EVOLUZIONE NELLO STUDIO DEI CONSUM
3.5 NUOVI MODI DI VIVERE IL TERRITORIO
3.5.1 Il consumo responsabile come movimento sociale
I consumi sono mutati nel corso del tempo così com’è mutato l’approccio scientifico della loro analisi. Mentre prima il consumo era studiato attraverso categorie economiche, come quella dell’utilitarismo, successivamente, con lo sviluppo della modernità, il consumo si è mostrato come un fenomeno ricco di sfaccettature sociali e psicologiche che l’hanno fatto assurgere a strumento di identificazione sociale, costituente un linguaggio e un sistema di segni che permette di creare una propria identità per distinguere e distinguersi dagli altri. Questa è la dimensione simbolica dei consumi, in cui il virtuale ha il sopravvento sul reale, tant’è che nelle società tardo capitalistiche, i significanti sembrano sganciati dai significati (Lori, Volpi, 2007). Questa dimensione simbolica ha fatto delle merci dei simulacri e ha cambiato nel corso del tempo lo spazio dedicato alla pratica del consumo. Nella società del consumo, il consumatore e la merce si trovano in uno spazio asettico rispetto a quello economico e politico nel quale è immerso; si tratta di uno spazio che non può dirsi pubblico come le piazze in cui un tempo si svolgevano i mercati, ma di luoghi creati ad hoc, studiati per produrre un effetto di straniamento, ideala per incantare il consumatore alla merce. Il consumatore si distacca così dal resto della società e l’atto di acquisto diventa un atto completamente individualistico, spoliticizzato, al completo servizio della produzione, o meglio, del
patto silenzioso stipulato tra produttore e consumatore: le aziende offrono qualità e prezzo e i consumatori non criticano ai costruttori di merci i rapporti sociali, economici e politici che hanno portato alla creazione di quella merce. Il consumatore responsabile è colui che rigetta questo patto silenzioso, colui che si rende conto di essere il principale finanziatore delle politiche e delle azioni di chi costruisce la merce. Il consumatore responsabile risponde a motivazioni etiche, dunque, e che rifiuta il processo di sterilizzazione simbolica e semantica53 a cui è sottoposta la merce. Questa sensibilità etica nasce dalla caduta di interesse per la politica dei partiti e dalla fine della società industriale, una sensibilità che si è voluta concretizzare nelle forme di azione politica e sociale dei movimenti dei consumatori, gruppi organizzati con sentire critico.
Prima di concentrarci sull’analisi degli atteggiamenti che qualificano un consumo responsabile, è interessante focalizzare l’attenzione su come i cambiamenti nella produzione abbiano innescato un mutamento anche nei consumi. Il mutamento nella società e nei consumi è da imputarsi anche alla crisi della modernità, al postfordismo e al postmodernismo. Mentre la società industriale era caratterizzata dalla produzione di beni materiali, quella post-industriale è contraddistinta dalla produzione e distribuzione di servizi. Questo significa che hanno acquisito particolare importanza per il mercato: la classe lavorativa tecnico-impiegatizia, la centralità attribuita al sapere teorico e la creazione di una nuova tecnologia intellettuale. Informazione e sapere sono le parole chiave dell’epoca postfordista, in cui la capacità di elaborare simboli è fondamentale. Dunque il passaggio è dal sistema fordista, rigido, stabile e serializzato, al sistema posfordista ad accumulazione flessibile, cioè il sistema economico è rappresentato da continue innovazioni in campo commerciale, tecnologico e organizzativo. L’effetto dell’accumulazione flessibile sui consumi è stato duplice: da un lato ha acuito la mutevolezza e l’instabilità delle mode con conseguente accorciamento della vita dei prodotti, dall’altro sforna continuamente nuovi bisogni e mercifica le forme culturali. Estetica, caducità ed esclusività sono le peculiarità del sistema postfordista. Anche le forme di gestione del potere sono mutate passando al cosiddetto “governo degli uomini” in cui il potere è finalizzato alla modifica di opinioni, comportamenti e atteggiamenti attraverso interventi sul sistema di valori e sulla cultura fino a definire i bisogni e le identità individuali.
Questo mutamento sistemico della struttura produttiva e del potere, ha permesso l’affermazione di un nuovo sistema d’azione sociale che consente alle soggettività di esprimersi attraverso la sfera del consumo, generando nuovi conflitti sociali per cui ideologie contrapposte si contendono la definizione dell’orientamento culturale della società. Quindi il conflitto non è più circoscritto nel capo capitale-lavoro, ma si estende a una pluralità di terreni di lotta tra cui il consumo, appunto.
53 Il processo di sterilizzazione comporta una creazione di merci senza storia e senza memoria; esse vengono
sterilizzate rispetto alla loro storia materiale, sociale e politica (Scegliere il bene. Indagine sul consumo responsabile. Massimo Lori e Federica Volpi, Franco Angeli, Milano)
L’indagine di Federica Volpi e Massimo Lori presentata in Scegliere il bene è tesa ad identificare il modus pensandi e operandi di 33 cittadini italiani considerati consumatori responsabili, raccogliendo opinioni e comportamenti attraverso due fasi metodologiche di ricerca, una quantitativa, basata su dei questionari, e un’altra qualitativa (interviste in profondità) allo scopo di compiere un ulteriore approfondimento del consumo responsabile.
L’assunto da cui si parte è che il consumo sia una pratica in cui la dimensione comunicativa, anziché quella economica utilitaristica come si pensava ingenuamente in passato, ha una valenza preponderante in quanto va a definire materialmente una cultura attraverso un insieme di giudizi e valori. Quindi, c’è un processo di costruzione di senso legato ai beni di consumo alimentato da una molteplicità di identità, in cui il comportamento dei consumatori è orientato culturalmente e gli oggetti, sotto forma di segni, si prestano ad infinite decodificazioni.
“Con l’espressione stile di consumo si intende un insieme coerente di condotte, opinioni, atteggiamenti e valori verso il consumo variamente diffuso nella società. In altre parole, lo stile di consumo costituirebbe una mappa di significato attraverso la quale gli individui concepiscono e si rapportano agli oggetti.54”
Nella nostra società convivono diversi stili di consumo; gli studi sul consumo effettuati finora hanno ampiamente dimostrato come non esista una figura monolitica di consumatore responsabile. La ricerca di Lori e Volpi ha formulato tre idealtipi di consumatore responsabile:
- Il tradizionalista, una sorta di consumatore ascetico, il quale intende il consumo come uno strumento finalizzato a soddisfare i bisogni utili all’autosostentamento, i beni di prima necessità; quindi un orientamento ispirato alla sobrietà e alla parsimonia che ha una vocazione naturale (a differenza degli etici che attuano la parsimonia come reazione al consumismo), in disaccordo con la retorica consumistica dell’usa e getta. Sono consumatori poco consapevoli poiché il loro agire al consumo non è mosso da valori etici ma da un tradizionale modo di pensare il consumo e, inoltre, non sono affatto convinti di poter influenzare il comportamento delle imprese e l’andamento del mercato. Questi consumatori sono in maggioranza oltre i 50 anni, quindi questo gruppo raccoglie principalmente le generazioni che hanno sperimentato nella loro vita incertezza e scarsità delle risorse e tendono, perciò, a privilegiare i consumi di livello primario. Quindi si registra anche un capitale economico medio-basso così come è dello stesso tenore il capitale culturale che giustifica la mancanza di interesse dei consumatori tradizionalisti verso tematiche tipiche del consumo responsabile che richiederebbero maggiore sforzo cognitivo.
- Il narcisista privilegia, come il consumatore etico, aspetti intangibili e simbolici del consumo. Per il narcisista gli oggetti sono uno strumento indispensabile per costruire la propria immagine da trasmettere agli altri; quindi scelgono i prodotti in base alla marca o in base al significato che quei beni assumono contro il consumo vistoso per mettere in evidenza il loro standig sociale. Il consumo, allora, diviene strumento per far vedere la propria posizione sociale e comunicare la propria visione del mondo. La coorte di riferimento è composta principalmente da giovani che ancora vivono nella famiglia di origine e che, quindi, non sentono il peso delle responsabilità economiche familiari o la necessità legata al risparmio.
- L’etico si ispira ad un sistema di valori in netta contrapposizione alle regole che presiedono il mondo della produzione e del consumismo. Lo stile di consumo etico rappresenta una sorta di subcultura, cioè un gruppo distinto dalla società che sulla base di un impegno condiviso si orienta verso una particolare attività di consumo. È il consumatore-cittadino di De Certeau, che reinventa il quotidiano attraverso creative tattiche di resistenza. L’atto di consumo, dunque, ha valenza politica e sociale e la circolazione delle informazioni è di fondamentale importanza per rafforzare l’impalcatura di valori a cui il consumatore etico si ispira. L’informazione aiuta nel mantenere l’autonomia di pensiero contro l’inganno del marketing e gli oggetti non sono considerati feticci, bensì prodotti sociali che hanno una storia (ovvero tutta la filiera di produzione e distribuzione di cui il consumatore etico tiene conto nelle sue operazioni di acquisto). I consumatori etici posseggono un elevato capitale economico e culturale, identificandosi con la nuova classe media in grado di contrastare, attraverso competenze culturali, tecniche e materiali, il controllo dei processi di riproduzione culturale da parte di diversi apparati pubblici e privati considerati dominanti. Il consumo etico, quindi, va oltre la sfera privata e invade lo spazio pubblico.
Il consumatore oggetto della ricerca è ovviamente il consumatore etico. La prima conclusione alla quale giunge questa ricerca è che il consumo responsabile non è una sommatoria di singoli comportamenti verso la società e l’ambiente, né una moda o un comportamento dettato da panico collettivo nei confronti delle conseguenze prodotte dall’impronta ecologica dell’uomo; ma, al contrario, è un sistema d’azione fondato su una specifica visione del mondo e su una densa rete di rapporti interpersonali (Lori, Volpi, 2007).
Quindi, i due studiosi inquadrano il consumo responsabile anzitutto come fenomeno collettivo, come movimento sociale e cercano di individuare le variabili che hanno portato alla mobilitazione e all’attivazione individuale, soffermandosi sugli aspetti micro processuali, ovvero su come i movimenti producono se stessi. Le interviste in profondità hanno dimostrato
come il percorso che conduce al consumo responsabile si innesta all’interno di una precedente esperienza associativa: centri sociali, associazioni ambientaliste, luoghi di aggregazione del movimento studentesco, organizzazioni del terzo settore. É in questi ambienti che si trovano le risorse relazionali e le risorse cognitive che sviluppano mappe di significato e visioni del mondo comuni per i consumatori responsabili. Questa è l’importanza dei network sociali. Sostanzialmente il background ideologico e culturale degli attivisti fa riferimento a movimenti che hanno diverse mission associative. Le culture in azione, le aree di movimento che hanno prodotto un consumo responsabile individuate sono: l’area del volontariato di cooperazione d solidarietà internazionale, il movimento antagonista (come i centri sociali), l’ambientalismo. Tutte queste aree, che partono da modalità organizzative e strategiche differenti, hanno trovato un punto di convergenza nell’idea che il neoliberismo sia la chiave di volta dei mali della società. Le diverse subculture del movimento, pur mantenendo delle identità collettive separate per via delle tradizioni culturali a cui si ispirano, si ricongiungono nella visione che hanno del mondo. Differiscono le pratiche, ma sono comuni i principi. Del resto, l’etereogeneità ideologica ha permesso che potesse instaurarsi una forma di cooperazione anziché di competizione.
In conclusione, la ricerca mostra come precedenti esperienze associative fungano da generatori di nuove esperienze di consumo critico, consumo che assume anch’esso la forma di movimento sociale avendo rintracciato in tutti gli intervistati precedenti esperienze nelle organizzazioni del terzo settore. Il consumatore responsabile sviluppa una propria mappa cognitiva che definisce la sua visione del mondo, tende a porsi come diretto antagonista del sistema capitalistico attraverso gesti della vita quotidiana e sfumando ulteriormente il confine tra sfera pubblica e sfera privata.