centri di diffusione del libro come strumento di redenzione sociale, dovevano quindi contribuire alla formazione di un uomo libero e critico, in grado di conoscere la realtà e cambiarla”199.
A presiedere il Consorzio delle biblioteche popolari nel 1903 venne chiamato Filippo Turati, mentre Fabietti fu nominato direttore. L’iniziativa godeva del sostegno di molte istituzioni democratiche impegnate all’epoca nella diffusione dell’ “educazione popolare200. Tra queste vi era l’Umanitaria era una società di mutuo soccorso nata per volontà di Prospero Mosé Loira201. Guidata e appoggiata di riformisti, si caratterizzava per un’attenzione alla realtà sociale, al mondo del lavoro e alle relazioni industriali in campo internazionale. Fu proprio l’Umanitaria202 a volere il Consorzio, inserendo tale proposta nel quadro di altre azioni da lei coordinate in favore dell’istruzione professionale, come ad esempio le Scuole di arti e di
198
P. Traniello, La biblioteca pubblica. Storia di un istituto nell’Europa contemporanea, cit., p. 150.
199
M.L. Betri, op. cit., p. 24.
200 L’iniziativa godeva del sostegno di molte istituzioni democratiche impegnate all’epoca nella diffusione
“dell’educazione popolare”: in primis la Società Umanitaria (ente che raccoglieva al suo interno uomini di diverse tendenze politiche: prevalentemente radicali e socialisti ma anche molti liberali), la Società promotrice della cultura popolare, l’Università popolare, la Camera del lavoro, Camera di Commercio, Cassa di Risparmio, e poi anche il Comune che mise a disposizione un contributo finanziario.
201
Cfr. Maurizio Degl’Innocenti (a cura di), Filippo Turati e il socialismo europeo, Napoli, Guida, 1985, p. 164. Essa aveva come obiettivo principale la lotta alla disoccupazione, contro cui organizzava una serie di iniziative riguardanti: “l’assistenza ai disoccupati, il loro collocamento, la tutela degli occupati, l’istruzione professionale, la tutela dei lavoratori agricoli, degli emigranti, la diffusione della cultura, il miglioramento delle condizioni di vita.
202
L’Umanitaria incaricò due professori Osimo e Pagliari, di redigere una relazione per l’istituzione del Consorzio per le biblioteche popolari. Questi, nella loro esposizione, insistettero sulla valenza economica e sull’interesse nel finanziare tale progetto per un maggior rendimento produttivo, facendo anche riferimento ad esperienze simili in altri paesi come in Svezia o in Austria, dove esse vennero promosse dalle società operaie.
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mestieri203.
Il vero protagonista di questa esperienza fu, però, Ettore Fabietti204, incaricato di riordinare e catalogare il fondo della Società promotrice delle biblioteche da dare alle 4 biblioteche del Consorzio inaugurate nel 1904205. La biblioteca centrale era aperta tutto il giorno e nelle succursali venivano organizzare conferenze e lezioni, grazie soprattutto alla loro apertura nell’orario serale e festivo.
Il Consorzio si batteva per istituire una biblioteca pubblica concepita come biblioteca popolare, ma tale progetto, nonostante gli sforzi non trovò compimento206. Nonostante gli insuccessi, queste biblioteche funzionarono da base per il sistema delle biblioteche rionali.
Anche la lettura dei fanciulli rientrava nel programma di azione di questo ente, che inaugurò nel 1912 una sezione speciale di letteratura infantile che ebbe molto successo.
L’attività del Consorzio si espanse anche alla provincia milanese, arrivando anche a insediarsi nella scuola elementare: si arrivò da 12 biblioteche a 56 nel 1909 e 1910. Chiaramente la diffusione delle biblioteche popolari va di pari passo con molte riflessioni sul tema dell’istruzione e della scuola che in quegli anni emergevano in modo pressante, richiedendo interventi di rinnovamento. Tutto il sistema bibliotecario in realtà necessitava di un’azione di riforma: le biblioteche governative avevano carenze gravi, ma quelle che registravano maggior stato di abbandono erano quelle comunali e le provinciali.
Tuttavia nell’ambito scolastico, l’intervento dello Stato era stato insufficiente, pertanto il Consorzio, tentando di supplire a tale mancanza, alimentò un equivoco che ebbe poi ripercussioni in seguito, portando a confondere la biblioteca popolare con quella scolastica207. Infatti, con il decreto legge luogotenenziale del 2 settembre 1917 n. 1521, venne istituita una biblioteca popolare in ogni comune del Regno all’interno della scuola elementare da esso dipendente. Questa proposta, in vigore fino al 1941 sarà l’unica in materia di biblioteche a livello locale.
203
G. Lazzari, op. cit., p. 33. L’idea ispiratrice era la seguente: “Il popolo vive una vita più umana e dignitosa quando, in conseguenza delle migliorate condizioni economiche, della diminuzione dell’orario di lavoro, di un impegno serio dello Stato e dei suoi organi periferici, ha capacità di immettersi nella vita spirituale del tempo, farsene protagonista, affinché si rafforzi –erano gli obiettivi della Società umanitaria- “l’armonia e la solidarietà sociale” e perché ogni individuo abbia diritto a sostituire, agli stimoli biologici soddisfatti, aspirazioni più nobili e umane”.
204
Fabietti curò anche un Manuale per le biblioteche popolari, pubblicato a Milano nel 1908 edito dal Consorzio delle biblioteche popolari.
205
Le biblioteche erano quattro: la Centrale, nei locali dell’Università popolare, tre succursali allestite presso la Camera del Lavoro, nel quartiere di Porta Venezia, nelle Case Operaie costruite dalla Società Umanitaria.
206
Neppure si riuscì, nonostante l’amministrazione socialista (nel 1914) a creare un ente autonomo che mettesse insieme la biblioteca civica e quella di consorzio.
207
In seguito, nel 1911 venne promulgata dal Ministro Credaro una circolare sulle Istruzioni e norme per l’istituzione, l’ordinamento e il funzionamento di bibliotechine scolastiche, per creare tale importante sussidio didattico.
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Così, secondo tale decreto, ogni classe dopo la prima, doveva essere dotata di una biblioteca e quelle delle classi quinta e sesta doveva servire non solo gli alunni ma anche agli adulti. E da qui, la confusione dei due istituti.
Nella città lombarda, accanto alle motivazioni di stampo socialista, sorgeranno anche biblioteche popolari di ispirazione religiosa volute dal Cardinal Ferrari e consorziate nella Federazione italiana delle biblioteche circolanti cattoliche. Il loro intento era principalmente quello di far rispettare l’ortodossia cattolica tra le classi popolari. Contro tale istituzione si scaglierà in un primo momento lo stesso Ettore Fabietti, il quale si trovò successivamente a ridimensionare i toni di accusa contro di esse. Una figura di spicco, appartenente alle biblioteche popolari di stampo cattolico fu don Giovanni Casati, chiamato da Fabietti stesso, “colto e operoso sacerdote” che nel 1912 assunse la direzione della Federazione di stampo cattolico. Tale istituzione forniva facilitazioni, sconti librari, contatti con gli editori, e tramite la rivista offriva un servizio di consulenza bibliografica tutto in nome del suo mandato morale con cui si istituiva. D’altro canto però bisognava vigilare e impedire la diffusione di libri sconvenienti e pericolosi e pertanto le opere venivano recensite nella “Rivista di letture”, organo di stampa principale della Federazione.
A conclusione di questa ricostruzione, si può dire che l’esperienza delle biblioteche popolari ebbe in un primo momento molto successo (arrivando a più di un migliaio per 1886) nonostante i mezzi a loro disposizione risultassero davvero molto esigui, ma nel lungo periodo ebbe fasi alterne e l’enfasi iniziale non trovò sviluppo nel corso degli anni. Il problema va ritrovato nella gestione a carattere spontaneo e disordinato, da un lato vi era un patrimonio librario spesso frutto di donazioni e non di un programma serio e coordinato di acquisti, un personale poco preparato208, dall’altra l’intento di voler coinvolgere, le classi lavoratrici, che già erano state escluse dal sistema scolastico di base, senza riuscirci appieno. Quello che mancherà principalmente sarà l’intervento diretto e costante del Governo, come denunciavano gli stessi promotori delle biblioteche popolari, il quale si limitò a misure sporadiche e non coordinate.
Non si poteva lasciare totalmente all’iniziativa privata la gestione di tale importante istituzione. L’importanza però del contributo dei singoli si vedrà ad esempio anche a Ferrara nel 1903 dove la nobildonna Clara Archivolti Cavalieri, nacque l’Associazione nazionale per le biblioteche delle scuole italiane “allo scopo di combattere la ricaduta nell’analfabetismo dei ragazzi del popolo che nella scuola
208 Tali informazioni emersero dal confronto di due statistiche del 1893 e del 1906 sullo stato delle
biblioteche popolari, la prima promossa dal Ministero dell’agricoltura, industria e commercio, la seconda dal Ministero della pubblica istruzione. Addirittura nella seconda, la situazione delle biblioteche popolari appariva peggiorata.
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avevano appreso il metodo della lettura” 209 .
Nel 1906 a Torino nacque il Consorzio per le biblioteche popolari per la promozione della lettura, di carattere provinciale, costituito tra gli altri enti, dal Municipio in collaborazione con la Cassa di Risparmio, l’Istituto delle opere pie di S. Paolo e privati cittadini. Tra i suoi promotori l’on. Paolo Boselli, Ildegarda Occella Trinchero e Alberto Geisser. L’ambito di azione prescelto era quello scolastico, ma successivamente estese il suo intervento anche a quello militare, istituendo “bibliotechine” nelle scuole piemontesi ma anche in altre regioni. Nel 1908 iniziò ad inviare libri ai reparti militari, compito che svolse anche durante il conflitto mondiale. Qualche anno dopo fu incaricato dal Comune di occuparsi delle biblioteche municipali circolanti210, mentre l’azione svolta in favore delle forze armate diede vita nel 1909 all’Istituto nazionale per le biblioteche dei soldati.
A Genova in modo analogo al contesto milanese si costituì nel 1906, il Consorzio delle biblioteche popolari su iniziativa del Comitato dell’Università popolare a cui si aggiunsero la Camera del Lavoro, l’associazione Giuseppe Mazzini e la Confederazione operaia. Il comune, le banche, privati cittadini tra cui i lavoratori locali pensarono al lato economico.
A livello nazionale l’esperienza delle biblioteche popolari si conclude nel 1917. Ma questo movimento raggiunse dei risultati diversi a seconda dei contesti.
L’esperienza milanese del Consorzio, nonostante non riuscì nell’intento di creare una vera biblioteca pubblica comunale, costituì la base della futura Federazione italiana delle Biblioteche popolari, costituitasi a Roma dopo il Primo congresso nazionale delle biblioteche popolari avvenuto nel 1908. Questo evento registrò il cambiamento nella società italiana sotto il governo giolittiano. A tale iniziativa parteciparono molte personalità del panorama politico e culturale italiano dell’epoca. “Era una grande rassegna, oggi si direbbe pluralistica, di uomini ed enti impegnati in una lotta più che decennale per la diffusione della cultura tra le classi popolari”211
. Molti furono gli interventi riguardanti lo stato dell’arte ma anche sulle possibilità di miglioramento. L’impegno della Federazione si esplicitava non solo nella diffusione di nuove biblioteche popolari ma anche in tutta una serie di iniziative “che andavano dalla provvista di materiale di biblioteca all’elaborazione di guide e bibliografie in forma di cataloghi, alla formazione professionale dei bibliotecari in collaborazione con