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I principi della democrazia diretta ateniese.

Aspetti teorici e strumenti empirici per un recupero della qualità democratica

2.2 I principi della democrazia diretta ateniese.

La teoria partecipativa e quella deliberativa della democrazia, pur esaminando aspetti differenti relativi

alla partecipazione e, più in generale, alla teoria democratica, trovano un comune antecedente storico,

politico e filosofico nel modello di democrazia diretta ateniese.

Nonostante il contesto ateniese diverga ampiamente da quello contemporaneo, i principi che

animarono questo regime politico sono qualitativamente sovrapponibili a quelli sui quali la teoria

partecipativa della democrazia e la teoria deliberativa fondano i rispettivi modelli.

Ad accomunare l’esperienza storica della democrazia classica ateniese e quella teorica contemporanea

sono le idee racchiuse in una particolare concezione del rapporto fra l’uomo e la politica, sulle

definizioni stesse della politica, sul rapporto fra pubblico e privato nonché su alcune caratteristiche

proprie dell’agire politico e sulle funzioni della partecipazione.

La politica viene concepita come una scienza il cui fine ultimo risiede nel coordinamento di tutte le

altre scienze particolari4 e il suo fine, per Aristotele così come per Platone e Socrate, è quello di

formare gli uomini e predisporre le leggi per l’organizzazione della polis5.

4

B.Snell, 1951, La cultura greca e le origini del pensiero europeo, Torino, Einaudi, p.11

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La centralità della politica, e delle azioni legate a questa attività, assumo dunque un rilievo di primo

piano arrivando a rappresentare l’essenza stessa del concetto di essere umano, a differenza di quanto

può esser rintracciato nelle caratteristiche ontologiche espresse dalle teorie economiche della

democrazia e da quelle contenute nella c.d. teoria della scelta razionale ed espresse da autori come

Mancur Olson, James Buchanan e Gordon Tullock, per i quali l’uomo è caratterizzato essenzialmente

da una natura economica che lo spinge ad agire minimizzando i costi e massimizzando i profitti.

L’uomo è qui inteso invece non tanto nella sua veste di homo oeconomicus, quanto piuttosto in quella

di zoon politikon.

L’economia corrisponde, nel modello ateniese, ad una sfera di azione relegata nell’ambito privato,

mentre l’unica dimensione in grado di sviluppare le virtù dell’uomo è quella pubblica che si manifesta

nella partecipazione alle attività politiche all’interno della polis.

E’ la dimensione pubblica a rappresentare il campo d’azione privilegiato dell’agire umano, è in essa

che ci si forma come uomini nell’essenza più intima a cui tale termine si richiama.

Possiamo rintracciare una prova ulteriore della posizione centrale della politica e della partecipazione

a tale attività in quello che è il giudizio espresso su coloro che non vi prendono parte: Pericle definisce

infatti “superflui” tali individui.

Nella sua dimensione partecipativa la democrazia ateniese si fondava su un uguale diritto/dovere di

partecipazione al processo decisionale riservato a tutti i cittadini; da quella deliberativa il centro

dell’attenzione si sposta invece sul processo attraverso il quale si perviene a tale decisione, e a questo

proposito sono illuminanti le parole di Tucidide contenute ne “La Guerra del Peloponneso”: “siamo

noi stessi a prendere direttamente le decisioni o almeno a ragionare come si conviene sulle circostanze

politiche: non riteniamo nocivo il discutere dell’agire, ma il non rendere alla luce, attraverso il

dibattito, tutti i particolari possibili di un’operazione, prima di intraprenderla”6.

Per la prima volta nella storia le decisioni politiche trovano un luogo pubblico (agorà) per la loro

discussione e per la prima volta un gruppo ampio di uomini appartenenti a diversi status economici e

sociali, ma accomunato da uno stesso status politico e giuridico (quello di cittadino), è chiamato a

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deliberare circa le questioni di maggior rilievo per l’intera comunità alla quale appartiene all’interno di

un’istituzione che incarna la sovranità politica (ekklesia)7.

Nonostante le critiche che storicamente hanno accompagnato i regimi democratici, cominciando da

quelle espresse da Aristotele, e nonostante il carattere elitario della cittadinanza ateniese che escludeva

la maggioranza degli uomini e la totalità delle donne (considerate cittadine solo nominalmente poiché

di fatto private della titolarità dei diritti politici legati a tale status), il richiamo allo spirito e alle

caratteristiche essenziali del modello ateniese ricopre un’importanza centrale se legata al carattere

virtuoso della democrazia e alle sue finalità dal punto di vista normativo: la garanzia di valori quali la

libertà e l’uguaglianza.

Il regime politico ateniese permetteva infatti una reale partecipazione dei cittadini negli affari generali,

una consapevolezza diffusa di quelli che erano gli interessi pubblici della polis e un’educazione dei

cittadini alla politica che permise, nei circa 200 anni in cui questa forma di governo venne esercitata,

uno sviluppo economico e culturale senza precedenti8.

Come sottolineato da Finley, il modello ateniese deve essere recepito e analizzato non tanto dal punto

di vista delle condizioni strutturali che ne garantivano la sussistenza (in questo caso estensione

territoriale limitata, cittadinanza ristretta, presenza della schiavitù) quanto piuttosto nell’innovazione

riguardante l’estensione delle possibilità di accesso al rango di governanti: una comunità si affacciava

per la prima volta nella storia presentando un sistema di governo retto non già da un unico individuo, o

da un gruppo ristretto appartenente ad un’oligarchia, quanto piuttosto da un insieme sufficientemente

ampio di esseri umani, così da generare quella transizione fondamentale dal punto di vista politico da

un “governo dei pochi” ad un “governo dei molti”.9

Anche se al suo interno esistevano interessi e fazioni contrapposte e nonostante sia stato dimostrato

che nell’ekklesia solo un ristretto numero di cittadini, di norma coloro dotati delle maggiori capacità

oratorie, prendeva effettivamente la parola per appoggiare o screditare gli argomenti relativi ad una

particolare questione politica, Finley sottolinea come la decisione finale spettasse comunque

7

S. Petrucciani, 2003, Modelli di filosofia politica, Torino, Einaudi, pp.33-5.

8

vedi M.L. Finley, 2005, La democrazia degli antichi e dei moderni, Roma-Bari, La Terza.

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all’Assemblea dei cittadini: “neppure Pericle…al culmine della sua influenza, poteva sperare nel

costante appoggio alla sua politica espresso dal voto popolare dell’Assemblea, ma le sue proposte venivano presentate ogni settimana all’Assemblea stessa, che disponeva di alternative diverse e poteva sempre, come talvolta fece, ignorare Pericle e le sue direttive. Ad essa spettavano le decisioni, non a lui o ad altri capi; il riconoscimento della necessità di una guida politica non si accompagnava

con la rinuncia al potere decisionale”10.

L’estensione del gruppo al quale viene affidato, in ultima istanza, il potere decisionale si lega con

un’interpretazione virtuosa della partecipazione alle questioni politiche, espressa ad esempio dal

sofista Protagora, secondo il quale la capacità di fare politica non può essere definita come un talento

naturale, ma piuttosto come un’attitudine che tutti i cittadini possono avere o conquistare.

La conquista di questa capacità deriva direttamente dal prendere parte alle attività politiche della polis,

confluendo nell’ekklesia per informarsi circa le questioni in agenda, partecipando alle conversazioni e

allo scambio di opinioni che ha luogo negli spazi pubblici, assumendo, infine, cariche amministrative

all’interno del governo stesso della città.

Il ruolo educativo della partecipazione e il richiamo ad una cittadinanza “attiva” sono principi che

ritroveremo, venticinque secoli più tardi, nelle teorie partecipative della democrazia.

E’ dunque questo richiamo all’interesse pubblico, alle virtù civiche, alla centralità della dimensione

politica della vita associata, all’uguaglianza politica di tutti coloro chiamati alla gestione della città e

all’attenzione sulle modalità attraverso le quali si giunge all’elaborazione di una decisione politica che

deve essere collocato al centro del c.d. modello della “democrazia classica”11 e che costituisce

l’architettura concettuale delle future teorie democratiche di matrice partecipativa e deliberativa.

10

M.L. Finley, 2005, pp. 24-5.

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