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SPAGNA

   

Al fine di comprendere l’atteggiamento e le posizioni dello Stato francese in relazione agli eventi di Spagna e analizzare in seguito le questioni attinenti alla «politica cinematografica», è opportuno ripercorrere brevemente i percorsi e le evoluzioni dei governi del Fronte popolare. La Francia del 1936 è uno dei paesi europei che, pur non essendo direttamente coinvolta nel conflitto, avverte fortemente l’emergenza della situazione spagnola; la prossimità geografica e culturale ma anche le vicende politiche fanno sì che i francesi vivano con intensità quanto accade oltre il confine.45 Tuttavia, per capire il motivo per cui la guerra spagnola suscita in Francia tanto clamore è necessario fare un passo indietro.

      

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La Francia che guarda alla guerra di Spagna è un paese particolarmente sensibile, a causa dei disastri, delle perdite umane e materiali subite durante la Grande guerra. È una Francia che, nonostante la sua apparente posizione di privilegio in seguito alla vittoria, riflette in realtà sulla propria condizione di malessere. Appena poco prima della sollevazione militare franchista, i francesi vivono nel maggio del 1936 la vittoria della coalizione di sinistra e la nascita di un governo del Fronte popolare, guidato da Léon Blum. Il Fronte popolare sembra rivelarsi una soluzione a cui molti francesi auspicano nel tentativo di superare la crisi del dopoguerra. Si pensa ad un movimento di difesa comune contro il fascismo, che non abbia alcuna connessione col passato. Si prospetta la speranza di un nuovo inizio. Il 31 dicembre del 1936, in un intervento radiofonico indirizzato al paese, Léon Blum pronuncia un discorso sul concetto di un «nuovo stato» che deve fondarsi sullo spirito di eguaglianza ed equità, sulla base di una Francia rinnovata. Tuttavia, la guerra civile spagnola rappresenta l’inizio  della fine delle illusioni alimentate dal Fronte popolare: le divergenze di opinioni relative all’idea che i francesi hanno della propria nazione, si convertono presto in due visioni radicalmente opposte. La Francia si divide tra coloro che sostengono un intervento in favore della Repubblica e coloro che giustificano, al contrario, la sollevazione militare. La scelta della politica del non-intervento, in linea con l’alleata storica – la Gran Bretagna, è il primo passo per svelare le debolezze interne alla struttura del Fronte popolare. Per un’analisi completa sulla storia del Fronte popolare in Francia, si vedano gli

Dopo la fine della Grande guerra, in Francia una serie di governi a maggioranza centrista si susseguono, non riuscendo però a portare significativi cambiamenti nel paese provato economicamente e demograficamente dal conflitto. Al crescente malessere sociale, all’elevato tasso di disoccupazione e alla depressione economica nazionale e internazionale che andava colpendo i cittadini di ogni ceto sociale – riflesso della crisi mondiale del 1929 – si univa, in un mix pericoloso, l’antirepubblicanesimo dei gruppi fascisti che conquistava sempre più adepti.46 Alle elezioni del 1932 la SFIO (Séction Française de l’Internationale Ouvrière), con una coalizione di tipo “cartellista” formata da radicali e socialisti, esce vittoriosa dalle urne. Ma, a breve, si dimostra impotente nel gestire la drammatica situazione che imperversa nel paese. E mentre le vecchie leghe di destra, organizzazioni che non nascondono certo le loro simpatie fasciste, fanno udire nuovamente la propria voce, se ne formano delle nuove.47 Così, a metà degli anni Trenta, il sistema politico francese comincia a manifestare una ormai dichiarata crisi. È l’epoca di importanti agitazioni reazionarie, in cui Parigi sembra essere in mano all’estrema destra.48 Di fatto, la salita al potere, nel 1936, della coalizione dei partiti del Fronte popolare rappresenta per i francesi una speranza di rinnovamento, che si rivelerà però in breve tempo solo un’illusione. Tuttavia, quando nel giugno del 1937, la coalizione dei partiti del Fronte popolare si allontana dal governo, il bilancio della situazione è tutt’altro che negativo: in poco più di un anno la Francia ha fatto un balzo in avanti di

       

studi condotti da G. Caredda, Il Fronte popolare in Francia, 1934-1938, Torino, Einaudi 1977; D. Tartakowsky, Le Front populaire. La vie est à nous, Paris, Gallimard 1996; M. Chavardes, Il Fronte popolare in Francia. Estate 1936, Roma, Editori Riuniti 1975

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Nel novembre del 1925, in occasione dell’anniversario dell’armistizio, George Valois, membro dell’Action française, fonda il primo movimento fascista al di fuori dell’Italia: il Faisceau. Per una storia economica e politica della Francia tra gli anni Venti e gli anni Trenta si veda il lavoro di Georges Duby, Histoire de la France, Milano, Bompiani 2001 e più nel dettaglio, per un’analisi del periodo del primo dopoguerra si veda il lavoro monografico di P. Bernard, La fin d’un monde, 1914- 1929, in AAVV, “Nouvelle histoire de la France contemporaine” Paris, Seuil 1976

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Tra le leghe attive si ricordano, le “Jeunesses patriotes”, “l’Action française”, il “Francisme”, la “Solidarieté française” e le “Croix de feu”.

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Il 6 febbraio del 1934, al culmine di una violenta campagna antiparlamentare, i raggruppamenti dell’estrema destra francese – le cosiddette “Ligues” – indicono una manifestazione contro il Palais Bourbon, sede dell’Assemblea Nazionale, proprio mentre la Camera dei deputati era riunita in seduta. Gli scontri, che vedono la partecipazione di oltre 30.000 aderenti al grido di “abbasso i ladri!”, si protraggono per diverse ore e alcuni dimostranti restano uccisi. L’indomani, il governo presieduto da Daladier si dimette. L’episodio, noto come “la rivoluzione mancata” risulta particolarmente significativo poiché per la prima volta nella storia della Terza Repubblica il parlamento aveva ceduto alle pressioni della piazza. Cfr. G. Caredda, op. cit, pp. 10-12; G. Duby, op. cit, pp. 1141-1144

mezzo secolo.49 Cinque mesi prima delle elezioni, nel gennaio del 1936, la pubblicazione del programma di governo che avrebbe adottato Léon Blum aveva generato nei francesi una speranza di rinnovamento sociale e politico che si manifestò in un entusiasmo generale delle masse così come delle classi lavoratrici, e si fondava sulla certezza che le sorti della popolazioni francese sarebbero state messe in primo piano nel progetto politico degli aspiranti al governo. Ma la vittoria del Fronte popolare non era così scontata. Il clima di tensione regnante nella Francia prima delle elezioni aveva portato l’Action française ad intraprendere una sorta di guerra psicologica contro gli avversari: qualora il Fronte popolare fosse uscito vittorioso dalle urne, si sarebbe dovuto scontrare con un’opposizione talmente forte e politicamente organizzata da indurre la nuova coalizione ad abbandonare l’idea di governare il paese. Come ricorda Maurice Chavardes, quello che stava accadendo in Francia tra marzo e maggio del 1936 era già accaduto in Spagna nel febbraio dello stesso anno; ogni giorno, la stampa francese di destra e di estrema destra denunciava a più riprese gli incendi dei luoghi religiosi, le sparatorie, le esecuzioni sommarie per delitti che sarebbero avvenuti in tutto il paese. Così, mentre in Francia si demonizzava la Repubblica spagnola – la niña bonita, come ironicamente amavano definirla i suoi cospiratori – le parole di Charlas Maurras insistevano sul dramma della “Spagna insanguinata”, servendosene per fini propagandistici: “…Invidiamo

l’Italia! Invidiamo l’Italia e compiangiamo la Spagna perché ogni curato molestato, ogni suora violentata è un punto di vantaggio per i nemici del Fronte popolare in Francia…”.50

In realtà, tutta la campagna elettorale venne condotta sulla scia di un profondo malcontento verso i sostenitori – possibili e accertati – del Fronte popolare. In un clima pre-elettorale particolarmente teso, la Spagna era l’esempio più negativo cui guardare; il dramma che il paese al di là dei Pirenei stava vivendo, era uno dei punti costanti in questo genere di manifestazioni propagandistiche, con accuse di giorno in giorno più esplicite al governo della Repubblica di Manuel Azaña. I partiti di destra mostravano agli elettori gli aspetti più esasperati della lotta politica che si stava consumando nel paese confinante, presentandola di fatto come la terribile eventualità di ciò che sarebbe potuto accadere in Francia qualora al governo fosse andato il       

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M. Chavardes, Il Fronte popolare in Francia. Estate 1936, Roma, Editori Riuniti 1975

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Fronte popolare.51 Una serie di opuscoli, di articoli apparsi sui più famosi quotidiani – dall’Écho de Paris al Jour, da Le Gringoire a l’Action Française – si fanno portavoce di una vera e propria battaglia ideologica, dichiaratamente espressa con una locuzione precisa e sintetica: “Per la lotta contro il Fronte popolare”.52 Ad animare a tal punto una già accesa campagna propagandistica gravava anche il riflesso della situazione internazionale. Lo spirito del trattato di Locarno sarebbe stato messo fortemente in discussione dalle decisioni dell’elettorato francese, da cui – sempre secondo le idee della destra – sarebbe dipesa la tutela della pace internazionale.53 Riprendendo e orchestrando abilmente alcune argomentazioni su cui far leva, la stampa di destra dichiarava:

 

“…Francesi, ricordatevi del discorso di Hitler! Hitler ha detto chiaramente che, se la Francia votasse per il Fronte popolare ed eleggesse un governo favorevole a Mosca, si getterebbe su di noi per impedire l’accerchiamento franco-russo […] dobbiamo per questo trascurare la minaccia? […] Il Fronte popolare ha trionfato in Spagna. Ma i partiti di sinistra sono divisi davanti all’opera di governo. Scoppiano i disordini. Il sangue scorre. Si estende l’anarchia…Questi stessi fenomeni si

      

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Come sostiene G. Caredda, nel corso della campagna elettorale che aveva preceduto le elezioni del 1936, i partiti di destra non si curavano di spiegare le dinamiche reali di quanto stava accadendo in Spagna. Allo stesso modo, la loro stampa non menzionava che la Repubblica, nata nel 1931 dalla caduta della monarchia, aveva avviato alcune importanti riforme agrarie in vista di una modernizzazione delle zone più arretrate del paese, così come passò sotto silenzio lo statuto di autonomia concesso ai Paesi Baschi e alla Catalogna. Di fatto, mettendo in rilievo solamente gli aspetti più eclatanti di quello scontro – gli assassinii politici, le persecuzioni religiose – la destra francese mirava a creare nell’opinione pubblica una vera e propria campagna terroristica. G. Caredda, op. cit. pp. 165-166

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Nell’opuscolo intitolato Pour lutter contre le Front populaire si legge che “il Fronte popolare non è un partito, bensì un sindacato di appetiti elettorali…che i padroni del Fronte popolare sono a Mosca, che un governo del Fronte popolare sarebbe sottomesso alla Russia, preparerebbe la rivoluzione e darebbe il via ad una guerra contro la Germania”. Le conclusioni a cui giunge la denuncia riportata nell’opuscolo riflettono di fatto una linea politica abbastanza omogenea: “ L’eventualità del Fronte popolare divide la Francia in due campi irrimediabilmente opposti: quello dell’ordine e quello dell’anarchia; quello della Repubblica e quello della dittatura del proletariato. Fra i due bisogna decidere. Bisogna scegliere. Ogni posizione intermedia, ogni equivoco deve essere condannato”. Si veda, D. Tartakowsky, Le Front populaire. La vie est à nous, Paris, Gallimard 1996, p. 44

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É opportuno ricordare che la situazione internazionale si era fatta particolarmente tesa già a partire dall’anno precedente: nell’ottobre del 1935, senza alcuna dichiarazione di guerra ma solo per dimostrare la grandiosità dell’Italia, Mussolini invade l’Etiopia. La Società delle Nazioni accusa immediatamente l’Italia di “aggressione”, sostenuta dalla Francia. Alla condanna, seguono alcune sanzioni quali il divieto ai paesi facenti parte della Società delle Nazioni di inviare armi all’Italia così come il divieto di concedere prestiti al governo di Roma e di inviare e ricevere merci dall’Italia. Ma la guerra in Africa diminuisce soprattutto il prestigio della Società delle Nazionali che non era riuscita a far rispettare la legge internazionale allo stato fascista. Poi, nel 1936 il trattato di Versailles sembra essere ormai solo un lontano ricordo: la Germania procede al riarmo forzato. La rimilitarizzazione della Renania, cuore pulsante dell’industria tedesca, segna un punto di svolta e l’approssimarsi di una guerra in Europa.

verificherebbero certamente anche in Francia. Votate contro il Fronte popolare, fautore della guerra. Votate per i Repubblicani nazionali che vogliono salvaguardare la pace…!”.54

 

L’approssimarsi delle elezioni si colloca in un panorama particolarmente delicato, diventando per tutti un momento di verifica della forza dei due schieramenti contrapposti, nonché la condizione per poter far compiere al paese le scelte decisive. Come sostiene Giorgio Caredda, quello che si respira in Francia durante gli ultimi tempi della campagna elettorale è un clima da “ultima spiaggia”,55 una tensione esasperata, riflessa e alimentata dagli organi di stampa.

La guerra civile che scoppia in Spagna poco dopo la vittoria del Fronte popolare in Francia può considerarsi l’evento culminante di questa serie di difficoltà; tra i francesi, infatti, il sentimento anticomunista si intensifica di riflesso a quella paura generata dal “terrore rosso”, da sempre associato ai difensori della causa repubblicana e l’arrivo in massa di rifugiati repubblicani dà vita ad un vero e proprio sentimento xenofobo. Allo scoppio della guerra civile, la Francia si divide: gran parte dell’opinione pubblica desidera che il governo intervenga in favore della Repubblica spagnola. Al contrario, un’altra Francia, formata dagli esponenti della destra nazionalista, approva e sostiene la sollevazione militare franchista, vedendo in Franco un difensore dell’ordine sociale. Di fatto, la guerra intensifica quella dicotomia tra la destra e la sinistra francese, facendo anche emergere, al contempo, le contraddizioni interne che caratterizzano entrambi gli schieramenti: né la destra né la sinistra hanno infatti un atteggiamento deciso circa la strategia che la Francia dovrebbe adottare in relazione al conflitto spagnolo. Tra l’estrema destra, l’Action française di Charles Maurras e il Parti populaire français di Jacques Doriot sostengono la necessità di dare un aiuto effettivo a Franco, anche se spesso si scontrano con posizioni più moderate.56 Tuttavia, una certa unanimità sulla guerra civile è difficile riscontrarla anche tra le diverse coalizioni di sinistra: la Séction française de l’Internationale ouvrière (SFIO) e il Parti Socialiste de France o Union       

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Cit. in M. Chavardes, Il Fronte popolare in Francia. Estate 1936, pp. 54-55

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Cit. in G. Caredda, op. cit. p. 88

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Il riferimento è al colonnello François de La Rocque, capo del Partito socialista francese e già a capo del movimento di destra “Croix de feu” (Croci di fuoco) che motivato, forse, dall’interesse di trovare adesioni ad un partito di destra decisamente più moderato, ebbe sempre un atteggiamento più prudente rispetto alle strategie di intervento francese in Spagna. D. Tartakowsky, op. cit. pp. 75-78

Jean Jaurès. Ad eccezione dell’appoggio in favore della Repubblica, il fattore di divisione che lacera la sinistra francese risiede nella difficoltà di conciliare il pacifismo con l’idea di combattere l’antifascismo. Per gran parte dei militanti di sinistra, il pericolo che la Francia possa essere coinvolta in un altro conflitto mondiale per prestare aiuto alla Repubblica spagnola, si traduce nel desiderio di preservare ad oltranza la pace. Per un’altra grande ala della sinistra, invece, la sollevazione militare franchista costituisce un chiaro esempio del pericolo fascista in Europa, motivo per il quale è necessario attivarsi e combattere.

Anche tra gli esponenti del Parti catholique français, la guerra di Spagna rappresenta un fattore di divisione interna: la violenza anticlericale esercitata nella zona repubblicana e il sostegno che il Vaticano e l’episcopato spagnolo prestano a Franco, fanno sì che molti cattolici francesi – soprattutto quelli più vicini alle posizioni ufficiali – si dichiarino a favore della “crociata” nazionalista. Anche in questo caso, però, non mancano i segni di una discrepanza interna: le atrocità compiute dalle truppe del generale Mola nei Paesi Baschi e, soprattutto, la distruzione di Guernica, sono utilizzate dai cattolici più moderati per negare il carattere di “guerra santa” che si suole attribuire alle campagne militari dei nazionalisti.57 Quando il governo repubblicano spagnolo chiede armi al governo del Fronte popolare francese, il primo impulso di Blum è quello di rispondere positivamente a questa richiesta. La questione, che avrebbe dovuto rimanere riservata, viene però fatta filtrare tra i francesi, scatenando una vera campagna di stampa contro l’aiuto al governo legittimo. La destra, sulla scia di quello che è stato definito “disfattismo reazionario”,58 sostiene la necessità della neutralità assoluta. In Gran Bretagna, inoltre, i conservatori al potere preferiscono che in Spagna si instauri un regime reazionario piuttosto che una repubblica popolare. Seppur lentamente, il governo britannico comincia a mostrare il suo sostegno a Franco. È certo che le       

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Il generale Emilio Mola, uno dei capi della rivolta che comanda l’esercito nazionalista del Nord, ordina la distruzione della zona basca, dopo aver inviato un ultimatum al governo basco in cui comunicava di “aver deciso di voler terminare rapidamente la guerra nel Nord”. Sostenuto militarmente dai soldati italiani inviati da Mussolini e dall’aviazione tedesca inviata da Hitler, la flotta aerea comandata da Mola distrugge in sequenza e nel giro di tre settimane Guernica, Durango e Bilbao. Sull’argomento si veda, G. Ranzato, La guerra di Spagna, Firenze, Giunti 1995. Interessante è anche la ricostruzione del tragico episodio di Guernica offerta da L. Richard, Guernica, un crimine fascista, pubblicata su “Le Monde diplomatique” (edizione italiana allegata a “Il Manifesto”) nell’aprile del 2007.

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pressioni provenienti dalla diplomazia inglese, le convinzioni dei radicali – decisi a non intervenire nel conflitto – così come l’eventualità di una guerra civile anche in Francia, qualora l’aiuto ai repubblicani spagnoli venga concesso in via ufficiale, spingono il capo del governo a prendere una decisione dalla quale non tornerà più indietro. Così, tutte le voci che si innalzano in Francia in relazione alla questione spagnola vengono messe a tacere dalla scelta del non-intervento – la tragedia del

non-intervento, come ci ricorda Giorgio Caredda59

– definita dallo stesso Léon Blum un modo per garantire l’eguaglianza davanti ai contendenti spagnoli e soprattutto un mezzo per preservare la pace in Europa. Nonostante gli appelli dei comunisti, la cui parola d’ordine risuonava a gran voce in tutto il paese, – «Des canons, des avions

pour l’Espagne!»60 – con la politica del non-intervento, la Francia sceglie di voltare le spalle a quanto sta accadendo al di là dei Pirenei.

 

1.3 LO STATO E L’ORGANIZZAZIONE DELLA CENSURA. LA «POLITICA