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Il riconoscimento della personalità giuridica degli enti ecclesiastici 1 Procedimento e requisiti per il riconoscimento della personalità giuridica

CAPITOLO 2: L’ENTE ECCLESIASTICO: ASPETTI GIURIDIC

2.5. Il riconoscimento della personalità giuridica degli enti ecclesiastici 1 Procedimento e requisiti per il riconoscimento della personalità giuridica

all’epoca del Concordato del 1929.

Con il concordato stipulato tra Stato e Chiesa l’11 Febbraio 1929, reso esecutivo mediante la l. 27 maggio 1929, n.810, i cosiddetti patti lateranensi, la condizione giuridica degli enti ecclesiastici superò la fase della “tolleranza passiva” da parte dello Stato, per entrare in quella della “tolleranza attiva”, intesa come apertura, dialogo, seppur non ancora come accettazione paritaria. Essa si limitava a “temperare” la severità delle leggi eversive, nonostante ciò continuava a permanere, comunque, un forte potere in capo allo Stato laico, di chiaro colore giurisdizionalista, al punto che lo stesso riconoscimento venne considerato quale

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forma di controllo sui corpi morali ecclesiali e sulla loro attività49. In particolare lo Stato conserva nei confronti degli enti ecclesiastici tre fondamentali diritti:

- Lo Stato poteva riconoscere civilmente gli Enti ecclesiastici sulla base delle norme stabilite dalle leggi civili;

- Lo Stato aveva il diritto di autorizzare l’acquisto di beni da parte degli enti ecclesiastici.

- Lo Stato aveva il diritto di autorizzare gli atti che eccedevano l’ordinaria amministrazione.

Con questo sistema si transitava da un regime di pluralità specifica, che regolamentava singoli enti o categorie di enti, a un regime unitario, o tendenzialmente tale, al centro del quale vi sarebbe stata la figura dell’ente ecclesiastico.

In linea di principio, con il Concordato e la successiva legge attuativa, veniva confermata la personalità giuridica per gli enti che non l’avessero perduta sotto il regime delle leggi di eversione dell’asse ecclesiastico. Oltre al riconoscimento nominale di taluni enti, la normativa prevedeva una più generale clausola50, a tenore della quale un istituto ecclesiastico “di qualsiasi natura”, in presenza delle condizioni e presupposti stabiliti dal legislatore, avrebbe potuto ottenere la personalità giuridica nel nostro ordinamento51.

Le condizioni per il riconoscimento erano deducibili non solo dal Concordato, ma altresì, e soprattutto, dalla l. 848 del 1929 (art. 4) e dal regolamento del 2 dicembre 1929 (art. 7 e 17). Le condizioni per il riconoscimento dell’ente ecclesiastico all’epoca erano essenzialmente tre:

1) Appartenenza dell’ente alla Chiesa cattolica, condizione che si esplicitava nella circostanza tale per cui lo stesso ente fosse stato eretto, o almeno approvato, dall’autorità ecclesiastica competente.

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R. JACUZIO, Commento della nuova legislazione in materia ecclesiastica, UTET, Torino, 1932, p. 147-150.

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art. 4 L.848 del 1929.

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L’Art. 31 del su indicato Concordato recita: “l’erezione di nuovi ecclesiastici od associazioni religiose sarà fatta dall’autorità ecclesiastica secondo le norme del diritto canonico: il loro riconoscimento agli effetti civili sarà fatto dalle autorità civili”

2) Necessità o l’evidente utilità dell’ente, provata da documenti presentati dal legittimo rappresentante. È chiaro che non ci si riferiva alla sola utilità sociale dell’ente stesso, in quanto, se così fosse stato, il giudizio dell’autorità amministrativa avrebbe rischiato di intaccare un settore proprio dell’ordine della Chiesa. La necessità e l’utilità andavano pertanto valutate essenzialmente secondo i criteri dell’ordinamento della Chiesa; vale a dire se l’istituzione fosse stata giovevole, quando non anche necessaria, al bene della anime di quell’insieme di persone per cui era stata costituita52. In concreto all’autorità amministrativa competeva valutare che l’esistenza dell’istituto non comportasse un eccessivo onere per lo Stato.

3) La sufficienza dei mezzi finanziari dell’ente, ossia la loro congruenza con il fine specifico dell’ente medesimo. La valutazione di questo requisito era operata insindacabilmente da parte dell’autorità amministrativa, e conferiva natura discrezionale all’atto di riconoscimento dell’amministrazione53.

Le norme concordatarie, nonché quelle di derivazione unilaterale e regolamentari, determinavano altresì il procedimento di riconoscimento dell’ente ecclesiastico. L’art. 7 del regolamento del 2 Dicembre 1929 (regolamento attuativo della L. 848 del 1929) prevedeva che l’iniziativa del procedimento scaturisse da un’ istanza del rappresentante dell’ente per il quale si richiedeva il riconoscimento della personalità giuridica. Tale richiesta doveva essere presentata al Ministro competente, che all’epoca era il Ministro della giustizia e per gli affari di culto. Il soggetto competente si tramuta nel Ministro dell’Interno in seguito al regio decreto 20 Luglio 1932, n° 844, e al r.d.l. 19 agosto 1932, n. 1080 convertito in legge 6 aprile 1933, n. 455).

Alla suddetta domanda dovevano essere allegati i provvedimenti ecclesiastici di erezione o di approvazione dell’ente, e gli altri documenti idonei a dimostrare la necessità o l’evidente utilità dell’ente, nonché la sufficienza del patrimonio al

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A. BETTINI, Gli enti e i beni ecclesiastici…., op. cit. p. 30.

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conseguimento dei fini statutari54.

La fase istruttoria prevedeva l’acquisizione del parere obbligatorio, seppur non vincolante, del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art.4 della l. 848 del 1929. A seguito dell’ottenimento del suddetto parere, su proposta del Ministro dell’Interno, era emanato il decreto di riconoscimento, che comportava “la capacità di acquistare e possedere55”.

2.5.2. Il procedimento di riconoscimento della personalità giuridica con l’introduzione del Codice Civile del 1942.

La codificazione del 1942 non introdusse al riguardo specifiche novità. Il codice civile prevedeva, e tuttora prevede, a differenza di quello del 1865, un’ampia parte dedicata alle persone giuridiche. È interessante notare che nella categoria delle persone giuridiche pubbliche di cui all’art.11 non sono annoverati gli enti ecclesiastici; il motivo più probabile, e logico, è che si sia voluto evitare un eccessivo accostamento degli enti ecclesiastici agli enti di diritto pubblico.

Se un loro inquadramento tra gli enti pubblici era in verità possibile sotto il regime pre-concordatario, all’indomani del concordato e delle susseguenti norme regolatrici tale tipologia di enti, nel pensiero giuridico, si stava sempre più affermando l’idea che gli enti religiosi civilmente riconosciuti venivano a qualificarsi quale tertium genus rispetto agli altri enti pubblici e agli enti privati. A tal proposito si parla oggi di “terzo settore”56.

2.6. Il riconoscimento degli enti religiosi nel contesto attuale: le fonti del