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Evoluzione della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale nell’Unione europea

Nel documento Eurojust ed il contrasto al terrorismo (pagine 35-42)

Dopo l’esperienza di Maastricht e Amsterdam, il Consiglio di Tampere ha rappresentato un passo importante per il rafforzamento dello Spazio Libertà, sicurezza e giustizia, nell’ambito della cooperazione fra Stati membri in materia penale. Infatti, in quella sede il Consiglio europeo, tra le principali tematiche trattate, ha preso in considerazione l’esigenza di rafforzare lo Spazio di giustizia europea a partire dall’attuazione delle misure già previste dal trattato di Amsterdam. Proprio a garanzia del raggiungimento di tali obiettivi, il Consiglio prevede che, data la scarsa vincolatività degli strumenti legislativi utilizzati, lo stato di recepimento da parte degli Stati doveva essere oggetto di valutazione (dopo 2 anni), secondo un ottica di trasparenza dei risultati ottenuti nell’ambito del terzo pilastro. Si trattava di una sorta di supervisione diretta a verificare lo stato di andamento per lo Spazio penale comune europeo. Così, le Conclusioni di Tampere hanno stabilito, in parte riprendendo quelli già dettati dal Piano di Azione di Vienna, alcuni principi fondamentali come il mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie ed il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri. Secondo il Consiglio europeo, il mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie «doveva diventare il fondamento della cooperazione giudiziaria nell’Unione in

materia penale»59. Il medesimo principio è posto alla base di tre importanti obiettivi, espressamente previsti dalle Conclusioni come: la soppressione del meccanismo formale dell’estradizione, poiché “il Consiglio europeo ritiene che la procedura formale di estradizione debba essere abolita tra gli Stati membri per quanto riguarda le persone che si sottraggono alla giustizia dopo essere state condannate definitivamente ed essere sostituita dal semplice trasferimento di tali persone, in conformità con l’articolo 6 del TUE. Occorre inoltre prendere in considerazione procedure di estradizione accelerate, fatto salvo il principio di un equo processo” (punto 35). Altro punto importante è sottolineato a Tampere è l’adozione di un sistema di riconoscimento reciproco dei provvedimenti di confisca e di sequestro probatorio. Infatti, viene stabilito che: “Il principio del reciproco riconoscimento dovrebbe altresì applicarsi ai ordinanze preliminari, in particolare dinnanzi ai tribunali deli altri Stati membri, tenuto conto delle norme ivi applicabili” (punto 36). Con riguardo alla circolazione della prova, invece, il Consiglio ha osservato che: “Le prove legalmente raccolte dalle autorità di uno Stato membro dovrebbero essere ammissibili dinnanzi ai tribunali degli altri Stati membri, tenuto conto delle norme ivi applicabili” (punto 36). Inoltre, sul tema del ravvicinamento delle legislazioni, il Consiglio europeo ha osservato che: “Per quanto riguarda le legislazioni penali nazionali, gli sforzi

intesi a concordare definizioni, incriminazioni e sanzioni comuni dovrebbero incentrarsi in primo luogo su un numero limitato di settori di particolare importanza, come la criminalità finanziaria (riciclaggio di denaro, corruzione, falsificazione dell’euro), il traffico di droga, la tratta di esseri umani ed in particolare lo sfruttamento delle donne, lo sfruttamento sessuale dei minori, la criminalità ad alta tecnologia e la criminalità ambientale”69. Secondo quanto emerge dalle Conclusioni di Tampere, il principio del mutuo riconoscimento, supportato da una opera di ravvicinamento delle legislazioni, diventa, dunque, il fulcro del terzo pilastro e l’architrave della cooperazione

giudiziaria in materia penale.

I successivi tragici eventi terroristici occorsi a partire nel settembre del 2001 negli Stati Uniti e poi successivamente in Spagna e nel Regno Unito hanno, con ogni evidenza, accelerato la realizzazione dei diversi progetti che erano stati avviati per offrire concreta attuazione al principio del mutuo riconoscimento. Ad esempio, la decisione quadro relativa al mandato di arresto europeo (primo strumento a venire adottato e ad entrare in vigore in materia di mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie penali) e quella sull’incriminazione delle condotte di terrorismo (costituente uno dei più rilevanti risultanti conseguiti in materia di ravvicinamento delle legislazione penale). Nello stesso ambito si precisa che deve essere inserita l’entrata in funzione dell’Unità di cooperazione giudiziaria Eurojust, per

facilitare e migliorare la cooperazione ed il coordinamento sovranazionale tra magistrati di tutti gli Stati membri. In seguito il Piano pluriennale, adottato in data 5 novembre 2004, sotto il nome di Programma dell’Aja, ha guidato l’azione della Commissione europea nel settore Giustizia, Libertà e Sicurezza per il quinquennio 2005-2010, confermando le linee guida già dettate dal Consiglio di Tampere e ribadendo la centralità del principio del mutuo riconoscimento, supportato dal ravvicinamento delle legislazioni60. In particolare, con il Programma si è stabilito di operare in sei direzioni. Prima di tutto, in tema di rafforzamento dei diritti fondamentali, è stata prevista l’elaborazione di politiche finalizzate a favorire il controllo e la promozione del rispetto di tali diritti, in collegamento con la tutela già garantita nell’ambito del sistema giudiziario della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la realizzazione di un programma-quadro sui “diritti fondamentali e giustizia”. In secondo luogo, con riferimento alla lotta contro il terrorismo è stata sollecitata la realizzazione di una migliore collaborazione con gli stati terzi per scambiare informazioni con gli Stati membri sul “reclutamento e finanziamento a fini di attività terroristiche, sulla prevenzione, l’analisi dei rischi, la protezione delle infrastrutture critiche e la gestione delle conseguenze”. Al riguardo si è sostenuta la necessità di dare attuazione al c.d.

60 V. COM (2005) 184, in Gazz. Uff. C 236 del 24 settembre 2005. Per un commento, v. B. Piattoli, Il programma dell’Aja per il futuro dell’Europa, in dir. e giust. 2005, n. 31, p. 122 ss.

principio di disponibilità, in base al quale nei rapporti tra autorità giudiziarie e di polizia degli Stati non vi dovrebbe essere alcun ostacolo nello scambio del materiale informativo. Infine, attraverso la formazione dei giudici e la collaborazione tra le varie professioni legali, nonché mediante una valorizzazione dei compiti e delle funzioni di Eurojust e di Europol, il Consiglio ha ribadito la necessità di valorizzare gli strumenti della cooperazione giudiziaria, fondati sul reciproco riconoscimento dei provvedimenti emessi da ciascuna autorità giudiziaria nazionale e di rafforzare le forme e le modalità di protezione degli interessi finanziari dell’Unione europea.

A questo punto è opportuno precisare che l’evoluzione della cooperazione giudiziaria fra Stati, è un’esperienza che si differenzia da quella di polizia, per vari aspetti. Innanzitutto, la cooperazione di Polizia in ambito europeo nasce con l’istituzione di Europol nel 1998, con Atto del Consiglio del 26 luglio 1995, al termine di un percorso evolutivo che ha avuto inizio prima della creazione dell’Unione. Infatti, la cooperazione di polizia fu avviata nel 1976 attraverso meccanismi di accordo intergovernativi, tra i quali il già richiamato “gruppo Trevi”, composto da ministri della giustizia e degli affari interni. Dal punto di vista storico, il gruppo Trevi fu creato su proposta del ministro degli esteri britannico James Callaghan con lo scopo di realizzare una cooperazione di polizia. Inizialmente l’idea era di perseguire

crimini a finalità terroristica, poi si prendono in considerazione anche crimini con rilievi transnazionali, in particolare il traffico di stupefacenti. Pertanto il nome dell’organo in questione “Trevi” secondo alcuni richiama l’oggetto dei lavori: il terrorismo, il radicalismo, l’estremismo e la violenza internazionale61. Secondo altri la denominazione deriva dal nome della celebre fontana in prossimità della quale si stavano svolgendo i lavori. Quanto alla sua struttura essa era suddivisa in tre livelli: il primo livello di competenza dei ministri Esteri e della Difesa, che si riunivano ogni sei mesi (generalmente a giugno e a dicembre) per decidere questioni inerenti la sicurezza dei cittadini degli Stati membri; il secondo era costituito dal Comitato degli alti Funzionari che preparava le riunioni dei ministri e gruppo di lavoro, composti da funzionari ministeriali, alti ufficiali di polizia e dei servizi segreti, che si occupavano di temi specifici e presentavano proposte al Comitato degli alti funzionari. Più precisamente, nel 1976 furono istituiti cinque gruppi di lavoro, di cui solo due si riunirono effettivamente: il primo, con competenza in materia di terrorismo ed il secondo, che si occupava di cooperazione in materia di polizia. Particolare attenzione viene attribuita al terzo gruppo, originariamente competente in materia di sicurezza dei viaggi aerei, poi convertito nel 1985 alla repressione della criminalità organizzata per il

61 Cfr. L. Salazar, cit, pag. 310 ; W. Bendler, Le droit au juge dans le cadre de la Convention Europol, in C. Grewe ;

traffico di stupefacenti, mediante l’istituzione al suo interno di una struttura specifica per lo scambio di informazioni sulla lotta contro il traffico di droga. Questa struttura chiamata “European drugs intelligence unit” poi divenuta “Europol unit”, ha rappresentato la prima tappa nella creazione negli anni Novanta di un ufficio europeo di polizia Europol. In seguito, con il trattato sull’Unione europea del ’92, viene istituita Europol, con lo scopo di giungere ad una “cooperazione rafforzata tra le forza di polizia”. Pertanto, dopo che è stata fissata la sede operativa dell’organismo di polizia a L’Aja, le attività dell’Unità antidroga hanno preso inizio il 3 gennaio 1994, comprendendo progressivamente nuovi settori, fino a raggiungere la piena attività il 1° luglio 1999. Successivamente, entra in vigore la riforma di Nizza nel 2001, che oltre a rivedere la disciplina delle cooperazioni rafforzate62, fa espresso riferimento nel Titolo VI TUE all’organismo sovranazionale di cooperazione giudiziaria di cui anche il Consiglio di Tampere si era occupato63. È con l’art 29 TUE che tale organo viene inquadrato tra gli strumenti con i quali l’Unione persegue l’obiettivo di sviluppare uno spazio di libertà. Con Nizza non si aggiungono novità rispetto a quanto era già stato detto nelle

62 Degna di nota è la funzione di screening preventivo della richiesta di autorizzazione alla Commissione, che però non può più bloccare le richieste presentate dagli Stati, che se non ricevono risposta positiva possono comunque domandare al Consiglio di autorizzare la cooperazione rafforzata con decisione presa a, previa consultazione del Parlamento.

63 Cfr. sul punto Dehousse, F. Garcia Martinez, J. La coopération policière et judiciaire pénale de l’Union européenne. Les lents progrès d’un nouveau projet européenù, in Studia Diplomatica, 2002, vol. 4, pag. 30 e ss.

Conclusioni di Tampere64. Gli unici elementi di novità, sono rappresentati dall’accento posto sulla transnazionalità dei casi di criminalità grave di cui è competente Eurojust in collaborazione con Europol «per agevolare l’esecuzione di rogatore e richieste di estradizione». Pertanto, si potrebbe dire che l’istituzione dell’organo giudiziario sovranazionale, in un primo momento, risponde ai timori di coloro che guardavano con preoccupazione il sorgere di un’attività di cooperazione tra forze di polizia non accompagnata da una corrispondente evoluzione giudiziaria65. Da questo punto di vista si potrebbe dedurre che l’introduzione di Eurojust tra le forze di contrasto europee è apparsa a molti come una “misura compensativa”66.

Nel documento Eurojust ed il contrasto al terrorismo (pagine 35-42)