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192 4.2 Il Piano nazionale di integrazione e la civic integration.

5. Un’Europa da integrare

Prima di concludere l’analisi dedicata alle normative in materia di politiche d’integrazione nei specifici contesti, occorre però fare una digressione, approfondendo il piano sovranazionale europeo a cui sia la Germania sia l’Italia fanno riferimento e che in qualche modo ha determinato e determina indirettamente le politiche dei singoli paesi europei, anche rispetto all’accoglienza di stranieri e migranti.

Se parliamo di “integrazione”, non possiamo d’altra parte non parlare del processo

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Ibidem. “Vogliamo metterlo nero su bianco. Viviamo in un paese di immigrazione. Questo vuol dire

che se vogliamo discutere sulle condizioni della società e in che modo vivere insieme, dobbiamo smettere di parlare di integrazione. Integrazione presuppone che coloro che vivono in questo paese, hanno figli, si invecchiano ed eventualmente muoiono qui, devono adottare un particolare codice di condotta prima che sia concesso loro di appartenervi. Ma la democrazia non è un circolo privato. Democrazia vuol dire che ognuno ha il diritto di autodeterminarsi e insieme agli altri decidere come si vuole vivere insieme. Il discorso sull’integrazione è un nemico della democrazia”; (trad. propria).

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d’integrazione europea. Essa ha avuto inizio con la nascita nel 1949 del Consiglio d’Europa, (il Trattato di Londra) che doveva rappresentare il simbolo della riconquistata pace europea nella condivisione di un organo rappresentativo comune dotato di una propria legge, la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)598. Il Consiglio d’Europa dal 1950 ha creato un vincolo normativo e giudiziario per i propri paesi membri in difesa e a salvaguardia dei diritti fondamentali di tutte le persone soggette alla giurisdizione degli Stati membri, anche se stranieri o apolidi. Nei primi anni della sua costituzione questo organismo si è interessato in primis alla pacifica ricostituzione dei confini tra i Stati usciti dal secondo conflitto mondiale, al fine di poter successivamente creare una concreta integrazione sociale e giuridica, fondata sul valore della persona umana e della sua dignità.

Per quanto riguarda i fenomeni migratori, il Consiglio d’Europa ha inizialmente svolto una funzione di indirizzo programmatico599, delegando agli Stati l’organizzazione dei rapporti sociali e politico-culturali e la soluzione di problemi legati alle migrazioni che in alcuni casi erano collegate, come abbiamo visto in Germania, alla ricostruzione postbellica degli stessi Stati europei. Tra gli iniziali problemi d’integrazione emersero, in primo luogo, le questioni inerenti alle migrazioni di cittadini appartenenti ai paesi ex-coloniali600.

La caduta del muro di Berlino nel 1989 ebbe le sue ripercussioni politiche per quel che riguarda l’integrazione europea, determinando alcune modifiche alle politiche sia del Consiglio d’Europa sia della Comunità Europea. Infatti, in seguito alle progressive ammissioni dei paesi ex-Sovietici, il Consiglio d’Europa dovette rendere vincolanti e operative le sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo pronunciate nei confronti degli Stati membri del Consiglio stesso, creando un sistema normativo europeo valido sia sul piano istituzionale sia costituzionale sia sociale601.

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Firmata a Roma il 4 novembre 1950, detta anche Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

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Anche perché non tutti gli stati membri avevano accettato la giurisdizione della Corte Europea dei diritti dell’uomo circa le violazioni della Convenzione (CEDU) compiute dagli Stati.

600

Immacolata Caruso, Valentina Noviello, «I diritti dei migranti alcune riflessioni sullo status di cittadinanza», I diritti dell’uomo, cronache e battaglie, n. 1, 2014, pp. 119–140. Si ricorda che anche se la tradizione medievale si fondava sul principio dello ius soli, dopo la Rivoluzione Francese il sistema fondante della cittadinanza fu modificato a favore dello ius sanguinis per cui in seguito al postcolonialismo i paesi europei assunsero politiche diverse in materia. La Gran Bretagna, ad esempio, mantenne lo ius soli esteso alle colonie (fino al British Nationality Act 1984) e anche la Francia fece lo stesso con conseguenti flussi migratori provenienti dal Nord Africa e dalle ex-colonie. La Germania, invece, come abbiamo visto, aveva accettato i flussi migratori dalla Turchia e dai paesi dell’Europa meridionale per la ricostruzione del paese. Nel paese era vigente ancora legislazione guglielmina del 1913.

601 In tale nuova fase operativa del Consiglio hanno operato congiuntamente non solo la Corte Europea

dei diritti dell’uomo ma anche il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti o punizioni inumane e degradanti organo giudiziario della Convenzione Europea per la prevenzione della tortura e delle pene e trattamenti inumani e degradanti (1987).

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La caduta del muro di Berlino nel 1989 ebbe le sue ripercussioni per quel che riguarda l’integrazione europea, determinando alcune modifiche alle politiche sia del Consiglio d’Europa sia della Comunità Europea. Infatti, in seguito alle progressive ammissioni dei paesi ex-Sovietici, il Consiglio d’Europa dovette rendere vincolanti e operative le decisioni della Corte Europea pronunciate nei confronti degli Stati membri del Consiglio stesso, creando un sistema normativo europeo valido sia sul piano istituzionale sia costituzionale sia sociale.

Questo organismo che ad oggi consta di 47 Stati, ha anche creato in sede dell’Assemblea Parlamentare (già denominata Consultiva, uno specifico Comitato per l’immigrazione che progressivamente ha assunto una duplice veste in relazione sia all’immigrazione interna sia a quella esterna ai paesi d’Europa, per cui il Protocollo n.4 aggiuntivo alla Convenzione (CEDU) all’art.4 ha il divieto delle espulsioni collettive degli stranieri602 (1963) e ad esso nel 1984 è stato aggiunto il Protocollo n.7, nel quale si predisponeva una normativa specifica e procedurale (art.1) in caso di espulsione di stranieri603.

La questione della creazione di un sistema giuridico, sociale ed economico che integrasse il sistema normativo della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo del 1950, portò il Consiglio d’Europa ad adottare nel 1961 un Trattato o Carta Sociale Europea604 che doveva regolamentare i diritti economici, sociali e culturali dei paesi membri. Tale normativa nella realtà precedette temporalmente la vigenza dei Patti internazionali sui diritti civili e politici605 adottati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (16 dicembre 1966 ed entrati in vigore nel 1976) e in particolare del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali606.

Vennero poi introdotte delle modifiche alla Carta (nel 1996) anche in relazione

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Protocollo n. 4 (Strasburgo, 16 novembre 1963) art .4 Divieto di espulsioni collettive di stranieri. Le espulsioni collettive di stranieri sono vietate.

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Protocollo n. 7 (Strasburgo 22 novembre 1984) Articolo 1 Garanzie procedurali in caso di espulsione di stranieri 1 Uno straniero regolarmente residente sul territorio di uno Stato non può essere espulso, se non in esecuzione di una decisione presa conformemente alla legge e deve poter: a far valere le ragioni che si oppongono alla sua espulsione; b far esaminare il suo caso; e c farsi rappresentare a tali fini davanti all’autorità competente o a una o più persone designate da tale autorità. 2 Uno straniero può essere espulso prima dell’esercizio dei diritti enunciati al paragrafo 1 a, b e c del presente articolo, qualora tale espulsione sia necessaria nell’interesse dell’ordine pubblico o sia motivata da ragioni di sicurezza nazionale.

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Carta sociale europea aperta alla firma a Torino il 18 ottobre 1991, riveduta a Strasburgo il 3 maggio 1996. LEGGE italiana 9 febbraio 1999, n. 30. Ratifica ed esecuzione della Carta sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996. In Europa sono 33 gli Stati che vi hanno aderito.

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Autorizzazione alla ratifica e ordine di esecuzione in Italia dati con legge n. 881 del 25 ottobre 1977 (Gazzetta Ufficiale n. 333 S.O. del 7 dicembre 1977). Data della ratifica: 15 settembre 1978 (Gazzetta Ufficiale n 328 del 23 novembre 1978). Entrata in vigore per l'Italia: 15 dicembre 1978.

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Autorizzazione alla ratifica e ordine di esecuzione in Italia dati con legge n. 881 del 25 ottobre 1977 (Gazzetta Ufficiale n. 333 S.O. del 7 dicembre 1977). Data della ratifica: 15 settembre 1978 (Gazzetta Ufficiale n 328 del 23 novembre 1978). Entrata in vigore per l'Italia: 15 dicembre 1978.

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all’incremento dei flussi migratori e si introdussero due Protocolli Aggiuntivi607 . In particolare ricordiamo “la Dichiarazione sui principi e diritti fondamentali nel lavoro e i suoi seguiti” adottata il 18 giugno 1998 dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro.

Ancora in materia di lavoro, venne adottata una Convenzione Europea sullo Statuto dei lavoratori migranti (Strasburgo 24 -11-1977)608, con l’obiettivo di fissare i criteri di professionalità, per i permessi di soggiorno, per le riunificazioni familiari, per le problematiche lavorative e i licenziamenti e altre questioni associate all’ambito lavorativo. A tal fine venne anche creato un Comitato consultivo di esperti che riferisse costantemente le problematiche emerse al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. Come abbiamo visto in precedenza l’adozione dello Statuto fu per l’Italia una delle prime misure in materia di immigrazione.

Il Consiglio d’Europa ha poi creato degli organi “di consiglio” che potessero indirizzare le politiche interne agli Stati sia in relazione alla salvaguardia dei diritti umani sia in relazione ai problemi interni e sociali relativi all’immigrazione. Tra gli organi “di consiglio” creati vi è la Commissione Venezia ( 1980), costituita da un gruppo di esperti che studiano i sistemi democratici e l’ espansione dei diritti umani e sociali.

Va ricordato che, sempre nell’ambito del Consiglio d’Europa, nel 1999 fu istituito il Commissario per i Diritti Umani persegue il fine primario di indagine, a livello generale, circa l’effettiva applicazione delle norme internazionali a tutela dei diritti umani nell’ambito dei singoli Stati; a tale potere di indagine del Commissario consegue il suo potere di denuncia delle eventuali carenze nel diritto e nella prassi nazionali da sottoporre all’esame del Comitato dei Ministri e dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa. La materia dei migranti rientrava nelle sue competenze.

Quasi contestualmente alla nascita del Consiglio d’Europa e alla definizione della normativa della Convenzione Europea (1949-50) gli stessi Stati membri vollero modificare la già esistente unione economica in una più coesa Unione politica dell’Europa che potesse anche giungere a una futura unione federalista. A tal fine venne pronunciata dal Ministro degli esteri francese la Dichiarazione Schuman (9 maggio 1950) nella quale ufficialmente si prospettava la creazione di un’unica Comunità Europea. A questa iniziativa seguì quello che venne chiamato il Trattato di Fusione che sanciva l’unione delle tre Comunità CEE, CECA e CEEA, istituendo un

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Vi è il Protocollo, del 1991 che riguarda i rapporti tra gli Stati, ma vedi anche il Protocollo aggiuntivo del 1995 che prevede un sistema di reclami collettivi, entrata in vigore nel 1998, le denunce di violazioni dello Statuto possono essere presentate al Comitato europeo dei diritti sociali (CEDS).

608 LEGGE 2 gennaio 1995, n. 13. Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea relativa allo status

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solo Consiglio e un’unica Commissione delle Comunità Europee (Bruxelles 8 aprile 1965, entrato in vigore 1967).

Nel 1985 vennero stretti gli Accordi di Schengen che prevedevano la creazione di un Trattato da realizzare tra il 1985 e il 1995 entro gli Stati membri e alcuni paesi terzi, per permettere la libera circolazione dei cittadini europei nei diversi paesi che aderissero all’accordo. La Convenzione di Schengen (1990) di fatto regolava anche il problema dell’immigrazione “familiare”, della migrazione di ritorno, dell’integrazione anche correlata al numero dei rifugiati e la regolamentazione del diritto d’asilo (ad oggi i paesi aderenti a Schengen, anche se con qualche differenza, sono 29. I controlli doganali vennero aboliti il 1 gennaio 1993).

La creazione della Comunità Europea intanto progrediva con la Dichiarazione di Stoccarda del Consiglio Europeo (17-19 giugno 1983) alla quale seguì l’Atto Unico Europeo o Trattato di Lussemburgo del 17 febbraio 1986 e quello dell’Aja del 28 febbraio 1986, nella cui Sottoscrizione III, articolo 21 si affermava: “Gli Stati membri si adoperano per promuovere il miglioramento dell’ambito di lavoro, per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori e una maggior protezione agli ambienti di lavoro”. Tale normativa appariva anche necessaria in relazione all’emigrazione interna di lavoratori nei diversi stati della nascente Unione Europea.

Si cercò così di creare un’area senza frontiere interne, libertà di comunicazione, con beni, servizi, libertà di circolazione e sicurezza609.

A queste nuove misure si aggiunge un importante documento con cui di fatto si istituisce l’Unione Europea e si costituisce l’accordo monetario ovvero il Trattato di Maastricht610. L’Unione si strutturava principalmente su tre organi rappresentativi: il Parlamento, il Consiglio e la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, oggi dell’Unione Europea (Lussemburgo). Nel Trattato si propose un processo di armonizzazione delle politiche sull’immigrazione dei paesi membri fondata sui tre pilastri 1) La Comunità Europea; 2) la politica estera, 3) la sicurezza e la cittadinanza europea611. Ma il problema dell’allargamento del numero degli stati membri rese necessario riformare ulteriormente l’assetto istituzionale dell’Unione e, nella prospettiva che i paesi da 12 divenissero 20, si specificarono ulteriormente le competenze in relazione ai Pilastri concordati. Si arrivò pertanto alla formulazione di un nuovo Trattato, detto di Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997 (15 paesi), entrato in

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Claudio Zanghì, Istituzioni di diritto dell’Unione Europea, Torino, Giappichelli, 2010

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Esso venne accettato da 12 paesi membri della Comunità Europea il 7 febbraio 1992 ed entrò in vigore il 1 novembre 1993. L’Unione si trovava ad essere fondata su tre pilastri fondamentali rappresentati dalle normative già acquisite dalla Comunità Europea, dalla politica estera sulla sicurezza comune, dalla risoluzione degli Affari interni.

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Seguì il Compromesso di Ioannina del 29 marzo 1994 nel quale un Consiglio straordinario degli stati membri concordò la creazione di una “minoranza di blocco” che potesse portare avanti le nuove esigenze normative.