I REATI IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE DOPO IL PACCHETTO SICUREZZA
8.2 IL REATO DI REINGRESSO SENZA AUTORIZZAZIONE DELLO STRANIERO NEL TERRITORIO NAZIONALE.
Tanto premesso in ordine all’attuale quadro normativo del diritto penale dell’immigrazione, l’indagine si sposta sul delitto di cui all’art. 13 comma 13 del T.U. 286/1998 ed in particolare sull'oggettività giuridica della norma.
L’articolo 13 comma 13 costituisce la figura generale della violazione del divieto di reingresso dello straniero, cui vanno affiancate le fattispecie previste dall’art. 13 comma 13 bis.
La disposizione in esame incrimina lo straniero, destinatario di un provvedimento di espulsione, che contravvenga al divieto di reingresso nel territorio nazionale, in assenza di apposita autorizzazione da parte del Ministro dell’Interno. La sanzione prevista è la reclusione ora variante da uno a quattro anni e una nuova espulsione mediante accompagnamento immediato alla frontiera129.
129 Qualora non sia possibile eseguire immediatamente l’espulsione dello straniero che ha
trasgredito al divieto di reingresso, il Questore dovrà disporne il trattenimento presso un Centro di identificazione ed espulsione, in base all’art. 14 comma 1, T.U.I., oppure, quando ciò non sia possibile o siano decorsi inutilmente i termini di permanenza senza l’esecuzione del provvedimento espulsivo, gli ordinerà di lasciare il territorio nazionale entro 7 giorni, ai sensi dell’art 14 comma 5 bis.
In base all’art.l, comma 1, del T.U.130, si evince che il destinatario di tale precetto penale può essere soltanto lo straniero extracomunitario o l’apolide colpito da un provvedimento di espulsione131.
Il D.l. 89/2011 interviene, in un certo senso, sul soggetto attivo del reato in esame, modificando la disposizione di cui all'art. 13 comma 13. Le parole "lo straniero espulso" sono sostituite dalla formula “lo straniero destinatario di un provvedimento di espulsione”; con ciò la norma vuole significare che è punibile non solo lo straniero che sia stato espulso coattivamente ma anche lo straniero che, dopo essere stato intimato ad allontanarsi con un decreto del Prefetto ai sensi dell'art 13, comma 2 TU, sia poi emigrato volontariamente dal territorio nazionale, sempreché abbia fatto reingresso nel territorio dello Stato in violazione del divieto senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'Interno.
Venendo all’oggetto giuridico, come già osservato in dottrina, la fattispecie in esame mira a tutelare il bene giuridico ordine pubblico, da intendersi come “il buon assetto e l’ordinato vivere civile”132. Nel caso del reato in parola, la sanzione penale mira a garantire quel peculiare aspetto dell’ordine pubblico “connesso al presidio delle frontiere ed alla ordinata regolamentazione del flusso
130 Il quale recita infatti che “il presente testo unico, in attuazione dell'articolo I0, secondo
comma, della Costituzione, si applica, salvo che sia diversamente disposto, ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea e agli apolidi, di seguito indicati come stranieri,
precisando al comma successivo che “il presente testo unico non si applica ai cittadini degli
Stati membri dell'Unione europea, se non in quanto si tratti di norme più favorevoli, e salvo il disposto dell'articolo 45 della legge 6 marzo 1998, n 40".
131 Le ipotesi di espulsione cui allude il testo legale possono essere distinte in quelle di
competenza prefettizia e in quelle di prerogativa ministeriale. Queste ultime sono previste dall'art 13 comma 1 T.U.I. (per motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato) e dall’art. 3 del D.l. 27 luglio 2005 n. 144 (per motivi di prevenzione del terrorismo). Le prime, invece, sono previste: 1) dall’art. 13 comma 2 del T.U.I. (espulsione per ingresso irregolare nel territorio dello Stato, espulsione per mancata richiesta del permesso di soggiorno nei termini prescritti ed espulsione dello straniero socialmente pericoloso); 2) dall’art 26 comma 7 bis T.U.I. (espulsione dello straniero condannato per reati di contraffazione di marchi industriali e di opere coperte dal diritto d’autore); 3) dagli artt. 9 e 131 bis T.U.I. (espulsione dello straniero titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato dall’Italia o da altri Paesi membri); 4) dagli artt. 4-‐bis comma 2 e 5 comma 7 (espulsione dello straniero per perdita dei crediti derivanti dall’accordo di integrazione e dello straniero titolare di un permesso di soggiorno o di altro titolo equipollente rilasciato da altro Paese dell’UE).
132 SINISCALCO, Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, in Enc. Dir.. XXII. p. 665;
migratorio, dal momento che si vuole impedire in Italia il rientro di soggetti che sono stati già espulsi133.
La fattispecie serve allora a salvaguardare gli effetti di un precedente provvedimento di espulsione, altrimenti vanificati da reingressi non consentiti dalla legge. In tal modo, il legislatore intende tutelare la regolarità del fenomeno immigrazione oltre che i peculiari interessi sottostanti singole ipotesi di espulsione. Si pensi al caso di espulsione motivata da ragioni di ordine pubblico, dove la sanzione penale diviene strumento punitivo concorrente alla realizzazione dell’obiettivo di tenere lontani dal territorio nazionale soggetti che possano costituire una minaccia per la sicurezza statale.
Quanto alla condotta penalmente rilevante, la previsione in esame punisce il rientro nel territorio nazionale dello straniero destinatario di un provvedimento di espulsione e privo della speciale autorizzazione.
Tre i presupposti necessari per l’integrazione della fattispecie.
Il primo degli elementi richiesti risiede nella circostanza che lo straniero sia destinatario di un provvedimento legittimo di espulsione134.
Passando, invece, all'analisi del secondo presupposto, ovvero quello dell’avvenuta esecuzione dell'espulsione, deve rilevarsi come esso sia mutato in conseguenza delle modifiche apportate dall’art 3 comma 1, lett. c) n. 8 del D. 1.89/2011.
Con il D.L. 89/2011, l’Italia si è avvalsa della facoltà riconosciuta dall’art. 11 della direttiva rimpatri di corredare ogni espulsione con un divieto di reingresso (salvo contenerlo nei limiti di cui al §2 dello stesso articolo). Sostituendo, infatti, le parole “lo straniero espulso” con la formula “destinatario di un provvedimento di espulsione”, si è inteso sanzionare qualsiasi straniero che ha lasciato il territorio nazionale, facendovi rientro prima della scadenza del divieto di reingresso, indipendentemente dalla tipologia dei provvedimento di espulsione adottato (volontaria o forzata) e, quindi, dalle modalità con cui io stesso è stato eseguito (con o senza accompagnamento coattivo).
133 CALLAIOLI, sub art. 13 cllgs. 286/1998, in PADOVANI, Le leggi penali d’udienza, Milano,
2007, p. 1671.
Negli intenti del legislatore, si legge che “... in tale modo, la sanzione penale per l’inosservanza per il divieto di reingresso viene comminata anche allo straniero espulso mediante l’intimazione a lasciare il territorio nazionale, in quanto destinatario di una decisione di rimpatrio135”.
Passando all’ultimo dei requisiti richiesti dalla fattispecie in esame, ovvero al reingresso nel territorio statuale dello straniero già espulso, è opportuno precisare che, con il D.L. 89/2011, il legislatore, seppur in ritardo, interviene, ridisegnando i termini di durata del divieto di reingresso. Ora, come prima annunciato, quest’ultimo opera “per un periodo non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni”, determinato caso per caso e tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti. Dunque, la nuova disciplina prevede una determinazione discrezionale della durata del divieto, con un limite tendenzialmente pari a cinque anni.