LA DISCIPLINA DELL’ESPULSIONE
7.5 LA TUTELA GIURISDIZIONALE.
7.5.1 EVOLUZIONE STORICA.
Prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 286/1998, la tutela giurisdizionale, in materia di provvedimenti di espulsione, era affidata alle cure del giudice amministrativo.
Avverso il provvedimento di espulsione la legge Martelli 120 ammetteva il ricorso al Tribunale amministrativo regionale del luogo ove l’interessato aveva il domicilio. Salvo i casi in cui l’espulsione era disposta dal Ministro dell’Interno, per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato (competenza del TAR Lazio), la legge prevedeva inoltre la possibilità della proposizione, entro 15 giorni dalla notifica del provvedimento di espulsione, di un'istanza cautelare davanti al TAR con effetto sospensivo dell’esecuzione del provvedimento, fintanto che il ricorso non fosse deciso in via definitiva121.
119 Delitti «di cui all’articolo 3 della legge 20febbraio 1958, n. 75, o di quelli previsti
dall’articolo 380 del codice di procedura penale».
120 Art. 5,comma3, L. n. 39/1990. 121 Art. 5,comma4, L n. 39/1990.
Con la L n. 40/1998, poi confluita nell’attuale T.U.I., la materia delle espulsioni è stata devoluta alla cognizione del giudice ordinario, mantenendo la competenza del giudice amministrativo (TAR del Lazio, sede di Roma) solo per le espulsioni disposte dal Ministro dell'Interno per motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato. La competenza dei TAR è stata mantenuta per i ricorsi avverso i provvedimenti amministrativi di diniego, revoca, rifiuto rinnovo del permesso o della carta di soggiorno dello straniero, che molto spesso costituiscono il presupposto per l'adozione del decreto di espulsione.
La modifica normativa ha dato luogo a problemi di raccordo tra i due rimedi giurisdizionali in quanto non risulta improbabile che allo straniero regolarmente soggiornante in Italia possano venire notificati contemporaneamente sia il provvedimento con il quale il questore revoca il permesso di soggiorno o rigetta la domanda di rinnovo, sia il decreto di espulsione per irregolarità del soggiorno.
L’art. 2. co. 5, del D.Lgs. n. 286/1998 stabilisce che allo straniero «è riconosciuta parità di trattamento rispetto al cittadino, per ciò che concerne la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi nei rapporti con la Pubblica amministrazione, e, nell’accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge». La norma introduce una riserva di legge in tema di tutela giurisdizionale delle posizioni soggettive degli stranieri, rimettendo alla scelta del Legislatore i modi e le forme nelle quali la tutela deve esprimersi.
Il legislatore ha ritenuto di non doversi discostare dai tradizionali criteri di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, sebbene il tema della tutela giurisdizionale, e del riparto di competenza in materia di immigrazione, risulti particolarmente complesso, sia per le continue modifiche che si sono succedute nel tempo, sia per il complicato intreccio di posizioni giuridiche soggettive, che possono articolarsi tanto come diritti soggettivi, quanto come interessi legittimi.
Attualmente, le competenze giurisdizionali in materia di espulsioni, sono così suddivise:
a) Il giudice ordinario (Giudice di pace) è competente per il contenzioso derivante dai ricorsi contro i decreti di espulsione di competenza prefettizia, a norma
dell’art. 13, co. 8, D.Lgs. n. 286/1998. La disciplina di tali controversie è regolata dal l'art. 18, D.Lgs. n. 150/2011122;
b) Il giudice amministrativo (TAR Lazio), è competente, a norma dell’art. 13, co. 11, D.Lgs. n. 286/1998, per i decreti di espulsione emanati dal Ministro dell’Interno previsti dal co. 1 del citato articolo. La procedura è disciplinata dalle norme del D.Lgs. n. 104/2010 (c.d. ‘nuovo codice del processo amministrativo’).
Per la giurisprudenza amministrativa, il sindacato giurisdizionale sui provvedimenti espulsivi per motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato è ridotto ad un vaglio estrinseco volto solo a verificare l'adeguatezza formale della motivazione, senza sovrapporsi o modificare la valutazione di merito espressa dall'autorità governativa123.
Quanto detto vale per i ricorsi avverso i decreti di espulsione. Infatti la materia del riparto di competenze, già di per sé non lineare, si complica se si tiene conto che i ricorsi avverso i provvedimenti di diniego, relativi al permesso di soggiorno, di cui al co. 5, dell’art. 5, del T.U.I., sono di pertinenza dei Tribunali amministrativi regionali competenti124.
Da quanto suesposto appare di chiara evidenza che è rimessa al giudice ordinario la cognizione delle impugnative avverso il decreto prefettizio di
122 Il quale prevede che “Le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione del decreto di
espulsione pronunciato dal prefetto [...], sono regolate dal rito sommario di cognizione [...]. E’ competente il giudice di pace del luogo in cui ha sede l'autorità che ha disposto l'espulsione. Il ricorso è proposto, a pena dì inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero, e può essere
depositato anche a mezzo del servizio postale ovvero per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare italiana. [...] Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato a cura della cancelleria all'autorità che ha emesso il provvedimento almeno cinque giorni prima della medesima udienza. L'autorità che ha emesso il provvedimento impugnato può costituirsi fino alla prima udienza e può stare in giudizio personalmente o avvalersi di funzionari appositamente delegati. Il giudizio è definito, in ogni caso, entro venti giorni dalla data di deposito del ricorso. [...] L'ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile”.
123 Cons. di Stato, sez. VI, sent. n. 88, del 16/01/2006. Il giudice ha affermato che «trattandosi di
atto che è rimesso dall'organo di vertice del Ministero dell’Interno e che investe la responsabilità del Capo del Governo, nonché l’organo di vertice dell'Amministrazione maggiormente interessata alla materia dei rapporti con i cittadini stranieri e delle problematiche ad essi inerenti, non v’è dubbio che esso sia espressione di esercizio di alta discrezionalità amministrativa. Alla latitudine di siffatto apprezzamento discrezionale fa riscontro la limitata sindacabilità dello stesso in sede di giurisdizione di legittimità, sindacabilità che deve ritenersi ristretta al vaglio estrinseco in ordine alla mancanza di una motivazione adeguata o alla sussistenza di eventuali profili di travisamento, illogicità o arbitrarietà».
espulsione amministrativa dello straniero, mentre rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo ogni controversia relativa ai provvedimenti di diniego o mancato rinnovo del permesso di soggiorno, i quali, secondo la Cassazione, sono provvedimenti discrezionali e non vincolati125.