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4. Efficacia delle alternative alla pena detentiva attualmente presenti nel

1.5. Il progetto Pisapia

In seguito all’elezione di un nuovo governo di centro-sinistra, con Decreto del Ministro della Giustizia, il 30 luglio 2006 è istituita una nuova Commissione, presieduta dall’on. Pisapia. L’operato della Commissione si concretizzò nella presentazione di uno «Schema di disegno di legge recante delega legislativa al Governo della Repubblica per l’emanazione della parte generale di un nuovo codice penale», accompagnato dalla relativa Relazione.

Anche questa volta, punto di partenza sono i risultati ottenuti dai precedenti progetti di riforma (Pagliaro, Riz, Grosso, Nordio).

È ripresa l’osservazione secondo cui la pena carceraria si rivela, in moltissime ipotesi, ineffettiva ed inefficace, anche in presenza di condotte particolarmente gravi47 e non è in grado di avere un positivo effetto specialpreventivo, come si evince dagli altissimi tassi di recidiva nei casi di esecuzione della pena carceraria non accompagnata da strumenti alternativi di reinserimento sociale48.

Sulla base di queste premesse e dell’oggettivo fallimento, sotto ogni profilo, del sistema penale, la Commissione Pisapia delinea un sistema sanzionatorio che ha l’obiettivo di realizzare il principio, così spesso richiamato nelle elaborazioni teoriche e nei precedenti progetti di riforma, del ricorso alla pena detentiva come ultima ratio 49.

Le pene sono distinte, riprendendo il progetto Nordio, in pecuniarie, prescrittive, interdittive e detentive (art. 26 proposta di articolato50).

La pena pecuniaria (art. 27) è basata sul sistema dei ‘tassi giornalieri’, potendo, così, essere modulata sulla base delle effettive condizioni economiche del condannato. In

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La Relazione alla proposta di articolato, Commissione Pisapia – per la riforma del codice penale, 19 novembre 2007, Le pene, in www. giustizia.it., riporta i dati forniti da un’indagine dell’ EU.R.E.S. (Ricerche Economiche e Sociali), dai quali emerge che dal 1995 al 2005, prima quindi dell’emanazione del provvedimento di indulto del 2006, sono stati inflitti e non scontati oltre 850.000 anni di detenzione. Il rapporto tra anni scontati e anni di reclusione inflitti da sentenze passate in giudicato mostra che l'indice di certezza della pena, vale a dire gli anni effettivamente trascorsi in carcere rispetto a quelli inflitti, ha toccato nel 2001 la punta più bassa (38,4%) e nel 1995 la punta più alta (44,9%). Ciò dimostra come nel nostro sistema sanzionatorio troppo spesso le pene finiscono per essere solo simboliche.

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Secondo i dati riportati dalla Relazione alla proposta di articolato, Commissione Pisapia – per la riforma del codice penale, 19 novembre 2007, Le pene, in www. giustizia.it., il tasso di recidiva, quando sono applicati strumenti sanzionatori diversi dalla detenzione carceraria, scende a circa il 15%, rispetto al 70% di chi sconta la pena in carcere.

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Relazione alla proposta di articolato, Commissione Pisapia – per la riforma del codice penale, 19 novembre 2007, Le pene, in www.giustizia.it.

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Il testo completo della proposta di articolato, presentata il 19 novembre 2007, con il titolo “Principi di delega al Governo per l’emanazione del nuovo codice penale”, è consultabile nella versione integrale sul sito internet www. ristretti.it/areestudio/studigiuridici.

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caso di mancato pagamento è previsto che si procederà con le modalità della confisca, mentre in caso di mancata esazione la pena pecuniaria non riscossa potrà essere convertita in altra sanzione. Solo su richiesta del condannato, in luogo della pena pecuniaria il giudice può applicare la pena del lavoro di pubblica utilità.

Le pene interdittive (art. 28, co. 1, lett. a-i) sono previste in quanto non desocializzanti e particolarmente idonee all’assolvimento dei doveri sociali e famigliari del condannato, nonché alle esigenze di prevenzione speciale51.

Le pene prescrittive (art. 29, co. 1, lett. a-i), che ricomprendono anche la misura della ‘libertà sorvegliata’ (simile alla libertà controllata), il lavoro di pubblica utilità e l’espulsione dello straniero, sono riproposte anche nel progetto Pisapia, rappresentando un importante strumento per delineare percorsi comportamentali conformi alle esigenze di salvaguardia dei beni fondamentali e per favorire condotte conciliatorie o riparative.

Per quanto riguarda la pena detentiva, essa risulta scomposta in tre diverse forme di detenzione: la detenzione domiciliare, in misura non inferiore ad un mese e non superiore a tre anni; la detenzione ordinaria, che va da un minimo di tre mesi ad un massimo di venti anni; infine, la ‘detenzione di massima durata’ che va da un minimo di ventotto anni ad un massimo di trentadue anni (art. 30). Quest’ultima misura sostituisce la pena dell’ergastolo, di cui è prevista l’eliminazione52, e permette al sistema penale di conformarsi all’art. 27, co. 3 Cost; diventa infatti più facile realizzare lo scopo rieducativo della pena, creando le condizioni affinché la cessazione della pena abbia comunque una data certa, seppur in base a termini molto rigorosi che evitano il pericolo di un affievolimento dell’efficacia dell’intervento sanzionatorio.

Non ha precedenti negli altri progetti di riforma del codice penale la proposta di estendere anche agli adulti l’istituto della sospensione del processo con messa alla

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Relazione alla proposta di articolato, Commissione Pisapia – per la riforma del codice penale, 19 novembre 2007, Le pene, in www.giustizia.it.

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La Commissione vota a larga maggioranza l’eliminazione della pena dell’ergastolo che si sceglie di sostituire con la pena della ‘detenzione di massima durata’, nella consapevolezza che, comunque, la decisione definitiva sul mantenimento o meno di tale istituto dipendeva da scelte di tipo strettamente politico. La Commissione rileva l’incompatibilità della pena a vita con l’art. 27 Cost., trattandosi di una pena disumana ed inconciliabile con la finalità rieducativa, intesa come risocializzazione e reinserimento sociale. A ciò si aggiunge che anche dal punto di vista etico e politico il mantenimento della pena dell’ergastolo risulta inaccettabile, essendo assai più simile alla pena di morte che alla reclusione. La Commissione, pertanto, pur consapevole della contrarietà di gran parte dell’opinione pubblica, è pervenuta comunque, a grande maggioranza, alla conclusione di non prevedere l’ergastolo, anche sulla base dei dati oggettivi che dimostrano come la pena perpetua, così come era stato per la pena di morte, non ha mai avuto quell’efficacia deterrente che molti le attribuiscono, neanche nei confronti della criminalità organizzata a cui è prevalentemente indirizzata.

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prova (art. 43), che nel processo penale minorile aveva già dato risultati positivi in una percentuale che, secondo le stime del Ministero, si aggirava attorno all’ 85%53. Tale istituto è previsto in relazione ai reati puniti con pena diversa da quella detentiva ed a quelli per cui è prevista la pena detentiva non superiore ai tre anni. L’esito positivo della prova avrebbe addirittura potuto condurre all’estinzione del reato. Si introduce così nel sistema penale italiano un vero e proprio esempio di probation ‘puro’, ispirato al modello anglosassone. Lo scopo perseguito è quello di introdurre uno strumento che valorizzi le istanze riparatorie e risarcitorie e che faciliti il reinserimento sociale del soggetto anche durante la fase processuale, in cui egli è solo un imputato54.

Secondo la Commissione Pisapia anche la sospensione condizionale «può avere una utile ed efficace finalità sia riparatorio-risarcitoria che rieducativa, se, ad esempio, subordinata alla ‘messa alla prova’ (…) o a prescrizioni specifiche»55. Per evitare che, come era accaduto fino a quel momento, la sospensione condizionale venisse applicata in maniera generalizzata e senza la previsione di alcun contenuto positivo, si prevede che, accanto ad una sospensione mantenuta in forma ‘semplice’(art. 48), anche se pur sempre subordinata, laddove possibile, ad obblighi risarcitori e riparatori, possa essere introdotta anche una forma di sospensione della pena con messa alla prova (art. 49), in cui, una volta stabilita la sospensione dell’esecuzione della pena, vengano fissate prescrizioni che favoriscano il reinserimento sociale del condannato. Tale versione della sospensione condizionale diventerebbe obbligatoria in caso di seconda concessione. Se le prescrizioni verranno rispettate e la sospensione con messa alla prova non verrà revocata, la pena sarà considerata estinta; le prescrizioni stesse, quindi, assumerebbero una valenza sostitutiva della pena inflitta. L’istituto, così ridisegnato, dovrebbe diventare una risorsa importante per il raggiungimento dell’obiettivo della rieducazione del condannato e

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L’istituto della sospensione del processo con messa alla prova è previsto nel processo penale a carico del minore di età a partire dal 1988, quando fu introdotto con l’art. 28 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448. La logica alla base di tale misura è quella di garantire alla pena efficacia rieducativa e di sostegno nei confronti del protagonista della vicenda processuale. Quì la messa alla prova è sganciata da ogni parametro oggettivo, potendo essere potenzialmente concessa indipendentemente dalla tipologia di reato per cui ha avuto origine il processo. Il motivo per cui questo strumento è stato ammesso nell’ambito del sistema penale minorile e non in quello ordinario è che il minore, non avendo ancora completato un percorso formativo, è ancora suscettibile di essere plasmato da un’adeguata attività di osservazione, trattamento e sostegno.

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CICIRELLO, Carcere e misure alternative tra manovre legislative ed interventi ‘riparatori’ della Corte Costituzionale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2011, p. 1664.

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Relazione alla proposta di articolato, Commissione Pisapia – per la riforma del codice penale, 19 novembre 2007, Sospensione condizionale ed altre cause di estinzione della pena, in www.giustizia.it.

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comporterebbe inevitabilmente delle modifiche all’ordinamento penitenziario al fine di evitare una duplicazione di istituti sostanzialmente coincidenti56.

Sebbene la Commissione Giustizia del Senato avesse previsto, entro gennaio 2008, l’inizio della discussione dei disegni di legge che dovevano avere ad oggetto la riforma della parte generale del codice penale, i lavori vengono interrotti a causa della crisi che portò ad elezioni anticipate e alla vittoria della coalizione avversa.

2. Il fallimento dei tentativi di attuare una riforma organica del codice penale