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4. Efficacia delle alternative alla pena detentiva attualmente presenti nel

1.3. Il progetto Grosso

L’ipotesi di una riforma complessiva, sia della parte generale che della parte speciale, che riproponesse la centralità organica del codice, sembra riprendere slancio, dopo una fase di stallo, con i lavori della Commissione per la riforma del codice penale, istituita dal Ministro di Grazia e Giustizia Flick con un decreto del 1 ottobre 1998. Tale Commissione, presieduta dal Prof. Grosso, era composta da professori universitari (Palazzo, Pisa, Pulitanò, Seminara, Sgubbi), da magistrati (Canzio, Silvestri, Turone, Zagrebelsky) e da avvocati rappresentativi di organismi ufficiali dell’ avvocatura (Corbi, Randazzo, Siciliano, Zancan), con l’intento di favorire un produttivo confronto tra queste tre diverse “categorie”. La forma scelta per l’elaborazione del progetto di riforma è quella del disegno di legge-delega, tornando così allo schema già tentato nel 1991 con il progetto Pagliaro.

Del progetto di riforma Grosso vengono fatte diverse stesure; una prima Relazione del 15 luglio 1999 presenta le ‘Osservazioni preliminari in materia di oggetto e metodo del lavoro’; il primo ‘Progetto preliminare di riforma del codice penale’, concernente la parte generale e la relativa Relazione, sono presentati il 12 settembre 2000; il 26 maggio del 2001 è reso pubblico un nuovo ‘Progetto preliminare di riforma del codice penale’, il cui testo è rivisto tenendo conto del dibattito svoltosi tra novembre del 2000 e maggio del 2001 sul testo originario del progetto preliminare.

Per la Commissione Grosso assume fin da subito rilevanza primaria il tema del sistema delle pene, afflitto, fino a quel momento, da una insostenibile «incertezza ed ‘imprevedibilità’»32 della sanzione concretamente inflitta al condannato. L’origine di tale situazione è ravvisata nell’assenza dei criteri-guida che dovrebbero essere disposti dal legislatore, nell’eccessivo potere discrezionale attribuito al giudice penale al momento della commisurazione della pena e nel sovrapporsi di continui e disordinati interventi normativi di diritto penale sostanziale, processuale e penitenziario. Pertanto, obiettivo primario della riforma è quello di garantire «la semplificazione e la razionalizzazione della legislazione vigente»33.

Partendo dalla constatazione che la pena detentiva aveva mantenuto, fino a quel momento, una centralità assoluta nel panorama sanzionatorio, si propone di

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Relazione 15 luglio 1999, Commissione Grosso – per la riforma del codice penale, Osservazioni preliminari in materia di oggetto e metodo del lavoro, Il sistema delle pene, in www. giustizia.it.

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Relazione 15 luglio 1999, Commissione Grosso – per la riforma del codice penale, Osservazioni preliminari in materia di oggetto e metodo del lavoro, Il sistema delle pene, in www. giustizia.it.

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continuare a ricorrervi in relazione alle sole forme di criminalità più grave, riducendo, comunque, i limiti edittali e di disporre, accanto ad essa, un articolato sistema di pene alternative, intese come pene principali, da applicare nel caso in cui le esigenze di politica criminale consentono o addirittura consigliano, la rinuncia, almeno in prima battuta, alla pena detentiva. Si cerca così di attenuare la durezza teorica delle sanzioni, creando un sistema concretamente più temibile grazie alla previsione di un complesso di pene effettivamente applicate, nella speranza di contribuire ad una forte decarcerizzazione del sistema punitivo. Punto fondamentale è, anche in questo progetto, come in quelli precedenti, l’applicazione diretta delle sanzioni alternative ad opera del giudice di cognizione in fase di giudizio e non invece in fase di esecuzione.

Dopo un’ iniziale indecisione34 ed un acceso dibattito35, si decise di eliminare la pena dell’ergastolo. La maggioranza della Commissione ritenne che il principio sancito dall’art. 27, co. 3 Cost. implicassecomunque la possibilità che la pena, prima o poi, venisse a cessare, in relazione agli effettivi progressi del condannato sulla via della rieducazione. L’abolizione dell’ergastolo assume un forte valore simbolico, a favore di un sistema sanzionatorio fondamentalmente ispirato all'idea di una risocializzazione possibile, anche con riguardo agli autori dei delitti più gravi e contro ogni irrigidimento che sarebbe stato dettato da criteri astrattamente retributivi. La pena a vita è sostituita da una pena detentiva di lunghissima durata, che va da venticinque a trent’anni di reclusione e che, proprio per la sua particolare durata, prende il nome di ‘reclusione speciale’.

Secondo la versione definitiva del progetto Grosso36, pertanto, le pene principali saranno, oltre a quelle tradizionali della reclusione e della multa o ammenda, anche

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Nella Relazione del 15 luglio 1999, la Commissione afferma di non ritenere opportuno pronunciarsi in merito alla pena dell’ergastolo, che in quel momento era sottoposta all’attenzione del Parlamento, ma sottolinea che un’eventuale eliminazione di tale istituto sarebbe stata del tutto compatibile con l’impianto complessivo del nuovo sistema penale. In proposito si veda la Relazione 15 luglio 1999, Commissione Grosso – per la riforma del codice penale, Osservazioni preliminari in materia di oggetto e metodo del lavoro, Il sistema delle pene, in www. giustizia.it.

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Tale dibattito vedeva da una parte coloro i quali avrebbero voluto il mantenimento della pena dell’ergastolo, rendendone effettiva l’esecuzione e dall’altra chi, invece, propendeva per la sostituzione dell’ergastolo con una pena detentiva a scadenza definita, più severa della ‘normale’ reclusione. L’esigenza di elaborare una proposta compiutamente delineata indusse a compiere una scelta di fondo; si scelse così per l’eliminazione della pena dell’ergastolo, senza che peraltro tutti i dubbi sollevati fossero definitivamente sopiti. In proposito si veda la Relazione al progetto preliminare di riforma del codice penale, Parte generale, Sistema delle pene, 12 settembre 2000, in www. giustizia.it. e la successiva Relazione sulle modificazioni al progetto preliminare di riforma della parte generale del codice penale approvate dalla Commissione Ministeriale per la Riforma del codice penale nella seduta del 26 maggio 2001, La pena, in www.giustizia.it.

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la nuova reclusione speciale, la detenzione domiciliare, e le pene interdittive (indicate all’art. 49, co. 2, lett. a-h, dell’ articolato approvato dalla Commissione Ministeriale per la Riforma del codice penale nella seduta del 26 maggio 2001). I limiti edittali vengono ridotti in generale per tutti i tipi di pena, in modo da renderli più moderati; in particolare, per quanto riguarda la pena della reclusione, i limiti edittali sono ridotti ad un minimo di tre mesi e ad un massimo di 18 anni (art. 51 del progetto del 26 maggio 2001).

Del tutto innovativo è l’inserimento nel catalogo delle pene principali della detenzione domiciliare, istituto nato nell’ambito dell’ordinamento penitenziario e da sempre rivolto alla fase esecutiva.

La detenzione domiciliare comporta l’obbligo di permanenza continuativa nella propria abitazione o in altro luogo indicato dal giudice e, in caso di trasgressione, la pena residua si convertirà in pena detentiva (art. 53 co. 1 e 2).

La Commissione ha optato per questa previsione, scartando l’ipotesi, ritenuta poco praticabile, della ‘reclusione del fine settimana’, preferita in molti ordinamenti stranieri. L’intento del progetto Grosso era quello di rendere possibile, tramite la detenzione domiciliare, un processo di progressiva decarcerizzazione nei confronti dei soggetti autori di reati di non elevata gravità, anche se non del tutto insignificanti37.

Partendo dalla constatazione della pressochè totale inefficacia della pena pecuniaria vigente, è prospettata l’introduzione del sistema dei ‘tassi giornalieri’, già previsto dal progetto Pagliaro e utilmente sperimentato in alcune legislazioni europee (art. 54). Tale soluzione, dando rilievo alle condizioni economiche del reo, favorisce una maggiore equità ed una maggiore effettività della pena pecuniaria che così potrà configurarsi come pilastro del rinnovato sistema sanzionatorio.

Le pene interdittive, disciplinate dall’ art. 55 all’ art. 62, sono previste sia come pene principali che come pene accessorie; è fissato il principio di tassatività per cui ciascuna delle pene accessorie si applica solo nei casi in cui sia espressamente stabilita.

Commissione Ministeriale per la Riforma del codice penale nella seduta del 26 maggio 2001, che modifica l’ Articolato del progetto preliminare di riforma del codice penale presentato il 12 settembre 2000 in relazione ad alcuni istituti, a seguito delle osservazioni e delle proposte elaborate nel corso dei vari dibattiti che hanno avuto come oggetto il testo del disegno di riforma. Entrambi gli Articolati sono consultabili sul sito www.giustizia.it.

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Relazione 15 luglio 1999, Commissione Grosso – per la riforma del codice penale, Osservazioni preliminari in materia di oggetto e metodo del lavoro, Il sistema delle pene, in www. giustizia.it.

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Sul piano delle sanzioni sostitutive, il progetto Grosso introduce la semidetenzione, il lavoro di pubblica utilità e la pena pecuniaria (art. 78). Tali sanzioni possono essere applicate in sostituzione della pena della reclusione non superiore ad un anno (eccetto la semidetenzione che può essere disposta in alternativa alla pena della reclusione fino a due anni) e non sono suscettibili di sospensione condizionale. La concessione della sostituzione è subordinata all’adempimento degli obblighi di riparazione delle conseguenze del reato, indicati all’art. 81. In caso di inadempimento degli obblighi inerenti alla prestazione, per la parte residua di pena, è applicata la pena detentiva sostituita.

Quanto alla sospensione condizionale (art. 79), ammissibile nel caso in cui la pena detentiva inflitta non superi i due anni, si prevede la possibilità di limitarne l’applicazione ad una sola delle pene eventualmente inflitte. Una seconda concessione della sospensione condizionale sarà possibile purché non vengano superati i limiti previsti dall’ art. 79. Seguendo l’esempio di quanto già era stato disposto dal disegno di legge-delega Pagliaro, il periodo di prova è caratterizzato dall’inserimento di prestazioni di carattere positivo; la sospensione della pena, infatti, è condizionata alla restituzione o al risarcimento del danno e alla consegna del profitto o del prezzo del reato (art. 81). Inoltre, quando la pena detentiva eccede l’anno o in caso di seconda concessione, la sospensione condizionale è subordinata al rispetto di ulteriori obblighi qualificanti (elencati all’art. 82), con funzione di prevenzione speciale.

Così come era avvenuto per gli altri progetti, anche al progetto Grosso sono state rivolte critiche di varia natura. La critica principale è che, nel complesso, nonostante i molteplici tentativi volti allo scopo di favorire un procedimento di progressiva decarcerizzazione, la pena detentiva rimane l’irrinunciabile punto di sbocco di tutti i percorsi alternativi, qualora essi falliscano nel loro intento. Il progetto Grosso, di fatto, non riduce lo spazio riservato alla pena detentiva, ma riempie il vuoto che era nato dalla «dilatazione delle risposte punitive meramente virtuali»38.

Un’ulteriore limite, più generale, evidenziato in merito a tale progetto è quello di aver abbandonato l’intento iniziale di riformare sia la parte generale che quella speciale del codice penale, finendo così per rivolgersi alla sola parte generale. Se questa scelta poteva, senza dubbio, attenuare prevedibili contrasti che sarebbero sorti al momento dell’approvazione parlamentare delle singole disposizioni di parte

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speciale, d’altra parte rendeva impossibile individuare un preciso modello di penalità39.

Neanche il progetto Grosso riuscì ad arrivare alla conclusione dell’iter parlamentare ed a realizzare la tanto attesa riforma del codice penale; troppi furono, in quel periodo storico, i contrasti tra le forze politiche, che travolsero, inesorabilmente, anche i pochi punti di accordo raggiunti.