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I BP in Europa Fonte: Y Syntomer, C Herzberg, A Rocke (2008) Vi sono poi casi come quelli riscontrati in Finlandia o in Germania, in cui i dispositivi partecipat

Caratteristiche, obiettivi, origini ed evoluzione.

Grafico 4: I BP in Europa Fonte: Y Syntomer, C Herzberg, A Rocke (2008) Vi sono poi casi come quelli riscontrati in Finlandia o in Germania, in cui i dispositivi partecipat

vengono introdotti principalmente con scopi di ammodernamento della pubblica amministrazione

(modernizzazione partecipativa). In Gran Bretagna e Polonia i casi analizzati sembrano porsi a metà

strada fra un percorso di sviluppo di comunità (fondato su una forte dose di empowerment e di libera

iniziativa lasciata alle comunità locali) e forme di partenariato pubblico-privato (una forma di gestione

dei servizi che riprende molto da vicino le attuali tendenze legate al new public management) che

BP 2000 BP 2003

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spingono l’autore a parlare di un vero e proprio “neoliberismo partecipativo”. Alcune esperienze

(come Madrid) sembrano indirizzarsi invece verso un più tradizionale modello neo-corporativo42.

Eterogeneo è anche il profilo dei comuni implicati nella sperimentazione dei bilanci: al loro interno

troviamo città che superano ampiamente i 500 mila abitanti (come Roma, Siviglia o Berlino), così

come cittadine di medie dimensioni (come Jetafe e Jérez in Spagna o Modena in Italia, comprese fra i

100 e i 200 mila abitanti) o piccoli comuni al di sotto dei 30 mila abitanti (Grottammare in Italia,

Morsane-sur-Orge in Francia).

Anche dal punto di vista della situazione finanziaria che contraddistingue l’ente locale si rileva una

forte discontinuità: si passa da un bilancio municipale di 42 € pro capite di Plock (Polonia) ad uno di

quasi 4000 € a Venezia, mentre il rapporto fra debito e bilancio varia fra il 5.6% di Morsang (Francia)

al 169.5% di Salford (Gran Bretagna).

I soli elementi di uniformità riscontrati nei casi esaminati dall’analisi comparativa condotta da

Syntomer e dalla sua equipe si riferiscono al colore politico delle amministrazioni locali e alla

provenienza della volontà di avviare questo strumento: quasi il 90% dei comuni o delle aree

metropolitane interessate dall’implementazione di un BP sono infatti governate da partiti o da

coalizioni di sinistra o di centro sinistra; dal punto di vista dell’origine del processo si è invece

riscontrato che circa l’85% dei casi analizzati dimostra avere una provenienza top-down, mentre solo

in tre comuni (Albacete e Cordoba in Spagna e Grottammare in Italia) questo strumento è stato

introdotto grazie ad un processo che ha implicato una convergenza fra origini top-down (sistema

politico) e bottom-up (società civile); in nessuno dei casi esaminati dalla ricerca tale percorso di

implementazione ha avuto origine unicamente in seguito a pressioni indirizzate agli organi

rappresentativi da parte dei cittadini.

La diversità di questi strumenti può essere ravvisata anche nelle dinamiche partecipative: in alcuni casi

infatti a partecipare sono semplici cittadini, mentre in altri la partecipazione è per lo più affidata agli

attivisti (Bobigny e Saint Denis) o a rappresentanti/appartenenti alla società civile organizzata (vedi

Albacete). Nella maggior parte delle esperienze tedesche la partecipazione è legata invece a

meccanismi di selezione per sorteggio (vedi Emsdetten, Hilden e Berlino-Lichtenberg), il che fa

42

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avvicinare questo processo partecipativo a quello delle plannungczelle allontanandolo in questo modo

dalla matrice originaria “importata” dal Sud America.

Anche gli obiettivi che si pone l’amministrazione mediante l’implementazione di questo tipo di pratica

sono, come ricordato, diversi: i casi francesi ad esempio dimostrano come a determinare l’avvio di

queste pratiche siano soprattutto la volontà di recuperare il costante divario degli attori politici

tradizionali in termini di rappresentanza e legittimazione, e di migliorare le prestazioni

dell’amministrazione pubblica e della gestione locale attraverso l’integrazione delle esperienze

quotidiane nelle politiche locali e il sostegno di vincoli orizzontali fra i diversi attori sociali; a questi

scopi primari si deve aggiungere, soprattutto nei contesti prossimi all’area metropolitana di Parigi

(vedi Bobigny e Saint Deny), la volontà di stemperare le relazioni sociali conflittuali presenti in questi

luoghi, stabilendo un dialogo volto a generare un consenso e a rafforzare la convivenza e la solidarietà

fra i gruppi sociali più svantaggiati.

Nonostante lo scopo politico appena accennato, le esperienze francesi sono però contraddistinte da una

ferma volontà da parte dei partiti politici di non procedere a deleghe di poteri verso il basso, ma

semmai di affiancare alle consuete modalità di gestione un ventaglio di opportunità consultive, di

ascolto, attraverso le quali avvicinare le istituzioni rappresentative ai tessuti sociali locali.

A Saint Deny il BP è stato introdotto mediante assemblee tematiche che vertono sullo sviluppo

strategico della città e su laboratori di bilancio nei quali i delegati discutono le proposte pervenute dai

14 distretti (circoscrizioni). Le proposte vengono poi presentate al momento della discussione

consiliare vertente sull’approvazione del bilancio comunale. La procedura partecipativa è puramente

consultiva e tende a posizionarsi come una pratica di ascolto che i rappresentanti politici rivolgono ai

cittadini. Come nella maggior parte delle esperienze francesi, anche in questo caso il BP non

rappresenta una pratica introdotta ex-novo, quanto piuttosto il tentativo di rimodellare le forme

partecipative preesistenti (comitati di quartiere, fondi di quartiere, laboratori tematici, etc.) offrendo

loro nuove opportunità derivanti da questo strumento.

Bobigny, così come il caso appena riportato, fa parte della cintura di comuni periferici che

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Comunista Francese, che nel 2002 ha introdotto il BP affiancandolo ad altre iniziative partecipative43.

Il Sindaco incontra i cittadini, riuniti in assemblee aperte, ma la dimensione delle proposte e delle

iniziative provenienti dai partecipanti rimane legata all’ambito micro-locale. Come riconosciuto dallo

stesso Syntomer “al di là delle questioni di prossimità, la mancanza di un disegno generale si fa

sentire”44.

In entrambe le esperienze dunque, la pratica rimane troppo informale e strettamente consultiva. Anche

quando al dispositivo partecipativo vengono affidati reali poteri decisionali, come nel caso dei c.d.

fondi di quartiere (risorse messe a disposizione delle comunità locali mediante trasferimenti

provenienti dallo Stato), l’ammontare di tali fondi è tutto sommato esiguo (la più alta somma messa a

disposizione in rapporto al totale del bilancio municipale è stata di circa 360 mila euro, corrispondenti

a circa l’1.5% degli investimenti, attribuita al comune di Roche-sur-Yon nel 2003).

I cittadini inoltre non sembrano essere in grado di proporre piani di sviluppo capaci di interessare

l’intera area cittadina, rimanendo invece fermi su richieste micro-locali.

Queste esperienze non hanno dimostrato di poter promuovere una giustizia distributiva o una

trasformazione nei rapporti di genere paragonabili ai casi sudamericani e possono essere sintetizzate

come delle riunioni organizzate su scala municipale per attirare un pubblico popolare numeroso al fine

di ristabilire un dialogo fra amministratori e cittadini. L’ipotesi è rafforzata dal fatto che non sembrano

essere presenti dei meccanismi di auto-organizzazione da parte della popolazione partecipante. Inoltre

la stessa non gioca alcun ruolo attivo nel processo di costruzione delle regole del gioco che invece

rimangono di appannaggio esclusivo di decisioni provenienti dall’alto, a differenza di quanto abbiamo

riscontrato nelle esperienze sudamericane (soprattutto brasiliane).

La paura della nascita di un contro-potere proveniente dagli strati popolari che partecipano a questa

pratica inibisce le potenzialità riscontrate nei casi sudamericani. In Francia queste esperienze risentono

dunque dei freni posti dagli stessi rappresentanti politici, i quali da un lato si impegnano ad avviare

meccanismi partecipativi in grado di affiancarsi a quelli tradizionali, con lo scopo di allacciare un

nuovo rapporto di fiducia con la popolazione, ma dall’altro, temendo che le derive partecipative

43

Herzberg, C.; Allegretti G.(2004), El ‘retorno de las carabelas’. Los presupuestos participativos de america

Latina en el contexto europeo. Madrid: FIM, p.5.

44

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possano condurre ad una diversa distribuzione dei poteri decisionali, si assicurano contro questa

eventualità impedendo qualsiasi tentativo di reale delega co-decisionale.

Questo non significa che l’introduzione di tali pratiche non abbia sortito effetti positivi, ma questi si

riscontrano maggiormente nel campo amministrativo e in quello burocratico, piuttosto che nelle

dimensioni politiche e sociali. A migliorare sono infatti le modalità di informazione e la trasparenza

nella gestione dei fondi pubblici, che, come sostiene Syntomer, vanno a vantaggio non solo dei

cittadini, ma degli stessi rappresentanti eletti (soprattutto nel caso dei consiglieri municipali) in quanto

permettono loro un miglior grado di comprensione di documenti che in passato si sono rivelati spesso

di difficile lettura (come lo stesso Bilancio e gli altri documenti di natura finanziaria)45.

Nonostante questi importanti passi avanti in vista di una riforma sostanziale dei meccanismi di

informazione utilizzati dalla pubblica amministrazione, non sembra che i BP in Francia abbiamo

contribuito a produrre modifiche più profonde a livello gestionale: la macchina burocratica rimane

appesantita e inefficiente agli occhi dei cittadini. Si aprono spazi di ascolto delle problematiche

pubbliche, ma i tempi di risposta e l’impegno del personale amministrativo non sembrano dimostrarsi

adeguati alle aspettative degli abitanti, né tali discrasie hanno spinto ad una ridefinizione

dell’organizzazione interna in vista di una maggiore trasversalità fra i diversi settori che compongono

l’apparato amministrativo.

Inoltre, come afferma Allegretti, uno dei maggiori problemi resta il ridotto numero dei partecipanti

che le esperienze in corso riescono a raccogliere, soprattutto laddove le tematiche di dibattito

assumono valore cittadino, e non solo micro-zonale. A questo si aggiungono problemi metodologici:

le modalità per ordinare le proposte in modo da conferire loro un ordine gerarchico sono poco chiare e

questo non può che generare confusione e perdita di credibilità del processo.

A differenza di molte esperienze latinoamericane poi, la discussione difficilmente riesce ad uscire

dalla voce “investimenti”, per comprendere anche quella parte di bilancio municipale relativa alle

spese correnti46.

45Y. Syntomer, op. cit., p. 99. 46

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Il tipo di BP attuato in Francia corrisponde, a livello idealtipico, a quella che Syntomer definisce come

una partecipazione di “prossimità”: nato adattandolo ad esperienze pregresse, implementato come

procedura top-down, con tematiche di ordine micro-locale, senza reali poteri decisionali e senza una

gerarchizzazione delle proposte effettuata mediante criteri di giustizia sociale.

I riscontri positivi sembrano manifestarsi unicamente nella capacità di migliorare la comunicazione fra

cittadini e rappresentanti politici e di aprire la strada ad una possibile modernizzazione amministrativa.

Rimangono tuttavia debolezze marcate all’interno di questo idealtipo di BP, come ad esempio quella

di non permettere un reale empowerment dei cittadini, così come quella di mostrare un certo grado di

arbitrarietà nell’esito del processo.

Anche dal punto di vista deliberativo il carattere di tali pratiche risulta dunque mediocre, proprio per la

mancanza di regole certe, di strutture formalizzate, di arene in cui i partecipanti sono messi nelle

condizioni di comunicare in modo paritario sia fra loro che nei confronti dell’apparato politico-

amministrativo.

La partecipazione di prossimità sembra essere l’idealtipo più diffuso fra le esperienze dei BP europei:

anche nei casi portoghesi, olandesi e belgi la direzione presa da questi strumenti sembra avviarsi verso

le caratteristiche delineate nel corso della descrizione degli esperimenti francesi.

A Mons (Belgio, 91 mila abitanti) le dinamiche partecipative sembrano essere le stesse: il BP si

costruisce con l’obiettivo di mettere a disposizione dei cittadini fondi federali da impiegare nel

recupero dei quartieri o comunque in ambito di sviluppo e progettazione locale; la partecipazione è

scarsa così come debole risulta essere la qualità deliberativa all’interno degli incontri, le priorità

espresse hanno portata micro-locale e si dimostrano incuranti di prendere in considerazione progetti

di portata cittadina. Nessuno criterio atto ad una distribuzione delle risorse in grado di avvantaggiare

le aree meno sviluppate o con maggiori problematiche sociali compare in questa esperienza.

Gli effetti dell’introduzione di questo strumento partecipativo sulla realtà politica e

sull’organizzazione burocratica sono da considerare ancor meno incoraggianti di quelli incontrati nei

casi francesi: l’incapacità di gestire tale strumento ha infatti portato ad una diminuzione del consenso

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nelle successive elezioni, pur ricevendo la maggioranza assoluta dei voti (51%), questa hanno

registrato un calo di quasi 9 punti percentuali rispetto alla precedente tornata elettorale.

Non tutti i casi corrispondenti all’idealtipo denominato “partecipazione di prossimità” hanno però

effetti così deboli sul contesto politico, amministrativo e sociale dei territori in cui vengono messi in

opera: il caso di Palmela, una cittadina di circa 60 mila abitanti situata alla periferia di Lisbona, è in

questo senso confortante.

La città è amministrata da una maggioranza di sinistra guidata dal Partito Comunista Portoghese, che

nel 2002 ha deciso di creare un percorso partecipativo che pur avendo caratteristiche simili

all’idealtipo di prossimità, si avvicina sensibilmente all’esperienza di Porto Alegre. I progetti di

investimento vengono dapprima elaborati dall’esecutivo che li presenta ai cittadini avviando con essi

una fase di discussione e di disposizione in ordine di priorità degli stessi. Dopo aver raccolto le

indicazioni provenienti dalla popolazione, la proposta finale viene presentata e ulteriormente dibattuta

mediante un’assemblea pubblica a livello cittadino. L’implementazione dei progetti viene controllata

da alcune commissioni partecipative locali composte da delegati eletti nei quartieri, in collaborazione

con un gruppo di tecnici incaricato di seguire l’intero bilancio partecipativo.

In questo caso non solo la partecipazione cittadina è stata mediamente più alta (circa il 4% della

popolazione), ma i benefici a livello politico e burocratico sono risultati tangibili: la pratica ha avuto

un certo impatto sulla modernizzazione amministrativa, semplificando alcune procedure, rendendo più

trasparente la gestione e l’utilizzo dei fondi pubblici e permettendo una maggiore collaborazione fra i

vari settori di cui si compone l’apparato amministrativo. Inoltre le commissioni di controllo hanno

senza dubbio favorito l’empowerment dei cittadini, nonostante la pratica rimanga sempre ad un livello

consultivo. Le dichiarazioni da parte dei rappresentanti politici di voler rafforzare il ruolo dei cittadini

garantendo loro un maggior potere decisionale, fanno di questo caso un ibrido che, partendo da un

livello di prossimità, intende dirigersi verso una forma realmente partecipativa di gestione delle risorse

pubbliche locali.

In altri contesti, come la Germania e la Finlandia, i bilanci partecipativi rientrano in un insieme più

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e propria modernizzazione amministrativa, mentre passa in secondo piano l’esigenza di rendere i

cittadini realmente partecipi delle decisioni pubbliche.

Più che rivolgersi a questi ultimi, le pratiche sembrano orientate a rispondere a criteri di customer

satisfaction.

Per questo a Esslingen, Rheinstetten e in altre località tedesche questi strumenti partecipativi si basano

su procedure di sorteggio atte ad individuare i soggetti chiamati a partecipare.

A Emsdetten (35 mila abit.) il bilancio si divide in tre fasi: la prima informativa, in cui ogni famiglia

riceve un opuscolo dove vengono spiegati gli ambiti in cui è suddiviso il documento previsionale. La

fase successiva, di natura consultiva, non si limita dunque a raccogliere pareri relativi alla voce

investimenti, ma spazia sull’intero ambito della ripartizione delle finanze locali: nel corso di un

seminario pubblico le informazioni vengono approfondite e ciascun cittadino sorteggiato può

presentare proposte, che trovano successivamente una sintesi in un documento presentato agli

amministratori. La fase di rendicontazione si effettua mediante la stesura di un rapporto che dà conto

dell’eventuale presa in considerazione delle proposte popolari, accompagnato da commenti di tutti i

partiti politici presenti nel Consiglio Comunale.

Nel caso delle esperienze tedesche la partecipazione è di natura meramente consultiva, e alla società

civile organizzata non è lasciata alcuna autonomia in relazione alla possibilità di intervenire sulle

procedure che regolano i meccanismi di partecipazione. Questo ovviamente comporta che l’esito del

processo viene a dipendere unicamente dalla volontà politica e dagli standards di trasparenza,

efficienza ed efficacia che gli amministratori intendono realizzare attraverso l’apertura della macchina

amministrativa.

Le esperienze inglesi (Salford e Bradford) si caratterizzano invece per il loro avvicinarsi all’idealtipo

dello “sviluppo di comunità”: in questi casi mediante tale pratica partecipativa vengono gestiti fondi di

provenienza municipale o scaturiti da programmi nazionali destinati allo sviluppo e

all’implementazione di progetti o servizi a livello di quartiere. La particolarità di questo modello è di

fondare la partecipazione sulle organizzazioni di quartiere, i cui delegati formano un consiglio a livello

municipale che ha il compito di gerarchizzare i progetti. Oltre a questo compito, il consiglio è

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In questo senso il livello di empowerment prodotto dalla pratica partecipativa è molto alto, così come

di notevole portata risultano essere il grado di autonomia raggiunto dalla società civile organizzata e la

capacità di rinforzare il tessuto associativo che l’applicazione di una simile procedura permette.

Le esperienze di “community development” marginalizzano però la figura del cittadino non

organizzato e inoltre non sembrano permettere l’evoluzione verso proposte di sviluppo capaci di

estendersi ad una dimensione cittadina. Questo comporta inevitabilmente il rafforzarsi di interessi

particolaristici e di una partecipazione di tipo parrocchiale.

Gli idealtipi definiti come “partenariato pubblico-privato” e “partecipazione di interessi organizzati”

sono stati inseriti più come riferimenti teorici che volevano riassumere possibili tendenze in cui

muovevano esperienze come quella polacca di Plock o quella spagnola di Madrid, ma gli stessi autori,

considerando l’attuazione estremamente recente di questi casi e le loro caratteristiche procedurali e

partecipative, sembrano non considerare le esperienze avviate in queste città come veri e propri BP.

Arriviamo infine all’idealtipo che più ci interessa per i fini della nostra ricerca: le sue caratteristiche

fanno sì che possa infatti venir definito il modello “Porto Alegre adattato all’Europa”.

I casi europei che tendono alla tipologia portoalegrense si riscontrano soprattutto in Spagna e in Italia,

i paesi in cui i BP hanno avuto, fra il 2000 e il 2007, la maggior diffusione.

Questo tipo di BP si caratterizza per essere una procedura che rompe gli schemi tradizionali di

partecipazione e di interazione fra sistema politico-amministrativo e cittadinanza. L’idea di far

partecipare i cittadini alla ripartizione delle risorse finanziarie è strettamente legata al trasferimento di

competenze decisionali verso la società civile e alla promozione della giustizia sociale.

Le associazioni giocano dunque un ruolo centrale, senza però monopolizzare le fasi partecipative

come avviene ad esempio nel modello del community development o in quello neocorporativo

(partecipazione di interessi organizzati).

Le procedure risultano piuttosto standardizzate e gli ambiti tematici non si rivolgono unicamente a

livello di quartiere, ma abbracciano anche l’intera dimensione cittadina. La qualità della deliberazione

è mediamente più elevata rispetto a quella riscontrata negli altri modelli e questo sia perché il percorso

partecipativo risulta essere più aperto, sia perché lo stesso ha una durata temporale che affianca tutte le

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partecipazione. Inoltre questo modello gode di una maggiore autonomia decisionale, sia per quanto

riguarda la possibilità di modificare le procedure, sia per i vincoli che legano le decisioni scaturite da

questo percorso con quelle successivamente prese dagli organi politici rappresentativi. Questi poteri di

co-decisione stimolano, teoricamente, la partecipazione e possono condurre a risultati sostanziali in

termini di giustizia sociale.

Dedicheremo il successivo capitolo alla verifica di tali presupposti all’interno di un’analisi di quattro

casi di studio italiani, in questa parte forniremo invece la descrizione di alcuni casi spagnoli esaminati

nella ricerca di Syntomer.

Siviglia, con i suoi 700 mila abitanti, è la città europea più grande in cui si stia sperimentando un BP

(a Roma, così come a Berlino, la pratica è stata avviata a livello sub-municipale non coprendo perciò

l’intera area urbana). Il BP è stato introdotto nel 2004 e il suo ciclo inizia ogni anno nel mese di marzo

con delle assemblee di quartiere dove vengono presentati differenti progetti e vengono eletti i delegati

che andranno a comporre il consiglio di bilancio (uno per ogni quartiere e uno per le aree tematiche

cittadine). La gerarchizzazione delle proposte viene effettuata mediante un sistema multicriteri messa

a punto con lo scopo di favorire un’equa distribuzione delle risorse, concentrando i maggiori interventi

in quelle aree maggiormente interessate da fenomeni di degrado urbano e sociale. Nel corso del primo

anno di sperimentazione sono stati approvati più di 200 progetti, per un totale di 12 mln di euro di

investimenti. Le procedure metodologiche di formulazione delle priorità, così come il controllo e la

rendicontazione dei servizi e delle opere individuate mediante il percorso partecipativo sono affidati a

commissioni composte per lo più da cittadini attivi, che hanno il compito di mantenere un contatto

costante con il resto della cittadinanza47.

Il caso di Puente Gentil (una cittadina Andalusa di circa 30 mila abitanti) dimostra come

l’introduzione di riforme amministrative realizzate in concomitanza all’introduzione di meccanismi