• Non ci sono risultati.

Capitolo 3: L’assetto istituzionale degli ammortizzatori sociali in Italia

3.2 Excursus storico sull’indennità di disoccupazione

La disoccupazione del lavoratore rappresenta una situazione che lo Stato tutela direttamente in quanto rientrante nelle funzioni di garanzia della sicurezza sociale previsti dalla Costituzione (art. 38, comma 2). Nel caso in cui si configuri una situazione di disoccupazione, infatti, l’ordinamento predispone una serie di specifici strumenti atti a sostenere il reddito dei lavoratori disoccupati e ad incentivarne il reimpiego. Soffermandosi sul principale strumento di sostentamento dei lavoratori in caso di

63

cessazione del rapporto di lavoro emerge quello dell’indennità di disoccupazione ordinaria38.

L’istituto, tra i più rilevanti e risalenti interventi del legislatore a sostegno del reddito, è stato introdotto negli anni ’20, in piena fase di costruzione dello Stato sociale. Il beneficio, che opera secondo meccanismi di stampo mutualistico-assicurativo, garantisce l’erogazione di prestazioni indennitarie solamente nei confronti di chi ha contribuito al finanziamento del sistema per effetto di un precedente rapporto lavorativo, e viceversa tende a penalizzare, di fatto, i soggetti che non hanno esperienze lavorative pregresse (inoccupati, disoccupati di lunga durata). Nel corso del tempo lo schema di base, per lo meno a grandi linee, è rimasto essenzialmente inalterato, nonostante sia andata progressivamente proliferando un’ampia gamma di trattamenti di volta in volta diversificati in ragione del settore produttivo di appartenenza.39

Fino al 2012, in Italia il sistema di assicurazione in caso di disoccupazione involontaria per i lavoratori del settore privato non agricolo era basato principalmente su tre strumenti: l’indennità ordinaria di disoccupazione, l’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti e la Mobilità.

L’Indennità di disoccupazione era appannaggio dei lavoratori dipendenti (a esclusione di alcune categorie tra cui gli apprendisti e i soci di cooperativa) in stato di disoccupazione involontaria che potevano vantare almeno 2 anni di anzianità assicurativa e 52 settimane di contributi nel biennio precedente il licenziamento. Il sussidio, che spettava per 8 mesi a chi avesse meno di 50 anni di età e per 12 ai più anziani, ammontava al 60 per cento della retribuzione media mensile (calcolata sugli ultimi 3 mesi di lavoro) per i primi 6 mesi di disoccupazione e si riduceva al 50 per cento fino all’ottavo mese e al 40 per l’eventuale periodo residuo.

38 Vd. La recente evoluzione dell’indennità di disoccupazione in Italia, di Federico GIORGI, Banca D’Italia,

Eurosistema, 2018.

39 La caratterizzazione assicurativa della tutela contro la disoccupazione è stata, però, fortemente messa in

dubbio da chi (C. LAGALA, La previdenza sociale tra mutualità e solidarietà, Bari, Cacucci, 2001, p. 142 e ss.) ritiene che l’introduzione dei trattamenti speciali di disoccupazione (in particolar modo quello dei lavoratori agricoli) abbia fortemente intaccato la logica mutualistica che aveva ispirato gli originari trattamenti ordinari. Altra parte della dottrina (M. CINELLI, La tutela del lavoratore contro la disoccupazione, Edit. Franco Angeli, 1981, p. 211; A. BALANDI, Tutela del reddito e mercato del lavoro nell'ordinamento italiano, Giuffrè, 1984, p. 54), per contro, ha continuato a ragionare dei trattamenti di disoccupazione in termini strettamente mutualistico-assicurativi.

64

L’Indennità a requisiti ridotti era destinata a lavoratori con rapporti di lavoro meno stabili, non in possesso dei requisiti necessari per accedere al trattamento ordinario di disoccupazione (sempre escludendo gli apprendisti e i soci di cooperativa): al medesimo requisito di almeno 2 anni di anzianità assicurativa, si aggiungevano solo 78 giorni di contributi versati nell’anno precedente il licenziamento. Il sostegno monetario era di portata inferiore, calcolato sulle retribuzioni percepite, massimo, negli ultimi sei mesi precedenti al licenziamento e premiava chi aveva esperienze lavorative più lunghe: pertanto, si configurava più come strumento risarcitorio avente funzione integrativa del reddito che come vero sussidio con funzione sostitutiva del medesimo, essendo tra l’altro liquidato in un’unica soluzione. Inoltre, facendo riferimento alle giornate lavorative nell’anno precedente poteva essere richiesto e riscosso anche da chi era occupato; la verifica dello stato di disoccupazione non era prevista neanche retroattivamente.

Alla Mobilità potevano accedere i soli lavoratori dipendenti a tempo indeterminato con un’anzianità aziendale di almeno 12 mesi, che erano stati oggetto di licenziamenti collettivi40 in ragione di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro da parte di imprese con più di 15 dipendenti41 oppure si ritrovavano ancora disoccupati una volta esaurito il diritto alla Cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS). La durata del sostegno variava con l’età e la localizzazione geografica, andando da 12 mesi per i disoccupati fino a 39 anni a 24 per quelli con almeno 50 anni nel Sud (nel 2016); il trattamento equivaleva al 100 per cento di quello previsto per la CIGS nei primi 12 mesi e all’80 nel restante periodo. Nel loro cumularsi nel tempo i trattamenti di mobilità e CIG – che formalmente presupponevano il mantenimento in essere dei rapporti di lavoro pregressi – potevano raggiungere durate nel tempo alquanto elevate.

40 Ai sensi dell'art. 24 della Legge 223/91, nel caso in cui le imprese che occupano più di quindici dipendenti,

in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare nell'arco temporale di 120 giorni almeno 5 licenziamenti in una unità produttiva o in più unità produttive dislocate nella stessa provincia.

41 Potevano accedere alla mobilità solo alcuni tipi di imprese, ovvero quelle: industriali (ad esclusione di quelle

edili); commerciali (con più di 50 dipendenti nel semestre); artigiane dell’indotto, se l’impresa committente aveva fatto ricorso alla mobilità; di vigilanza; del trasporto aereo e quelle del sistema aeroportuale (qualunque fosse il numero di dipendenti). Potevano inoltre utilizzare la mobilità le cooperative che rientrano nell’ambito della disciplina della mobilità e le agenzie di viaggio e turismo con più di 50 dipendenti nel semestre.

65

In seguito alla l. 92/2012, i lavoratori licenziati dal 31 dicembre 2016 in poi non sono stati più collocati in mobilità ordinaria potendo beneficiare esclusivamente dell’indennità NASpI in presenza dei presupposti richiesti dalla legge, ai sensi del d. lgs. N. 22/2015.42 La legge (con l’art.2 comma 71) ne prevedeva il graduale superamento fino alla sua completa abolizione avvenuta il 31 dicembre del 2016.

Sotto questo profilo il sistema degli ammortizzatori sociali finalizzati al sostegno al reddito dei lavoratori transitati verso la non occupazione vigente prima del 2012 si caratterizzava per un’elevata frammentazione e un grado di copertura basso nel confronto internazionale, dato sia dall’esclusione dal diritto di numerose categorie di lavoratori sia da un trattamento poco generoso.

A partire dalla legge n. 92/2012 (cd. Legge Fornero) si sono susseguiti diversi interventi legislativi volti a estendere e omogeneizzare il sistema italiano di ammortizzatori sociali, nella direzione soprattutto di ampliare la platea dei fruitori dei sussidi di disoccupazione mediante l’inclusione di nuove categorie di lavoratori e l’allentamento dei requisiti minimi per l’accesso. La suddetta riforma ha comportato il passaggio dall’Indennità di disoccupazione all’Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI)43 nel 2013, ad opera

dell’art. 2 della stessa legge, sostituendo tutti gli strumenti precedentemente in vigore. Questa ha determinato un deciso innalzamento del tasso di copertura, definito come potenziale accesso tra quelli che abbiano perso un lavoro. L’ASpI è stata affiancata da una misura chiamata Mini-ASpI44,a favore di persone con rapporti di lavoro particolarmente brevi. In un parallelo con la disoccupazione a requisiti ridotti, la mini- ASpI impone soltanto il requisito di 13 settimane di contribuzione negli ultimi 12 mesi,

42 Indennità di mobilità, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

43 L'indennità ASpI è stata istituita per gli eventi di disoccupazione verificatisi a partire dal 1° gennaio 2013 e

sostituisce l'indennità di disoccupazione ordinaria non agricola. È stata erogata su richiesta, per gli eventi di disoccupazione verificatisi fino al 30 aprile 2015, ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che hanno perso involontariamente l'occupazione.

Ai sensi dell'articolo 2, comma 24 bis, legge 28 giugno 2012, n. 92, alla prestazione si applicano le norme già operanti in materia di indennità di disoccupazione ordinaria non agricola. Rif. www.inps.it

44 L’indennità Mini-ASpI è una prestazione economica istituita per gli eventi di disoccupazione che si

verificano a partire dal 1° gennaio 2013 e che sostituisce l’indennità di disoccupazione ordinaria non agricola con requisiti ridotti. È una prestazione a domanda erogata a favore dei lavoratori dipendenti che abbiano perduto involontariamente l’occupazione.

66

rimuovendo invece quello di due anni di anzianità contributiva e la durata era rapportata alle settimane di contribuzione.

Sotto questo profilo, infatti, si spiega, nell’art. 1 della legge n. 92/2012, l’obiettivo di “realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla crescita di occupazione, in quantità e qualità” (comma 1). Per conseguire tale finalità la legge vuole operare, in particolare, una redistribuzione delle tutele dell’impiego tra contratti di lavoro di tipo speciale e contratti a tempo indeterminato, “contrastando”, per un verso, “l’uso improprio e strumentale degli elementi di flessibilità” connessi ai primi, per altro verso, “adeguando contestualmente alle esigenze del mutato contesto di riferimento la disciplina del licenziamento” (comma 1, lett. c). Ma allo stesso tempo, la legge Fornero intende potenziare anche la sicurezza del reddito e dell’occupazione, “rendendo più efficiente, coerente ed equo l’assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive in una prospettiva di universalizzazione e di rafforzamento dell’occupabilità delle persone” (comma 1, lett. d).45

Nel 2015 con il D.lgs. 22/2015 attuativo del Jobs Act, si è razionalizzato ulteriormente il sistema degli ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria, introducendo la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI), che ha sostituito l’ASpI. Questa, più che ampliare ulteriormente la platea dei possibili fruitori dei sussidi di disoccupazione, ha soprattutto reso più stretto e continuativo il nesso tra durata dei possibili trattamenti e ampiezza dei periodi contributivi precedentemente intervenuti. L’unico requisito per l’accesso è rappresentato dalla presenza di 13 settimane di contribuzione nei precedenti quattro anni, con almeno 30 giorni lavorativi nell’ultimo anno. Ne hanno beneficiato in particolare le donne, gli apprendisti, i dipendenti a tempo indeterminato e i lavoratori occupati in aziende più piccole, specialmente nel settore dei servizi.

In conclusione, se prima della crisi si erano registrati stabili su livelli modesti, dal 2008 il ricorso e la spesa per i sussidi di disoccupazione e mobilità sono aumentati sensibilmente, in linea con l’andamento del tasso di disoccupazione.

Analizzeremo infine le due tipologie di indennità di disoccupazione che permeano il vigente ordinamento italiano: NASpI e DIS-COLL.

45 Vd. M. CORTI, Flessibilità e sicurezza dopo il Jobs Act, La flexicurity italiana nell’ordinamento multilivello,

67