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Art. 11: Tutte le persone o tutte le società che desiderano esportare all’estero un film

cinematografico dovranno richiedere al servizio del controllo cinematografico un visto speciale per l’esportazione. La Commissione di Controllo cinematografico dovrà rifiutare questo visto speciale a tutti i film la cui rappresentazione all’estero sarà giudicata come contraria agli interessi nazionali francesi.

Art. 12: Anche il visto accordato dal Servizio di Controllo cinematografico sarà inscritto su

una notizia descrittiva che dovrà obbligatoriamente essere presentata a sostegno della dichiarazione sull’esportazione prevista dall’articolo 72 del codice della dogana. Questa notizia riporterà il nome e l’indirizzo del destinatario, il titolo del film con la traduzione se è realizzato in lingua straniera, il programma se si tratta di un film di attualità, la natura del film (positivo o negativo, muto, sonoro, commentato o parlato), ma anche l’indicazione della lingua parlata e, inoltre, il formato del film, il numero delle bobine e il metraggio di ogni bobina.

Art. 13: a seguito della domanda per richiedere il visto per l’esportazione del film,

l’interessato dovrà aggiungere una dichiarazione che riporti l’impegno a non apportare alcuna modifica alla versione che ha ottenuto il visto speciale e di non utilizzare una versione diversa da quella accordata nei territori o in alcune parti del territorio di Stato dove la lingua francese viene impiegata a titolo principale, a meno che non esistano due versioni dei film nella lingua nazionale di quello Stato. Sarà istituito un “marchio francese” che dovrà essere apposto su ogni film francese esportato all’estero e proiettato sugli schermi. Ogni contraffazione e ogni utilizzo illecito di questo marchio è vietato. Un decreto speciale determinerà le condizioni di applicazione di questa disposizione. È proibito e perseguibile dalle pene previste dall’articolo 628 del codice della dogana, l’esportazione destinata all’estero dei film cinematografici ai quali non è stato dato il visto secondo quanto prevede l’articolo 12.

Appena venti giorni dopo, un nuovo testo riporta alla luce il tema della censura nei notiziari cinematografici. Nel decreto ministeriale del 27 maggio del 1936, si chiarificano le posizioni del governo rispetto le modalità in cui la censura deve essere applicata ai giornali di attualità; e questa volta, i termini utilizzati sono tutt’altro che vaghi. Si legge nel nuovo testo:

  Art. 1: Sono esonerati dal visto ministeriale previsto dall’articolo 3 del decreto del 7 maggio

1936 a titolo di “Film documentali di attualità” i giornali filmati editati in Francia, sotto la responsabilità delle case di produzione che hanno sottoscritto la dichiarazione prevista all’articolo 5, che appaiono regolarmente almeno una volta alla settimana con lo scopo di informare.

Art. 2: É vietata la post-sincronizzazione dei discorsi e delle parole pronunciate dai

personaggi che appaiono sulla scena dei film di attualità. Questi discorsi devono essere registrati nel medesimo tempo della ripresa.

Art. 3: Le pellicole che compongono un cinegiornale possono essere accompagnate dai

titoli, se danno qualche indicazione sugli avvenimenti che sono presentati, o da commenti parlati. Tutti i giornali cinematografici devono obbligatoriamente riportare, all’inizio della proiezione, il nome della casa di produzione editrice e l’indirizzo della sede sociale. Ogni pellicola deve inoltre essere accompagnata da una locuzione scritta indicante il luogo e la data degli avvenimenti riportati e la data della prima apparizione della pellicola in questione in una sala pubblica.

Art. 4: La proiezione pubblica di ogni pellicola che compone un giornale cinematografico di

attualità è esonerata dal visto ministeriale per un termine di 15 settimane a partir dalla data della loro prima apparizione in una sala pubblica. Quando il temine scade, la proiezione del cinegiornale e di ogni pellicola che lo compone è sottoposta all’obbligo preliminare del visto.

Art. 5: Tutte le case cinematografiche che editano regolarmente dei giornali di attualità

sono tenute, quindici giorni prima dell’apparizione in pubblico del primo giornale, a fare una dichiarazione al Ministero dell’ Interno e alla Prefettura del Dipartimento in cui hanno il domicilio o la sede sociale. Questa dichiarazione deve indicare: il nome, lo stato civile, la nazionalità e l’indirizzo dell’editore o, se si tratta di una società, il nome, la sede sociale, il regime amministrativo ma anche il nome, il cognome, la nazionalità e il domicilio dei suoi amministratori e direttori. Allo stesso modo deve indicare: il titolo sotto il quale viene editato il cinegiornale, la periodicità abituale dell’apparizione del film.

Art. 6: Prima di procedere alla stampa delle pellicole positive di un giornale filmato, il

direttore del notiziario invia al Ministero dell’ Interno e alla Prefettura del dipartimento, dove ha sede l’amministrazione del cinegiornale, il programma dettagliato delle scene che compongono la

pellicola (con l’indicazione eventuale dei frammenti dei vecchi film utilizzati per la composizione della stessa) e la lista dei luoghi principali in cui si vuole proiettare la versione integrale del giornale, con la data e l’ora di questa prima proiezione. Il ministro dell’Interno e il Prefetto possono pretendere l’invio di un esemplare di un giornale intero; questo esemplare viene poi restituito dopo un periodo di ventiquattro ore.

Art. 7: Il Prefetto del dipartimento dove il giornale ha sede di dipartimento e, in ogni caso, il

Ministro dell’Interno possono, in via eccezionale e in ogni momento, pretendere che ciascuna parte del giornale filmato venga sottoposta al visto del Ministero dell’Educazione Nazionale, a seguito delle condizioni stabilite dal decreto del 7 maggio 1936. Questa decisione verrà notificata immediatamente al direttore del cinegiornale, che dovrà sospendere la proiezione del film o della parte del film a cui non è ancora stato accordato il visto. 76

Dall’analisi e dal confronto tra i due testi, emerge con chiarezza quanto l’articolo 1 del secondo decreto sia più esplicito dell’articolo 3 del decreto del 7 maggio 1936, in quanto afferma, senza utilizzare espressioni ambigue, che tutti i film di attualità – e non alcune categorie di film – possono essere esonerati dal visto ministeriale. Tuttavia, il cambio di registro è evidente a partire dall’articolo 4 che, se da un lato esclude i notiziari dal visto per un periodo di quindici settimane, dall’altro insiste sul fatto che, scaduto il termine a partire dalla prima proiezione, il cinegiornale deve essere sottoposto a controlli prima di poter circolare nuovamente nelle sale. Di fatto, trascorso un periodo di quindici settimane a partire dalla prima proiezione, i giornali di attualità devono ottenere il visto ministeriale per poter essere ancora editati. Una decisione del tutto arbitraria che ancora una volta pone sotto il controllo del Ministero dell’Interno le pellicole di attualità. Tale misura si rendeva necessaria giacché le società di produzione cinematografiche erano solite utilizzare, per la composizione dei cinegiornali, immagini provenienti da notiziari esteri o precedentemente proiettate. Un’abitudine, questa, che spiega la necessità di adottare misure preventive anche per le proiezioni successive alle quindici settimane.

In Francia, i cinegiornali vengono proiettati con cadenza settimanale, preferibilmente il mercoledì sera prima o dopo la visione del film; qualche ora prima

      

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della proiezione in pubblico, una Commissione ufficiale formata da un rappresentante della Presidenza del Consiglio, da un rappresentante del Ministero dell’Interno e da un rappresentante del Ministero degli Affari Esteri è incaricata di supervisionare il contenuto delle pellicole e di procedere, eventualmente, al rilascio del visto per la proiezione pubblica. Si tratta certamente di una misura ulteriore, giacché, dal decreto del 7 maggio 1936, i produttori dei notiziari hanno l’obbligo di inviare al Ministero dell’Interno e alla Prefettura di Parigi una relazione completa sugli argomenti inclusi nella pellicola, i quali possono richiedere anche la copia del materiale già montato e sospendere, in caso di necessità, la proiezione fino a disposizione contraria.77 Di conseguenza, i ritardi accumulati nel corso di questi controlli danneggiano le società produttrici di notiziari, il cui successo si basa, tra l’altro, sulla rapidità nel presentare al pubblico un’informazione puntuale e aggiornata. Non è un caso che, a partire dall’applicazione del decreto, i giornali di attualità si caratterizzano per la presenza di notizie insignificanti.78 Ad aggravare la situazione del cinema di attualità, aveva contribuito l’applicazione del decreto sulla regolamentazione delle riprese cinematografiche. Approvata nell’agosto del 1934, la normativa obbligava i reporter a chiedere un’autorizzazione alle autorità competenti prima di poter filmare qualcosa.79

      

77

Nel caso in cui una pellicola, in seguito ad ulteriori accertamenti, fosse risultata pericolosa, se ne vietava la proiezioni in pubblico. La sera stessa in cui il divieto si rendeva esplicito, la polizia si presentava in tutte le sale cinematografiche in cui la pellicola si proiettava e la requisiva. Cfr. G. Guillame-Grimaud, Le cinéma du Front populaire, Paris, L’Herminier 1986

78

A causa della rigidità delle norme contenute nel decreto, i cinegiornali trattano avvenimenti superficiali, privi di interesse giornalistico, al punto che molte sale cinematografiche, specie nel quartiere Latino, ne riducono la proiezione. Ibidem. p. 124

79

Nell’art. 1 del decreto del 1934 si legge: «…Tutti coloro che al fine di una proiezione pubblica vorranno fare delle riprese cinematografiche, sono obbligati ad essere in possesso di una carta professionale d’identità che sarà rilasciata, dopo un’apposita richiesta, dal Prefetto o dal Ministro  dell’Interno. Tale carta sarà valida, a seconda dei casi, per i dipartimenti o per tutto il territorio metropolitano. Tale carta sarà ritirata al titolare, nel caso in cui egli cessi di esercitare la professione;  ma potrà ugualmente essere ritirata se il titolare non è conforme alle condizioni per la quale la carta viene rilasciata, o se il titolare viene condannato per crimini o delitti contro lo Stato. Nessuna modifica viene apportata alle regolamentazioni particolari sottomesse ad un’autorizzazione speciale…». Erano necessarie delle “autorizzazioni speciali” per filmare determinati edifici o monumenti; tali autorizzazioni erano rilasciate dal Direttore della Navigazione Aerea per quanto riguardava le riprese aeree e dai Ministeri da cui dipendevano gli edifici pubblici ripresi, primi fra tutti quelli della Guerra, dell’Aviazione, della Marina per quanto riguarda le caserme, gli aeroporti e le navi e gli arsenali; quello delle Belle Arti per i musei e i monumenti pubblici; dell’Educazione Nazionale per gli edifici di formazione. Se si volevano riprendere i giardini di Lussemburgo a Parigi, per esempio, bisognava avere un’autorizzazione della Polizia locale. Y. Jamelot, op. cit., pp. 153-158

Agli operatori autorizzati veniva rilasciata una “carta di identità” professionale, che permetteva non solo il riconoscimento degli autori delle riprese ma anche un controllo sulle immagini filmate. Si trattava dunque di una misura che già di per sé costituiva una prima forma di censura.

Il decreto ministeriale del maggio del 1936 utilizza a più riprese l’espressione «giornali filmati». Tale espressione è carica di significati anche se, come sostiene Yves Jamelot nella sua tesi di dottorato, “…il Ministero dell’Interno si è sempre

impegnato per far sì che tale espressione non venisse mai utilizzata…”.80 In effetti, l’assimilazione dei giornali filmati ai giornali stampati suppone l’applicazione della legge del 29 luglio 1881, che afferma la soppressione della censura. Secondo quanto stabilisce questa legge, la libertà di stampa è “il diritto di esprimere le proprie opinioni attraverso delle cose scritte e stampate senza alcuna autorizzazione o censura preventiva, ma sotto la responsabilità penale e civile degli stessi autori”.81 Nella Francia degli anni Trenta, in molti si chiedevano se effettivamente l’informazione filmata potesse essere paragonata all’informazione stampata. Tale domanda genera un acceso dibattito sia tra gli esponenti della classe dirigente che tra i rappresentanti del cinema: i reportage scritti fanno conoscere l’opinione del giornalista, mentre i reportage filmati mostrano i fatti in sé. Ritenuti spesso pericolosi per via della natura ambigua delle immagini, i notiziari cinematografici sono stati oggetti di un’inchiesta che tende a mettere in luce le contraddizioni e le ambizioni insite nell’informazione filmata. L’inchiesta, proposta nel 1932 da Paul Pavaux, allora redattore di Cinéma-Spectacles, ad alcuni critici cinematografici, indaga sulla “pericolosità” dei cinegiornali sonori nel tentativo di confutare la tesi dell’influenza politica e sociale che inevitabilmente caratterizza la stampa filmata, sostenuta da molti. Le domande proposte erano le seguenti:

      

80

Ibidem, p. 169

81

La legge 29 luglio 1881 disciplina in Francia la libertà di stampa ed è considerata il testo fondatore del quadro legale della libertà di comunicazione. Tale normativa, infatti, pur sancendo uno dei regimi più severi in termini di repressione dei delitti contro la persona compiuti attraverso l’uso della stampa, si insinua perfettamente nello spirito della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 che all’articolo 11 recita: “…La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente salvo rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge…”. Si veda sull’argomento lo studio di J. Bancal, La censure cinématographique, Paris, José Corti 1934, cit. p. 271

1. “…Bisogna censurare i cinegiornali sonori? Sia in caso di risposta positiva che negativa, spiegarne il motivo…”

2. “…quali saranno a vostro avviso, le future possibilità di questo nuovo mezzo di diffusione delle idee…?”

3. “…credete che i cinegiornali sonori possano, al momento delle prossime elezioni, influenzare in un modo o nell’altro l’opinione pubblica…?”

 

Alla prima domanda, i giornalisti rispondono sostenendo la totale somiglianza tra la stampa e i giornali cinematografici; un’affermazione che, di conseguenza, nega la necessità della censura dei cinegiornali. Alla seconda domanda, molti insistono sulle possibilità culturali del cinema e vedono i giornali filmati come il mezzo più idoneo per la diffusione di immagini educative. Infine, tutti si trovano d’accordo sul fatto che il cinema sta diventando una tribuna politica, utilizzato dai rappresentanti di ogni schieramento per farsi propaganda. All’unanimità, i sostenitori di una censura cinematografica insistono sulla questione del trucco che separa il suono dalle immagini, il che contribuisce a fare dell’informazione una “disinformazione”.82 È opportuno al riguardo citare le riflessioni di Jean Bancal sulla natura delle «actualités filmées». Nella sua analisi, egli raggruppa i giornali filmati in due grandi categorie: da un lato ci sono i cinegiornali che, dal punto di vista politico, possono mostrare una propaganda contraria al governo e minacciare di conseguenza il prestigio di una potenza nazionale, così come quello del suo presidente e del suo popolo. Dall’altro, ci sono invece i cinegiornali che, da un punto di vista sociale, possono esasperare un conflitto, richiamare alla mente il ricordo di avvenimenti poco piacevoli proprio nel momento in cui bisognerebbe dimenticarli, screditare o più semplicemente ridicolizzare le grandi istituzioni dello Stato quali la polizia, l’esercito, la giustizia.83

      

82

Cit. in Y. Jamelot, op. cit. pp. 171-172

83

Sull’argomento, cfr. J. P. Jeancolas,15 ans d’années Trente, Paris, Stock 1983, M. Huret, Ciné- Actualités : histoire de la presse filmée, 1895-1980, Paris, Veyrier 1984

Le discussioni sui cinegiornali che animano gli ambienti politici e cinematografici francesi sembrano quindi essere un tema all’ordine del giorno. Il governo francese ha, alla vigilia della guerra civile spagnola, ben presente le potenzialità insite nel mezzo cinematografico, motivo per il quale tenta di porre un controllo severo soprattutto sull’informazione, un genere che più degli altri avrebbe potuto influenzare e plasmare l’opinione pubblica verso un atteggiamento ostile agli interessi della classe politica. Non è un caso che le normative in materia di controllo cinematografico divengano più restrittive in coincidenza con la salita al potere di Léon Blum; non è un caso neanche che tali misure si modifichino in maniera così repentina, proprio alla vigilia della guerra in Spagna. Di fatto, la conseguenza più evidente dell’adozione di queste nuove norme preventive è che il contenuto dell’informazione filmata diventa inevitabilmente il riflesso della linea politica dei governi che si succederanno in Francia a partire da questo momento. Allo stesso modo, sulla base delle leggi in vigore a partire dal 1936, il trattamento che si riserva alla situazione spagnola nelle edizioni dei notiziari di attualità è un chiaro esempio della coincidenza esistente tra le posizioni del governo e quelle dei produttori dell’informazione filmata. La crisi spagnola può quindi essere considerata lo specchio delle contraddizioni interne alla realtà francese e, al contempo, il modello delle indecisioni del Fronte popolare su tutti i settori della vita politica e sociale della Francia degli anni Trenta.

1.4 LA PERCEZIONE DELLA GUERRA CIVILE NEL PATHÉ-JOURNAL, NEL