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L’evoluzione storica delle alternative alla pena detentiva dal primo

Nel primo dopoguerra il dibattito che aveva interessato la dottrina penalistica a cavallo tra ottocento e novecento tende ad esaurirsi. Il riflusso della polemica è rapido ed improvviso e fa sì che, in breve tempo, il problema della detenzione di breve durata venga isolato e considerato sempre più spesso come una questione specifica, di stretta competenza degli studiosi che si occupano del settore penitenziario e non più come il tema destinato a sciogliere i nodi del sistema penale e a chiarirne l’impostazione strutturale. Il motivo di questo inaspettato calo di interesse verso una problematica che, fino a quel momento, era stata considerata di

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RUSCHE-KIRCHHEIMER, Pena e struttura sociale, cit., p. 279.

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DOLCINI-PALIERO, Il carcere ha alternative?, cit., p. 10.

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Si fa riferimento alla legge del 26 ottobre 1923 e alla legge 6 febbraio 1924, in materia di pena pecuniaria.

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primaria importanza deve essere individuato in una minore rilevanza pratica del problema. Nei Paesi dell’Europa occidentale, le tendenze manifestatesi nel periodo prebellico verso una generale mitigazione dei metodi penitenziari continuarono ad essere presenti e ad operare nella politica penitenziaria adottata una volta che la guerra si era ormai conclusa. E d’altronde non vi era alcuna ragione per cui queste tendenze avrebbero dovuto venire meno, dal momento che si trattava di Paesi in cui «la situazione economica era relativamente soddisfacente» e che «le statistiche sull’andamento della criminalità, nel peggiore dei casi, mostravano un indice costante e non destavano alcuna preoccupazione»30.

Questi anni presentano una notevole diffusione della sospensione condizionale e l’incremento del ricorso alla pena pecuniaria sostitutiva. Al generale processo di stabilizzazione e di riconsiderazione degli strumenti sanzionatori si sottrae l’Italia, dove è possibile osservare, tra il 1893 e il 1933, un aumento costante delle pene più severe mentre la percentuale delle condanne a pena pecuniaria rimane sostanzialmente invariata31. Per quanto riguarda il ricorso alla sospensione condizionale, esso addirittura si riduce di più della metà, passando dal 22% sul totale delle condanne, nel periodo tra il 1905 al 1907, al 9% del 1927, con un rapido crollo coincidente con l’avvento del fascismo32. In effetti, è facile individuare una connessione tra questa inversione di tendenza nelle strutture giudiziarie e l’avvento del regime fascista che impose una svolta in senso fortemente autoritario.

In un simile contesto storico il problema delle alternative alle pene detentive perde ben presto quella dimensione europea che lo aveva caratterizzato nel momento in cui era sorto e con cui era stato affrontato alla fine dell’ottocento e nei primi anni del novecento.

L’affermazione del potere fascista, che si propone da subito come totalizzante, impone una censura nello sviluppo di nuove esperienze normative. L’unico obiettivo al quale il sistema legislativo deve tendere è quello della difesa sociale, concetto preso a prestito dai positivisti e rivisitato in chiave totalitaria. Il diritto di punire, coincidendo con il diritto di conservazione e di difesa, diventa prerogativa dello Stato ed ha lo scopo «di assicurare e garantire le condizioni fondamentali per la vita in comune»33.

30

RUSCHE-KIRCHHEIMER, Pena e struttura sociale, cit., p. 271.

31

RUSCHE-KIRCHHEIMER, Pena e struttura sociale, cit., p. 248, 249, tab. 11, 12.

32

PADOVANI, L’utopia punitiva, cit., p.195.

33

FASSONE, La pena detentiva in Italia dall'Ottocento alla riforma penitenziaria, Bologna, 1980, p. 60. Sono riportate le parole che si leggono nella Relazione al Re sul codice penale del 1929 a p. 7.

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Analizzando la discussione parlamentare del 1928 sul progetto preliminare per il nuovo codice penale italiano si colgono le diverse impostazioni che caratterizzano la scienza giuridica italiana dell’epoca34. Se taluni si mostrano propensi al recupero di quelle posizioni dominanti nel XIX secolo, che privilegiavano la ricerca di un regime esecutivo capace di attenuare i rischi del contagio criminale, proponendo un rinnovamento del sistema dei c.d. surrogati penali già contemplati dal codice Zanardelli, altri, tra cui il guardasigilli Rocco che darà il nome al nuovo codice, abbracciano il ramo più autoritario del positivismo criminologico, respingendo qualsiasi innovazione che potesse apparire come un segnale di debolezza o perdonismo. È difficile, in un regime caratterizzato da elementi di forte autoritarismo, riuscire ad imporre misure basate sul trattamento in libertà; e tanto meno vi sono le condizioni necessarie per l’introduzione di soluzioni nuove quale poteva essere la prospettazione di un modello di sospensione condizionale che prevedesse un programma di assistenza del reo, simile a quello che già da tempo era entrato a far parte della prassi nei paesi anglosassoni. La ragione di un simile silenzio sia dottrinario che legislativo sta nel fatto che la probation, come intesa nei Paesi di common law, propugna l’educazione alla libertà con la libertà, condizione impensabile per l’ordinamento italiano dell’epoca35.

Solo l’entrata in vigore della Costituzione, nel 1948, riesce a dare un rinnovato impulso verso l’apertura di un nuovo campo di ricerca per soluzioni alternative alla detenzione. Dal momento in cui la Carta costituzionale afferma in maniera chiara la funzione rieducativa della pena si cominciano a cercare soluzioni diverse dal carcere che siano in grado di soddisfare meglio le esigenze di prevenzione speciale. Si comincia a fare strada l’idea per cui, sebbene la pena continui ad essere concepita come necessaria, ciò non implica che necessaria debba essere anche la detenzione. Solo diversi anni più tardi, con l’introduzione della l. 354/1975, si comincia a dare grande rilevanza alla possibilità di giungere alla rieducazione del condannato con strumenti che vengono applicati al di fuori del carcere. Inoltre, si afferma per la prima volta a livello legislativo l’importanza, per chi ha commesso un reato, del mantenimento dei contatti con la società libera, tramite un articolato sistema di misure che possono essere applicate nella fase esecutiva.

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Per un quadro approfondito sui vari interventi nell’ambito dei lavori preparatori si veda Relazione alla Camera dei Deputati, in Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, vol. I, 1928, p. 82.

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MAIDECCHI, La rieducazione del condannato tra carcere ed alternative, in Rass. penitenz. e crimin., 2002, p. 88.

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Questi mutamenti nel pensiero criminologico spingono con sempre maggior vigore a ritenere che la moderna politica di diritto penale debba avere come obiettivo primario quello di ricercare alternative al carcere che vengano applicate dal giudice di cognizione, in modo tale da evitare qualsiasi forma di contatto con l’ambiente penitenziario. Si avverte inoltre la rinnovata esigenza di effettuare analisi comparatistiche, per elaborare strumenti efficaci che armonizzino il nostro ordinamento con il movimento internazionale di riforma del diritto penale.

Mentre nei Paesi di lingua tedesca è nettamente privilegiata la pena pecuniaria, applicata secondo il sistema dei tassi giornalieri previsto dal Tagessatzsystem36, in sostituzione della detenzione breve, diversa si presenta la situazione in Francia, dove la pena pecuniaria non ha mai raggiunto grande rilevanza, sebbene la legge 10 giugno 1983, n. 83/466 abbia cercato di dare nuovo vigore a questo istituto, prevedendo una determinazione per tassi fissi. Quì sin dal 1891, anno in cui sono state previste per la prima volta nell’ordinamento, le misure sospensive dell’esecuzione della pena hanno ricoperto un ruolo di primo piano, in particolare nella forma della sospensione semplice, detta sursis simple. La sospensione era applicabile in origine a tutte le prime condanne a pena detentiva o pecuniaria e, alla scadenza del termine di prova, fissato in cinque anni, la pena veniva considerata come non pronunciata se il condannato beneficiario non avesse riportato altre condanne ad una pena privativa della libertà personale. In caso contrario, la prima pena doveva essere interamente eseguita, senza poter essere in alcun modo assorbita dalla seconda. L’effetto principalmente prodotto dal sursis simple è quello di trasformare la pena in minaccia37. Tale misura fu poi potenziata e razionalizzata con la riforma del sistema sanzionatorio varata nel 197538 e da quella successiva del

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DOLCINI-PALIERO, Il carcere ha alternative?, cit., p. 14. In Germania, dopo la riforma del 1969, il limite di sostituibilità della pena detentiva con quella pecuniaria viene innalzato da tre a sei mesi. Il Tagessatzsystem nei suoi tratti essenziali si caratterizza per la struttura bifasica della commisurazione, per il privilegio accordato alle condizioni economiche dell’agente come criterio commisurativo specifico e per la necessità di applicare un peculiare schema di accertamento del criterio guida basato sulle condizioni economiche. Si assicura così alla pena pecuniaria la trasparenza e l’eguaglianza di sacrificio, essenziali per un impiego legittimo ed incisivo di questo strumento. Per quanto riguarda l’organizzazione della struttura bifasica, vi è una prima fase nella quale si calcola il numero dei tassi giornalieri in base a diversi parametri tra cui il grado dell’illecito, quello della colpevolezza del condannato e le esigenze di prevenzione generale e speciale; la seconda fase è invece rivolta alla determinazione dell’ammontare del singolo tasso giornaliero sulla base della condizione economica del reo.

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CICIRELLO, Carcere e misure alternative tra manovre legislative ed interventi ‘riparatori’ della Corte Costituzionale, in , Riv. it. dir. proc. pen, 2011, p. 1661.

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DOLCINI-PALIERO, Il carcere ha alternative?, cit., p. 46. Si fa riferimento alla legge 11 luglio 1975, n. 75/624, il cui intento dichiarato era quello di ridurre le pene detentive brevi entro termini di stretta necessità senza compromettere le esigenze di prevenzione generale e speciale.

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1989. Oggi il sursis simple può essere pronunciato direttamente dal giudice di cognizione in materia sia di crimes che di delits per determinate categorie di condanne39. Bisogna dire che gli effetti deflattivi sulla popolazione carceraria non sono stati per nulla rilevanti, probabilmente perché, secondo quanto emerge dalle denuncie di magistrati ed operatori del servizio sociale, si tratta di alternative indirizzate prevalentemente a classi medio-alte e perciò non idonee a combattere le forme di criminalità più diffuse che sono quelle proprie della fascia marginale della società. È per questo motivo che già nei primi anni del 1950 gli studiosi francesi, positivamente impressionati dall’esperienza inglese del probation, soprattutto per la maggiore efficacia rieducativa che tale istituto era in grado di garantire, proposero l’introduzione in Francia del sursis avec la mise à l’épreuve, inserito ufficialmente nel Codice di procedura penale attraverso un’ordinanza del 195840. Tale sistema è ispirato a quello inglese, in cui l’alternativa classica alla pena detentiva breve è costituita dal Probation Order, introdotto dal Probation Offenders Act del 1907, che, a differenza del sursis simple francese, non si limita ad attribuire al giudice il potere di non infliggere la pena detentiva sospendendola per un periodo di prova, ma lo affida al Probation Service che non lascia il condannato da solo durante il periodo di sospensione, ma lo sottopone a misure di sorveglianza ed assistenza insieme ad obbligazioni adattate al suo caso particolare. Tale misura presenta aspirazioni fortemente rieducative poiché presuppone il consenso dell’individuo e si fonda su strutture come i day training centres, previsti allo scopo di garantire una formazione professionale e gli approved probation hostels, volti a mettere a disposizione del condannato un ambiente parafamiliare in modo tale da impedire che si ripresentino quelle situazioni che hanno contribuito a creare una personalità capace di delinquere e da fornire al reo tutti gli strumenti necessari per prepararsi ad un pieno reinserimento in società41. In Inghilterra, con una inversione nella successione temporale rispetto al sistema francese, solo nel 1967 è introdotta la sospensione

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Cfr. art. 132- 29 e ss. Code penal. Ai fini della sospensione semplice oggi vengono prese in considerazione, quali condizioni ostative, tutte le condanne ad una pena detentiva per un crime o un délit riportate nei cinque anni precedenti i fatti. Lo scopo è quello di evitare il cumulo di sospensioni e, allo stesso tempo, di incitare i magistrati alla concessione di pene maggiormente rieducative come il sursis avec la mise à l’ épreuve o il sursis TIG (assorti de l’obligation d’accomplir un travail d’intérêt général) o le pene alternative. Il giudice è gravato di due obblighi: la motivazione delle decisioni e l’avvertimento al condannato, al momento della pronuncia, delle conseguenze che deriverebbero da una condanna per un nuovo reato durante il periodo della sospensione. Non è invece fissata dalla legge la necessità che il condannato sia presente in udienza al momento della pronuncia.

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Oggi tale istituto è disciplinato dal Code pénal agli art. 132-40 e ss. Esso è stato sottoposto a due interventi restrittivi derivanti dalla l. 9 marzo 2004, n. 2004/204 e dalla l. 12 dicembre 2005. n. 2005/1549.

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condizionale della pena (suspended sentence)42, strutturata come sospensione semplice dell’esecuzione della pena, presto accompagnata dall’ assoluzione condizionata (conditional discharge)43, consistente in una forma di sospensione della pronuncia di condanna, subordinata all’assenza di recidiva durante il periodo di prova, oltre a nuove misure volte a limitare l’ingresso in carcere, quali il ‘Binding over’, consistente nell’obbligo di uno specifico fare o non fare imposto dalla Corte al reo anziché pronunciare una condanna a pena detentiva e il ‘Community service’ ovvero una forma di lavoro gratuito, da prestare per un determinato numero di ore 44. In generale, nella maggior parte dei Paesi europei, nonostante le carenze strutturali ed il deficitario impiego di uomini e di risorse economiche necessarie per rendere effettivo l’obiettivo di realizzare un efficace trattamento rieducativo nell’area penitenziaria esterna al carcere, la lotta alla detenzione, soprattutto di breve durata, torna ad essere l’obiettivo primario della politica penale. Soltanto i Paesi Scandinavi registrano, a partire dagli anni ’80, una generale inversione di tendenza, dettata dalla convinzione, basata su dati statistici, che l’idea di trattamento rieducativo, sperimentata in questi Paesi a partire dagli anni ’30, sia fallita, con un conseguente nuovo incremento del ricorso alla detenzione carceraria45.