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L’evoluzione storico-giuridica dell’istituzione “ente ecclesiastico” 1 Le leggi eversive sabaude.

CAPITOLO 2: L’ENTE ECCLESIASTICO: ASPETTI GIURIDIC

2.4. L’evoluzione storico-giuridica dell’istituzione “ente ecclesiastico” 1 Le leggi eversive sabaude.

Fino all’età napoleonica e prima dell’introduzione del Codice Civile gli istituti canonici risultavano essenzialmente disciplinati dal diritto della Chiesa, e soggetti in via primaria e prevalente (sebbene non esclusiva) ai controlli e alle regole dallo stesso codice. In particolare non sussisteva l’esigenza di riconoscimento da parte del potere civile: gli istituti ecclesiastici erano di per sé rilevanti tanto per la loro esistenza dal punto di vista giuridico, quanto per la loro capacità di porsi quali centri autonomi di imputazione di effetti e di relazioni giuridiche.

In particolare, nell’Italia pre-unitaria, abbiamo solo due esempi di ordinamenti che reputavano necessario il riconoscimento legislativo ai fini della legittima costituzione di un ente, ecclesiastico o non ecclesiastico:

1) Il codice per lo Regno delle due Sicilie del 1819, che all’art. 10 dispone: “la Chiesa, i comuni, le corporazioni e tutte le società autorizzate dal

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governo, si considerano moralmente come altrettante persone. Godono dell’esercizio de’ diritti civili secondo le leggi veglianti.”

2) Successivamente, il Codice civile del Regno delle due Sicilie del 1837, che all’art. 25 prevedeva: “La chiesa, i comuni, i pubblici stabilimenti, le

società autorizzate dal Re, ed altri corpi morali si considerano come altrettante persone, e godono dei diritti civili sotto le modificazioni determinate dalle leggi”.

La nazionalizzazione del diritto, e la contestuale abrogazione di ogni fonte normativa divergente o concorrente con quella statale, che traesse la sua autorità ed il suo valore dall’antico pluralismo normativo, incisero profondamente sulla materia degli enti ecclesiastici pre-esistenti. Questi sarebbero ormai stati sottoposti alle leggi statali, in modo non differente da come lo erano tutte le persone fisiche, soggette alla giurisdizione civile a prescindere dal loro status45. Gli interventi normativi di maggior rilievo che si sono avuti prima del 1929 (data in cui è entrata in vigore la L. 27 Maggio 1929, n° 810, riguardante gli accordi tra Chiesa e Stato) sono i seguenti:

- L. 29 Maggio 1855: legge eversiva piemontese (legge sabauda). Si trattava di una disposizione che sopprimeva le corporazioni religiose non dedite alla predicazione, all’istruzione o all’assistenza di infermi, e ulteriori enti del clero secolare, privi della “cura d’anime” e ritenuti superflui per i bisogni religiosi della popolazione.

- D.lg. 7 Luglio 1866, n. 3036. Questo provvedimento normativo negò il riconoscimento nello Stato agli ordini, corporazioni, congregazioni religiose regolari e secolari, e ai conservatori e ritiri i quali importassero la vita in comune ed avessero natura ecclesiastica. Le case e gli stabilimenti appartenenti agli enti suddetti furono soppresse, e i beni furono devoluti al Fondo per il culto istituito dalla stessa L. 3036.

- L. 15 Agosto 1867, n°3848. La legge in oggetto soppresse molti enti

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ecclesiastici secolari, come i capitoli delle chiese collegiate e ricettizie, i canonicati, i benefici e le cappellanie di patronato regio e laicale. I beni di questi enti furono demaniati e fu devoluta al fondo per il culto la rendita del 5% rappresentativa dei beni degli enti che furono soppressi(si tratta di un simbolico indennizzo alla Chiesa), salvi i diritti di rivendicazione, svincolo, riversione e devoluzione competenti a privati o a enti civili. Tale somma destinata al fondo per il culto subiva una tassazione straordinaria pari al 30% del capitale.

- L. 17 Luglio 1890, n. 6972. Questa norma ha disposto la secolarizzazione, mediante la conversione in enti di diritto pubblico, delle opere pie e ogni altro ente morale la cui finalità fosse l’assistenza ai poveri o l’educazione, l’istruzione e l’avviamento professionale. Questa legge oltre a riguardare con speciali disposizioni le confraternite aventi scopo di beneficienza, assoggettò a trasformazione, e quindi a mutamento di scopo e a differente destinazione del patrimonio, le confraternite di culto, pur conservandone la personalità giuridica46.

Per quanto riguarda gli enti di nuova costituzione in seguito alla riforma Sabauda, prendendo spunto dalle disposizioni di cui all’art. 3 della Legge delle Guarentigie e all’art.2 del Codice Civile del 1865,la dottrina maggioritaria dell’epoca riteneva di poter attribuire personalità giuridica agli enti ecclesiastici “là dove non vi fosse una norma che avesse soppressi quelli della loro categoria già esistenti (ritenendoli non più rispondenti all’interesse generale), norma che implicitamente vietava il riconoscimento di nuovi enti appartenenti a tali categorie”47. Quindi, affinchè un ente della Chiesa, o comunque a questa collegato, potesse acquisire la personalità giuridica richiesta dalla legge, erano sufficienti due soli elementi, dalla cui valutazione era peraltro escluso qualsiasi profilo di discrezionalità da parte dell’autorità statuale.

1) L’ente doveva essere considerato ecclesiastico: sull’attribuzione di tale

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Cfr. N. COVIELLO, Manuale di diritto ecclesiastico,II, II edizione, Ed. Del Giudice, Roma, 1922, p. 293-294.

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qualifica lo Stato si riteneva incompetente, così che il corpo morale era considerato ecclesiastico se tale era nell’ordinamento canonico.

2) L’ente non doveva appartenere ad alcuna delle categorie precedentemente soppresse in virtù della legge eversiva piemontese del 1855 e di quelle successivamente emanate.

Concludendo è possibile affermare che il riconoscimento al momento dell’introduzione del codice civile del 1865 non era necessario per gli istituti ecclesiastici che da lungo tempo avessero costituito centri autonomi di imputazione di effetti e di relazioni giuridiche. Ma ai fini del riconoscimento si reputava sufficiente un’accettazione tacita, da parte degli organi statali, delle forme e delle modalità con le quali erano costituiti gli enti suddetti, potendosi surrogare la mancanza del titolo con prove equipollenti, come pure con ogni legittima presunzione.

Per il riconoscimento degli enti di nuova o di recente formazione occorreva, invece, una atto da parte dell’autorità pubblica la quale era anche l’istituzione che determinava e modulava la capacità degli stessi di agire in ambito statale48.

2.5. Il riconoscimento della personalità giuridica degli enti ecclesiastici.