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L’etica dei consumi: dal capitalismo del consumo al consumo del capitalismo

EVOLUZIONE NELLO STUDIO DEI CONSUM

3.5 NUOVI MODI DI VIVERE IL TERRITORIO

3.5.2 L’etica dei consumi: dal capitalismo del consumo al consumo del capitalismo

Lo sviluppo dei movimenti dei consumatori alternativi, ha fatto crescere notevolmente l’interesse degli scienziati sociali verso questo fenomeno, il quale sicuramente non va a rappresentare un nuovo modello di consumo, ma senza dubbio delinea una forte tendenza in atto. Tra i vari studi, riporto due ricerche molto interessanti: Il consumo critico. Significati, pratiche e reti a cura di Luisa Leonini e Roberta Sassatelli, e Il patrimonio etico dei consumatori. Le radici culturali del commercio equo e solidale di Fabio Mostaccio, che saranno utili per venire a conoscenza delle modalità con cui si sono ottenute quelle informazioni fondamentali per tracciare un identikit del consumatore critico ad oggi.

Entrambe le ricerche hanno interessato prettamente alcune aree d’Italia, tralasciando il confronto con altre regioni europee, al fine di delineare i tratti caratteristici del consumatore critico italiano.

La ricerca della Sassatelli è stata condotta tra il 2003 e il 2006 a Bologna, Milano e Roma. Sono stati intervistati sia gli attivisti di Gas, Ong e centri sociali, sia in non attivisti attraverso interviste alle famiglie per indagare sul ruolo delle dinamiche di genere e generazionali. In totale sono state raccolte 127 interviste su un campione di soggetti appartenenti ai ceti medi e, in particolare, di media o medio-alta istruzione. L’obiettivo della ricerca è stato quello di cercare di comprendere come differenti ambienti di socializzazione politica e di impegno civile influenzino l’attribuzione di significati e i comportamenti delle persone nell’ambito del consumo critico.

La metodologia si è basata su un approccio di tipo qualitativo con interviste semi-strutturate. I risultati principali ai quali si è pervenuti sono, innanzitutto, che i consumatori contribuiscono a ridefinire col loro agire i confini tra sfera pubblica e privata. Essi sono meno orientati da visioni normative forti come quella religiosa o l’appartenenza politica, mentre sono maggiormente stimolati da orientamenti pragmatici e persino sperimentali. A livello intergenerazionale si sottolinea il passaggio dalla necessità di consumare meno alla scelta di consumare meno al fine di limitare lo spreco. La lotta al capitalismo non è mirata soltanto a limitare le gabbie del libero mercato, ma soprattutto a incitare i soggetti all’analisi critica del capitalismo. In tutto ciò, la tecnologia diventa supporto importante per l’ottenimento delle informazioni. La tecnologia viene, quindi, considerata come strumento di controllo e di diffusione dell’informazione, da utilizzare in modo responsabile. La ricerca di Mostaccio si è concentrata, invece, su 43 consumatori tra attivisti e consumatori etici, precisamente 33 donne e 10 uomini di età compresa tra i 19 e i 71 anni. Le aree d’Italia prese in considerazioni sono: Milano e Levanto (in provincia di La Spezia) per il nord-ovest; Solesino (in provincia di Padova), Bologna e Terni per il centro-nordest; Napoli, Messina e Catania per il Sud. In queste città erano presenti delle botteghe del commercio equo con operatori che hanno dato la loro disponibilità a collaborare per contattare i consumatori. Nord-ovest, centro-nordest e sud rappresentano i tre sistemi sociali con caratteri propri per struttura economica, organizzazione sociale e sistema politico. Il nord-ovest è caratterizzato, infatti, da una struttura produttiva che si esprime attraverso la grande impresa; il centro-nordest ha una struttura economica caratterizzata da piccole e medie imprese, mentre il sud è l’area ad economia marginale o di sottosviluppo relativo dell’intero paese, caratterizzato appunto da un’economia assistita. La struttura socio-economica si intreccia con la sfera politica danno vita a subculture territoriali, fortemente influenzate da fattori istituzionali come la religione o l’orientamento politico; pertanto, abbiamo al nord-ovest una forte cultura operaia e una incisiva etica del lavoro; al centro-nordest una cultura del bene comune derivante dalla lunga tradizione di cooperativismo cattolico; al sud una cultura contadina intrecciata con quella religiosa che ha determinato il prevalere della sfera privata su quella pubblica (Mostaccio, 2008).

Il livello degli intervistati è medio-alto la metodologia si basa su un approccio qualitativo attraverso interviste di tipo narrativo.

I risultati della ricerca evidenziano il diffondersi di una cultura etica dei consumi che nel nord-ovest è promossa dal volontariato e dall’economia del no profit, al centro-nordest è sostenuta dalle organizzazioni cattoliche, mentre nel Mezzogiorno la formazione di una coscienza etica è favorita dalla famiglia e dalla scuola. Inoltre, la ricerca rileva una scarsa fiducia degli individui non solo nei confronti del sistema capitalistico che ha per anni occultato i pesanti costi sociali e ambientali dietro ogni singola merce, ma anche nei confronti delle grandi istituzioni (partiti di massa, istituzioni ecclesiastiche, ecc.). Si evidenzia, perciò, un conflitto di valori che non vuol dire caduta di valori, ma ricerca di nuovi spazi di azione in cui esprimere sé stessi in rapporto con gli altri. La presa di coscienza dei consumatori si basa sulla consapevolezza della crisi e sulla responsabilità verso l’altro e per l’Altro. È così che il consumatore etico si definisce come:

“colui che, nel suo agire quotidiano, decide consapevolmente di metter in atto la sua capacità di rispondere all’Altro, poiché questo è il presupposto su cui si fonda il suo essere con gli altri (…). Scegliere tra la possibilità di assumersi e quella di rifiutare di assumersi la responsabilità della propria responsabilità, è il modo attraverso cui gli individui scelgono il proprio stile di vita. La responsabilità non è un modo di stare al mondo, ma il modo di stare al mondo. (…) L’assunzione di responsabilità, dunque, diviene lo strumento attraverso cui l’individuo prende coscienza dell’esistenza dell’Altro, della sua presenza, della sua prossimità. (…) La presa di coscienza, la consapevolezza, la coscienza critica di cui tanto si parla, altro non è che la capacità di emanciparsi dallo stato di alienazione proprio del sistema capitalistico, la capacità di agire di consumo avendo fermi in mente i rapporti sociali di produzione”55.

Resta ancora da capire come vengano interiorizzati i valori di eticità e quali sono le dinamiche che spingono alla presa di coscienza. Inoltre, è fondamentale andare alla ricerca dei meccanismi che consentono o potranno consentire a questi valori di tramandarsi e riprodursi, pur in assenza di figure che finora hanno trasmesso ethos e pathos ai consumatori critici di oggi.

Una delle principali differenze tra queste due ricerche risiede nel tipo di razionalità weberiana in base alla quale i consumatori agiscono. Nella ricerca della Sassatelli si sostiene che i consumatori agiscono secondo una razionalità rispetto allo scopo; ciò presuppone, quindi, un’etica della responsabilità56. Nell’indagine di Mostaccio, invece, si parla di consumatori che agiscono secondo

      

55 Mostaccio F. Il patrimonio etico dei consumatori, Franco Angeli, Milano, 2008, p.167‐168‐171.  56 Sassatelli, op. cit. p.175. 

una razionalità rispetto al valore che si basa su un’etica della convinzione: il consumatore etico è mosso dall’alto valore delle sue azioni57

Tuttavia, non si possono non mettere in evidenza le tendenze che orientano, per ora solo una minoranza, dei consumatori attuali, i quali cercano di disoccultare la reificazione dei rapporti.

Resta il fatto che “nella società contemporanea prendono sempre più vigore processi che da un lato spingono ad una crescente individualizzazione dell’azione, dall’altro mirano ad esercitare un controllo sulla sfera interna e sulla stessa “natura interna” dei soggetti (…). Il piano dell’azione si è trasferito al livello della quotidianità, politicizzando la sfera personale, e la posta in gioco è apparsa, piuttosto che la conquista, lo svuotamento del potere58”. Tant’è che all’economia del profitto fanno riscontro, in misura sempre maggiore, la diffusione delle economie di nicchia, delle reti del commercio equo e solidale e del consumo etico (Pieroni, 2002).

Il capitalismo del consumo ha invocato e continua ad invocare ancora oggi una società opulenta, ricca, abbondante di beni materiali invitanti ed appaganti nella quale un consumatore moderno, rapido e scattante possa liberamente scegliere tra un’infinità di prodotti quello che meglio riesce a soddisfare le sue esigenze. La libertà di scelta è il must del capitalismo del consumo, la grande opportunità offerta ai destinatari della produzione, costantemente informati da campagne di marketing e pubblicità, affinché la scelta sia sempre più consapevole, mirata, giusta.

Questa è la favola, la grande narrazione del capitalismo. In realtà, assistiamo alla deturpazione dello spazio e alla perdita dell’identità con la moltiplicazione delle cattedrali dell’iperconsumo; i territori finiscono col perdere la loro aurea ossia ciò che il filosofo Walter Benjamin definisce come autenticità dell’opera strettamente intrecciata col proprio contesto di riferimento59. Centri

commerciali e grandi magazzini che diventano i “non luoghi del consumo”60 e macchine divoratrici dei consumatori. Infatti, la concentrazione di più attività commerciali dislocate all’interno di uno stesso spazio ampio e anonimo, induce i consumatori ad acquistare anche ciò di cui non hanno bisogno. Il consumatore è costantemente controllato, monitorato e sorvegliato da strumenti tecnologici sofisticati senza che se ne accorga; tutto, infatti, è esaminato nei minimi particolari: per esempio, è studiata a tavolino l’assenza di finestre ed orologi in modo che siano annientati tempo e

      

57 Mostaccio, op. cit. p.166. 

58Pieroni O. Fuoco, acqua terra e aria, Carocci Editore, Roma, 2002, p. 239‐241. 

59 Mostaccio F. Il patrimonio etico dei consumatori, Franco Angeli, Milano, 2008, p. 108. 

60  Secondo  una definizione dell’antropologo Marc Augè,  il  non  luogo  è uno  spazio  che non può  definirsi  secondo  le 

caratteristiche del luogo. Ogni luogo, infatti, è caratterizzato da un’identità, da un insieme di relazioni e da una storia.  Egli afferma, pertanto, che: “Un mondo in cui grandi magazzini, distributori automatici e carte di credito riannodano i  gesti  di  un  commercio  muto,  un  mondo  promesso  all’individualità  solitaria  (…),  il  luogo  e  il  non  luogo  sono  delle  polarità sfuggenti: il primo non è mai completamente cancellato e il secondo non si compie mai totalmente”. Augè M. 

spazio e si assopiscano, così, le percezioni dell’individuo, il quale viene fagocitato dalle merci e reificato nel suo essere.

All’interno di queste cattedrali del consumo è altissimo il livello di prevedibilità, cioè il consumatore è abituato a non aspettarsi sorprese, poiché tutto è uguale e uniforme ed è proprio a causa di questa prevedibilità che si realizza il massimo disincanto. L’irrazionalità della razionalità in cui le persone finiscono per muoversi in libertà vigilata e come automi in uno stato di sospensione dalla realtà61. L’inconsapevolezza e lo svuotamento delle proprie funzioni all’interno del sistema occultano l’inganno del mercato.

Tuttavia, demistificare ciò che le logiche di mercato hanno occultato agli occhi degli attori sociali diventa un’impresa non troppo ardua se si è disposti a porsi domande pertinenti. Chiedersi quanto benessere si ricavi dagli atti d’acquisto ossessivo-compulsivi e quanta opulenza ci sia effettivamente nel mondo grazie ai nostri consumi senza limiti, sono interrogativi che stimolano la riflessione. Ma è soprattutto cercare di analizzare l’effettiva libertà di scelta che ognuno di noi ha che può facilitarci nello svelare l’arcano del consumo. Nella ricerca di Mostaccio un’intervistata racconta:

“Perché i supermercati, i centri commerciali e adesso anche le bancarelle, sono di un appiattimento assoluto, tutti le stesse cose, (…) che è una cosa tremenda…è assurdo, più c’è scelta, meno puoi scegliere: quando mi trovo di fronte a 150 tipi di yogurt o a 40 tipi di dentifricio, mi viene una rabbia…ma un dentifricio a cosa serve? A pulire e a proteggere i denti! Perché una stessa azienda mi propone otto tipi di dentifrici diversi, ce ne possono essere due, tre diversi, ma quando mi trovo davanti a 40 tipi di dentifrici diversi, non scelgo più, perché diventa troppo difficile capire quello che mi serve, a quel punto lo prendo a caso e così con gli yogurt (…). È una scelta fasulla, credi di scegliere e invece compri lo stesso prodotto…non è possibile!”62

Gli individui sono disorientati dall’offerta e si ritrovano ad acquistare frettolosamente prodotti di cui ignorano le caratteristiche e la provenienza: un consumo privo di capacità critica e un consumatore appiattito e standardizzato, con un gusto omologato globalmente. La prevedibilità diventa sinonimo di alienazione.

Il capitalismo del consumo, dunque, divora e annienta lo spazio e aliena i soggetti; eppure in questo tentativo di reificazione dell’esistenza si sono sviluppate una miriade di differenziazioni. L’operazione di omologazione degli individui assoggettati alla produzione e al mercato non è

      

61Ritzer G. La religione dei consumi in Mostaccio F. Il patrimonio etico dei consumatori, Franco Angeli, Milano, 2008.  62  Mostaccio  F.  Il  patrimonio  etico  dei  consumatori,  Franco  Angeli,  Milano,  2008,  p.162.  Il  dover  scegliere  tra 

equivalenti alternative di scelta provoca quella che in psicologia si chiama nevrosi sperimentale del consumatore (vedi  in appendice La scelta del consumatore: tra nevrosi e bisogni esploratori). 

avvenuta senza complicazioni. Le differenze nei comportamenti dei consumatori e negli stili di vita si moltiplicano all’infinito ed esprimono la necessità e la volontà di coloro che affermano un consumo diverso. I consumatori “altri”, fuori dalle logiche del libero mercato, che definiamo nelle loro diverse accezioni come: responsabili, etici, informati63, esperienziali64, critici, consapevoli, fanno del capitalismo del consumo un consumo del capitalismo, nel senso di usura, distruzione e logoramento del sistema capitalistico. Sono alla disperata ricerca del reincanto che li risvegli dal disincanto e che li metta in rapporto con i beni, le persone e la natura.